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martedì 20 ottobre 2015

Il rabbino Dov Zakheim la parte oscura dell' 11/9





di: Maurizio Blondet

Su The National Interest, il 16 ottobre, è comparso un elogio ammirato ed incondizionato alla strategia di Putin in Siria: firmato da Rabbi Dov Zakheim.

http://nationalinterest.org/feature/yes-putin-does-have-strategy-syria-14084

Guarda chi si rivede, è il primo impulso di noi vecchi esperti dei retroscena dell’11 Settembre. 

Ma dato che son passati 15 anni, è facile che il nome non dica niente ai trentenni. Sicché, prima di esaminare la gran lode che costui ha dedicato al presidente russo, occorrerà spiegare l’enorme importanza che ha avuto il personaggio nella strategia Usa di distruzione degli stati islamici. Quando nel gennaio 2001 George ‘Dubya’ Bush viene eletto (in modo discutibile) presidente Usa, al Pentagono, dove è formalmente ministro Donald Rumsfeld, si insediano  3  viceministri. 
Tutti e tre ebrei, tutti e tre sionisti simpatizzanti per l’estrema destra ebraica: Paul Wolfowitz, Douglas Feith, e il rabbino Dov Zakheim. Tutt’e tre sono personaggi interessanti, ma soffermiamoci sull’ultimo.








Dov Zakheim è stato uno dei firmatari del rapporto “Rebuilding the American Defense”, emanato nel 2000 dal più importante think tank neoconservatore dell’epoca, Project for a New American Century (PNAC), fondato da due prominenti ebrei, Bill Kristol e Robert Kagan (è il marito di Victoria Nuland) e con Dick Cheney fra i maggiori membri.

Il documento, scritto come “consigli al presidente”, proponeva un programma di enorme riarmo dell’America onde garantire alla superpotenza la dominanza militare mondiale, anche attraverso “nuove tecnologie e nuovi concetti” e la capacità di sferrare due guerre “maggiori” simultaneamente, e senza farsi ostacolare dal diritto internazionale; una serie d’interventi avrebbe dovuto cambiare la faccia del Medio Oriente a favore dell’alleato dell’America, la sola democrazia (eccetera). Il documento riconosceva che l’opinione pubblica americana non avrebbe accettato un simile programma con i suoi immani costi, a meno che non si producesse “un qualche evento catastrofico e catalizzatore, come una Nuova Pearl Harbor” ( “absent some catastrophic and catalyzing event – like a new Pearl Harbor). 


L’11 Settembre 2001 l’auspicata nuova Pearl Harbor ebbe luogo: due aerei di linea, dirottati dai noti terroristi islamici sotto il comando di Bin Laden, demolirono le Twin Tower, e un terzo il Pentagono. Guerra! Gridarono i tre viceministri; guerra! Gridò Dubya Bush, guerra gridò Dick Cheney: subito fu l’invasione dell’Afghanisatn, ma Wolfowitz ordinò: dobbiamo invadere anche l’Irak, perché Saddm Hussein è complice di Bin Laden – no anzi, perché ha le armi di distruzione di massa.

E che parte ebbe Dov Zakheim? Non pensate a un rabbino dedito allo studio della Torah; è sempre stato un imprenditore del settore militare. Direttore esecutivo di un’azienda che lavora per la Difesa, settore aeronautico, la System Planning Corporation. Questa ditta stava vendendo al Pentagono un sistema (software ed hardware) che serviva a teleguidare gli aerei-bersaglio per l’addestramento dei piloti da caccia. Con questo ritrovato – Flight Termination System – aerei senza pilota potevano essere esposti alle mitragliate degli apprendisti top gun, perché non avevano nessuno a bordo: erano guidati da un operatore davanti a un computer.

Insomma, si tratta di droni. Zakheim produceva droni e sistemi di teleguida di aerei senza pilota; applicabili anche su grossi apparecchi, e a teleguirare più di un aereo contemporaneamente. Alcuni complottisti sospettano che gli aerei che si sono avventati contro le Twin Towers  fossero teleguidati .  E’ un pensiero malsano da cui ovviamente ci dissociamo.

Il punto è che, sullo stesso sito della ditta System Planing Corporation, all’epoca, si vantavano due nuovi clienti: la Eglin Air Force Base in Florida, e la vicina MacDill Air Force Base. Con questa, il rabbi aveva firmato un contratto molto succulento: la fornitura di ben 32 Boeing 767, che la sua ditta doveva trasformare in aerei-cisterna per il rifornimento in volo degli aerei militari. Secondo i succitati cospirazionisti, ad avventarsi contro le Towers e distruggerle fantasticamente bene non sarebbero stati due aerei di linea dirottati da arabi, bensì un paio di quei 767, ovviamente trasformati in droni nella ditta di Zakheim con l’applicazione del rinomato Flight Terminator System. Anzi, da foto del presunto volo 175 nei suoi ultimi istanti, essi credono di vedere sotto la pancia del mezzo una gondola siluriforme, che sarebbe proprio l’apparato della ditta. 




Boeing KC-767, può essere adattato con tecnologia Flight Terminator System, usato come drone






 Flight Terminator System





Boeing 767-200ER, per uso civile dell'American Airlines







Fermo immagine dell'aereo che si è schiantato sulle torri gemelle. Notare che nella pancia  si intravede una figura siluriforme, molto simile al sistema di teleguida che si impianta su questi aerei per poi pilotarli a distanza.




Noi non ci uniamo a questi sospettosi. Se mai, ci meravigliamo del fatto che un privato con lucrosi contratti in corso col Pentagono, venga scelto come viceministro del Pentagono medesimo. Non ci sarà qui un (lievissimo) conflitto d’interesse? All’epoca, non ci fu uno straccio di giornale o telegiornale in Usa, men che meno in Europa, che facesse notare la stranezza.

E il rabbino Zakheim, come viceministro, aveva il compito di “comptroller”,  controllore contabile,  ossia le mani sul titanico bilancio del Pentagono, che è un oceano di sprechi non documentati. Nella voce di Wikipedia che lo riguarda, si dice che Zakheim fu messo a quel posto per cercare di capire dov’erano finiti 3 miliardi e mezzo (tremila milioni)  di dollari smarriti nelle pieghe del Pentagono; i complottisti dicono che fu lui a farli sparire; certo è che quei 3,5 miliardi, il bravo rabbino non li trovò mai. Ma non gli fu rimproverata alcuna incompetenza. Nessun giornale, tg, men che meno giudice o investigatore gli ha chiesto mai conto di nulla. Nemmeno la Commissione d’Inchiesta del Senato sull’11 Settembre ha ritenuto di convocarlo  giusto per ascoltare un testimone di quegli eventi. Poco dopo l’11 Settembre, a missione compiuta, Dov Zakheim è tornato a vita privata. No, non in sinagoga a studiare il Talmud. Nel settore militare-industriale, in cui è da sempre uno dei membri più in vista.

E benemeriti.

Perché è stato lui, Zakheim, a silurare (erano i tempi di Ronald Reagan) il progetto israeliano di fabbricare un caccia tutto sionista, che affrancasse Israele dalla dipendenza strategica di Washington; l’aereo, Lavi, era voluto da ministro della difesa di allora, Moshe Arens; Zakheim dunque ha legato per sempre Sion alla Lockheed Martin e agli F-16, F-20, eccetera, e l’America ad Israele con un reciproco nodo fatale.
Rabbi Zakheim è dunque l‘uomo del destino.


l’uomo-chiave negli eventi che hanno portato l’America a destabilizzare Afghanistan, Irak, Libia, Somalia, adesso Siria . E’ l’uomo-chiave della strategia neocon che ha dissanguato l’America militarmente in 15 anni di guerre per Israele. Se dunque un simile personaggio esalta pubblicamente Vladimir Putin, vale la pena di ascoltarlo. 

Ma cosa dice, il rabbi, nel suo articolo-peana? Polemizza con quelli che, a Washington, sostengono che Putin con l’intervento in Siria s’è cacciato nel pantano, in una replica dell’intervento in Afghanistan che precipitò il crollo dell’Urss. Ma no, rimbecca Dov Zakheim: Putin ha dalla sua, oltre Assad, anche l’Iran, il governo dell’Irak ormai sotto l’influenza di Teheran; ha dalla sua Hezbollah, ha dalla sua i curdi che combattono contro l’Isis. Ha dalla sua il dittatore egiziano Al Sisi, che ha pubblicamente approvato l’intervento in Siria contro il terrorismo. 

E da ultimo   (rullo di tam,buri)  “la Russia ha eccellenti legami col il più potente stato del Medio Oriente, ossia Israele…quando era ministro degli esteri (di Sion) Avigdor Liberman era un frequent flier a Mosca e continua a mantenere il contatti diretti con Putin”.


Avigdor Liberman

Ma scusate, Israele non aveva armato ed addestrato il tentativo di Shaakashvili, in Georgia, di riprendersi con le cattive le due regioni russofone Abkazia ed Ossetia del Sud? E questa avventura non ha rovinato il rapporti fra Mosca e Sion? Ma no, risponde Zakheim; Israele “è così sensibile ai desideri di Mosca che allora troncò le forniture militari alla Georgia durante il conflitto del 2008”; anzi di più – e qui il rabbi rivela una cosa mai sentita prima – “c’è qualche verità nell’asserzione che Israele diede alla Russia i codici per disattivare i droni della Georgia prima della guerra del 2008”. 

Quando si parla di droni, l’autorità è lui, Zakheim. Dunque sta dicendo: sono io che ho dato alla Russia i dati per neutralizzare i droni della Georgia, che noi avevamo venduto al povero sciagurato Saakashvili. Un meraviglioso doppio gioco ebraico.  Collaudata abilità nel tenere i piedi in tutte le scarpe.


Dunque una cosa è evidente: negli ambienti ebraico-americani c’è una seria rivalutazione delle alleanze fondamentali di Israele nello scacchiere geopolitico. Gli Stati Uniti, spremuti come un limone, hanno dato quel che potevano dare a Sion; adesso saltiamo sul vello dell’orso russo, che si è dimostrato così geniale nel rovesciare la situazione da noi stessi (neocon) inscenata. 

E pensare che solo nel luglio scorso, Radio Free Europe (la Cia) raccontava che una quantità di ebrei stavano fuggendo dalla Russia “ a causa di Putin”, che aveva annesso la Crimea; temevano un giro di vite, si rifugiavano in Israele

rferl.org/content/jews-are-fleeing

Al quanto in contrasto con questa veridica notizia è il fatto che nel marzo 2014, il presidente Obama aveva bloccato i beni all’estero di una ventina di “oligarchi” russi amici intimi di Vladimir Putin, a lui associati da decenni. Tutti, o quasi, sono ebrei: Vladimir Yakunin, capo delle ferrovie russe, i fratelli miliardari Boris e Arkady Rotenberg, Yuri Kovalchuk, indicato come “il banchiere personale di Putin”, Vladislav Yuryevich Surkov ex vice-primo ministro, il saggista e consigliere di Putin Sergey Yurievich Glaziev, il membro della Duma Leonid Eduardovich Slutski, il docente dell’università di Mosca Andrei Klishas, e poi: Valentina Ivanovna Matviyenko, ex diplomatica e governatrice di Pietroburgo, considerata la donna politica del più alto livello in Russia, Dmitryi Olegovich Rogozin, che è stato l’ambasciatore di Mosca presso la NATO, Yelena Mizulina, membro del Partito comunista…
Per ordine di Obama, tutti questi personaggi non possono più venire in Occidente, se si presentano gli neghiamo il visto di entrata e li ricacciamo indietro.  La Grecia ha dovuto recentemente rimandare indietro la Matviyenko.  

E’ la politica neocon, caldeggiata dalla Nuland. Probabilmente nel calcolo che questi potenti personaggi, una volta che non potevano più venire a fare shopping a New York, Londra o Roma e Parigi, si sarebbero disamorati ed avrebbero magari rovesciato il loro amico Volodia, mettendo su un governo più demokratico. Il regime change invece non è arrivato. Sicché adesso il rabbi dell’11 Settembre trova tante virtù in Vladimir, e c’è persino chi sostiene che abbia una nonna o bisnonna ebrea. 

 putin-just-another-oligarch-jew

Quanto a Putin, è quello che nel settembre di un anno fa, ai visitatori della setta Lubavitcher che si lamentavano di essere stati vittime del bolscevismo, ricordò che “l’80-85% dei capi bolscevichi erano ebrei”. Naturalmente mantiene ottimi rapporti con tutti gli ebrei, ed è una cosa che non gli potremmo rimproverare: ha letto “Due secoli insieme” di Solgenitsin, e sa con chi ha a che fare.


video al discorso di Putin:Putin; 80-85% Bolsheviks Revolution were Jews.








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