"Se il pensiero può corrompere il linguaggio, il linguaggio può corrompere il pensiero."
George Orwell 1984
di: Roberto Pecchioli
Le parole hanno dei padroni? O meglio,
qualcuno determina i significati, orienta il senso di ciò che è detto,
divenendo quindi padrone del linguaggio e dei termini in cui ci
esprimiamo? E’ una riflessione antica, oggetto di indagine della
filologia, della linguistica e della semiologia. E’ evidente il rapporto
tra parole e potere. In queste settimane di aspra polemica politica ne
abbiamo la prova, a partire dalle opposte interpretazioni del nostro
testo legislativo più importante, la costituzione. Ci si accapiglia sul
senso di alcuni articoli della legge fondamentale della Repubblica, in
particolare quelli relativi ai poteri del suo presidente. Al di là delle
strumentalizzazioni, l’unica certezza è che ognuno ha buone ragioni per
intendere in un senso o in un altro ciascuna delle parole che la
compongono.
Nello specifico, sappiamo che il testo
della costituzione italiana, oggetto di interessata venerazione, fu il
compromesso tra opposte visioni della società in un momento particolare
della storia nazionale. Basta osservare con la lente del linguista o del
semiologo il suo incipit, il primo comma dell’art. 1 che recita
solennemente “l’Italia è una Repubblica, fondata sul lavoro”. Ogni
parola utilizzata, compresa la virgola gettata come per scandire la
frase meriterebbe un esame specifico, ma il senso della proposizione,
posta come architrave della comunità nazionale, è oscuro o inesistente.
Sappiamo che i costituenti marxisti spingevano per fondare l’Italia sui lavoratori, allo scopo di gettare basi giuridiche per un futuro socialista. Fu il giurista cattolico Costantino Mortati, memore della dottrina sociale della Chiesa e forse dello Stato nazionale del lavoro del regime precedente, a suggerire il compromesso vincente. Sta di fatto che, al di là della retorica, uno Stato si fonda sulla volontà storica di una popolazione di stare insieme con regole comuni. Il lavoro è un mezzo, non un fondamento.
L’esempio vale per rispondere affermativamente al quesito iniziale: sì, le parole hanno dei padroni perché sono strumenti di potere. Nessuna neutralità, specie in un tempo in cui la comunicazione è tanto estesa e pervasivo.
Sappiamo che i costituenti marxisti spingevano per fondare l’Italia sui lavoratori, allo scopo di gettare basi giuridiche per un futuro socialista. Fu il giurista cattolico Costantino Mortati, memore della dottrina sociale della Chiesa e forse dello Stato nazionale del lavoro del regime precedente, a suggerire il compromesso vincente. Sta di fatto che, al di là della retorica, uno Stato si fonda sulla volontà storica di una popolazione di stare insieme con regole comuni. Il lavoro è un mezzo, non un fondamento.
L’esempio vale per rispondere affermativamente al quesito iniziale: sì, le parole hanno dei padroni perché sono strumenti di potere. Nessuna neutralità, specie in un tempo in cui la comunicazione è tanto estesa e pervasivo.
Le fiabe talora spiegano più di mille
trattati. In Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll vi è il
celebre dialogo tra Alice e Humpty Dumpty, il goffo personaggio a forma
di uovo. La bambina non capisce le parole di Humpty Dumpty, che si
spiega così: “Quando io mi servo di una parola, quella parola significa
quello che piace a me, né più né meno. “Alice comprende così che le
parole possono avere tanti significati, ma la conclusione del suo
bizzarro interlocutore è una lezione di potere come solo la leggerezza
della fiaba poteva impartire: “quando faccio fare a una parola un simile
lavoro (…), la pago sempre di più.
“Questo rivela la forza delle parole e il desiderio del potere di impadronirsene. In tempi di ostentata libertà, nasce la correttezza politica, ovvero il divieto di dire o pensare certe cose, e l’obbligo per molti concetti di significare quello che piace al potere. Analizzare alcuni stilemi o sintagmi diffusi permette di capire l’orientamento di chi li utilizza ed impone e, naturalmente, individuare i fini perseguiti dietro termini solo apparentemente neutri o strumentali. Alcuni modelli esemplari sono di queste settimane, con le frasi poste a simbolo di manifestazioni di massa che il potere vigente non ama, ma deve sopportare e incorporare nel suo sistema simbolico.
“Questo rivela la forza delle parole e il desiderio del potere di impadronirsene. In tempi di ostentata libertà, nasce la correttezza politica, ovvero il divieto di dire o pensare certe cose, e l’obbligo per molti concetti di significare quello che piace al potere. Analizzare alcuni stilemi o sintagmi diffusi permette di capire l’orientamento di chi li utilizza ed impone e, naturalmente, individuare i fini perseguiti dietro termini solo apparentemente neutri o strumentali. Alcuni modelli esemplari sono di queste settimane, con le frasi poste a simbolo di manifestazioni di massa che il potere vigente non ama, ma deve sopportare e incorporare nel suo sistema simbolico.
Uno è l’adunata nazionale degli alpini, il reparto militare forse più amato, il cui “segno” è il cappello con la penna dell’aquila, animale eponimo del dominio delle vette. La missione costitutiva del corpo è la difesa dei confini, ovvero delle Alpi. Il motto dell’ultima adunata, tenuta a Trento, anodino e fuorviante, è stato “per la pace e la memoria”. L’obiettivo celato dell’ideatore era neutralizzare gli alpini come simbolo della difesa del territorio, confinandoli nello spazio circoscritto della “memoria”. Gli alpini, suggerisce il motto, sono memoria, quindi passato. Memoria è un altro termine di cui è stato manomesso il significato. Gli alpini sono parte della tradizione popolare, della storia patria, del radicamento istintivo alla terra che difendono in armi e calpestano concretamente dopo averla ricevuta dai padri. No: la loro storia, nel bene e nel male, non è che innocua memoria, ricordo neutralizzato nell’ aneddotica folk di grappa e bevute. Inoltre, gli alpini “devono” rappresentare la pace. Nessuno più di chi ha partecipato alle guerre conosce il valore della pace, ma il non detto, la morale sottostante è che ad essa vada sacrificato tutto, specie concetti anacronistici come l’onore, la dignità nazionale, la stessa indipendenza. Nulla di strano, poi, se la sovranità appartiene ai “mercati” e i capi delle istituzioni si comportano come vediamo.
Il 2 giugno, anzi nella domenica
successiva (non si devono disturbare con noiose ricorrenze nazionali i
signori Mercati!) si svolge la parata militare per la festa della
Repubblica. Il motto sui manifesti istituzionali è “uniti per il paese”.
Siamo uniti, è una buona notizia, ma per una cosa chiamata paese.
Italia o nazione proprio non esce dalla bocca di lor signori, Patria è
fuori discussione, persino repubblica sarebbe più dignitoso di “paese”.
Questo ci permettono di essere, Roncobilaccio, Bonate di Sopra o
Castelvecchio di Rocca Barbena, ma senza l’amoroso sentimento di
appartenenza che lega al luogo natio. Del resto, quando i membri delle
consorterie progressiste parlano dell’Italia, la chiamano
invariabilmente “questo paese”.
Terza stazione della Via Crucis: il presidente Mattarella annuncia davanti ai microfoni di aver detto no a un ministro sgradito per tutelare i consumatori. Ecco un’altra parola omnibus: in principio eravamo persone, poi l’illuminismo ci ha resi cittadini, il comunismo masse. Il liberalismo ci vuole individui, ma suo figlio Mercato ha trovato la ragione definitiva della presenza umana sulla terra: consumare. Homo consumensinstabilis. Siamo nati per ingozzarci di merci, fare indigestione di “opportunità” e sputarle velocemente. Nel Satyricon, Petronio descrisse i banchetti esagerati delle élite imperiali romane. Tra eccessi di ogni tipo, mangiavano sino al vomito per poi ricominciare. Consumare, infine, significa esaurire: risorse, vite, principi: sacrifici umani ad un Dio esigentissimo e apparentemente benevolo.
Ecco il Dio unico a cui sacrificare le nazioni e i popoli; numeri astratti che girano in ruote delle fortune truccate, con cui i signori dell'oro e della menzogna depredano gli stati.
Le parole diventano pietre angolari,
forgiano l’orizzonte di riferimento dei sudditi, mutano la prospettiva,
fondano l’immagine corrente di ogni cosa. La parola, rivela Humpty
Dumpty, significa quello che piace a me. Saussure avrebbe detto che
significante e significato coincidono, langue e parole si confondono
nella volontà sovrana dei manipolatori del linguaggio come nell’universo
fittizio della fiaba. Talvolta, quando il termine è crudo, o contiene
un giudizio sgradito, il potere ricorre a circonlocuzioni, inserendole
nel linguaggio attraverso la burocrazia delle leggi vigenti, ovvero a
sigle o acronimi. Pensiamo all’interruzione volontaria di gravidanza,
forma giuridica della pratica dell’aborto, indicata nelle circolari e
negli atti amministrativi come IVG. Se la vita è un acronimo, il suo
valore si perde, sfuma tra le scartoffie. Sorella Morte ha mille nomi
diversi volti a distogliere lo sguardo sino alla vana rimozione.
Dissolvenza, come nel cinema quando l’immagine scompare gradualmente,
sostituita dalla successiva che emerge piano piano.
Una delle caratteristiche della
neolingua imposta e politicamente corretta è la sua necrosi progressiva.
Proibendo i significati, sfuggono i significanti, cioè le parole usate
per esprimerli, specie se si tratta di pensieri e parole ribelli, di
opposizione. Senza parole adatte è assai difficile articolare pensieri
coerenti, autenticamente umani. Pensiero che non pensa, bollò Heidegger
la sovrastruttura tecnica. Di pari passo, avanzano nuove scienze
destinate a possedere il linguaggio per torcerlo nella direzione voluta,
ad esempio nell’arte della negoziazione affaristica o del messaggio
pubblicitario. Persuasione occulta, ovvero dominio su sudditi ignari.
Pensiamo ad alcuni risvolti della PNL, programmazione neurolinguistica,
alla scientifica rimozione dei tabù morali, delle remore e dei principi
naturali attraverso passaggi metaculturali successivi. La rana bollita a
fuoco lento di Noam Chomski e la “finestra di Overton”.
Restano i fondamenti posti dal pensiero
strutturalista con la sua distinzione tra significante (termine
utilizzato) e significato (ciò che esso rappresenta agli occhi di chi
parla e di chi ascolta). Resta decisiva la polarità tra langue e
parole.La langue (lingua) è strutturata secondo una grammatica stabilita
che fissa le norme d’uso di ogni singola lingua. La parole, la cui
traduzione italiana parola è insufficiente, è la componente libera,
individuale del linguaggio, l’atto linguistico che ogni parlante
(locutore) realizza esprimendosi in un idioma. La lingua è dunque un
sistema di “segni” di cui attraverso la parole ciascuno si serve a suo
modo. Saussure espresse altrischemi oppositivi come “sistema-processo” e
“codice-messaggio”. I manovratori della neolingua invertita e del
politicamente corretto hanno appreso assai bene la lezione, realizzando
una sorta di ossificazione della parole. Io non pronuncio più un termine
a mio modo per esprimere un concetto personale all’interno di un
sistema di codici, messaggi, significati, mi allineo non alla grammatica
della langue bensì al concreto significato psicologico prescritto dal
potere che mi sovrasta. Esso accoglie le regole strumentali di valore
pratico (non posso chiamare pera un albero se tutti associano al fonema
albero l’immagine di un tronco di legno fronzuto piantato nel terreno),
ma impiantando sensori psicologici per cui sono obbligato a chiamare
diversamente abile uno zoppo, paese la terra natale e genitore biologico
il padre o la madre naturale di qualcuno. Il salto è enorme, per quanto
resti inavvertito ai più.
Facciamo un esempio notoa chi ha
superato gli “anta”. Per l’infanzia delle generazioni passate, a Natale i
regali li portava Gesù Bambino. La progressiva rimozione
dell’immaginario religioso ha espulso il nazzareno e incoronato Babbo
Natale, figura della mitologia nordica. La stessa parola Natale è stata
spogliata del suo ovvio legame con l’idea della nascita.Nel mondo
comunista sovietico venne inventato Nonno Gelo, ma funzionò meglio il
trasbordo “dolce” verso la barba bianca, il vestito scarlatto e la
slitta trainata dalle renne poiché faceva già parte, in qualche maniera,
dell’immaginario collettivo.
La Rivoluzione francese pretese di cambiare il nome dei mesi senza successo: una fusione fredda, imposta con scarsa conoscenza della psicologia delle masse. I nomi dei mesi di Robespierre ci sono oggi sconosciuti, resta forse Brumaio per il titolo di un’opera minore di Marx (Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte). Analoga espulsione dal campo per la parola straniero, che evoca l’alterità dei non connazionali. Con un’acrobazia verbale da circo Barnum, abbiamo introiettato (coincidenza di langue e parole…) il significante extracomunitario. Doppia carambola al biliardo, giacché accettiamo di fatto come connazionali (rectius concittadini) francesi, lituani o croati o qualunque altra popolazione venga inserita nella comunità destinale imposta, l’Unione Europea e contemporaneamente sterilizziamo sino all’irrilevanza ogni componente identitaria, culturale, etnica o, ohibò, razziale dell’Altro da noi.
Egli è un semplice extracomunitario, non più straniero, ovvero non possiede (ancora) documenti amministrativi che ne cambino la condizione. Basterà una legge ad hoc (pensiamo allo ius soli) e diventerà concittadino, anzi connazionale, poiché nel frattempo i due concetti, distinti e differenti, vengono sovrapposti, anche nei moduli amministrativi ufficiali. Sono cittadino italiano in quanto il timbro di un organo amministrativo lo certifica, a nulla contando la mia nazionalità, albanese, malgascia o, incidentalmente, italiana.
La Rivoluzione francese pretese di cambiare il nome dei mesi senza successo: una fusione fredda, imposta con scarsa conoscenza della psicologia delle masse. I nomi dei mesi di Robespierre ci sono oggi sconosciuti, resta forse Brumaio per il titolo di un’opera minore di Marx (Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte). Analoga espulsione dal campo per la parola straniero, che evoca l’alterità dei non connazionali. Con un’acrobazia verbale da circo Barnum, abbiamo introiettato (coincidenza di langue e parole…) il significante extracomunitario. Doppia carambola al biliardo, giacché accettiamo di fatto come connazionali (rectius concittadini) francesi, lituani o croati o qualunque altra popolazione venga inserita nella comunità destinale imposta, l’Unione Europea e contemporaneamente sterilizziamo sino all’irrilevanza ogni componente identitaria, culturale, etnica o, ohibò, razziale dell’Altro da noi.
Egli è un semplice extracomunitario, non più straniero, ovvero non possiede (ancora) documenti amministrativi che ne cambino la condizione. Basterà una legge ad hoc (pensiamo allo ius soli) e diventerà concittadino, anzi connazionale, poiché nel frattempo i due concetti, distinti e differenti, vengono sovrapposti, anche nei moduli amministrativi ufficiali. Sono cittadino italiano in quanto il timbro di un organo amministrativo lo certifica, a nulla contando la mia nazionalità, albanese, malgascia o, incidentalmente, italiana.
Nella confusione tutti i gatti sono
grigi. Di recente, l’organo di garanzia più importante del paese (pardon
dello Stato), la Corte Costituzionale, si è pronunciato contro norme di
alcune regioni (organi territoriali di rilevanza costituzionale, a
mente del novellato Titolo V!) tese a favorire i cittadini italiani in
alcuni ambiti sociali. Non abbiamo letto la sentenza, ma è facile
supporre che i giudici – di nomina tutt’altro che imparziale- abbiamo
stabilito che il termine “cittadini” nella carta non si riferisce
esplicitamente ai connazionali o a coloro che hanno ottenuto la
cittadinanza italiana (con un’altra parola tutt’altro che neutra si
chiama naturalizzazione), ma a chiunque presente sul territorio, specie
attraverso il combinato disposto (ah, la lingua di legno!) dell’articolo
che tutela la condizione dello straniero. Capiamo dunque quanto sia
decisivo possedere le parole, dirigerne il significato. Un altro caso
riguarda i concetti di legalità e legittimità. In accordo al trionfante
positivismo giuridico, la legittimità coincide con la legalità, cioè
l’osservanza della legge scritta. Si organizzano per i giovani corsi e
financo crociere della legalità, assolutamente condivisibili se si vuole
diffondere il senso civico, ma sappiamo che non ogni legge è giusta,
ossia conforme a bene comune e senso morale. Legalità finisce con
trasformarsi in legalismo, al fine di sterilizzare il dissenso, mentre
la legittimità si riduce a parola vuota o peggio a falso sinonimo.
Il linguaggio è “il vincolo della
socialità”, scrisse il grande studioso romantico di tradizioni dei
popoli Johann Gottfried Herder. Non è dunque vezzo da pedanti
analizzarne evoluzione, ricadute, cambiamenti. Nella Fenomenologia dello
Spirito, Hegel lo definisce “la coscienza di sé che è per altri”, in
grado di connettere passato e presente e ogni essere umano con la
comunità di cui fa parte. Esiste ed è fortissima una dimensione
simbolica e, per così dire, giudicante, delle parole. La cultura egemone
se ne è appropriata e le brandisce come pietre fino in interiore
homine. C’è chi, meritoriamente, ha compilato un vero e proprio
dizionario della neo-lingua, come i giovani studiosi Lorenzo Vitelli e
Andrea Chinappi. Il tema, per quanto di difficile impatto, è di capitale
importanza per animare una resistenza culturale al sistema vigente. Ci
torneremo presto, nel tentativo di analizzare alcuni “trasbordi
ideologici” provocati dalla neolingua politicamente corretta, al
servizio, non è vano ribadirlo, di un potere globale mondialista
interessato a cambiare il nostro modo di pensare a partire dalla lingua
che parliamo, di cui ci stanno espropriando con la forza attraverso
l’imposizione dell’inglese tecnocratico dell’economia. Pensiero unico,
consumatore unico, Dio unico Mercato, lingua unica. L’incubo diventa
realtà: non permettiamo che ci le parole per descriverlo e quelle per
insorgere.
EBREI DI MERDA
RispondiEliminaEcco tapioca hai sfoderato tre parole che sicuramente non sono neolingua ;)
RispondiEliminaIl verbo mancante nell'ultima frase dell'articolo è forse: tolgano ?
Odio l'inglese da sempre, il tedesco è preciso come una lama con le sue parole composte, l'italiano è bello di suo, accostando lo al latino da il massimo, se poi vogliamo azzerare la traslazione del significato Delle parole siamo costretti ad usare il greco. Bene adesso capite perché hanno tolto latino e greco dalle scuole, guarda caso ne latini ne greci avevano simpatia per le democrazie. Uno più uno fa tre e la guerra sarà pace, l'ignoranza cultura.
jj
Pecchioli sempre ottimo, davvero.
RispondiEliminaWW ti do un suggerimento: un articolo su Ursula Haverbeck.
scusami white wolf,vorrei farle ALCUNE DOMANDE
RispondiElimina1) ma perche proprio L'ELITE EBREA SIONISTA è al vertice del potere e non per esempio L'ELITE FRANCESE O TEDESCA?Ci deve essere un motivo perché proprio loro sono al comando
2)ma la teoria del complotto del signoraggio bancario è una BUFALA o triste REALTA?.poi scusasmi il debito pubblico non è altro che un debito DELLO STATO NAZIONALE nei confronti di ALTRI ENTI,QUINDI ANCHE O SOLO DELLE BANCHE CENTRALI
3)Le banche come BCE O FED sono private e quindi sono i ROTHSCHILD e ALTRI ad emettere moneta CARTACEA e a prestare denaro ai Paesi?E giusto?
4)Quando lei dice Entita Multidimensionali,come ufo,rettiliani o alieni grigi,OPPURE ASHTAR SHERAN,sono ESSERI IN CARNE E OSSA,intendo che posso vederli CON I MIEI OCCHI?Poi lei ha detto che i rettiliani esistono e vivono ALL'INTERNO DELLA TERRA,ma erano presenti GIA SULLA TERRA O SONO VENUTI CON LE NAVICELLE SPAZIALI DALLA COSTELLAZIONE DEL DRACO?
5)Agharta e Atlantide sono realta o sono miti/leggende,quindi fantasie?
6)Persone come Alex Jones,David Icke e Benjamin Fulford li vede come MEZZI DEPISTATORI E DISINFORMATIVI?
7)Sono piu potenti i BANCHIERI O le FAMIGLIE REALI?
Admin Moon
Admin Moon, ti rispondo io:
EliminaMUCHELA.
Admin Moon ti avevo gia risposto precedentemente a questi quesiti, coimunque non voglio risponderti perchè tutte le risposte le troverai sparse nel sito, cosi ti fai una bella ricerca personale e ti farai una tuaopinione
Eliminadaccordo se le ho rotto i coglioni basta dirmelo....comunque NON SONO TUTTE QUELLE CHE A GIA RISPOSTO.
EliminaPurtroppo cercare LA VERITA E I FATTI non è una cosa semplice...E UNA IMPRESA,perché non ti puoi fidare proprio di nessuno
Admin Moon
A me pecchioli fa venir freddo , ti ubriaca di parole che alla fine non svelano niente,spartan admin moon e tapioca provate digitare:" intervista a Rosenthal" altro che I controinformatori di regime alla Chiesa Barnard foa Levi Shapiro ecc che crescono come funghi nel Web l'humus adatto ,li mortacci loro
RispondiEliminaOk Simonazzi
EliminaAnonimo ovviamente il link al libro della pagina da te citata è stato tolto
RispondiEliminajj
Digitate:" da dove nasce l'impunita di Israele " e per WWolf se ci riesce dall'estero ci si riesce digiti " I diari di turner PDF" di William luther Pierce ,88 A Noi !
RispondiElimina