di: Riccardo Tennenini
“Dalla democrazia, dall’estrema libertà deriva la schiavitù maggiore e più selvaggia”.
“Quando il cittadino accetta
che, da dovunque venga, chiunque gli capiti in casa, possa acquistarvi
gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato; quando i capi
tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una
libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine… Così la democrazia
muore: per abuso di se stessa. E prima che nel sangue, nel ridicolo.”
Platone
Dopo la caduta del muro di Berlino e lo
sgretolamento dell’Unione Sovietica, assistiamo al trionfo totale delle
democrazie occidentali nate dalla Rivoluzione Francese, che porta con se
il liberale improntato al liberalismo, in quanto atteggiamento di
pensiero o dottrina politica ed economica, in cui si propongono la
libertà individuale (limitando il potere dello Stato), uguaglianza
(egualitarismo), e condizioni di vita dignitose. L’uomo democratico è
mediocre, il che lo rende incapace di realizzare in forma completa tanto
rivolta al bene quanto al male, e di fatto gli rende impossibile il
dominio assoluto sullo Stato, con conseguenze positive e negative che
comportano i due termini su cui si basa la democrazia, libertà e
uguaglianza. L’uguaglianza prevede la parità dei diritti di tutti e la
possibilità di accedere con uguale dignità a cariche politiche, che si
può riassumere con la parola isonomia. La libertà permette di poter
scegliere il proprio stile di vita e muoversi in modo indipendente. La
parola demokratìa deriva da demos ossia popolo e kratos potere, che
venivano interpretati in due modi: la parola “popolo” era la totalità
dei cittadini, mentre il “potere” era riservato solo alla parte ricca
del corpo sociale. Aristotele nella sua opera “Politica” osserva che
dove dominano i ricchi, in molti o in pochi che siano, ci sarà un
oligarchia e dove dominano i poveri ci sarà una democrazia.
Anche Platone conosceva l’ambiguità di
tale parola, osservando che la democrazia ha iniziò quando i poveri
risultavano vincitori del conflitto che li opponeva ai ricchi,
intendendo per poveri la maggioranza della popolazione impoverita dal
potere oligarchico come scritto nella “Repubblica“. Sembra dunque di
poter affermare che la democrazia ha due facce: una normativa legata
all’isonomia e l’altra sociale demokratìa in senso radicale.
Per Protagora gli individui prendono
decisioni che concernono la vita collettiva in una condizione di
libertà. Per Platone invece l’anima presenta tre centri
motivazionali:quello razionale e calcolativo (coscienza), impulsivo e
volitivo (ambizione e competitività) e infine quello desiderativo (sfera
piaceri corporei). Dunque per Platone è in grado di governare solo chi è
dominato dalla coscienza cioè l’homo politicus, ed essendo una qualità
rara può essere presente solo in un èlite aristocratica e non nella
totalità democratica. La demagogia ovvero l’arma della democrazia, per
la quale al normale dibattito politico si sostituisce una propaganda
esclusivamente lusingatrice delle aspirazioni economiche e sociali delle
masse, allo scopo di mantenere o conquistare il potere costituisce una
tappa fondamentale durante l’attuarsi della democrazia che risiede nella
tirannide. La demagogia costituisce il lato dell’incompetenza, per il
fatto stesso che alla guida dello Stato non c’è l’homo politicus ma
l’homo oeconomicus. Platone arriva a dire nel “Gorgia” che il politico
democratico, cioè il demagogo, si comporta come un cuoco, si limita a
compiacere il suo interlocutore, adulandolo, ma in ultima analisi gli
procura un danno incalcolabile.
L’homo oeconomicus è di fatto un
demagogo. Esso non possiede nessun sapere specifico relativo al bene
dello Stato e agli individui che vi abitano. La sua unica dote consiste
nella capacità di persuadere le anime irrazionali dei membri
dell’Assemblea, indirizzandoli verso decisioni che risultano utili solo a
lui. Così la retorica (l’arte dei demagoghi) rappresenta una
pseudotecnica non volta al benessere della realtà di cui si occupa
(politica) ma finalizzata unicamente all’adulazione.
Il passo inevitabile, dopo la demagogia, come abbiamo già accennato prima, è la tirannide! E l’homo oeconomicus diventa isonomico. A questo punto Platone ci dice come si forma una tirannide: l’uomo isonomico è governato da desideri e pulsioni che lo pervadono che si stanziano tutti sullo stesso piano, in lui mancando ogni principio gerarchico. L’isonomia non regola solo i rapporti istituzionali, politici e normativi ma anche la psicologia democratica. La libertà diventa anarchia generando nel popolo paura che finisce per affidarsi ad un difensore proveniente dalla cerchia de demagoghi. Egli una volta giunto al potere, si circonda di un piccolo esercito personale aumentando esponenzialmente il suo potere, agendo non nell’interesse del popolo per cui è stato eletto campione, bensì nel proprio. L’uguaglianza diventa disuguaglianza classista tra il ricco e il povero. Nasce così il tiranno e la tirannide, che si alimentano del circolo perverso al quale danno luogo anarchia, paura e demagogia!
Platone mostra l’intrinseca problematicità della parole uguaglianza e libertà. La libertà è destinata a essere sospesa dall’arrivo del tiranno, mentre l’uguaglianza afferma che gli uomini non sono affatto tutti uguali, natura e società li rendono radicalmente diversi, alcuni migliori altri peggiori. L’uguaglianza è tale solo se c’è una distribuzione delle cariche in base alla virtù cioè alla competenza. Il principio di competenza costituisce l’unico discrimine per l’accesso al potere: il sapere, la conoscenza rappresentano l’autentico criterio di legittimazione del potere.
Ma quali sono i processi che ci hanno portato fino alla tirannide ? Platone ce lo spiega nella “Repubblica” dove delinea cinque forme di governo: la prima è l’Aristocrazia (governo dei migliori) dove è presente la kallipolis, ossia la città perfetta governata dai filosofi, che declina quando nei governanti è presente la parte impulsiva (non razionale) dell’anima, dove il sapere viene sostituito dal coraggio e l’ambizione.
Così l’aristocrazia diventa Timocrazia ovvero un governo basato sull’onore! Tale forma di governo la associa a Sparta. Dal processo di decadimento della timocrazia segue quello dell’Oligarchia in qui il principio dell’onore viene sostituito dalla ricchezza. Così se nell’uomo timocratico era presente thymoeides di omerica ascendenza, nell’uomo oligarchico è presente epithymetikon, presente anche nell’uomo democratico e nel tiranno.
La città oligarchica si basa sul
criterio censitario e la restrizione su base censitaria del diritto di
cittadinanza: ciò determina il progressivo venir meno la principio di
competenza. L’effetto più devastante della progrssiva accentuazione del
principio censitario consiste nella radicalizzazione delle differenze
economiche tra ricchi e poveri che entreranno inevitabilmente in
conflitto causando la stasis, ossia la guerra interna. L’individuo
oligarchico, quindi, rappresenta l’homo oeconomicus la qui unica
motivazione che lo muove è il desiderio di arricchirsi. Dopo
l’oligarchia segue la Democrazia.
Se nella timocrazia vige il principio
dell’onore, nella città oligarchica è il denaro, nella città democratica
è la eleutheria declinata in parrhesia e exousia. Non esistono obblighi
e doveri, neanche quello di governare, tutti possono governare o essere
governati. La tolleranza è diffusa e ognuno può fare ciò che vuole.
L’uomo democratico fa ciò che vuole quando lo desidera senza regole, ciò
porta inevitabilmente all’anarchia che degenera in Oclocrazia fino ad
arrivare alla Kakistocrazia (governo dei peggiori) dove è presente il
predominio politico delle masse, che fanno valere le proprie istanze con
agitazioni di piazza imponendosi sul potere legittimo e sulla legge
stessa.
fonte: ereticamente.net
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