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lunedì 8 giugno 2015

Solženicyn: il rifiuto di partecipare alla menzogna è la chiave della liberazione



"Siamo a tal punto disumanizzati, che per la modesta zuppa di oggi siamo disposti a sacrificare qualunque principio, la nostra anima. Davvero non c’è alcuna via d’uscita? E non ci resta se non attendere inerti che qualcosa accada da sé?"

"Stiamo ormai per toccare il fondo, su tutti noi incombe la più completa rovina spirituale, sta per divampare la morte fisica che incenerirà noi e i nostri figli, e, noi continuiamo a farfugliare con un pavido sorriso:
- Come potremmo impedirlo? Non ne abbiamo la forza.

Siamo a tal punto disumanizzati, che per la modesta zuppa di oggi siamo disposti a sacrificare qualunque principio, la nostra anima, tutti gli sforzi di chi ci ha preceduto, ogni possibilità per i posteri, pur di non disturbare la nostra grama esistenza. Non abbiamo più nessun orgoglio, nessuna fermezza, nessun ardore nel cuore.


[…] Davvero non c’è alcuna via d’uscita? E non ci resta se non attendere inerti che qualcosa accada da sé?
Ciò che ci sta addosso non si staccherà mai da sé se continueremo tutti ogni giorno ad accettarlo, ossequiarlo, consolidarlo, se non respingeremo almeno la cosa a cui più è sensibile. Se non respingeremo la MENZOGNA.








 


Alexandr Solženicyn


Nato l’11 dicembre 1918 a Kislovodsk, nel Caucaso, Solženicyn è figlio di uno studente in lettere, morto pochi mesi prima della sua nascita, e di una giovane donna appartenente alla piccola nobiltà. Nel 1941 si laurea in matematica e fisica all’università di Rostov, e contemporaneamente, dal 1939, segue per corrispondenza i corsi di filosofia, storia e letteratura dell’università di Mosca.
Richiamato nell’esercito sovietico, impegnato nella guerra contro la Germania hitleriana, deve rinunciare alla carriera universitaria. Nel 1945 viene arrestato mentre presta servizio nella Prussia orientale: l’accusa è di propaganda antisovietica, per aver espresso giudizi critici su Stalin in una lettera indirizzata ad un compagno di scuola. Viene condannato a 8 anni di lavori forzati più 3 di confino, che trascorre in gran parte nel Kazachstan.
Dal 1953 Solženicyn insegna matematica e fisica e comincia sistematicamente a scrivere.
Col 1956 inizia in URSS la destalinizzazione e dopo il XXII Congresso del PCUS (1961) Kruscev dà parere favorevole alla pubblicazione sulla rivista Novyj mir (Mondo nuovo) del racconto Una giornata di Ivan Denisovic, che diventerà una sorta di manifesto letterario del nuovo corso krusceviano. Il breve racconto illustra, per la prima volta, la vita di un uomo qualunque all’interno di un lager: una denuncia che porterà Solženicyn alla fama mondiale.




Ed è proprio qui che si trova la chiave della nostra liberazione, una chiave che abbiamo trascurato e che pure è tanto semplice e accessibile: IL RIFIUTO DI PARTECIPARE PERSONALMENTE ALLA MENZOGNA. Anche se la menzogna ricopre ogni cosa, anche se domina dappertutto, su un punto siamo inflessibili: che non domini PER OPERA MIA!

È questa la breccia nel presunto cerchio della nostra inazione: la breccia più facile da realizzare per noi, la più distruttiva per la menzogna. Poiché se gli uomini ripudiano la menzogna, essa cessa semplicemente di esistere. Come un contagio, può esistere solo tra gli uomini.

[...] Ognuno di noi dunque, superando la pusillanimità, faccia la propria scelta: o rimanere servo cosciente della menzogna (certo non per inclinazione, ma per sfamare la famiglia, per educare i figli nello spirito della menzogna!), o convincersi che è venuto il momento di scuotersi, di diventare una persona onesta, degna del rispetto tanto dei figli quanto dei contemporanei.

[...] Per i giovani che vorranno vivere secondo la verità, all’inizio l’esistenza si farà alquanto complicata: persino le lezioni che si apprendono a scuola sono infatti zeppe di menzogne, occorre scegliere. Ma per chi voglia essere onesto non c’è scappatoia, neppure in questo caso: mai, neanche nelle più innocue materie tecniche, si può evitare l’uno o l’altro dei passi che si son descritti, dalla parte della verità o dalla parte della menzogna: dalla parte dell’indipendenza spirituale o dalla parte della servitù dell’anima. E chi non avrà avuto neppure il coraggio di difendere la propria anima non ostenti le sue vedute d’avanguardia, non si vanti d’essere un accademico o un «artista del popolo» o un generale: si dica invece, semplicemente: sono una bestia da soma e un codardo, mi basta stare al caldo a pancia piena.

[...] Non si tratta dunque di avviarsi per primi su questa strada, ma di UNIRSI AD ALTRI! Il cammino ci sembrerà tanto più agevole e breve quanto più saremo uniti e numerosi nell’intraprenderlo. Se saremo migliaia, nessuno potrà tenerci testa. Se saremo decine di migliaia, il nostro paese diventerà irriconoscibile!

Ma se ci facciamo vincere dalla paura, smettiamo di lamentarci che qualcuno non ci lascerebbe respirare: siamo noi stessi che non ce lo permettiamo. Pieghiamo la schiena ancora di più, aspettiamo dell’altro, e i nostri fratelli biologi faranno maturare i tempi in cui si potranno leggere i nostri pensieri e mutare i nostri geni.


Se ancora una volta saremo codardi, vorrà dire che siamo delle nullità, che per noi non c’è speranza, e che a noi si addice il disprezzo di Puskin:
A che servono alle mandrie i doni della libertà?
Il loro retaggio, di generazione in generazione
sono il giogo con i bubboli e la frusta."

Mosca, 12 febbraio 1974 [Giorno dell’arresto di Solženicyn, precedente all’espulsione dall’URSS].












 


tratto da: nexusedizioni.it






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2 commenti:

  1. il prezzo della libertà è alto .. la guerra continua ... qui e sopra di noi
    non mi avrete come volete voi
    saremo lupi vestiti da agnelli
    non sono venuto a portare la pace ma la spada

    jj

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  2. Avanti senza paura anche al costo di morire per la libertà!

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