di: Carlo Giuliano Manfredi
Il mito di Sparta si prospettava a
fronte della crisi dell’universo ellenico, e ateniese nella fattispecie.
Il governo dei migliori contro quello dei mestieranti della politica;
un reciproco controllo delle funzioni che era garanzia di equilibrio,
contro la cronica instabilità delle democrazie; la sovranità della
legge, contro la passionalità dei collegi giudicanti. Sparta
rappresentava la nostalgia della sobrietà: tanto nello strenuo controllo
dei consumi, mentre le smanie futili e gravose del fasto devastavano
altrove quella misura che si era un tempo identificata con il gusto
ellenico, quanto nell’economia della parola.
Altrove la comunicazione
era pervasa da fiumi di incontrollata emotività che intorpidivano la
vita collettiva, sostituivano ai concetti le opinioni e le passioni,
impostavano scelte affidate alla retorica anzichè alla persuasione. Ma
gli Spartani amavano tacere, e quando parlavano le loro frasi erano
scabre e rade, come oracoli: andavano al cuore delle cose, e come questo
erano talvolta indecifrabili. Essi scartavano l’enfasi, l’esibizione,
le mode; la venerazione dovuta agli anziani premiava l’esperienza,
insegnava alla gioventù il lungo percorso che ne avrebbe ammaestrato le
menti e purgato gli ardori.
Intanto, ai giovani spettava di esercitare
il vigore e l’armonia dei corpi, così da renderli simili a quelle
immagini marmoree di divinità e di atleti
che erano il simbolo dell’energia trasmessa dall’interiore
all’organismo fisico. L’impersonalità attiva propria ad uno stile
guerriero che si esprime in una comunità organica di “pari” protesa alla
realizzazione di fini metapolitici era l’atteggiamento naturalmente
assunto.
In effetti, l’elemento indispensabile
dell’edificio della “paideia” della Grecia è il grandioso ethos
educativo, l’ideale dell’ Aretè Eroica. Per esempio, la leggenda di
Eracle indica all’uomo Dorico il suo destino: …Vana fatica e lavoro sarà
la Tua vita; ma la ricompensa suprema è certa. Tu non devi camminare
per la strada maestra, come fa la vile massa che nasce dalle terra e
dalla terra non sa staccarsi, tu percorrerai la strada stretta, quant’è
vero che tu nasci di seme divino, e andrai sempre più avanti, sempre più
in alto. Ti attende la porta del cielo…Per l’Aretè, virilità e onore,
sei nato: ora devi conquistartela. Il suo prezzo è la vita; ma chi paga
questo prezzo si è guadagnata la vita eterna.
Quindi, Sparta come patria
IDEALE per uomini degni di essere considerati in virtù delle loro
qualità poste al di sopra di tutte le altre, cioè delle virtù borghesi e
mercantilistiche. Da una realtà storica è scaturito quindi un mito
bimillenario, assurto infine nei migliori tra Noi a presenza interiore
salda e insostituibile. La ri-visitazione dell’essenza Laconica, come
sguardo non su un qualunque passato storico ma su una ben delineata
“visione del mondo” che richiama a sè (o allontana con decisione ciò che
si oppone) gli Animi che sentono aderirvi per appartenenza, non può,
infine, non sottolineare l’opera del legislatore di Sparta, quale
fautore dello stile di vita spartano, Licurgo. Per esempio è noto che,
dopo aver sancito l’annullamento dei debiti, decise di dividere in parti
uguali anche tutti i beni privati (degli “Uguali”), in modo da
eliminare ogni forma di disuguaglianza e di disparità.
Licurgo
Tolse valore alla
moneta d’oro e d’argento, e lasciò in circolazione solo quella di
ferro; poi fissò il limite massimo dei patrimoni privati, definendolo in
base a questa moneta. Così facendo liberò Sparta da ogni ingiustizia.
Quando, invece, gli chiesero perchè affaticava il corpo delle ragazze
con la corsa, la lotta, il lancio del disco e del giavellotto, disse:
“Così i loro bambini avranno una radice robusta in un corpo sano, e
potranno svilupparsi bene; e loro stesse avranno la forza di sopportare
il parto e resisteranno facilmente alle doglie. In caso di necessità,
poi, saranno in grado di battersi per se stesse, per i loro figli e per
la patria”.
Ma il privilegio più grande e più
importante che Licurgo, a giudizio di molti, assicurò ai suoi
concittadini, fu l’abbondanza di tempo libero. Agli Spartani infatti era
assolutamente proibito esercitare un’arte manuale, e non avevano alcun
bisogno di accumulare faticosamente denaro dedicandosi agli affari o a
un’altra attività, dal momento che Licurgo aveva tolto alla ricchezza
ogni significato sociale. Negli antichi costumi spartani, per
continuare, si imparava a leggere e a scrivere solo a scopi pratici e
l’educazione si proponeva di sviluppare nei giovani un’obbedienza
pronta, la resistenza alla fatica e la determinazione a battersi fino
alla vittoria o alla morte. Non si indossava mai la tunica, ma si
riceveva in dotazione un solo mantello per tutto l’anno avendo, inoltre,
una cura approssimativa del proprio corpo, in effetti si rinunciava
quasi completamente a bagni e unzioni.
C’era l’usanza che i più anziani
facessero domande ai più giovani, chiedendo dove stavano andando e
perchè; chi non rispondeva o chi cercava scuse veniva aspramente
rimproverato. Se un anziano non rimproverava un giovane che sbagliava in
sua presenza, era passibile della medesima reprimenda che toccava al
colpevole: chi non accettava serenamente il biasimo era giudicato con
molta severità. Nei banchetti comuni la dieta era scarsa per questo
scopo: si voleva che i giovani si abituassero a non riempirsi il ventre e
fossero capaci di sopportare il digiuno. Si pensava infatti che
sarebbero stati più utili anche in guerra, se avessero saputo faticare
pur senza mangiare, se fossero stati più temperanti e più sobri, se
avessero tirato avanti più a lungo con poca spesa.
Ritenevano anche
che la capacità di sopportare il digiuno e di adattarsi a qualunque
cibo producesse corpi più sani. Agli Spartani non era consentito fare
viaggi, perchè si voleva che non fossero contagiati da costumi stranieri
e da stili di vita lontani dalla loro disciplina. C’era l’abitudine di
usare i servi dei vicini come se fossero propri, in caso di necessità, e
di fare lo stesso con i cani e i cavalli, se i padroni non dovevano
servirsene. In campagna, se qualcuno aveva bisogno di qualcosa che non
aveva portato con sè, poteva aprire un deposito altrui, attingere alle
scorte del proprietario e andarsene dopo aver riapplicato i sigilli.
Dopo aver fatto ubriacare gli Iloti, li mostravano ai ragazzi, per far
loro passare la voglia di bere troppo.
Finchè applicò le leggi di Licurgo e
mantenne l’antico giuramento, Sparta fù la città greca meglio governata e
godette per cinquecento anni di un prestigio grandissimo. Ma quando la
costituzione di Licurgo (quale organizzata “forma mentis” appartenente
alla Tradizione) cominciò via via ad alterarsi, e l’ambizione e
l’avidità si insinuarono nella gente, anche il suo potere si indebolì.
Sparta finì per essere governata tirannicamente dai suoi cittadini,
senza conservare più alcuna traccia dell’antica disciplina.
Quanto detto
sopra affinchè non rimanga sterile contatto con il passato o accademico
argomento storico da annoverare tra gli studi bensì che possa
coinvolgere per effettivo “sentire” (quindi in qualità di Forma mentis
utile come richiamo non per attirare anime ma per dar loro fuoco) la
sfera spirituale dell’ Essere (Vir) contemporaneo dedito, per dovere di
destino, ad edificare e portare avanti il proprio cammino.
Sparta una città stato magnifica ma fallimentare diplomaticamente. Rimanere "isolati" non espandersi(senno sei come il fiume che più si allontana della sorgente piu è flebile) invece la via e Roma. Sebbene con molti dofetti senza il cristianesimo avrebbe conquistato il mondo è staremmo tutti bene!
RispondiEliminaGrande Sparta
RispondiEliminajj