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martedì 2 ottobre 2018

Sparta e la weltanschauung dorica


di: Carlo Giuliano Manfredi

Il mito di Sparta si prospettava a fronte della crisi dell’universo ellenico, e ateniese nella fattispecie. Il governo dei migliori contro quello dei mestieranti della politica; un reciproco controllo delle funzioni che era garanzia di equilibrio, contro la cronica instabilità delle democrazie; la sovranità della legge, contro la passionalità dei collegi giudicanti. Sparta rappresentava la nostalgia della sobrietà: tanto nello strenuo controllo dei consumi, mentre le smanie futili e gravose del fasto devastavano altrove quella misura che si era un tempo identificata con il gusto ellenico, quanto nell’economia della parola. 


Altrove la comunicazione era pervasa da fiumi di incontrollata emotività che intorpidivano la vita collettiva, sostituivano ai concetti le opinioni e le passioni, impostavano scelte affidate alla retorica anzichè alla persuasione. Ma gli Spartani amavano tacere, e quando parlavano le loro frasi erano scabre e rade, come oracoli: andavano al cuore delle cose, e come questo erano talvolta indecifrabili. Essi scartavano l’enfasi, l’esibizione, le mode; la venerazione dovuta agli anziani premiava l’esperienza, insegnava alla gioventù il lungo percorso che ne avrebbe ammaestrato le menti e purgato gli ardori. 




Intanto, ai giovani spettava di esercitare il vigore e l’armonia dei corpi, così da renderli simili a quelle immagini marmoree di divinità e di atleti che erano il simbolo dell’energia trasmessa dall’interiore all’organismo fisico. L’impersonalità attiva propria ad uno stile guerriero che si esprime in una comunità organica di “pari” protesa alla realizzazione di fini metapolitici era l’atteggiamento naturalmente assunto.

In effetti, l’elemento indispensabile dell’edificio della “paideia” della Grecia è il grandioso ethos educativo, l’ideale dell’ Aretè Eroica. Per esempio, la leggenda di Eracle indica all’uomo Dorico il suo destino: …Vana fatica e lavoro sarà la Tua vita; ma la ricompensa suprema è certa. Tu non devi camminare per la strada maestra, come fa la vile massa che nasce dalle terra e dalla terra non sa staccarsi, tu percorrerai la strada stretta, quant’è vero che tu nasci di seme divino, e andrai sempre più avanti, sempre più in alto. Ti attende la porta del cielo…Per l’Aretè, virilità e onore, sei nato: ora devi conquistartela. Il suo prezzo è la vita; ma chi paga questo prezzo si è guadagnata la vita eterna. 

Quindi, Sparta come patria IDEALE per uomini degni di essere considerati in virtù delle loro qualità poste al di sopra di tutte le altre, cioè delle virtù borghesi e mercantilistiche. Da una realtà storica è scaturito quindi un mito bimillenario, assurto infine nei migliori tra Noi a presenza interiore salda e insostituibile. La ri-visitazione dell’essenza Laconica, come sguardo non su un qualunque passato storico ma su una ben delineata “visione del mondo” che richiama a sè (o allontana con decisione ciò che si oppone) gli Animi che sentono aderirvi per appartenenza, non può, infine, non sottolineare l’opera del legislatore di Sparta, quale fautore dello stile di vita spartano, Licurgo. Per esempio è noto che, dopo aver sancito l’annullamento dei debiti, decise di dividere in parti uguali anche tutti i beni privati (degli “Uguali”), in modo da eliminare ogni forma di disuguaglianza e di disparità. 



Licurgo


Tolse valore alla moneta d’oro e d’argento, e lasciò in circolazione solo quella di ferro; poi fissò il limite massimo dei patrimoni privati, definendolo in base a questa moneta. Così facendo liberò Sparta da ogni ingiustizia. Quando, invece, gli chiesero perchè affaticava il corpo delle ragazze con la corsa, la lotta, il lancio del disco e del giavellotto, disse: “Così i loro bambini avranno una radice robusta in un corpo sano, e potranno svilupparsi bene; e loro stesse avranno la forza di sopportare il parto e resisteranno facilmente alle doglie. In caso di necessità, poi, saranno in grado di battersi per se stesse, per i loro figli e per la patria”.

Ma il privilegio più grande e più importante che Licurgo, a giudizio di molti, assicurò ai suoi concittadini, fu l’abbondanza di tempo libero. Agli Spartani infatti era assolutamente proibito esercitare un’arte manuale, e non avevano alcun bisogno di accumulare faticosamente denaro dedicandosi agli affari o a un’altra attività, dal momento che Licurgo aveva tolto alla ricchezza ogni significato sociale. Negli antichi costumi spartani, per continuare, si imparava a leggere e a scrivere solo a scopi pratici e l’educazione si proponeva di sviluppare nei giovani un’obbedienza pronta, la resistenza alla fatica e la determinazione a battersi fino alla vittoria o alla morte. Non si indossava mai la tunica, ma si riceveva in dotazione un solo mantello per tutto l’anno avendo, inoltre, una cura approssimativa del proprio corpo, in effetti si rinunciava quasi completamente a bagni e unzioni. 

C’era l’usanza che i più anziani facessero domande ai più giovani, chiedendo dove stavano andando e perchè; chi non rispondeva o chi cercava scuse veniva aspramente rimproverato. Se un anziano non rimproverava un giovane che sbagliava in sua presenza, era passibile della medesima reprimenda che toccava al colpevole: chi non accettava serenamente il biasimo era giudicato con molta severità. Nei banchetti comuni la dieta era scarsa per questo scopo: si voleva che i giovani si abituassero a non riempirsi il ventre e fossero capaci di sopportare il digiuno. Si pensava infatti che sarebbero stati più utili anche in guerra, se avessero saputo faticare pur senza mangiare, se fossero stati più temperanti e più sobri, se avessero tirato avanti più a lungo con poca spesa. 

Ritenevano anche che la capacità di sopportare il digiuno e di adattarsi a qualunque cibo producesse corpi più sani. Agli Spartani non era consentito fare viaggi, perchè si voleva che non fossero contagiati da costumi stranieri e da stili di vita lontani dalla loro disciplina. C’era l’abitudine di usare i servi dei vicini come se fossero propri, in caso di necessità, e di fare lo stesso con i cani e i cavalli, se i padroni non dovevano servirsene. In campagna, se qualcuno aveva bisogno di qualcosa che non aveva portato con sè, poteva aprire un deposito altrui, attingere alle scorte del proprietario e andarsene dopo aver riapplicato i sigilli. Dopo aver fatto ubriacare gli Iloti, li mostravano ai ragazzi, per far loro passare la voglia di bere troppo.

Finchè applicò le leggi di Licurgo e mantenne l’antico giuramento, Sparta fù la città greca meglio governata e godette per cinquecento anni di un prestigio grandissimo. Ma quando la costituzione di Licurgo (quale organizzata “forma mentis” appartenente alla Tradizione) cominciò via via ad alterarsi, e l’ambizione e l’avidità si insinuarono nella gente, anche il suo potere si indebolì. Sparta finì per essere governata tirannicamente dai suoi cittadini, senza conservare più alcuna traccia dell’antica disciplina. 




Quanto detto sopra affinchè non rimanga sterile contatto con il passato o accademico argomento storico da annoverare tra gli studi bensì che possa coinvolgere per effettivo “sentire” (quindi in qualità di Forma mentis utile come richiamo non per attirare anime ma per dar loro fuoco) la sfera spirituale dell’ Essere (Vir) contemporaneo dedito, per dovere di destino, ad edificare e portare avanti il proprio cammino.



2 commenti:

  1. Sparta una città stato magnifica ma fallimentare diplomaticamente. Rimanere "isolati" non espandersi(senno sei come il fiume che più si allontana della sorgente piu è flebile) invece la via e Roma. Sebbene con molti dofetti senza il cristianesimo avrebbe conquistato il mondo è staremmo tutti bene!

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