di: Roberto Pecchioli
Alcuni mesi fa chi scrive chiese a una
ragazza della quarta ragioneria, già due volte bocciata, come
procedessero gli studi, specialmente nelle materie per lei più ostiche,
matematica e francese. Rispose che tutta andava benissimo, poiché “le
prof. hanno capito chi comanda.” Sarà per questo che non ci stupisce –
né in fondo ci indigna troppo – l’ondata di violenza abbattutasi negli
ultimi mesi sugli insegnanti.
Inutile e carente per difetto enumerare
gli episodi diffusi da Nord a Sud dello Stivale, alcuni davvero
disgustosi. Per soprammercato, occorre dare conto delle aggressioni –
fisiche e verbali- di diversi genitori ad insegnanti rei di non trattare
come principini i loro beniamini e eredi, nonché l’alluvione di cause
civili e amministrative per opporsi a bocciature, cattivi voti e perfino
bei voti, ma inferiori alle aspettative. Nessuno stupore, nessuna
indignazione a comando. Solo le gonne strappate di migliaia di vestali
meravigliate. Ma come, pensano, si ribellano proprio a noi, tanto
amichevoli, tolleranti, permissivi/e, democratici!
Caro compagno, il vecchio mondo è dietro
di te. Era una parola d’ordine del mitizzato maggio francese del 68,
perfetta per capire l’essenza del progressismo al potere. Il bene
consiste da 50 anni nel lasciarsi alle spalle il passato in quanto tale,
correndo spensierati incontro al nuovo. Il mondo antico di luci e ombre
risale ad almeno 25 secoli fa, allorché Platone (uno di destra?)
avvertiva: “se avviene che il maestro non osa rimproverare gli allievi,
costoro si fanno beffe di lui. “ Se poi il maestro (e il genitore)
rifiuta di essere tale, lo scenario diventa quello che sperimentiamo
ogni giorno. Anche le definizioni di stampa sono false ed ipocrite: si
parla di bulli, termine che definisce un rapporto tra pari (le fratrìe,
le dispute giovanili), non l’attacco ai simboli di un potere pur debole e
screditato come quello dei docenti, che è teppismo e talvolta vera
delinquenza.
Colpisce, ma non troppo, la sindrome di
Stoccolma di alcune vittime, le quali assicurano che in fondo i
colpevoli sono “bravi ragazzi”, “si sono pentiti “o “scusati”. Che cosa
dovrebbero dire i docenti, più spesso le docenti? L’indomani saranno
nuovamente in classe, i genitori stanno in genere dalla parte dei figli,
il sistema finge indignazione per un giorno e poi tutto torna come
prima. Ma perché? A nostro avviso è giunta a maturazione una lunga
stagione inaugurata mezzo secolo fa, che ha tanti punti di rottura, dei
quali quattro ci sembrano i principali. L’autorità è stata contestata,
destrutturata, derisa, abolita, messa nel dimenticatoio delle cose
vecchie delle quali liberarsi. Vietato vietare. Poi c’è un deserto di
valori e principi. L’unica verità è l’assenza della verità, il
soggettivismo estremo, ognuno è legge a se stesso. Proprio i docenti, da
diversi decenni, si fanno banditori ed interpreti dei tanti luoghi
comuni della modernità. Il deserto avanza perché qualcuno ha avvelenato i
pozzi e gettato diserbanti in dosi letali. Sono stati gli insegnanti,
impiegati di concetto del nuovo che avanza travolgente, i primi
responsabili del disastro.
Poi c’è la perdita del padre, simbolo
dell’autorità. Minata la famiglia, distrutta con l’aiuto di Freud e
Marcuse la figura paterna, è stato abolito il freno, ciò che trattiene,
indica la via, pronuncia i no che segnano il cammino. Quarto elemento,
la rimozione forzata dell’aggressività naturale, specie quella dei
giovani maschi. Tolto l’esempio e il limite paterno, messe da parte le
figure maschili di riferimento anche nella scuola, sempre più in mano a
donne – per lo più cresciute nel mito della “liberazione” e del
permissivismo – ai ragazzi è stato imposto di vergognarsi di se stessi.
Potenziali stupratori, violenti, malvagi, sono stati decostruiti, per
usare il vocabolo inventato dal pessimo Derrida.
Gli episodi di questi mesi sono stati
posti in essere soprattutto da giovani maschi spesso trattati dalle
insegnanti (diciamo la verità impopolare) peggio delle loro compagne,
più conformiste, più inclini allo studio regolare, a seguire la via
tracciata per loro, a credere nelle nuove verità preconfezionate. Non è
un giudizio di merito, ma un fatto. E’ la differenza negata
dell’universo maschile rispetto a quello femminile, il rancido
retrogusto dell’uguaglianza ideologica imposta. Non di rado, i
protagonisti sono giovani che reclamano quell’attenzione personale che
non hanno avuto: le famiglie danno molto in termini economici e lasciano
sin troppa libertà, ma hanno smesso di essere comunità, luoghi di
formazione, palestre naturali di educazione.
La donna privata del suo naturale istinto materno e costretta (oppure che crede di volerlo per avere indipendenza da chi?) a lavori ossesivi e penosi, credendo di essere moderna, e che questa è la società odierna,non ha il tempo ne la forza di accudire i figli, i quali vengono eduati dai loro media, i risultati sono sotto gli occhi di tutti;
La scuola è specchio della società e
tutto ciò che è istinto maschile viene ora represso, criminalizzato.
Allo stadio si mettono sullo stesso piano la violenza, da combattere e
punire con durezza, e gli slogan, le male parole, le grida, che ci sono
sempre state. Il maschio medio non è una mite orsolina, non si può
castrare. A quell’età, è difficile che la reazione sia razionale,
educata, meditata. Nell’infanzia e nell’adolescenza, chi scrive pensava
di risolvere tutto a cazzotti. Fu il padre a dimostrare che era meglio
studiare, farsi una cultura, tentare di convincere gli altri, riservando
i pugni alla difesa personale. Altro problema capitale è
l’esibizionismo di massa della postmodernità. Attraverso i social media,
tutti filmano, postano, fotografano, mostrano vita, atti,
comportamenti.
E’ la maledetta trasparenza tanto amata dai guru delle
tecno corporazioni, come Facebook e Google. Tutta la giornata minuto per
minuto, il quarto d’ora di celebrità per tutti e ciascuno in un’epoca
diventata il trionfo di voyeurismo e ostentazione di sé. Nessuna
riflessione, tanto meno riserbo. Non è un caso se la maggior parte degli
episodi di teppismo a carico dei docenti è venuto alla luce via
Facebook o Instagram. Molti insegnati si sono guardati bene dal
denunciare. Anche questo è un segnale pessimo. Neanche loro hanno
fiducia nell’autorità che incarnano, meno ancora nel valore educativo
dei loro gesti; in più, dimostrano di non sentirsi diversi dagli
allievi.
Il silenzio è l’accettazione, il pegno
per far parte senza problemi del gruppo. No, i docenti non devono far
parte del gruppo: sono il secondo tangibile gradino della gerarchia e
dell’autorità con cui si viene a contatto. Il primo è la famiglia,
schiacciata dalle balle di cinquant’anni di declino. L’altro, la scuola,
è bannata (utilizziamo il loro lessico) in quanto rappresenta
un’autorità, qualcuno che può esprimere un giudizio, il voto, la
bocciatura. Ma furono gli insegnanti i primi a ribellarsi al vecchio
mondo. Via la pedana che sopraelevava la cattedra, poi le interrogazioni
concordate, la lotta contro il nozionismo, programmi sempre più miseri,
un’istruzione strumentale fatta per addestrare al consumo e all’uso di
macchine come i computer, l’autorizzazione a tenere in classe il
telefono, un atteggiamento a metà tra quello di compagnoni e amici più
grandi, le assemblee aperte e via scendendo.
Di suo, il sistema, esaurite le smanie
rivoluzionarie, è ripiegato nella concezione della scuola come azienda.
Una trovata distruttiva è stata quella degli “obiettivi”. Nella pubblica
amministrazione, di cui la scuola è la punta di lancia, ripetono sino
all’esasperazione, non si lavora più per adempimenti, ma per obiettivi.
Quello della scuola non è educare, formare, insegnare le materie di
studio, ma fornire diplomi e lauree. Troppi bocciati uguale meno
investimenti, il preside è un managerche risponde agli azionisti
ministeriali, non il capo di un gruppo interdisciplinare di educatori.
Per una quantità sterminata di laureati l’insegnamento non è più una
vocazione (concetto retrogrado e irriso) ma un ripiego, o tutt’al più un
mezzo per avere uno stipendio con relativamente poca fatica, un numero
modesto di ore di lavoro, tutte le feste comandate a casa, buona parte
dell’estate libera.
La scuola non deve formare menti critiche, ma stupidi schiavi, meglio se debosciati e rassegnati o drogati, degli idioti con anche la laurea oramai di massa, che non avranno futuro se non essere schiacciati da coloro che gli hanno sussurato libertà, libertà all'orecchio.
Hanno barattato il prestigio sociale – che non vale nulla nel borsino
della modernità- con la speranza di non lavorare troppo. Gli stipendi
sono umilianti, nonostante riforme su riforme che hanno sempre
privilegiato il lato burocratico e amministrativo, per cui oggi i
docenti passano più tempo in riunioni, assemblee e compilazione di
moduli che in classe. Ma non era, di grazia, il primo obiettivo della
civiltà in cui credono a larga maggioranza? Nessuna autorità, si decide
in assemblea, si discute su tutto, per bocciare o punire occorrono
autorizzazioni varie e il fegato di sfidare la massa conformista.
Aveva
ben ragione Donoso Cortés alla metà del XIX secolo, definendo “clasa
discutidora” i nuovi ceti emergenti, i cadetti della borghesia che,
quanto meno, all’epoca lavorava duro.
Ulteriore elemento di perplessità è la
promessa di punizioni esemplari per i teppisti. Giusto, giustissimo
ripristinare la responsabilità diretta e personale. Ma siamo sicuri che
per molti non sia già troppo tardi? Soprattutto, ai più giovani è ben
chiaro che vivono in una società in cui c’è sempre la deroga,
l’alternativa, la giustificazione, la via d’uscita. Se truffatori,
ladri, rapinatori, spacciatori, persino assassini entrano ed escono da
carceri con le porte girevoli, dovranno pagare il conto più salato dei
ragazzi la cui colpa principale è di vivere secondo istinto in quanto
nessuno – né il padre, né tanto meno gli insegnanti e l’intero mondo
esterno- ha proposto e se necessario imposto modelli diversi? I giovani
hanno un fiuto eccezionale per scoprire (sgamare, direbbero) insegnanti
ignoranti, paurosi, indifferenti, interessati più di loro al suono della
campanella.
Stiamo pur certi che, in maggioranza, i docenti presi di
mira non sono i più bravi e autorevoli, ma quelli che vivacchiano,
impegnati soprattutto a ottenere il trasferimento vicino casa, essere
liberi di sabato o lunedì se la scuola è aperta il sabato.
I giovani sono il punto più basso,
perché più fragile e privo di modelli, della regressione generale alla
volgarità, all’ignoranza, all’immediato tornaconto, ma non ne sono i
responsabili. Essi esprimono la nostra cattiva coscienza: sono come noi
li abbiamo voluti e cresciuti. Proteggendoli eccessivamente e, al
contrario, criminalizzando i loro istinti naturali, specie quelli dei
giovani maschi, li abbiamo resi fragili, irresponsabili e
incontrollabili. Quando scoppiano, sono guai. Loro l’hanno presa sul
serio la storiella che è vietato vietare, il successo è la misura di
tutte le cose, conto solo io e il resto vada a quel paese.
L’aggressività rimossa e riemersa nella violenza è frutto
dell’uguaglianza altrettanto distorta, ricacciata nell’inconscio perché
espulsa dalla coscienza.
Fu Eraclito il primo a capire che è il
conflitto, Pòlemos, il generatore di tutto ciò che è vivo. Nella scuola
come là fuori, nella vita, è stato abolito o snaturato l’incontro,
respinto nella virtualità della Rete. Tutto è divenuto catalogo di
problemi, registro, circolare esplicativa. Il rapporto tra insegnante e
allievo è un rapporto diseguale, così deve essere, ma è comunque un
incontro, in assenza del quale non si insegna e non si apprende. Uno sta
di qua, gli altri di là. Se non funziona, si minaccia, offende,
ferisce, umilia.
Una gioventù ignorante, passiva e drogata del modernismo autodistruttivo è sempre quello che ha desiderato il potere usuraio mondialista, le guerre e le rivolte le fanno i giovani, se questi non sono più uomini chi mai li farà?
Ma è il segno di un’assenza. Insegnare è istruire su
qualcosa di specifico, ovviamente, ma è soprattutto educare a
combattere, superare i propri limiti, conoscere, riconoscere ed
accettare l’Altro. Abbiamo rinunciato a educare, vi è orrore a punire,
chiediamo sempre meno ai nostri giovani perché sempre meno sappiamo
dare. Schiacciando l’istinto nell’Ombra, osteggiando come violenza ogni
forma di aggressività, l’abbiamo fatta rientrare dagli inferi, dall’Es
che abbiamo rinunciato a controllare. Distrutto l’archetipo del padre,
criminalizzato il maschile, abbiamo aperto il vaso di Pandora. Al potere
non è andata la fantasia, ma l’istinto più basso, volgare,
incontrollato, non Dioniso, ma la notte di Valpurga. E’ il momento della
punizione, ovvio, ma non cambierà nulla se non torneranno in cattedra
dei maestri.
Confermo, i ventenni di oggi non sono abituati alla minima disciplina.
RispondiEliminaInoltre le madri, potenziate dal femminismo anni '70, svolgono molto spesso un ruolo di giudice-moderatore nei confronti di ciò che il padre ha da dire ai figli e al posto di spalleggiare il marito è facile che quasi lo rimproverino davanti ai figli, i quali ovviamente non crescono in maniera corretta poiché questo allontana il padre e porta le madri a svolgere il ruolo unico di padre e madre insieme, andando anch'esse in confusione, esattamente ciò che vogliono gli ebrei.
Tutto queste cose sono state studiate nei dettagli, ma se tu parli alle donne di questo ti sapranno rispondere che sei solamente un cazzo di maschilista, e che le cose ai figli vanno spiegate con moderazione e con dei disegnini... e che "sono piccoli" (e che di conseguenza sempre lo saranno).
Il meccanismo educativo giudaico funziona alla PERFEZIONE, come tutto il resto.
hanno il d'io solo maschio che odia le donne...alla Madonna, l'unica simpatica della "famiglia" è stato sottratto il piacere dell'amore fisico, è stata fatta partorire vergine, ammazzato il figlio, i pittori pre caravaggio e caravaggio hanno dipinto la sua morte, perché ignoranti come i papi non sapendo che lei non poteva morire perché priva del peccato originale. La chiesa, non la fig di Giulietto, ha impiegato ben 250 anni ad accorgersene. Ora ti sbattono le femmine in faccia a tutte le ore, credendo che Noi siamo femministe. Sorella Natura ci scampi e liberi. Da quando hanno inforcato i pantaloni mezzo secolo fa, sono diventate peggio dei maschi. C'è stata ora l'indifferenziazione come nella monnezza...le "ministre" spacciate per Femmine sono peggiori dei maschi, anche perché a loro fanno fare i lavori più sporchi...fornirò, lozinzin, merdangela, temaggio, eccetera ne sono la prova provata. Nella scuola si è sempre appresa la nozione impartita dall’alto, sempe a scapito della Verità. Non si spiega il perché, ed infatti in genere se non si ha buona memoria, la matematica fa schifo a tutti. Non ti spiegano il “Perché” perché NON lo sanno. Si studicchia per il “voto”, non per il sapere ! Tanto è vero che quando si esce da scuola, solo teoria e niente pratica, perché gl’insegnanti non sanno fare niente di pratico, sei un bono a nulla. Sul lavoro, facendo pratica, devi ricomprarti i libri per unire, FINALMENTE, pratica teoria pratica teoria…Libri di testo, anche professionali, antiquatissimi, non cert aggiornati. Dice Lao Tzu: il saggio non gareggia perché rifiuta la competizione. Non ci sono stupidi, né geni. Ognuno ha il suo Talento. Lo deve scoprire finché è in tempo. Ne va della Sua Vita. Monia
RispondiEliminaQueste "ministre" sono delle cazzo di femministe sessantottine comuniste col trip del comando (cit. American History X) ma parliamoci chiaro: non contano un cazzo. Sono messe lì, fomentate dall'alto ma non contano un cazzo e loro stesse sono le prime a saperlo. I professori sono sempre stati dei grandissimi ignoranti, nel vero senso della parola. La scuola non dovrebbe nemmeno esistere, dovrebbe esistere una scuola-caserma dove fosse privilegiato l'allenamento fisico e la disciplina con l'obiettivo di formare degli uomini-guerrieri di 10-12 anni. Oggi va detto che la donna italiana, anche quella che non si professa di sinistra ha, almeno in parte, dentro di sé l'indottrinamento giudaico-femminista-comunista-antibianco, credetemi, non esista una donna italiana che non abbia dentro di sé il programmino. Altra citazione interessante: guardatevi il film Aliens (Alien2), cos'è Ripley in quel film, se non una donna SOLA, una femmina cazzuta con prole che risulta essere più forte di tutto e di tutti? Più tosta di una intera squadra di marines uomini: It's just jewish PROPAGANDA.
EliminaQuoto Spartan
Eliminajj
Il corpo umano è progettato per fare fatica e mangiare poco, l alimentazione dell' esercito dell'impero romano era sostanzialmente vegetariana, gli Spartani lo erano per scelta, fatica alimentazione vegetariana il più possibile, la moderazione nel vino e nella birra (utilizzato dai Romani per indebolire i barbari e renderli dipendenti) e necessario solo per digerire la carne e sopportare il freddo estremo, la totale abolizione di fumo e droghe salverebbe le prossime generazioni e rimetterebbe in sesto quelle attuali. Un programma sociale n questo senso come il sabato fascista sarebbe auspicabile. La diminuzione di tumori diabete ipertensione e tutte le altre malattie programmate dal sistema sarebbe impressionante.
Eliminajj
Il corpo umano non ha nessuna necessità di mangiare.
RispondiEliminaA parte questo vi do un consiglio, al mattino, come primo alimento: una mela.
Sembrerà banale ma basta questo a mantenere un certo standard.
Non mangiate mai frutta dopo altre cose.
Sapete che io cito i film di hollywood, ecco, se ci fate caso ritroverete in tantissimi film una frase fatta: la colazione è il pasto più importante. Vi danno questo suggerimento poiché sanno benissimo che una regola per stare in forma è NON fare colazione.
Difatti Spartan i contadini non l'hanno mai fatta, al massimo una fetta di polenta fritta dei giorni precedenti, il pasto importante e abbondante era la cena, al massimo alle 7 di sera e almeno due ore prima di coricarsi, il pranzo era sempre frugale e al sacco nei campi. Il vino misto al caffè dorzo serviva a vincere la fatica fisica e mentale del lavoro. Gli ebrei almeno quelli dell' est osservano il digiuno completo il venerdì, bambini compresi per abituarli. Il digiuno prolungato, anche di 40 giorni e più aumenta la resistenza immunitaria fino al doppio del normale, se va oltre i 40 diventa terapeutico e il corpo inizia a fagocitare tumori e grasso in eccesso. Provate a eliminare lo zucchero e tutti gli alimenti che lo contengono, resterete impressionati da quanti lo sono, per una settimana vi sentirete come tossici in astinenza, queste cose sono VOLUTE dal sistema. Consiglio a tutti i video di Salvatore Paladino sul tubo. Provate a fare trekking due settimane nei boschi in estate, da soli. Tornando in città sentirete la follia imperante della Matrix, accendere la TV e ascoltare musica sara un pugno nello stomaco e una tortura, vi verrà voglia di prendere una mazza e spaccare gli elettrodomestici e tornare nel bosco, ma siamo costretti a guadagnare e fottere il prossimo. Il digiuno ad ogni giorno fisso della settimana ha un significato ben preciso a livello spirituale. Anche le purificazioni con acqua e sale periodiche, bevendone, facendo bagni e clisteri, lavandosi la bocca tutti i giorni sono fenomenali, chi fa arti marziali lo sa.
RispondiEliminajj