di: Roberto Pecchioli
Ho incontrato il
Quinto Stato. E’ accaduto stamattina, sul presto, nel mio quartiere. In
meno di mezz’ora e nel raggio di poche decine di metri, ho verificato
l’esistenza del Quinto Stato. E’ qui, l’ho incontrato e perfino toccato.
Conosciamo l’antica divisione della società in tre ordini, risalente al
Medioevo. Il primo ordine, o Stato, era costituito dal clero; il
secondo dai nobili. Il terzo, teoricamente, da tutti gli altri. La sua
rappresentanza, negli Stati Generali francesi, fu affidata ai membri
della nascente borghesia, che fece la Rivoluzione e seppellì per sempre
il passato. Il suo vate fu l’abate Sieyès, autore di un fortunatissimo
libello che incendiò la Francia all’inizio del fatidico 1789.
Con il
lessico di Gyorgy Lukàcs, potremmo dire che fu l’ecclesiastico di Fréjus
a dare al Terzo Stato una coscienza di classe, a partire dalla
celeberrima frase “che cos’è il Terzo Stato? Tutto. Che cosa è stato
finora nell’ordinamento politico? Nulla. Che cosa desidera? Diventare
qualcosa“. La borghesia tagliò la testa del Re e inaugurò la modernità.
Nel corso dell’Ottocento, la polemica
socialista iniziò a parlare di Quarto Stato, ovvero del proletariato
contadino e operaio le cui file si ingrossavano all’ombra della
rivoluzione industriale, dell’urbanizzazione forzata, della nascita
delle grandi fabbriche. La sua rappresentazione artistica è il grande
dipinto del 1901 del piemontese Giuseppe Pellizza da Volpedo: una folla
compatta e ordinata che incede verso il futuro, fiduciosa nella Storia,
con alla testa una giovane madre con il figlioletto al collo e due
uomini, i contadini più combattivi. Vi è in questo quadro di grandi
dimensioni e gigantesche ambizioni, il senso di una composta dignità,
una sobria eleganza pur nella semplicità popolana degli abiti e degli
atteggiamenti, un avanzare irrevocabile, inevitabile di uomini e donne
che si sentono comunità in marcia decisi a cambiare la loro condizione
tutti insieme.
Il quadro di Giuseppe Pellizza il Quarto Stato
Travolto dalla postmodernità fattasi
surmodernità, il Quarto Stato si è dissolto alla fine del secolo XX che
aveva inaugurato e poi attraversato con tante speranze. Al suo posto
avanza, o meglio retrocede in un nuovo feudalesimo la poltiglia umana
che ci sentiamo di definire Quinto Stato. Surmodernità è la parola
chiave per spiegare il Quinto Stato. L’espressione coniata da Marc Augé
tratteggia gli eccessi sofferti da un’umanità immersa in una tripla
accelerazione: eccesso di tempo, per la fatica di dare un senso alla
realtà nella sovrabbondanza di eventi ed informazioni; eccesso di spazio
per la velocità di spostamenti in un mondo sempre più piccolo. Infine,
l’eccesso di ego, l’individuo che si considera un mondo a sé a discapito
della dimensione comunitaria. Nel terra desolata, guasta della
surmodernità ribolle un’umanità rizomatica, il Quinto Stato. L’ho
incontrata a pochi passi da casa, una mattina qualunque, perché per una
volta ci ho fatto caso. Accanto al supermercato in apertura staziona un
giovane maschio africano, sbarcato da qualche barcone e portato qui
dalla Marina Militare.
Per nulla denutrito, meno male, sorridente,
ospitato a spese nostre per non fare nulla, per non essere nulla, mi
appare come un gadget vivente e inconsapevole della contemporaneità. Ha
uno smartphone con le cuffie, la maglietta di un gruppo rock, il
giubbetto con cappuccio e scarpe sportive d’imitazione delle grandi
marche che producono in Asia. Vuole un suo piccolo posto nel grande
circo del mercato globale, non cerca né si aspetta più un’esistenza
“normale”.
Oltre l’elemosina, aiuta le signore con
il carrello della spesa, ogni tanto dà una mano a pulire qualche
giardino privato. Quando i commerci sono chiusi ciondola con altri come
lui – sembrano fabbricati con lo stampino – e poi sale sul bus, dove
ovviamente non fa il biglietto e non viene multato, tanto non potrebbe
pagare. Stamane gli è passato accanto un ragazzo con tatuaggi tribali e
un piercing nel naso, zainetto di marca sulle spalle, lo stesso
smartphone, le medesime cuffie, abbigliamento e andatura fotocopia, la
differenza è che le griffe di abiti e scarpe sono autentiche. Va a
scuola “firmato”, è un po’ in ritardo ma non si affretta, i professori
saranno abituati. Dalle movenze e dal suono attutito dalle cuffie, sta
ascoltando un rap, probabilmente Young Signorino (Mhh, ma che buona/
questa dolce droga bu, bu / Mhh, ma che buonabu, bu) o Sfera Ebbasta, al
secolo Gionata Boschetti, re del Trap, la cui popolarissima Tran Tran
parla di uno cui non frega niente di nulla, mentre altrove celebra la
sua ragazza interessata unicamente a soldi e droga. Giusto il tempo di
riavermi, e il quinto Stato, se preferite la Moltitudine desiderante di
Negri e Hardt, la vecchia plebe di Hegel, ricompare nelle sembianze di
un giovane uomo trafelato, malvestito, forse italiano, forse
sudamericano, che, sceso da un ciclomotore da rottamare con una gran
borsa a tracolla, si informa su un indirizzo.
Consegna posta: se la sua
condizione è simile a quella del figlio ultratrentenne di conoscenti, ha
la partita IVA (un imprenditore!), lavora almeno nove ore al giorno nel
traffico- i rischi sono tutti suoi, è un autonomo, magari rientra nelle
statistiche delle start-up- racimolando al massimo tra i 700 e gli 800
euro al mese. Mangia cibo di strada da un cartoccio sporco, porcheria
consegnata da un povero cristo come lui, un altro del Quinto Stato.
La mia meta è il negozio di un grande
gestore telefonico che ha appena “mangiato” qualche decina di euro per
servizi e applicazioni che non ho chiesto, ma solo incautamente digitato
credendo di rifiutarle (un giochetto molto comune, sembra) mi metto in
fila, ma il Quinto Stato è in agguato. Ha la fisionomia di un corpulento
giovanotto sulla trentina accompagnato dalla moglie – più probabilmente
la compagna – con bimbo al collo. Indossa una camicia trasandata mai
stirata, con pantaloni corti jeans a vita così bassa che mostrano ampie
porzioni di un imbarazzante lato B, gambe e braccia rivelano tatuaggi
multicolori. Ha un linguaggio pressoché incomprensibile, grugnisce pochi
vocaboli anglo dialettali inframmezzati dall’immancabile “cazzo”,
manifestamente capisce poco di quanto gli dice il commesso, e si rivolge
per soccorso verso la ragazza che scuote la testa, mostrando con una
certa fierezza due ciliegie tatuate dietro un orecchio. Il Calibano del
Quinto Stato conosce perfettamente tutti i piani tariffari dei gestori
telefonici e possiede l’abbonamento a Netflix.
Rassegnato al nuovo che avanza, esco dal
tempio dei telefoni cellulari e delle tariffe “all inclusive” per
imbattermi in un ulteriore, insidioso esponente del Quinto Stato. Ha le
sembianze civilizzate di un compito giovin signore in giacchetta,
cravattino e valigetta 24 ore. Figlio di famiglia, spiega di essere
socio di un’agenzia immobiliare, cerca appartamenti vuoti da vendere o
affittare, dà del tu a tutti e fa capire che pagherà qualcosa per ogni
segnalazione positiva ricevuta; nel frattempo cerca di vendere contratti
per grossisti di energia elettrica. Un imbroglioncello laccato già
pronto ad assumere il ruolo di impiegato d’ordine della
globalizzazione. In mezz’ora ho visto e toccato con mano un universo
che vent’anni fa era inimmaginabile. Avanza al passo del gambero una
nuova imponente classe sociale del tutto ignara di esserlo. Non possiede
alcuna coscienza collettiva, né sembra interessata all’impegno:
politico, sociale, civile, etico. Vive e tanto basta. E’, in mille forme
diverse, il Precario Globale Desiderante. La nuova classe dei perdenti
dominati ignari: il Quinto Stato.
Dei cinque personaggi osservati nel
mattino di primavera, il meno negativo è l’africano. Scelto dalla
famiglia per andare in cerca di
fortuna probabilmente perché più forte e robusto dei fratelli, è lo
strumento inconsapevole del mondialismo rampante. Simbolo, suo malgrado,
delle meraviglie della società multietnica che ignora e di cui nulla
gli importa, assolve ad una serie di compiti assegnati dal Potere.
Innanzitutto, abbassa le tutele sociali e i salari altrui. Qualunque
lavoro o lavoretto gli venga proposto, la retribuzione è inferiore a
quella di chiunque altro. Egli non ha altro interesse che fare come può
ciò che gli viene chiesto e incassare i pochi soldi pattuiti.
Indifferente a tutto ciò che è diverso dal suo orizzonte di sradicato, è
il precario per eccellenza della società, stigmatizzato da un lato,
simbolo positivo inconsapevole per altri.
Non ha, né può avere,
interesse alcuno per lotte collettive, per capire e integrarsi nel mondo
sconosciuto in cui lo hanno scaraventato. Quando fa qualcosa, è meno
di un numero, un lavoratore intermittente come il semaforo di notte.
Abbassa i salari, brucia le garanzie sociali esattamente come degrada
senza saperlo il tessuto civile e il panorama estetico circostante. Non
ha colpe specifiche. Si deve lottare contro l’immigrazione di massa
voluta e alimentata, odiare gli sfruttatori in giacca, cravatta e
automobile di servizio, la loro globalizzazione assetata di schiavi, il
loro tronfio liberalismo, la loro falsa, falsissima società aperta, il
soggettivismo e il gretto egoismo di cui sono banditori, non si può
prendersela con il Quinto Stato immigrato, ultimo anello di una catena
criminale.
Difficile avercela anche con lo studente
firmato, perennemente connesso, magari un po’ bullo. Non è responsabile
se questo è il mondo, lui guarda, imita e, come gli altri, vuole la sua
parte. Il Primo Maggio avrà visto il concerto organizzato dai
sindacati. Lì, tra stanche parole d’ordine di cui non sa nulla, per lui
solo fastidiose interruzioni della musica, i capi di antiquate
organizzazioni chiamate CGIL, CISL, UIL cercano ogni anno di salvarsi
l’anima, o certificare la propria esistenza in vita, pagando veri e
presunti artisti che fingono di contestare a cachet la società dello
spettacolo e del mercato. L’autogol di quest’anno è clamoroso. Hanno
invitato il citato Sfera Ebbasta, che si è presentato sul palco con due
Rolex, simboli del più rivoltante consumismo “di classe” (sociale) e ha
urlato che non gli frega di niente, naturalmente dopo aver incassato
l’assegno firmato Camusso. Sincero, l’astuto Sfera, in linea con i
dettami del mercato, simbolo del disimpegno, della regressione
individuale, oltreché responsabile pro quota del degrado dei gusti non
solo musicali di milioni di nerd del Quinto Stato.
Il concerto del 1 Maggio a Roma, festa dei lavoratori senza lavoro, promosso ( finanziato con i nostri soldi) da Cgil, Cisl e Uil, gli stessi sindacati che hanno contribuito a dostruggere ogni tutela o diritto del lavoro dei nuovi schiavi.
E’ il cantore della generazione Uber.
Meglio viaggiare a pochi soldi, chi se ne frega se il poveraccio che ci
trasporta è un immigrato irregolare che magari dorme sull’automobile o
un padre di famiglia reduce dal licenziamento per delocalizzazione. Ciò
che conta è che tutto sembri costare poco, come le stanze affittate
attraverso Airbnb, i viaggi lowcost.il cibo di strada, la musica
scaricata su Spotify.La giornata di costoro è scandita dai continui post
su Facebook, le foto su Instagram in attesa del giudizio altrui sotto
forma di “mi piace” o soffrendo per gli insulti e le derisioni dei
compagni di tastiera. Ansia da prestazione e da giudizio collettivo,
come gli aspiranti cantanti e cuochi televisivi: per me è no, scandisce
il Giudice, sostituto surmoderno della plebe degli anfiteatri romani con
potere di vita e di morte, pollice alzato o abbassato. Oggi il pollice è
diventato uno dei più utilizzati emoji, i pittogrammi che sostituiscono
le parole nella messaggistica afasica di massa. Whatsapp non per caso è
proprietà di Mark Zuckerberg.
Estraneo a qualunque approfondimento,
gran utente dei Bignami sotto forma di app e Wikipedia che tolgono lo
sforzo di imparare e ricordare, il Quinto Stato è convinto che la
felicità sia viaggiare continuamente- in genere senza capire nulla dei
luoghi dove si trova e delle persone che incontra – se è molto giovane
liberarsi della tutela dei genitori, tranne la funzione di ufficiali
pagatori che volentieri continua ad accettare, vivere qualunque
esperienza, comprare o almeno consumare nuove merci e nuovi servizi. Un
Quinto Stato liquido, cui basta alzare lievemente la temperatura perché
diventi gassoso e precipiti verso il basso anziché salire in alto come
in natura.
Fattosi adulto, è pronto a divenire il
Cretino Globale, deciso a dire la sua su tutto via etere, insultando,
offendendo, entusiasmandosi o odiando a comando eterodiretto. Più grande
sarà la sua ignoranza, maggiore la sua pretesa di esprimere, con poche
frasi e tanti strafalcioni, un’opinione definitiva che nessuno potrà
scalfire. Non lo sa, ma è un prodotto di scala, uno tra i tanti. A suo
modo, è riuscito perfettamente. Lo hanno voluto così: consumatore
compulsivo, mobile, infedele a tutto, privo di principi radicati, “muta
d’accento e di pensier” ogni giorno. Sogna New York City, vive in una
bolla di cosmopolitismo da centro commerciale senza elevarsi dalla
suburra locale. Ha in tasca un diploma, non di rado una laurea, ma sa
pochissimo di tutto. Fuori dalla specializzazione strumentale in cui è
stato istruito, è una tabula rasa riempita solo dai messaggi commerciali
e dalla musica imposta dal sistema di intrattenimento. Non sospetta
neppure di essere una pedina di un gioco molto grande e comunque non ne è
turbato, purché possa consumare, dare sfogo agli istinti.
Il Terzo Stato ha assorbito i primi due,
si è fatto nuovo Principe e ha organizzato un perfetto sistema per
continuare a dominare, sfruttare, guadagnare. Ha colonizzato
l’immaginario, comprendendo che le prime idee da cancellare erano la
dignità, la consapevolezza, l’etica. Tutti principi senza valore perché
non calcolabili in denaro. Ha distrutto la cultura popolare e quella
borghese, screditato ogni concetto “alto”, deriso qualunque concezione
spirituale, verticale, aristocratica della vita, sino a costruire la sua
creatura prediletta, la Moltitudine plebea prigioniera del Desiderio.
Diego Fusaro, giovane filosofo torinese, ha dedicato l’ultimo suo libro
alla figura del Precario, convinto di individuarne il potenziale
rivoluzionario. Non ne siamo persuasi. L’autore di Minima Mercatalia ha
certamente le migliori intenzioni, la sua voce resta una delle più
importanti nell’asfittico panorama “contro”, ma pensiamo che l’errore
neomarxista consista nell’immaginare un’umanità che si rivolta contro i
suoi padroni unicamente in nome della ragione economica. Non va fino in
fondo nel denunciare il male.
Eppure, una sua immagine ci ha colpito.
E’ quella del quadro di Pellizza da Volpedo messa a confronto con una
realizzazione di Massimo Bartolini, dal titolo My fourthhomage, visibile
nello stesso museo milanese che ospita Il Quarto Stato, di cui intende
essere omaggio e controcanto post moderno. La fotografia di Bartolini
presenta i perdenti di oggi colti fermi, con i piedi affondati nella
terra, privi di movimento, senza un ordine, ciascuno vestito e
atteggiato in modo differente, con gli sguardi vuoti e privi di
direzione.
Cento anni dopo, a vittoria acquisita del liberalcapitalismo
sulle altre grandi narrazioni ideologiche del secolo Ventesimo, tale è
la condizione di massa. Nessuna speranza, nessun avvenire verso cui
tendere, nessun cammino comune. E’ un’immagine potente quanto
straniante, la prova di una sconfitta epocale. Ma resta la rotta di un
materialismo nei confronti di un altro, più abile, scaltro, corrivo,
capace di narcotizzare proprio perché non è in grado di suscitare
consenso. La sua forza diventa il non dissenso, la rassegnazione, il
sonno, il riflesso animale, pavloviano, di chi desidera e si avvolge
nelle spire di bisogni e desideri sempre nuovi.
Due pensatori radicali americani, Nick
Srnicek e Alex Williams hanno scritto di recente una sorta di manifesto
per il Quinto Stato: Pretendi la piena automazione; pretendi il reddito
universale; pretendi il futuro. Un testo che riteniamo assai gradito
all’iperclasse dei potenti padroni di tutto. Viene teorizzata la morale
dello schiavo che si accontenta di consumare con denaro altrui,
svalutando il lavoro e l’impegno personale, spostando ogni lotta dal
terreno della dignità a quello della richiesta di consumo. Verrà
accolta, non temano. Se questi sono gli oppositori, il sistema può
dormire tranquillo, il Quinto Stato non darà preoccupazioni. La
difficoltà, anzi la tragedia che viviamo è quella di generazioni tanto
intensivamente diseducate da volere, desiderare, pretendere esattamente
ciò che conviene al potere. Manca un ceto intellettuale di riferimento
che indichi una via. E’ scomparsa, per dirla con le parole di
Hegelaccolte da Marx, la “coscienza infelice” di chi si rende conto del
male in atto e batte strade alternative. Ciò che sfugge ai nemici del
liberalcapitalismo di ascendenza marxista è la stretta parentela tra il
loro universo ideale e quello nemico.
Hanno lottato con tutte le forza per
distruggere la cultura popolare e quella dei ceti superiori.
Destrutturare, decostruire, demitizzare. Ci sono riusciti perfettamente,
realizzando inconsapevolmente il lavoro dei liberali, il cui orizzonte è
oltrepassare ogni limite. Screditata la morale naturale, irrisa la
famiglia, ucciso il padre, gettata nell’inconsistenza ogni forma di
spiritualità, bombardate le casematte delle religioni e della morale,
vince il più forte che, inevitabilmente, è chi sa mentire meglio ai
popoli. La menzogna comunista si è rivelata meno duratura di quella
liberalcapitalista. Non resta che tessere una tela diversa, nella quale
l’uomo torni a recuperare tutte le sue dimensioni. Esiste la festa
dionisiaca e l’ordine apollineo, la materia ma anche lo spirito, lo
sguardo rivolto in alto, i diritti come i doveri, il consumo insieme con
la gioia della frugalità e della vita comunitaria.
Hanno costruito un’umanità di terz’ordine, scomposta, priva di centro,
dedita all’istinto, regressiva. Hanno eliminato diritti naturali e
sociali, facendo credere che il desiderio, il capriccio, l’istinto
elevato a norma siano sacri diritti individuali. Hanno creato un Quinto
Stato disumanizzato, deplorevole, privo di argini, miliardi di atomi
gettati a caso in un mondo a cui hanno sottratto ogni domanda di senso.
Se mai avverrà, ee ne uscirà soltanto attraverso forme di restaurazione
della coscienza. Qualcuno sa immaginare il significato di onore,
dignità, decoro, spirito, morale, famiglia, identità, lotta, sforzo
collettivo, per la post umanità del Quinto Stato?
Il Terzo Stato del 1789 ha vinto
trasformandosi come uno Zelig, nazionalista nel secolo XIX, antiborghese
permissivo dopo il 1968, neo-feudale-mondialista a seguito della caduta
del comunismo novecentesco.
La moltitudine, con buona pace di Toni Negri
e Michael Hardt, ha perso perché ha fatto suoi i disvalori dell’Altro.
Servi senza coscienza e senza livrea, alla fine reclamano solo una fetta
della torta. Il Quarto Stato, almeno, cosciente di sé, voleva cambiare e
menù, non conquistare un posto alla tavola del Signore.
Fonte articolo
Che articolo.......
RispondiEliminaPERFETTO.
Già, ma ve ne siete accorti che tutta l'arte è a uso e consumo del 5° stato? La TV lo è ancor dà prima quando inventarono Dallas e dinasty prime serie squallor poi arrivò l'onda di film trash negli anni 90, ora vedere la vuotezza dell'arte moderna e della musica degli anni dal 2000 è scioccante. È palese l'ideologia che supporta la sinizzazione d'Europa. D'altronde in America la distruzione a inizio 900 dell'artigianato ha permesso l'implementazione del produci consuma crepa, di masse sterminate di operai e impiegati schiavi, senza cultura e coscienza di sé. Poi laggiù negli anni 80 è toccata la distruzione della vecchia agricoltura e l'implementazione dell'agro industria e conseguente distruzione di quella classe sociale. Tutte queste logiche sono ripetute ovunque in Europa con la distruzione di interi comparti economici, classi sociali ecc. Lo spianamento culturale viene adiuvato dalla buona scuola. Io non mi rassegno a tutto questo, questa è una guerra totale, senza quartiere, su tutti i fronti, che non può essere persa, a qualsiasi costo.
Eliminajj
Che ingegneri! facciamo in tempo a scegliere? o è necessaria una trasmutazione dei valori anti-vitali perché l'uomo accetti se stesso come creatura terrestre e corporea, libero dalle convenzionali e consolatorie menzogne... non come dei mutanti servirli ne come morale degli schiavi perché quest'ultima ha bisogno, per la sua nascita, sempre e in primo luogo di un mondo opposto ed esteriore... ha bisogno di stimoli esterni per potere in generale agire e la sua azione é fondamentalmente una reazione...eppur si muovono o sono solo istinti meccanici dettati dal bisogno di nutrirsi di accoppiarsi e in fine cacare.. ma che specie di umanità stanno creando? Il tipo nobile di uomo decide da sè come determinare i valori, non ha bisogno di approvazione... giudica affermando che ciò che è dannoso per me è dannoso in sé....riconosce il giusto! Non funzionerà con i pagani né tanto meno con il gene ribelle immune a divenire merda fertilizzante. Rimango per il progetto piramidi, rimango per genio di Nicola Tesla, Libero dalla "illusione del controllo" perché anche voi, padroni de sto cazzo, siete schiavi quanto i vostri servi...ecco perché infine rimango, nella terra di mezzo.
RispondiEliminaAbraxas
A tal proposito, della "Terra di mezzo", nuove rivelazioni dicono che l'Antartide (o ciò che noi pensiamo sia l'Antartide) sia in verità un anello di ghiacci intorno a quella che noi consideriamo la Terra. In tal senso, la zona dove ci troviamo noi sarebbe la Terra di Mezzo. Inoltre, dato che i film non sono mai casuali, in Trono di Spada grande attenzione è rivolta a "Grande Inverno" una barriera, un muro di ghiaccio che separa il mondo "tradizionale" da un nord popolato da barbari che, se sono tutti come la tipa di Jon Snow benvengano. Detto questo pare che la Terra non sia una sfera e che l'Antartide faccia da confine tra "noi" popolazioni dei sei continenti, e altre terre.
EliminaIo ammetto di crederci.
Inoltre, come scrissi tempo addietro, uso ciò che gli ebrei mi propongono per capire dove stia la verità. Ovvero, tramite Star Wars, Alien ed altri film loro mi mostrano lo spazio, i pianeti, e tutta la solita tiritera. Già solo questo mi convince del fatto che NON SIA COSI'. E che quindi la Terra possa essere piatta e molto diversa da come vogliono farci credere.
WW, sarebbe interessante un articolo al riguardo.
A tal proposito, della "Terra di mezzo", nuove rivelazioni dicono che l'Antartide (o ciò che noi pensiamo sia l'Antartide) sia in verità un anello di ghiacci intorno a quella che noi consideriamo la Terra. In tal senso, la zona dove ci troviamo noi sarebbe la Terra di Mezzo. Inoltre, dato che i film non sono mai casuali, in Trono di Spade grande attenzione è rivolta a "Grande Inverno" una barriera, un muro di ghiaccio che separa il mondo "tradizionale" da un nord popolato da barbari che, se sono tutti come la tipa di Jon Snow benvengano. Tra l'altro sono pure bianchi: io ci metterei la firma subito...
Detto questo pare che la Terra non sia una sfera e che l'Antartide faccia da confine tra "noi" popolazioni dei sei continenti, e altre terre.
Io ammetto di crederci.
Inoltre, come scrissi tempo addietro, uso ciò che gli ebrei mi propongono per capire dove stia la verità. Ovvero, tramite Star Wars, Alien ed altri numerosi film anche meno blasonati loro mi mostrano lo spazio, i pianeti, e tutta la solita tiritera. Già solo questo mi convince del fatto che NON SIA COSI'. E che quindi la Terra possa essere piatta e molto diversa da come vogliono farci credere.
WW, sarebbe interessante un articolo al riguardo.
Anche i Tedeschi andarono in Antartide, il quale credo che oggi risulti essere un luogo inaccessibile proprio perché non vogliono farci capire come stanno le cose. Vi ricordate quella scena di The Truman Show? Il protagonista sta andando in barca e cozza contro il "bordo della Terra".. da ridere, vero? Eppure niente è casusale. Qui gli ebrei ce lo mostrano come qualcosa di improbabile e che deve suscitare ilarità e allora io faccio lo stesso gioco: e lo prendo per vero.
Scusate, ho copiato due volte il testo.
EliminaComunque il senso è chiaro.
@ Spartan L' uso della Barriera non è casuale , ma questo può essere relegato nel dirsi solo nel ramo Fantasy, ma meno fantasy di quanto viene fatto con il martellante proiettarsi di Star Wars e Star Trek , in questo caso verrà detto che sono non fantasy ma fantaScienza cioè ispirato a quanto loro dicono sia vero , e elogeranno quanto sono stati bravi gli autori nel anticipare gli aggeggetti tecnologici. E' incredibile come ripetono all' infinito questo Star Wars, ( che sarebbe la metafora dell' Impero Usa-Sion) , con la puerile divisione tra Jedi e Sith , agghindati come valvassini medievali in uno scenario futuristico. Questi libri , come per Tolkien, non possono essere scritti a caso , c'è una profonda conoscenza dietro , ( tra l' altro compaiono anche la simbologia dei " Lupi Bianchi" con Jon Snow mi pare), Tolkien non parlava di spazi, galassie né di Marte , del quale ci stanno facendo il nuovo lavaggio del cervello , ma di Terra di Mezzo e di regno degli uomini e di regno di altri esseri. La Barriera ricorda l' Antartide , in quanto è vietata attraversarla , chi lo ha fatto come Byrd ,è stato secretato tutto , James Forrestal
Eliminahttps://it.m.wikipedia.org/wiki/James_Vincent_Forrestal
é stato ucciso . Molto probabilmente i nazisti hanno attraversato il confine e sono stati accolti o hanno formato uno stato e hanno tecnologia non conosciuta qui da noi , tra l' altro è la tesi di alcuni autori. Per cui gli ufo avvistati non vengono né da altri pianeti o galassie ma da queste altre terre, ma l' argomento è tabù , tutti parlano di Marte e dei marziani ecc...
Mark