di: Franca Poli
Per quale motivo è scoppiata la seconda
guerra mondiale? Tutti i libri di storia raccontano che la causa della
dichiarazione di guerra di Francia e Gran Bretagna alla Germania, fu
l’invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, ma è tutto
davvero così semplice? Hitler è stato descritto come un pazzo
sanguinario, uno psicopatico con manie di grandezza, che avrebbe
provocato una guerra solo per impossessarsi di parte della Polonia.
Occorre, a mio avviso, tentare di dare una visione più ampia o meno
parziale per capire che non vi fu un’unica responsabile e cioè la
Germania, ma che in parti diverse tutte le potenze contribuirono a
scatenare il più sanguinoso conflitto del Novecento.
È stata consentita, recentemente, anche
in Germania la pubblicazione de il “Mein Kampf” e chi ne ha affrontato
la lettura saprà che il giovane Hitler già dai tempi in cui era in
carcere per il fallito Putsch di Monaco del 1923, durante la stesura del
libro aveva ampiamente disegnato il suo dettagliato programma
ideologico e affrontava l’argomento della politica di espansione a Est
che, a suo parere, la Germania avrebbe dovuto attuare. In primo luogo
l’espansione avrebbe dovuto andare unicamente a scapito della Russia,
poiché questa rappresentava il focolaio del pericolo bolscevico, in
secondo luogo Hitler sognava la riunificazione di tutti i Tedeschi in un
unico Reich e infine un altro importante argomento che gli stava
profondamente a cuore, era la revisione dello stato di cose dopo
l’iniquo trattato di Versailles, le cui pesanti condizioni imposte alla
Germania, avevano devastato l’economia tedesca. Così, a tal proposito,
commentava Philipp Sheidemann (alla guida di un governo di coalizione
nel 1919) “Quale mano non si seccherebbe, mettendo se stessa e noi in
simili catene! (R.D.Muller “La fine del Terzo Reich”)
Nel “Mein Kampf “ al capitolo XIV, Hitler parlava dell’importanza di ampliare il proprio territorio:
”…soprattutto in un’epoca in cui la terra viene a poco a poco spartita fra gli stati di cui alcuni sono vasti come continenti…”
facendo così un fermo riferimento alle
potenze come Francia e Gran Bretagna che detenevano vasti imperi
coloniali, possedimenti che parimenti avrebbe dovuto avere di diritto
anche la Germania ma che le erano sempre stati negati.
Dalle sue pagine inoltre criticava
aspramente i politici contemporanei che ambivano conservare buoni
rapporti con la Russia, poiché reputava i suoi governanti “volgari
delinquenti coperti di sangue, la feccia dell’umanità, che, favorita
dalle circostanze di un’ora tragica, diede l’assalto ad un grande Stato,
scannò, avida di sangue, milioni di intellettuali ed esercita da quasi
dieci anni il più tirannico dominio di tutti i tempi”.
Ed è proprio ad Est che Hitler
individuava il suo “Lebensraum”, lo spazio che riteneva vitale per
sopperire alla mancanza di colonie e per far fronte alla carenza di
territorio per il suo popolo, sperando di incontrare il favore delle
altre potenze europee che avrebbero dovuto, come lui, intravedere nel
bolscevismo il nemico comune da abbattere.
“Se in Europa si vogliono acquistare terra e suolo ciò può avvenire in linea di massima solo a spese della Russia, e il nuovo Reich deve mettersi di nuovo in marcia sulla strada dei cavalieri dell’ordine di un tempo per dare con la spada tedesca la zolla all’aratro tedesco e alla nazione il pane quotidiano” (Mein Kampf pag.154)
Hitler con il suo libro aveva presentato la visione teorica riguardante lo spazio vitale e vi rimase coerente e, quando dopo
circa dieci anni si trovò alla guida del Paese, riportò in auge il suo
disegno politico, pronto alla realizzazione, sperando di ottenere aiuto e
comprensione dalla Gran Bretagna che invece non accettò, né appoggiò
mai le sue richieste di un maggiore spazio vitale “Sono profondamente
rammaricato che questa spiacevole situazione sia nata per effetto
dell’unica rivendicazione che ho avanzato e che continuerò ad avanzare e
cioè la restituzione delle nostre colonie” (H.Hitler discorso al
Reichstag 28 aprile 1939) Egli continuò fino alla fine ad aggrapparsi
alla realizzazione del benessere per il suo popolo e nel suo ultimo
messaggio dal bunker ribadiva ancora una volta che il dovere
dell’esercito era “vincere per lo spazio del popolo tedesco ad est”.
Nel 1939 si era arrivati alla genesi del
grande conflitto, il governo tedesco, un anno prima, aveva proposto
alla Polonia alcune richieste:
Danzica era una città quasi totalmente di etnia tedesca che, in barba al principio di autodeterminazione dei popoli di Woodrow Wilson era stata separata dalla madrepatria alla fine della prima guerra mondiale e dove, la popolazione votava al 99% per Hitler. Nessun uomo di stato aveva ritenuto giusta questa separazione, ma la casta dominante europea, non le permise di ritornare alla Patria della sua razza, della sua storia, della sua lingua, della sua “democratica scelta” e sabotò ogni trattato, non tanto perché lo reputasse ingiusto, quanto perché un risultato positivo avrebbe significato il riconoscimento al diritto dello spazio vitale tedesco.“lo stato libero di Danzica ritorna al Reich tedesco. Attraverso il corridoio scorre un’autostrada extraterritoriale del Reich appartenente alla Germania e una ferrovia a più binari altrettanto extraterritoriale. La Polonia otterrebbe nella zona di Danzica una strada o un’autostrada e una ferrovia extraterritoriale nonchè un porto franco. Nella zona di Danzica, la Polonia ottiene una garanzia di smercio dei suoi prodotti”.
Hitler accolto con entusiasmo dalla popolazione di Danzica
La questione di Danzica era una delle
maggiori problematiche che il trattato di Versailles aveva lasciato in
sospeso tra Germania e Polonia, e costituiva la principale
rivendicazione di Hitler: ”…Danzica è una città tedesca che desidera
appartenere alla Germania, ma purtroppo esistono degli accordi con la
Polonia che ci sono stati imposti dai dittatori della pace di
Versailles(…)ritengo indispensabile che la Polonia abbia uno sbocco sul
mare e ho di conseguenza tenuto in considerazione questa necessità (…)
considero tuttavia doveroso far presente al governo di Varsavia che come
la Polonia desidera uno sbocco sul mare, così la Germania ha bisogno di
aver accesso alle sue province situate a est” (estratto dal discorso di
Hitler del 28 aprile 1939 al Reichstag)
Gli abitanti di Danzica chiedevano
dunque a gran voce di riunirsi alla Germania, ma con il sostegno
britannico, la Polonia si sentì in grado di rifiutare ogni proposta e
ogni accordo sull’argomento. Anche la Francia avrebbe potuto adoprarsi
per ottenere una soluzione pacifica, ma la sua diplomazia non si impegnò
altrettanto bene di come aveva fatto nel 1914 annodando l’alleanza
franco-russa.
La rimozione della barriera di confine tra Polonia e la Città Libera di Danzica
Dunque è evidente che non solo la
Germania, ma anche le altre potenze europee erano propense a un
conflitto, e i motivi sono da ricercare in qualcosa di più profondo e
veritiero che non la difesa, peraltro non richiesta, delle poche
migliaia di abitanti di una città “polacca”. La vera questione non era
Danzica, ma si trattava di fermare con ogni mezzo l’avanzare di quei
movimenti rivoluzionari, fascisti e nazionalisti che, pur con le loro
diversità, si stavano espandendo in Europa (Italia, Germania, Spagna,
Portogallo), che osteggiavano l’utilitarismo capitalista anglo-americano
e il materialismo proletario-sovietico. Hitler, dipinto come il “male
assoluto”, aveva fatto senza dubbio della Germania una potenza, la più
forte, e andava distrutto, il suo pensiero e il suo esempio estirpati
dall’Europa. La pressione degli USA e del Giudaismo internazionale sulla
Gran Bretagna fecero sì che si arrivasse a una guerra mondiale, durante
la quale il Reich schiacciato da ogni lato non avrebbe potuto
sopravvivere.
L’intervento tedesco in Polonia fu un
pretesto dunque per tutte le potenze contendenti, ma per correttezza
d’informazione vorrei concludere con un episodio avvenuto prima
dell’intervento militare di Hitler e di cui non si fa menzione nei libri
di storia. Hitler rivendicò anche il diritto a difendere il popolo
tedesco che in Polonia aveva subito diverse azioni di discriminazione
etnica. Una politica che culminò con il massacro di Bromberg, conosciuto
come la “domenica di sangue”, dove barbaramente vennero uccise un
numero imprecisato di tedeschi, numero che è ancora motivo di contendere
tra gli storici, ma che va dalle 5.000 alle 55.000 unità. Fu un vero
genocidio, compiuto dai comunisti polacchi, torturando e trucidando
vilmente uomini, donne, vecchi e bambini. Sevizie tali da inorridire e
di cui è stata raccolta un’ampia documentazione su un libro pubblicato
in Germania nel 1940: “Die polnischen Grausamkeiten an den
Volksdeutschen in Polen” (le atrocità polacche contro i tedeschi etnici
in Polonia). Nel testo sono riportate, molteplici immagini di una
crudezza tale che non mi sono sentita di riproporre. Di questo e di
altro sulle mire espansionistiche polacche a danno dei tedeschi e sui
disegni di una “guerra preventiva” contro il Reich, si può leggere
quanto scritto dal dottor Gianantonio Valli su ”La fine dell’Europa”,
dove mette in luce la lucida strumentalizzazione voluta e compiuta dalle
“Grandi Democrazie per creare il casus belli contro il Reich”.
Il gencidio della popolazione tedesca da parte dei comunisti polacchi, questo per spingere la Germania alla guerra contro la Polonia e dare il pretesto agli alleati di intervenire contro la Germania nazionalsocalista.
Soldati
tedeschi mostrano ai giornalisti alcune vittime tedesche della "domenica
di sangue", avvenuta a Bromberg il 3 settembre 1939.
I cadaveri di etnia tedesca a Bromberg
La seconda guerra mondiale ci viene
descritta come una “guerra contro il razzismo”, la lotta della libertà
contro il totalitarismo, in realtà, anche se agli occhi dei più potrebbe
sembrare un paradosso, erano proprio gli Alleati a detenere colonie e a
praticare politiche razziali, ben più diffusamente rispetto alle forze
dell’Asse: basti pensare soltanto allo sfruttamento economico coloniale
inglese e francese e alla segregazione razziale in atto negli Stati
Uniti verso i neri, contro cui era attivo il KKK, i sudamericani, i
giapponesi, che la popolazione guardava con pregiudizio e chiamava
“rats”, gli stessi Italiani, per non menzionare il genocidio dei nativi
americani. La responsabilità di tutto non fu assolutamente solo di una
parte, anche in gran Bretagna, nessuna autorità o politico ha mai
rifiutato l’idea di guerra, anzi alla popolazione era continuamente
ribadito che una eventuale guerra in cui la Gran Bretagna si fosse
trovata coinvolta, sarebbe stata totale.
La politica tedesca del Lebensraum non
era esclusiva opera del demonio, come si è sempre voluto far apparire,
ma faceva parte di uno sviluppo generale iniziato proprio dalle potenze
Occidentali: la politica tedesca, di ricercare uno spazio vitale, come
anche quelle italiana e giapponese in maniera diversa, furono un atto di
salvaguardia economica dalla politica delle grandi plutocrazie, una
strenua difesa contro lo strangolamento delle sanzioni, contro il
dominio dei mari, contro la minaccia costante di uniformarsi
all’egemonia britannica.
La guerra disastrosa e sanguinaria
scoppiata nel 1939 fu dunque un aspetto della lotta: spazio vitale
contro imperialismo egemonico. Si possono ben definire egemoniche, le
potenze che, ancora oggi, per i loro interessi s’immischiano nelle
politiche dei continenti lontani, negli spazi vitali stranieri e,
fregiandosi di spirito umanitario, democratico, sono pronte a
combattere. È lontana, nonostante il trascorrere dei secoli,
l’inviolabilità di spazi vitali propri, le potenze occidentali
pretendono ancora direttamente o attraverso organismi internazionali
intrusione, ingerenza e diritto di controllo.
“A un ragazzetto dei nostri giorni, l’Europa detta “fascista” appare un mondo lontano, già confuso. Questo mondo è sprofondato, dunque non ha potuto difendersi. Quelli che lo hanno steso al suolo rimanevano soli sul terreno, nel 1945. Essi hanno, da allora, interpretato i fatti e le intenzioni, come conveniva loro. (Léon Degrelle – Hitler per mille anni)
Fonte: ereticamente.net
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