di: Riccardo Percivaldi
È stato spesso ripetuto che viviamo nell’epoca della fine delle ideologie, che il crollo del Muro di Berlino ha segnato il trionfo totale e assoluto dell’Occidente democratico e la vittoria del liberalismo sul comunismo. Secondo la vulgata ufficiale nell’epoca postmoderna le ideologie del novecento sarebbero scomparse, lasciando il posto a una nuova era di libertà caratterizzata dal pluralismo e dall’incredulità nei confronti delle metanarrazioni, con il sapere che si configura esclusivamente come «libera e imprevedibile attività della mente umana», in antitesi al «terrore teorico e politico praticato dai detentori del presunto sapere unitario, stabile, globale e assolutamente garantito».
Ad un’indagine più
approfondita si rivela l’esatto opposto. Possiamo anzi legittimamente
affermare che non c’è mai stata nessuna epoca storica più ideologizzata
di quella odierna, solo che l’ideologia non si presenta più come tale,
ma pretende invece di incarnare valori universali. In questo modo i suoi
dogmi penetrano del tutto inavvertitamente nella coscienza delle masse,
che sono incapaci di riconoscerne la natura artificiosa e falsa e di
comprendere che il loro immaginario collettivo è plasmato da meccanismi
di stampo totalitario e orwelliano, i quali condizionano i loro desideri
e quindi il loro comportamento.
Già Pasolini rilevava come
l’ideologia consumista, nascondendosi sotto una parvenza di libertà, sia
al contrario riuscita come non mai a rimodellare, manipolare e plasmare
a proprio piacimento l’essere umano, imponendo de facto una
mercificazione totalizzante e totalitaria della società:
«Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l’intero paese che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un’opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè – come dicevo – i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un “uomo che consuma”, ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neo-laico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane» […] «Si può dunque affermare che la “tolleranza” della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana».
Il vero potere appartiene
infatti a chi sa manovrare e manipolare l’immaginario e i sogni delle
masse. Non consiste nella forza materiale, ma in quella psicologica,
nella capacità di indurre comportamenti nelle persone attraverso la
manipolazione delle pulsioni più elementari. La repressione fisica
espone sempre al rischio di una rivolta popolare mentre, dando alle
masse l’illusione della libertà, il Potere può in gran parte fare a meno
della violenza nelle cosiddette “democrazie”.
Ciò tuttavia non significa che
queste società siano intrinsecamente più libere, anzi. Più il controllo
sociale è invisibile e viene attuato con strumenti “indolore”, ad
esempio attraverso la propaganda dei media e l’educazione scolastica,
maggiore è la sua efficacia, sedimentandosi molto più in profondità,
nella sfera dell’inconscio e dell’irrazionale.
I 6 mega agglomerati mediatici che hanno in mano la quasi maggioranza dei media mondiali, questi sono fatti non speculazioni, questo solo fattore costituisce di per se un pericolo per tutta l'umanità, questa è la base della più terribile tirannia.
Il ruolo dell’omologazione
consumista operata dai media nei regimi democratici occupa così il posto
che la repressione fisica e la propaganda svolgono nelle dittature, con
la sola differenza che mentre la bruta coercizione non esclude, ma anzi
ammette, in certi casi, la possibilità che si destino delle reazioni,
delle rivolte, al contrario il totalitarismo democratico porta al totale
annichilimento della volontà dell’individuo, paralizzato proprio nella
sfera interiore, che, non rendendosi conto di essere manipolato, finisce
per legittimare, attraverso la sua adesione acritica ad uno stile di
vita basato sull’individualismo edonista assoluto e alle dottrine
liberali e democratiche l’operato di quel Potere che ha interesse a
distruggere ogni ordinamento sano e normale dell’esistenza dei popoli.
Rileva giustamente Aldous Huxley:
«Gli antichi dittatori caddero perché non sapevano dare ai loro soggetti sufficiente pani e circensi, miracoli e misteri. E non possedevano un sistema veramente efficace per la manipolazione dei cervelli […] Ma sotto un dittatore scientifico l’educazione funzionerà davvero e di conseguenza la maggior parte degli uomini e delle donne crescerà nell’amore della servitù e mai sognerà la rivoluzione».
Il fatto che oggi sia
impossibile anche solo concepire un’ideologia alternativa a quella
dell’Occidente neoliberista, in grado di proporre un diverso sistema di
valori e un diverso stile di vita da quello occidentale basato su aborti
di massa, pornografia, droga, gay pride, matrimoni omosessuali, Grande
Fratello, immigrazionismo e propaganda multietnica, ha portato a quella
sacralizzazione dell’ideologia che è tipica di tutti i totalitarismi,
che di fatto legittima il mondo attuale con tutte le sue contraddizioni e
lo eternizza secondo una logica autoreferenziale che esclude a priori
ogni possibile critica ai suoi principi basilari.
Oggi viviamo perciò nell’epoca
più totalitaria della storia ove però l’ideologia si presenta con la
maschera del politicamente corretto e della retorica universalista dei
diritti umani. La forza del Sistema consiste nell’impedire alla massa di
comprendere di essere vittima di uno sfruttamento ideologico e
totalitario, credendo, al contrario, di vivere in una società libera,
tollerante, pluralista e democratica, senza capire che quelli che
vengono spacciati per principi di validità assoluta sono in realtà armi
di guerra psicologica, che rispondono esclusivamente alla cinica
determinazione di gruppi d’interesse che di essi si servono per spianare
la strada al proprio dominio globalista e sovranazionale.
Come fa giustamente notare Alexander Zinov’ev, filosofo e scrittore russo:
«Oggi noi viviamo in un mondo dominato da un’unica ideologia, portata avanti dal partito unico mondialista, un fatto unico […] Viviamo in un’epoca post-ideologica e in realtà la sovra-ideologia del mondo occidentale diffusa nel corso degli ultimi vent’anni è molto più forte dell’ideologia comunista o nazionalsocialista. Il cittadino occidentale è molto più inebetito di quanto non lo fosse il cittadino medio sovietico sotto la propaganda comunista. Nel campo ideologico l’idea conta meno che i meccanismi della sua diffusione».
Alexander Zinov’ev
Ma questa sovra-ideologia
dell’Occidente democratico se, da un lato, ha come nucleo centrale il
capitalismo neoliberista, dall’altro presenta una struttura dialettica
del tutto assimilabile al pensiero marxista che dopo il crollo del
comunismo è passato dall’utopia del paradiso rosso all’utopia
mondialista che vuole abolire tutte le differenze e creare il paradiso
multicolore. In questo senso il comunismo non è morto ma si è alleato
col capitalismo nella sua spinta globalizzatrice e omologante, che mira
alla distruzione delle nazioni, al meticciato delle razze,
all’abolizione delle frontiere e al rimescolamento delle culture.
È significativo che gli odierni postcomunisti, come Toni Negri, dichiarino:
«La globalizzazione non è certo una realtà semplice […] Il nostro compito non è, per così dire, semplicemente quello di resistere contro questi processi, bensì quello di riorganizzarli e di orientarli verso nuove finalità» … «Attraverso queste e altri tipi di lotte, la moltitudine sarà chiamata a inventare nuove forme di democrazia e un nuovo potere costituente che un giorno ci condurrà, attraverso l’Impero, fino al suo superamento» … «Le migrazioni legali d’individui che possiedono dei documenti non sono nulla a confronto delle migrazioni clandestine. I confini degli Stati nazionali sono ridotti a colabrodi» … «Una nuova orda nomade, una nuova razza di barbari, sorgerà per invadere o evacuare l’Impero» … «I nuovi barbari distruggono con una violenza affermativa e, nella materialità della loro esistenza, tracciano nuovi percorsi di vita». (Lo si è visto infatti al Bataclan di Parigi) … «Invece di resistere alla globalizzazione capitalistica, occorre accelerarne l’andatura».
Idee molto simili a quelle
espresse durante il 18 settembre 1988 al Festival dell’Unità a Campi
Bisenzio in provincia di Firenze, in cui fu affermato molto più
esplicitamente:
«faremo arrivare in massa gli extracomunitari, ci
serviranno per rilanciare la lotta di classe, disarticolare l’Occidente e
la Chiesa Cattolica».
Qui vediamo dunque chiaramente
l’eterogenesi dei fini per cui diverse sono le motivazioni che vengono
presentate alle masse da quelle che realmente muovono le élite. La
morale umanitaria che in altre circostanze viene fatta valere per
giustificare la politica dell’accoglienza funge in realtà semplicemente
da maschera dietro a cui i vari portavoce dell’oligarchia mondialista
mirano a innescare una rivoluzione permanente basata sullo scontro di
civiltà che sostituisca la lotta di classe, fomentando ovunque odio e
violenza per giungere, dopo la putrefazione totale, al superamento
dialettico della civiltà europea verso la nuova sintesi afro-islamica,
la cosiddetta Eurabia.
Questo spiega l’apparente
contraddizione dello schierarsi in difesa del progressismo laicista, dei
diritti delle donne, degli omosessuali e, contemporaneamente, l’aprirsi
al fondamentalismo islamico. Progressismo radicale e Islam hanno
stretto un’alleanza tattica contro il nemico comune rappresentato dalla
civiltà europea. Non c’è dunque alcuna contraddizione ma una logica
perfettamente coerente nella sua cinica metodicità
A rendere impercettibile tale
l’apparato è il fatto che gli unici che oggi costituiscono una vera
opposizione al Sistema non sono i cosiddetti antagonisti o i vari indignados di turno – che non si oppongono affatto alla globalizzazione ma solo ad un tipo di
globalizzazione – ma solo ed esclusivamente quegli individui o gruppi
che si richiamano apertamente ai valori della razza, alla difesa
dell’identità e del suolo, ai principi della tradizione, ritenuti
inassimilabili al progetto mondialista, che mira alla distruzione dello
Stato-nazione e alla creazione di una nuova umanità meticcia e sradicata
come presupposto per instaurare un unico mercato monopolistico globale.
Contro chi rivendichi la
propria identità è stata scatenata, sin dal dopoguerra a dosi sempre più
massicce, una vera e propria demonizzazione, grazie ad una propaganda
mediatica che si serve di parole magiche – razzista, fascista, xenofobo,
islamofobo, omofobo – che produce l’effetto di evocare nell’opinione
pubblica i peggiori spettri dell’inconscio e di arrestare il pensiero
critico in modo che contro tali malfattori ogni punizione appaia lecita e
moralmente giustificata.
Se perseguiti ingiustamente un
avversario politico rischi di suscitare l’indignazione dell’opinione
pubblica, ma se attraverso la denigrazione lo fai sembrare un criminale –
uno “sporco razzista”, un “lurido fascista”, ecc – allora l’odio e il
disprezzo suscitati contro di lui ti autorizza ad accusare per crimini
del pensiero chiunque esca dai binari del politicamente corretto, per
quanto chiare, lucide e ben argomentate possano essere le sue analisi.
Non si parla più di politica,
ma di una dimensione spirituale negativa, una qualità umana sinonimo di
malvagità. E invece di confrontarsi su un piano di parità col proprio
avversario politico il Sistema esorta a “guardare, “giudicare” e ad
“odiare” chi non si conforma al pensiero unico. Di conseguenza i
cittadini delle moderne “democrazie” possono godere anche loro dei
propri personali “due minuti d’odio” dal sapore orwelliano.
Si arriva così al paradosso di
una democrazia totalitaria (o di un totalitarismo democratico) in cui
la libertà assoluta si trasforma nell’assoluta schiavitù e dove anche
chi si limita a una critica equilibrata e razionale all’immigrazione o
alle unioni omossessuali, quand’anche in un discorso che include il
rispetto per le altrui diversità, può essere dipinto come un fanatico o
addirittura come un mostro.
Questa concezione della
politica non più come scontro civile tra avversari di pari dignità, in
un contesto che include il rispetto reciproco, ma come guerra totale tra
buoni e cattivi, in cui l’avversario viene trasformato in un cattivo
assoluto e totale che si è legittimati ad odiare e ad emarginare perché
essenzialmente malvagio, rientra del resto nella logica discriminatoria
insita nella filosofia dei valori.
Secondo Carl Schmitt è proprio il «parlare di valori e il pensare per valori»
che conduce alla nascita funesta dell’ideologia, a un eterno conflitto
dei valori e delle divisioni del mondo, alle guerre di religione, al
perpetuo bellum omnium contra omnes. L’Occidente democratico
che pretende di oggettivare i suoi valori, staccandoli così dalla
cornice soggettiva nella quale sorgono, di fatto prepara il terreno di
uno scontro inevitabile, poiché il valore non può che affermarsi
svalutando gli altri valori.
La svalutazione del valore
rifiutato dischiude perciò un orizzonte di conflittualità entro il quale
nessuna mediazione è possibile.
«Ogni riguardo nei confronti del nemico viene a cadere, anzi diventa un non-valore non appena la battaglia contro il nemico diventa una battaglia per i valori supremi. Il non-valore non gode di alcun diritto di fronte al valore, e quando si tratta di imporre il valore supremo nessun prezzo è troppo alto. Sulla scena perciò restano solo l’annientatore e l’annientato».
In questo senso l’ideologia
dell’Occidente democratico, con la sua retorica dei diritti umani,
diviene perciò la più tirannica delle imposture, poiché è proprio il
richiamo a ragioni morali e la pretesa della loro universalità che
garantisce la necessaria legittimazione teorica allo sterminio
dell’avversario, sia che si tratti di un avversario geopolitico – contro
cui viene fatta valere l’etica neocon della “lotta del bene contro il male” – sia di un dissidente interno.
Il secondo caso potrebbe
rientrare a giusto titolo in quella che Schmitt chiama la teoria del
partigiano, che è la manifestazione più radicale della filosofia dei
valori, caratterizzata dallo spostamento del baricentro concettuale
della guerra, ossia la distinzione tra amico e nemico, all’interno dello
Stato.
«Lenin trasferì sul piano politico il baricentro concettuale della guerra, vale a dire la distinzione fra amico e nemico […] e fece del nemico reale il nemico assoluto».
Questo descrive perfettamente
ciò che sta accadendo oggi in Europa, ove i governanti di tutti i Paesi –
attivisti rivoluzionari che al poso dello Stato hanno scelto il Partito
unico mondialista – anziché schierarsi in difesa dei propri cittadini
contro il nemico esterno, come ad esempio l’invasore islamico, hanno
intrapreso una guerra contro i loro rispettivi popoli favorendo
un’immigrazione incontrollata e perseguitando chiunque critichi le
scellerate politiche dell’accoglienza.
Per l’oligarchia mondialista
il nemico da abbattere non è il nemico pubblico, ossia quello che
minaccia la sicurezza e l’integrità dello Stato, bensì solo ed
esclusivamente il nemico ideologico, vale a dire il difensore autoctono del suolo nazionale che lotta per la difesa della propria identità di sangue e di suolo.
In Italia la morsa della
repressione si è manifestata in forma conclamata con la tristemente
famosa “Legge Mancino”, una vera e propria legge orwelliana con cui
anziché punire un fatto si colpisce l’intenzione – l’istigazione
all’odio – anche laddove non c’è.
È stato detto molto giustamente che «in
realtà, presso i delatori si trova un odio sconfinato. Chi proprio
vuole reprimere l’odio dovrebbe incominciare la sua indagine non
dall’accusato, ma dal suo accusatore».
Forse allora scopriremo che la
vera ideologia dell’odio non è né il razzismo né il fascismo ma solo ed
esclusivamente l’universalismo demo-liberale che con la sua morale
umanitaria incita all’odio in nome dell’amore e a perseguitare chiunque
si opponga al suo progetto di distruzione di ogni identità, di ogni
cultura, di ogni differenza.
Per descrivere con un’immagine
efficace la deriva totalitaria delle moderne democrazie potremo
concludere parafrasando Brecht:
Prima di tutto vennero a prendere i razzisti,e io stetti zitto perché odiavo i razzisti.Poi vennero a prendere i revisionisti,e io stetti zitto perché mi infastidivano i revisionisti.Poi vennero a prendere i sessisti,e io stetti zitto perché non tolleravo i sessisti.Poi vennero a prendere gli omofobi,e io stetti zitto perché mi facevano schifo gli omofobi.Un giorno vennero a prendere me,e non c’era rimasto più nessuno a protestare…
di: Riccardo Percivaldi
Fonte: ereticamente.net
Nessun commento:
Posta un commento