Pagine

martedì 19 novembre 2019

Ilva e alitalia le ultime fasi della svendita del patrimonio italiano



di: Luciano Lago

Se dobbiamo analizzare sinteticamente quali siano state le cause dell’attuale crisi industriale che sta attraversando l’Italia, dobbiamo fare un passo indietro. Tutti ormai sappiamo o dovremmo sapere che, dal 1992 in poi, in Italia si era svolta la maggiore campagna di privatizzazioni di aziende pubbliche mai verificatasi in Europa.
 
Gli esponenti politici dei Governi di Centro Sinistra (e Centro Destra) di quel periodo, da Romano Prodi a Massimo D’Alema, Giuliano Amato, Carlo Azelio Ciampi, Lamberto Dini, Silvio Berlusconi, ecc.. si erano impegnati al massimo per tale campagna di privatizzazioni delle aziende pubbliche italiane, quelle che costituivano il patrimonio nazionale e che doveva essere venduto a investitori privati (quasi sempre esteri ) per consentire allo Stato di far cassa, di liberarsi di oneri di gestione, per guadagnare efficienza e per abbattere il debito pubblico, così ci raccontavano.



Presi dal fervore ideologico di aderire quanto più possibile al sistema economico predatorio neoliberista, quello inaugurato dalla Thatcher in Europa, i politici di cui sopra decisero di smantellare il sistema delle partecipazioni statali e di cedere ai privati quelli che erano alcuni fra i principali asset di produzione industriale e finanziaria e quindi fonti di ricchezza nazionale.



Non è un caso che, in quel periodo, arrivarono in Italia le multinazionali anglo-americane, francesi, olandesi per fare shopping, ovvero per acquistare a prezzi di saldo (considerando che c’era appena stata la svalutazione della lira nel 1992) le società industriali italiane nei settori quali meccanica di precisione, agroalimentare, elettromeccanica, alluminio, ecc.. La lista sarebbe lunga ma furono esemplari i casi della Nuovo Pignone passata alla General Electric USA, o la ItalGel acquistata dalla Nestlè, come le aziende manifatturiere del gruppo EFIM messo in liquidazione nel 1993 e durata diversi anni.


Da notare l’intervento delle grandi entità finanziarie, i famosi “contractors” – che hanno accompagnato i processi di privatizzazione, ottenendo compensi, attraverso ruoli plurimi tra le funzioni di advisor, valutatore, intermediario, collocatore e consulente, pari ad oltre 2,2 miliardi: si tratta, fra le altre, di Societè Generale, Rotschild, Credit Suisse First Boston, JP Morgan, Merril Lynch, Lehman Brothers, ovvero del gotha finanziario a livello internazionale, lo stesso che aveva fatto pressioni per accelerare il processo di privatizzazioni.


E se l’obiettivo ufficiale dichiarato era quello di operare per una liberalizzazione dell’attività economica, favorendo la libera concorrenza, il risultato più evidente è stata la consegna a monopoli privati di attività e servizi gestiti precedentemente dal settore pubblico, con l’effetto di trasformare queste attività da una funzione sociale a funzione unicamente finalizzata alla redditività economica.

Se consideriamo la questione della politica economica dei governi succedutisi dal ’92 in poi, è palese che le privatizzazioni hanno prodotto anche il nefasto risultato di segnare per il nostro Paese l’ultimo passo del processo generale di deindustrializzazione, che già era stato avviato da anni prima, arrivando a un risultato di uno specifico processo di destatalizzazione.


Con lo slogan “privato è bello, il mercato prima di tutto”, sono stati consegnati nelle mani di alcuni grandi monopoli privati, importanti settori strategici come quello bancario ed assicurativo, delle telecomunicazioni, siderurgico ed alimentare, sebbene i politici giustificavano questo processo affermando che questo riguardasse primariamente l’industria pubblica in difficoltà, quando per la verità tutti i dati economici dimostrano il contrario: il 64,8% delle aziende privatizzate apparteneva ai settori bancario assicurativo e delle telecomunicazioni, finanziariamente remunerativi già sotto la gestione pubblica.

Romano Prodi e l'ebreo De Benedetti, uno dei beneficiati della svendita dell’IRI
Neppure il debito pubblico ha ricevuto sostanziali riduzioni per effetto della svendita del patrimonio pubblico, anzi ha continuato inesorabilmente ad aumentare anche per effetto del peso degli interessi, come esiziale carattere di un sistema di usura.
Tuttavia i dati sono nulla di fronte del fondamentalismo ideologico, alla adesione ai principi del neoliberismo più sfrenato che ha attraversato e permeato tutte le culture politiche ed amministrative dell’Italia di quegli anni. 


I principali protagonisti di quella campagna sono stati soprattutto gli esponenti della sinistra, caparbiamente convertitisi al liberismo, pur di far dimenticare la colpa di aver avuto in passato una visione collettivista della società.


Con questo processo e le varie leggi fatte approvare di conseguenza, di fatto è stato distrutto il precedente sistema economico produttivo, quello di stampo keynesiano che era peraltro sancito dalla nostra Costituzione.






 




Determinante è stata l’influenza della Unione Europea che non ha mancato di opporsi a qualsiasi intervento di Stato, ed ha reso ancora più difficile qualsiasi soluzione delle varie crisi industriali verificatesi negli ultimi trenta anni.






Senza una struttura industriale degna di un paese avanzato, con lo Stato privato del potere di emettere una propria moneta, in assenza di un Banca Statale garante di ultima istanza, nella gabbia del sistema europeo del Fiscal Compact, è facile prevedere che l’Italia dovrà soccombere rispetto a tutti i paesi avanzati ed è destinata a diventare il terreno di caccia delle entità finanziarie, propensa a perdere anche gli ultimi asset pubblici, dall’ENI a Finmeccanica e pochi altri. 


Peccato che sia ormai tardi per un possibile risveglio dei cittadini italiani, eredi di un grande paese e di una grande cultura, svenduta ai potentati finanziari transnazionali per bassi giochi di interesse da una classe politica infame.


 Alcuni dei liquiditari dell'Italia, la predazione di un popolo passa sempre dai pochi gestori se le masse non sanno difendere il loro patrimonio con le armi.


Fonte articolo 

3 commenti:

  1. Salve White Wolf,ho notato che facebook, YouTube,insomma l'account Google , può essere addirittura chiuso.In effetti molte persone online subiscono sempre censure quando si parla se.ore di determinati verita scomode.Xhe ne pensa al riguardo

    Admin moon

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Penso che cominciano a cacarsi sotto, ma tanto è inutile il tempo sta per scadere per la loro genia maledetta.

      Elimina
  2. White fai un post sugli incendi,ora anche l'australia brucia..ci stanno uccidendo lentamente.

    RispondiElimina