Julius Evola
Bucarest, marzo
Rapidamente la nostra auto lascia dietro di se quella curiosa cosa che è la Bukarest del centro: un insieme di piccoli grattacieli e di edifici modernissimi, prevalentemente di tipo “funzionale”, con mostre e magazzini fra la parigina e l’americana, l’unico elemento esotico essendo i frequenti cappelli di astrakan degli agenti e dei borghesi.
Raggiungiamo la stazione del Nord,
imbocchiamo una polverosa strada provinciale costeggiata da piccoli
edifici del tipo della vecchia Vienna, che con rigorosa rettilineità
raggiunge la campagna. Dopo una buona mezz’ora, l’automobile svolta
improvvisamente a sinistra, prende una via campestre, si arresta di
fronte ad un edificio quasi isolato fra i campi: è la cosiddetta “Casa
Verde”, residenza del Capo delle “Guardie di Ferro” romene.
“L’abbiamo costruita con le nostre
stesse mani” ci dicono con un certo orgoglio legionari che ci
accompagnano. Intellettuali e artigiani si sono associati per costruire
la residenza del loro capo, quasi nel significato di un simbolo e di un
rito. Lo stile della costruzione è romeno: ai due lati, essa si prolunga
con una specie di portico, tanto da dar quasi l’impressione di un
chiostro.
Entriamo, raggiungiamo il primo piano.
Ci viene incontro un giovane alto e slanciato, in vestito sportivo, con
un volto aperto, il quale dà immediatamente una impressione di nobiltà,
di forza e di lealtà. è appunto Cornelio Codreanu, capo della Guardia di
Ferro. Il tipo è caratteristicamente ariano-romano: sembra una
riapparizione dell’antico mondo ario-italico.
Corneliu Zelea Codreanu
Mentre i suoi occhi grigio-azzurri
esprimono la durezza e la fredda volontà propria ai Capi, nell’insieme
dell’espressione vi è simultaneamente una singolare nota di idealità, di
interiorità, di forza, di umana comprensione. Anche il suo modo di
conversare è caratteristico: prima di rispondere, egli sembra
assorbirsi, allontanarsi, poi, ad un tratto, comincia a parlare,
esprimendosi con precisione quasi geometrica, in frasi bene articolate
ed organiche.
“Dopo tutta una falange di giornalisti,
di ogni nazione e colore, che altro non sapevano rivolgermi se non
domande della politica più legata al momento, è la prima volta, e con
soddisfazione” dice Codreanu “che viene da me qualcuno che si interessa,
prima di tutto, all’anima, al nucleo spirituale del mio movimento. Per
quei giornalisti avevo trovato una formula per soddisfarli e per dire
poco più che nulla, cioè: nazionalismo costruttivo.
“L’uomo si compone di un organismo, cioè
di una forma organizzata, poi di forze vitali, poi di un’anima. Lo
stesso può dirsi per un popolo. E la costruzione nazionale di uno Stato,
benché riprenda naturalmente tutti e tre gli elementi, pure, per
ragioni di varia qualificazione e varia eredità, può soprattutto
prendere le mosse da uno particolare di essi.
“Secondo me, nel movimento fascista
predomina l’elemento Stato, che equivale a quello della forma
organizzata. Qui parla la potenza formatrice dell’antica Roma, maestra
del diritto e dell’organizzazione politica, della quale d’Italiano è il
più puro erede. Nel nazionalsocialismo viene invece in risalto quanto si
connette alle forze vitali; la razza, l’istinto di razza, l’elemento*
etnico-nazionale. Nel movimento legionario romeno l’accento cade
soprattutto su quel che, in un organismo, corrisponde all’elemento
anima: sull’aspetto spirituale e religioso.
“Da ciò sorge la caratteristica dei vari
movimenti nazionali, per quanto essi, alla fine, comprendano tutti e
tre questi elementi, e non ne trascurino nessuno. Il carattere specifico
del nostro movimento ci viene da una remota* eredità. Già Erodoto
chiamava i nostri progenitori: “I Daci immortali”. I nostri antenati*
getotraci avevano per fede, già prima del cristianesimo, l’immortalità e
l’indistruttibilità dell’anima, ciò che prova il loro orientamento
verso la spiritualità.
La colonizzazione romana ha aggiunto a
questo elemento lo spirito romano di organizzazione e di forma. Tutti i
secoli successivi hanno fatto miserabile e disgregato il nostro popolo:
ma come anche in un cavallo malato e frustro si può riconoscere la
nobiltà della sua tazza, così anche in ciò che ieri e oggi è il popolo
romeno si possono riconoscere gli elementi latenti di questa doppia
eredità.
“Ed è questa eredità che il movimento
legionario vuole destare” continua Codreanu. “Esso parte dallo spirito:
vuole creare un uomo spiritualmente nuovo. Realizzato come “movimento”
questo compito, ci attende il risveglio della seconda eredità, cioè
della forza romana politicamente formatrice. Così lo spirito e la
religione sono per noi il punto di partenza, il “nazionalismo
costruttivo” è il punto di arrivo e quasi una conseguenza. A congiungere
l’un punto con l’altro sta l’etica ascetica e simultaneamente eroica
della “Guardia di Ferro””.
Chiediamo a Codreanu in che rapporto stia la spiritualità del suo movimento con la religione cristiano-ortodossa. La risposta è:
“In genere, noi tendiamo a vivificare
nella forma di una coscienza nazionale e di una esperienza vissuta ciò
che, in questa religione, molto spesso si è mummificato ed è diventato
il tradizionalismo di un clero sonnolento. Noi poi ci troviamo in una
condizione felice per il fatto che alla nostra religione, articolata
nazionalmente, è estraneo il dualismo tra fede e politica ed essa può
fornirci elementi etici e spirituali senza imporsi come una entità
comunque politica.
Dalla nostra religione il movimento
delle Guardie di Ferro riprende poi un’idea fondamentale: quella della
ecumenicitità. Questo è il superamento positivo di ogni
internazionalismo e di ogni universalismo astratto e razionalistico.
L’idea ecumenica è quella di una societas come unità di vita, come
organismo vivo, come un vivere insieme non solo col nostro popolo, ma
anche con i nostri morti e con Dio.
L’attuazione di una simile idea in forma
di esperienza effettiva è il centro del nostro movimento; politica,
partito, cultura, ecc. per noi non sono che conseguenze e derivazioni.
Noi dobbiamo rivivificare questa realtà centrale, e rinnovare per tal
via l’uomo romeno, per poi procedere e costruire anche la nazione e lo
Stato. Un punto particolare è che, per noi, la presenza dei morti nella
nazione ecumenica non è astratta, ma reale: dei nostri morti e
soprattutto dei nostri eroi.
Noi non possiamo separarci da essi;
essi, come forze divenute libere dalla condizione umana, compenetrano e
sostengono la nostra vita più alta. I legionari si radunano
periodicamente in piccoli gruppi, chiamati “nidi” ( “Cuib” n.d.c.)
Queste adunanze seguono riti speciali. Quello con cui si apre ogni
riunione l’appello a tutti i nostri compagni caduti, al quale i
convenuti rispondono con “Presente”. Ma per noi non è una pura cerimonia
e una allegoria, bensì una evocazione reale.*
“Noi distinguiamo l’individuo, la
nazione e la spiritualità trascendente” continua Codreanu “e nella
dedizione eroica consideriamo ciò che porta dall’uno all’altro di tali
elementi, fino ad una superiore unità.
Noi neghiamo in ogni sua forma il
principio dell’utilità bruta e materialistica: non solo sul piano del
singolo, ma anche su quello della nazione. Di là dalla nazione noi
riconosciamo dei principi eterni ed immutabili, in nome dei quali si
deve esser pronti a combattere, a morire e a tutto subordinare almeno
con la stessa decisione in nome del nostro diritto di vivere e di
difendere la nostra vita. La verità e l’onore sono, per es., dei
principi metafisici, che noi poniamo più in alto della nostra stessa
nazione”.
Noi abbiamo saputo che il carattere
ascetico del movimento delle Guardie di Ferro non è generico, ma anche
concreto e, per dir così, praticante. Ad esempio, vige la regola del
digiuno: tre giorni alla settimana circa 800.000 uomini praticano il
cosiddetto “digiuno nero”, cioè l’astinenza da ogni specie di cibo, da
bevande, da tabacco. Del pari, la preghiera ha nel movimento una parte
importante.
In più, per il corpo scelto di assalto
che porta il nome dei due capi legionari caduti in Spagna, Mosa e Marin,
vige la regola del celibato. Chiediamo al Codreanu che ci indichi il
senso preciso di tutto ciò. Egli sembra concentrarsi un momento, poi
risponde:
“Vi sono due aspetti, per chiarire i
quali bisogna tener presente il dualismo dell’essere umano, composto di
un elemento materiale naturalistico e di un elemento spirituale. Quando
il primo domina il secondo, è l'”inferno”. Ogni equilibrio fra i due è
cosa precaria e contingente. Solo il dominio assoluto dello spirito sul
corpo è la condizione normale e il presupposto di ogni vera forza, di
ogni vero eroismo.
Noi siamo coscienti della positività e
dell’importanza di tali forze. Per questo diamo al movimento legionario
un preciso carattere ascetico. Anche negli antichi ordini cavallereschi
vigeva il principio della castità. Rilevo tuttavia che esso da noi è
ristretto al Corpo di Assalto, anche sulla base di una giustificazione
pratica, cioè che chi deve votarsi interamente alla lotta e non deve
temere la morte è bene non abbia gli impedimenti della famiglia.
Del resto, in quel corpo si resta solo
fino ai 30 anni compiuti. Ma, in ogni caso, resta sempre una apposizione
di principio: vi sono da un lato coloro che conoscono solo la “vita” e
che quindi non cercano che la prosperità, la ricchezza, il benessere,
l’opulenza; dall’altro lato vi sono coloro che aspirano a qualcosa più
che la vita, alla gloria e alla vittoria in una lotta interiore quanto
esteriore. Le Guardie di Ferro appartengono a questa seconda schiera.
E il loro ascetismo guerriero si
completa con una ultima norma: col voto di povertà a cui è tenuta
l’élite dei capi del movimento, con i precetti di rinuncia al lusso, ai
vuoti divertimenti, agli svaghi cosiddetti mondani, insomma con l’invito
ad un vero cambiamento di vita che noi facciamo ad ogni legionario”.
Julius Evola
(Tratto da “Il Regime Fascista”, 22 marzo 1938)
Fonte articolo
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Eh gia
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