Dall' Irminsul al giglio dei re merovingi
L’albero cosmico dei Germani:
colonna-idolo che per le tribù della Sassonia univa cielo e terra, axis
mundi e collegamento fra l’universo degli umani e il mondo degli dèi,
fra quello dei vivi e quello dei morti. Presentava evidenti affinità con
l’Yggdrasil delle saghe scandinave dell’Edda, il frassino più grande
del mondo. Yggdrasil fu il primo albero nato dalle ceneri del gigante
Ymir, ucciso dagli dèi.
Alle sue radici si avviluppavano due serpenti e
sotto i suoi rami gli Altissimi tenevano consiglio.
Purtroppo in Germania si preferisce non
parlare dell’Irminsul perché il suo simbolo ricorda il fosco passato
nazista, in cui la colonna cosmica tornò a essere in auge. L’Ahnenerbe,
associazione di ricerca storico-archeologica delle SS,
ebbe infatti l’infelice idea di farne il proprio emblema.
Yggdrasil
È un vero
peccato che il Terzo Reich abbia contaminato l’Irminsul, perché l’albero
cosmico dei Sassoni fa parte del patrimonio storico e mitologico di
un’Europa perduta che oggi cerchiamo di ricostruire a fatica. In questo
senso va, quindi, rivalutato e reinterpretato nel suo significato
originario.
Simbolo dell’Ahnenerbe, organizzazione delle SS fondata da Heinrich Himmler per la ricerca storica e archeologica.L' Irminsul.
Dalla leggenda alla storia. Una rappresentazione tangibile dell’albero cosmico è esistita veramente. Ci fu una colonna concreta. Durante le guerre contro i Sassoni, che si rifiutavano tenacemente di convertirsi al cristianesimo, Carlo Magno la fece abbattere e da quel momento se ne persero il ricordo e le tracce. Le generazioni future, ormai cristianizzate, non sapevano più come fosse fatto l’albero cosmico dei padri, né dove un tempo s’innalzasse. Carlo aveva compiuto la sua opera di distruzione con grande cura.
L’Irminsul nei documenti storici
Ma cosa dicono i documenti? Come era
fatto l’albero cosmico? Per la prima volta l’Irminsul appare negli
annali franchi compilati dal letterato Einhard (Eginardo), biografo di
Carlo Magno, e quindi nella letteratura del IX secolo. Nel 772 –
racconta Einhard – re Carlo conquistò la fortezza sassone di Eresburg
situata sull’Obermarsberg, dopodiché distrusse un santuario germanico
nel giro di tre giorni, impossessandosi dei tesori ivi trovati e facendo
abbattere anche l’idolo sacro dell’Irminsul. Ecco il passaggio in
questione:
“(…) Re Carlo però decise, dopo aver
convocato un Consiglio generale a Worms, di far guerra contro i
Sassoni. Li attaccò immediatamente, mise tutto a ferro e fuoco,
conquistò la fortezza di Eresburg, distrusse l’idolo che i Sassoni
chiamavano Irminsul e portò via l’oro e l’argento che trovò in quel
luogo.”
Un’ulteriore testimonianza riguardante
l’Irminsul e risalente alla metà del IX secolo, ci giunge dal monaco e
storico Rudolf da Fulda. Nella sua opera De miraculis sancti Alexandri (capitolo III) Rudolf cita il monumento sacro più antico dei Sassoni:
"Adoravano anche una colonna lignea
di notevole altezza ed eretta all’aperto che chiamavano nella loro
lingua madre Irminsul, in latino definita columna universalis, la quale
sostiene l’universo.“
Carlo Magno e il santo Sturmius con l’Irminsul. Chiesa San Pietro e Paolo. La raffigurazione dell’albero cosmico si basa sull’altorilievo delle Externsteine e sulla descrizione di Rudolf da Fulda. Foto – sabina marineo
Fin qui tutto più o meno chiaro. Sappiamo inoltre che il termine Irminsul è formato dal vocabolo germanico irmin che significava grande, insigne e venerabile, e dalla parola germanica sul
che voleva dire semplicemente colonna. Caso mai l’Irminsul avesse avuto
a che fare con una divinità, allora bisognerebbe ricorrere alla
mitologia nordica per identificarla. E della mitologia nordica lo
storico latino Tacito ci ha lasciato una traccia nella sua opera
Germania. Il letterato riferisce che i Germani si proclamavano
discendenti del divino re Tuisto e di suo figlio Mannus. Da questa
stirpe ebbero origine i tre re Ingwo, Istwo e… Irmin.
La tribù degli Ingwaeoni (genti di
Ingwo) si stabilì al nord, ad essa appartenevano Danesi, Norvegesi e
Svedesi; gli Istwaeoni (genti di Istwo) all’ovest, suddivisi in Batavi,
Sicambri, Marsi, Franchi e altre popolazioni dai nomi poco noti; gli Irminoni
(genti di Irmin) occuparono il centro e l’est della Germania,
suddividendosi in Frisi, Cheruschi (i futuri Sassoni), Vandali,
Longobardi, Sennoni, Goti, Burgundi, Marcomanni e altre popolazioni meno
note.
Dunque l’Irminsul potrebbe essere in qualche modo collegata a
Irmin, discendente di Tuisto, e agli Irminoni. Proprio nella Germania
centrale la tradizione pagana oppose maggiore resistenza al
cristianesimo. I Sassoni combatterono per più di 30 anni contro le
truppe di Carlo Magno per non arrendersi alla sua sovranità e al nuovo
credo.
Dove si recò Carlo Magno per distruggere l’Irminsul?
Torniamo quindi a lui, il fondatore
dell’Impero carolingio. Abbiamo visto che Carlo Magno abbatté l’Irminsul
nell’anno 772, in occasione della conquista dell’Eresburg, fortezza
situata nel cuore della Sassonia. Ebbene, un’antica tradizione orale
vuole che proprio accanto a questa fortezza, sulla cima
dell’Obermarsberg, s’innalzasse l’Irminsul.
Qui il sovrano fece costruire una chiesa
di legno nella primavera del 775. Forse per estirpare le radici pagane
del luogo? Oggi sull’Obermarsberg si può ammirare la deliziosa chiesetta
gotica in muratura di San Pietro e Paolo, eretta nel XIII secolo a
sostituzione dell’edificio ligneo di Carlo. Un’iscrizione apposta nel
giardinetto della chiesa ricorda che in quel punto si ergeva l’Irminsul.
Non vi sono però resti archeologici di nessun tipo che avallino
l’affermazione.
Chiesa di San Pietro e Paolo, Obermarsberg. Foto – sabina marineo
Realtà o leggenda? Probabilmente
leggenda. Gli Annales Laurishamenses (772) riportano anch’essi la storia
della conquista di re Carlo e della distruzione dell’Irminsul,
evidenziando però il punto seguente:
“(…) conquistò la fortezza di Eresburg, raggiunse poi l’Irminsul, distrusse il santuario e rubò l’oro e l’argento ivi trovati”
E queste parole cambiano le carte in tavola. “Raggiunse poi l’Irminsul”,
dicono gli annali, suggerendo che la colonna sacra degli Irminoni non
si trovasse all’Eresburg, ma in altro luogo. L’ipotesi più credibile, al
momento, è quella che colloca l’Irminsul presso le Externsteine, formazione
rocciosa di arenaria situata nella Foresta di Teutoburgo non lontano da
Detmold. Per quanto sia romantico pensare a un albero cosmico in cima a
una montagna, di certo la collocazione in pianura, nel mezzo di una
radura sacra, corrispondeva maggiormente agli usi germanici. Tanto più
che le rocce stesse avrebbero protetto l’Irminsul dal danno degli agenti
atmosferici di non poco conto.
Da non dimenticare è inoltre la Hellweg:
una rotta che, attraversando la regione da ovest a est, veniva percorsa
abitualmente dalle tribù germaniche per trasportare merci e permettere i
traffici commerciali con le popolazioni vicine. La Hellweg passa
proprio nel mezzo delle Externsteine. Anche Carlo Magno la percorse nel
fatidico 772, dopo la distruzione dell’Eresburg. Da lì raggiunse con le
sue truppe il fiume Weser.
Del resto in questo luogo il
collegamento con l’Irminsul è davvero sorprendente: un incredibile
altorilievo di ben 5 m di altezza che risale al XII secolo d. C. ed è
stato scolpito su una parete rocciosa. Mostra l’Irminsul piegata sotto i
piedi di Nicodemo, mentre questi si accinge a deporre Gesù dalla croce.
Una scultura eseguita dopo che il vescovado di Paderborn entrò in
possesso del complesso delle Externsteine, lo consacrò allontanando gli
spiriti pagani del passato, e ne fece uso celebrandovi cerimonie
religiose.
Nicodemo calpesta l’albero cosmico. La
vittoria schiacciante del cristianesimo sul paganesimo. Ma sotto la
rappresentazione cristiana della deposizione dalla croce, si notano
tracce ben visibili di un’altra scena pagana più antica
che ha per protagonista il drago/serpente Midgard.
Perché il vescovo di
Paderborn, città regale, ci teneva tanto a far eseguire un altorilievo
così importante in un luogo sperduto in mezzo alla campagna affinché vi
si organizzassero messe e processioni? Forse perché intendeva cancellare
del tutto le tracce di quella tradizione sassone tenace che riconosceva
nelle Externsteine il santuario per eccellenza delle tribù germaniche?
Il complesso delle Externsteine.
Lo Stonehenge tedesco che conta più di 120.000 anni d’età. Sappiamo che
è stato abitato dall’uomo già 10.000 anni fa. Recandosi sul posto, non
si può non riconoscere l’effetto impressionante delle rocce. Si ergono
scure e imponenti nel mezzo di una radura come una barriera naturale di
40 metri d’altezza. Le loro forme bizzarre ricordano profili umani e
animali. Sicuramente le popolazioni antiche ne sono state affascinate ed
è probabile che vi abbiano riconosciuto il soffio divino di un universo
a loro sconosciuto, la magia di un altro mondo.
E se consideriamo che
le Externsteine sono un unicum in tutta la Germania, allora appare
logico pensare che i Sassoni le abbiano elette a luogo sacro di primaria
importanza.
Un’Irminsul di pietra: da albero cosmico a giglio di Francia
Torniamo all’Obermarsberg. Anche questa
montagna può offrire qualcosa di sensazionale al ricercatore curioso:
all’interno della chiesetta gotica di San Pietro e Paolo si trova
un’antica scultura dell’Irminsul. Questo reperto medievale fu portato
alla luce nel 1938, nella cripta dell’edificio sacro, a 1 metro di
profondità sotto la pavimentazione della chiesa.
Si tratta di un modello in dimensioni
ridotte dell’imponente colonna lignea originale. Ma la cosa più
impressionante è che la forma di questa Irminsul di pietra corrisponde a
quella dell’Irminsul scolpita sulla parete delle Externsteine. Non può
certo trattarsi di un caso. Ricorda un albero stilizzato e, al contempo,
il simbolo del celtico dio Sucellus, divinità dei boschi e della
fertilità.
Il potere del simbolo sacro è forte,
sopravvive ai secoli. L’albero cosmico è rimasto per sempre a definire
il simbolo monarchico per eccellenza nella storia francese: il giglio di
Francia. Osserviamo attentamente il giglio, e vedremo che presenta la
stessa forma dell’Irminsul con l’aggiunta di un petalo nel mezzo.
Un
particolare che serviva a integrare il simbolo pagano nella cornice
dell’iconografia cristiana. Vedremo più avanti come.
L’origine pagana del giglio è, a mio
avviso, più che evidente. Nell’araldica francese il fleur-de-lys appare
legato alla mitologia medievale merovingia. Il
primo giglio fu recato a re Clodione I da un angelo sceso dal cielo.
Era un dono divino. Ora sappiamo che questo re fu il primo sovrano
merovingio convertito al cristianesimo, battezzato nel 496 dopo la
battaglia di Zülpich. Una raffigurazione del Libro delle ore del duca di
Bedford mostra la regina Crodechilde, moglie di Clodione, nell’atto di
ricevere il giglio divino.
Si voleva insomma sottolineare a ogni costo la nuova funzione dell’Irminsul.
Il giglio non era altro che il simbolo pagano della colonna sacra opportunamente cristianizzato, a dimostrazione della conversione del monarca merovingio e del potente connubio fra cristianesimo e sovranità. Un’astuta mossa dell’iconografia ecclesiastica cattolica per integrare un elemento pagano nel corredo regale, spogliandolo al contempo del contenuto originario. Il terzo petalo simboleggiava la Santissima Trinità e il gioco era fatto.
Ho fatto poi un’ulteriore scoperta. Ho
trovato l’Irminsul in uno degli edifici più suggestivi e belli del
cristianesimo medievale: il duomo di Aquisgrana, la tedesca Aachen.
Carlo Magno fece immortalare l’Irminsul/fleur-de-lys nella cappella
ottagonale del duomo. Si trova nella cupola centrale, proprio davanti
all’altare principale. I mosaici della cupola raffigurano quattro angeli
biondi che reggono lo scettro con il giglio e sono circondati da uno
sfondo blu costellato di centinaia di gigli d’argento. L’Irminsul era
stata definitivamente innalzata a simbolo del credo cattolico del re.
Duomo di Aquisgrana, cupola centrale. Angelo con le insegne regali: scettro a forma di giglio e globo. Foto – sabina marineo
Ufficialmente il giglio di Francia quale
attributo reale appare per la prima volta su un sigillo di re Roberto
II (996 – 1031), un capetingio. Mentre re Filippo II (1179 – 1223) tiene
il giglio nella mano. A partire da re Luigi VIII (1223 – 1226), il
giglio divenne un elemento stabile sul blasone dei sovrani francesi. Il
pensiero cristiano sentì quindi l’esigenza di interpretarlo a suo modo.
Nell’opera Vita Sancti Ludovici il biografo Guglielmo di Nangis
identificò nei tre petali del giglio i valori di fede, cavalleria e
sapienza. Altri vi riconobbero addirittura, come scrivevo più sopra, il
simbolo della Santissima Trinità. Così facile è leggere in un simbolo
ciò che si desidera. A ciascuno il suo.
Ormai la polvere dei secoli aveva
cancellato il significato originario dell’immagine, quello tanto caro ai
Sassoni e alle altre tribù germaniche depredate dei loro culti atavici:
l’Irminsul. Albero cosmico dei padri, mitico Yggdrasil della mitologia
nordica che spesso veniva affiancato dal serpente Midgard. Proprio come
accadde sulla parete rocciosa delle Externsteine. Dove l’Irminsul fu
scolpita – forse per ironia della sorte oppure per una beffa dello
scultore – sopra il serpente Midgard che ingoia l’umanità. Sopra il
drago dell’acqua e delle correnti telluriche. Sopra l’Ouroboros che
divora e poi risputa fuori il tempo perduto in una rinascita infinita.
La battaglia del re contro il paganesimo
Esistette davvero il sacro pilastro Irminsul?
E che ruolo riveste Carlo Magno nella storia delle Externsteine?
Distrusse davvero l’irminsul, simbolo potente, in cui le antiche tribù
germaniche riconoscevano l’asse del mondo? Una rappresentazione di
questa “colonna del mondo” si troverebbe sulla parete rocciosa delle
Externsteine, enigmatico monumento naturale situato nel cuore della
Foresta di Teutoburgo.
Per capire se può esistere un nesso storico tra l’Irminsul e il simbolo scolpito sulle Externsteine,
dobbiamo avvicinarci non soltanto alle saghe nordiche, ma anche alle
poche informazioni storiche. Si dice infatti che i Germani venerassero
un’imponente colonna lignea posta in una sorta di radura sacra. È il
monaco benedettino Rudolf da Fulda (865 d.C.) a parlarcene, nella sua
opera De miraculis sancti Alexandri.
Veduta delle Externsteine, Foresta di Teutoburgo. È evidenziato in colore chiaro il punto in cui si trova il bassorilievo con la deposizione di Gesù dalla croce e la raffigurazione dell’Irminsul. Foto: Sabina Marineo
Lo storico latino Tacito, invece, scrive che i Germani affermavano di discendere dal divino re Tuisto, i cui nipoti si chiamavano: Ingwo, Istwo e Irmin. Da Irmin si dipartì la stirpe degli Irminoni, dai quali derivava a sua volta il ramo dei Cheruschi. Arminio, il generale che sconfisse Varo nella foresta di Teutoburgo, era cherusco. E a Irmin potrebbe risalire “Irminsul”, il nome del pilastro sacro.
Infatti il più importante santuario
degli Irminoni fu costruito presso la colonna sacra. Non per niente
nella lingua dei Germani il termine “irmin” significava sia grande che venerabile, mentre “sul”
voleva dire: pilastro, colonna. Ed ora veniamo a un punto chiave della
storia. La tradizione narra che nel 772 Carlo Magno deliberò di
distruggere l’Irminsul e di convertire i Sassoni, usando la violenza, al
cristianesimo. Irminsul e Carlo Magno: paganesimo contro cattolicesimo.
Ma dove si recò Carlo per trovare l’Irminsul?
Né eventuali resti della colonna sacra,
né il luogo in cui essa sorgeva sono stati individuati dagli archeologi.
Conosciamo però il racconto di Einhard, cronista di Carlo Magno, il
quale riporta negli “Annales regni Francorum” la dubbiosa impresa del
monarca:
“Egli attaccò immediatamente il
regno dei Sassoni, mise tutto a ferro e fuoco (…) distrusse l’idolo che
dai Sassoni veniva chiamato Irminsul. Dato che per distruggerlo dovette
rimanere tre giorni nello stesso luogo…..”
E veniamo così a scoprire che ci vollero ben tre giorni
per completare l’opera di distruzione dell’Irminsul! Com’è possibile?
Tre giorni per abbattere un pilastro ligneo? Secondo Einhard si trattava
di un’impresa difficile. Ciò sarebbe comprensibile, se Carlo non avesse
distrutto soltanto la colonna sacra, ma anche il santuario dei Sassoni.
Un’ipotesi che viene rafforzata da un’altra informazione di Einhard:
dopo la devastazione, Carlo Magno rubò tutto l’oro e l’argento che aveva
trovato“nel santuario stesso”, racconta il cronista.
Ed ecco che l’episodio, così narrato,
diventa più plausibile. Dunque accanto all’Irminsul si ergeva anche un
santuario, com’è logico pensare, altrimenti dove sarebbero stati
custoditi l’argento e l’oro saccheggiati dal re dei Franchi? Si trattava
forse di un santuario in parte ligneo (com’erano usi costruire i
Germani) e in parte costituito dalle stanze del complesso roccioso?
Non è da escludersi che le Externsteine
fossero la parte più importante dell’antico santuario germanico, dinanzi
a cui s’innalzava l’albero venerabile degli Irminoni: Irminsul. Una
conferma ufficiale in questo senso farebbe tremare l’ambiente accademico
perché rischierebbe di riportare alla superficie quei sentimenti
nazionalistici che condussero la Germania, sotto il giogo di Hitler,
alla follia di massa. Un giornalista del “Frankfurter Allgemeine”
osserva:
“Il passato nazista è penoso. Tracce di un culto dei Germani non piacerebbero per niente agli esperti”.
Analisi e preoccupazioni
Nei laboratori universitari che svolgono
le analisi sul sito delle Externsteine, si trattiene il respiro e si
spera che le datazioni definitive confermino più che altro l’esistenza in situ di un passato pregermanico. Il ricercatore Kurt-Uwe Förster dichiara:
“Se le datazioni risalgono ad epoche
più remote, i risultati delle analisi di termoluminescenza effettuate
dal professor Schlosser acquistano tutto un altro aspetto. L’epoca del
bronzo sarebbe un terno al lotto!”
Duomo di Aquisgrana (Aachen), dov’è conservato il reliquiario contenente i resti di Carlo Magno. Foto: Sabina Marineo
Si fà di tutto, insomma, per negare alle
Externsteine un passato che probabilmente davvero gli appartiene, ma
che trascinerebbe con sé ricordi funesti e dichiarazioni imbarazzanti.
Il paradosso è grande: una cultura remota deve essere taciuta per
seppellirne un’altra, moderna, che l’ha disonorata senza appello.
Torniamo per un attimo all’Irminsul.
Questa colonna rappresentava il frassino Yggdrasil che affondava le
radici nel mondo sotterraneo dei morti, innalzava il suo tronco sulla
terra e toccava con le fronde il regno celeste. È comprensibile che
Carlo Magno dovesse suggellare la sanguinosa vittoria sul paganesimo con
la distruzione dell’Irminsul.
E tuttavia, come abbiamo visto,
probabilmente il simbolo della colonna cosmica è sopravvissuto all’atto
estremo del sovrano. La tradizione è riuscita a conservare l’asse del
mondo, mettendola nelle mani di re ed imperatori. Quante volte l’abbiamo
guardata, questa Irminsul, mentre studiavamo un antico disegno, una
scultura medievale, una pittura, la miniatura di un manoscritto, senza
nemmeno poterla riconoscere? Eppure i monarchi francesi ne fecero il
primo segno della regalità: il giglio di Francia.
Non c’è da stupirsi, se consideriamo che
la Francia, come ci insegnano – quasi fin troppo semplicisticamente – i
libri di storia, fu fatta dai Merovingi,
e i Merovingi altro non erano che una tribù di Franchi, vale a dire dei
prìncipi germanici. Ancora presente sul lungo manto blu foderato di
ermellino che impreziosisce i ritratti dei monarchi assolutisti, il
giglio tradisce la sua origine più antica, quella di embrione
precristiano del regno cattolicissimo di Francia, “la prima figlia della Chiesa” . Una figlia i cui padri praticavano culti pagani.
FONTE: storia-controstoria.org
stupendo articolo, complimenti!
RispondiEliminaIl Vostro sito riscopre e pubblica cio' che non si vuole si sappia...