Quando si crede nell’individuo come persona umana e non come numero imbastardito, si è a disagio nella società dei costruttori di artifici economici. Quando si ama la propria terra natìa, fatta di boschi, paesaggi, volti conosciuti, si lenzi di natura profonda, ci si sente estranei al caos volgare della massa cosmopolita. E quando si crede alla dignità dell’uomo, al suo onore di vivere in sintonia col creato e in armonia con una vita semplice e onesta, nella comunità dei simili solidali, si avverte repulsione per il mondo sub-umano dei trafficanti di denaro, dei lucratori del lavoro altrui, della setta oscura che giorno e notte tesse la tela delle frodi finanziarie e degli inganni ideologici umanitari.
Knut Hamsun
fu di questo stampo: l’uomo europeo eterno. Un figlio della sua terra,
la Norvegia, che portò sempre nel cuore anche quando, da giovane, visse a
lungo in quell’altro mondo, quel vero e proprio mondo alla rovescia che
erano già alla fine dell’Ottocento gli Stati Uniti: la terra promessa
della schiuma dell’umanità, dove alcuni avventurieri senza scrupoli
erano diventati magnati e grandi capitalisti, dando fondo con l’ottusità
fanatica che è tipica del talmudista quacchero a tutto un prontuario di
egoismi utilitaristi, in ossequio alla legge oscena del profitto. Hamsun
ebbe modo di conoscere bene e da vicino il concetto di “libertà” in uso
nella repubblica stellata, i suoi metodi di “umanitarismo” massonico e
la sua pratica di perversione acquisitiva. Conobbe di persona
l’ignoranza e la rozzezza intellettuale, la povertà spirituale e
l’arroganza di un ammasso umano che con l’idea tradizionale europea di
popolo non ha mai avuto nulla in comune.
Un paese che, eternamente con la Bibbia
in mano, praticò e pratica lo schiavismo molto più a Nord che a Sud e
sia in casa propria che in quelle altrui e fin dagli esordi, erigendo
quella spaventosa società di paria alienati che è la cosmopoli
industriale, nella cui fornace sin dalle origini venivano gettati
bambini, donne, negri e immigrati di ogni sorta, al fine di costruire un
freddo Leviatano, al cui vertice una ristretta congrega di arricchiti
dominava già allora con metodi discriminatori una massa enorme di
manipolati. La volgarità dei gusti americani fu ben tratteggiata dal
giovane Hamsun,
il quale, fin dai suoi tempi, riconobbe la sostanza inferiore di una
mentalità che rifiuta l’intelligenza in favore dell’astuzia, non
riconoscendo il genio creatore ma solo la scaltrezza necessaria al parvenu per far fortuna con la frode, per accumulare denaro e potere.
In La vita culturale dell’America moderna (1889) il giovane Hamsun
avanzava osservazioni che ognuno di noi, a così tanti decenni di
distanza, farebbe bene a rimeditare: «Dal punto di vista dello spirito,
l’America è in realtà una nazione terribilmente sorpassata. Possiede
uomini d’affari energici, investitori scaltri, speculatori temerari, ma
ha troppo poco spirito, troppo poca intelligenza… In America si è
sviluppata una vita che ha come unici scopi il procacciamento del cibo,
l’acquisizione di beni materiali e l’accumulo di patrimoni. Gli Ameriani
sono talmente presi dalla loro corsa al guadagno che su questa si
concentra tutto il loro ingegno e ogni loro interesse orbita intorno al
profitto. I cervelli si assuefanno a lavorare solo con valori e sfilze
di numeri, i pensieri non hanno occupazione più gradita di quella
offerta dalle diverse operazioni finanziarie».
La miseria morale di un anti-popolo
suddiviso fra padroni-detentori della ricchezza e massa anonima istigata
all’unica legge del consumo, veniva vista da Hamsun
come la degenerazione e il rovesciamento dell’ideale europeo di
civiltà. Era già qualcosa di morto nonostante fosse appena nato,
qualcosa di corrotto e superato. La sindrome del produttivismo ha
generato incoltura e istinti volgari, in un mare di piattezza dozzinale,
dove ogni barlume di quella poca cultura ricevuta di seconda mano
dall’Europa diventava, allora come oggi, “merce di strada”, giornalismo
popolano, sensazionalismo plebeo, una merce priva di ogni stile,
qualità, valore: «In America – scriveva Hamsun
– non c’è possibilità di sviluppo per le cose che non possono essere
misurate in numeri e non c’è, quindi, nessuna speranza che possa nascere
una vita intellettuale…
Gli Americani sono uomini d’affari, nelle loro
mani tutto diventa operazione economica, ma sono gente poco spirituale e
la loro cultura è pietosamente inesistente». L’America ha riclato gli
sbandati di mezzo mondo, ne ha fatto dei cittadini, ma cittadini
americani, e nulla di più. Essi sono un deflagrante miscuglio di
iattanza anglo-calvinista e di carenza valoriale, di stampo apolide e
cosmopolita. Il tutto, pericolosamente rimestato, ha prodotto il
paradossale etnocentrismo statunitense, un’acida infusione di
fondamentalismo biblista, insolenza xenofoba, fanatismo provinciale. Hamsun
sottolineava con forza questo grossolano oltranzismo: «L’assoluta
ignoranza nei riguardi dei popoli stranieri e dei loro meriti è uno dei
difetti nazionali dell’America. Gli Americani non studiano il grande
sapere universale nelle loro common schools. La sola geografia
autorizzata in queste scuole è quella americana, la sola storia
autorizzata è quella americana – il resto del mondo viene liquidato con
un’appendice di un paio di pagine». Ed è infatti risaputo che le famose
università americane, senza la cattura a pagamento dei migliori cervelli
europei, sarebbero solo vuote cattedrali di ignoranza e di incolto
provincialismo.
Hamsun
elogiava l’autoctonia, non il provincialismo; l’autoctonia di chi,
avendo come lui molto viaggiato, a ragion veduta riconosce l’importanza
delle radici, della Heimat, del contatto con le sane e immutabili origini. Nato nel 1860, Knut Hamsun
fin dalla giovinezza fece tutti i mestieri, da calzolaio a maestro
elementare a spaccapietre, finché la sua sete un po’ vichinga per gli
spazi non lo portò in America dove, anche qui, nonostante il suo animo
sensibile e le sue doti di poeta e scrittore, non si peritò di fare il
venditore ambulante o il cocchiere: spirito di viandante, non emigrante
ignaro e disperato, ma uomo ben cosciente della sua dignità. Tanto che
dopo molto aver visto e conosciuto in America, in Europa e in Asia, se
ne tornò alla sua terra e di questa, sentita come Madre-patria e scrigno
di identità, divenne uno dei massimi cantori che abbia avuto la
narrativa europea. Amore per le proprie radici, culto della terra madre,
devozione panteista verso la natura e le sue segrete energie,
esaltazione della vita semplice dell’uomo dei campi, di colui che
difende la propria personalità dagli assalti della violenta società
progressista.
Questi i valori di Hamsun.
Da uomo antico, egli disprezzava le “mezze culture” che hanno partorito
l’industrialismo e la febbre mercantile; in lui il prestigio
aristocratico del “signore della terra” è una celebrazione di potenza
poetica, che ne fa, insieme ad altri ingegni (pensiamo a Pound, a d’Annunzio, a Heidegger),
uno degli ultimi grandi testimoni della civiltà europea. Il suo
soggettivismo (che non è individualistico egoismo alla liberale, ma
eroismo faustiano di un figlio del popolo) e il suo lirismo
naturalistico lo innalzano a figura degna di un paganesimo mistico, che
si leva in una vibrante condanna della razza dei profittatori.
Rude anima nordica, la sua, ma capace di
passione, di sensuale commozione e di dolci abbandoni, alla maniera
della natura, che sa essere ad un tempo selvaggia e tenera. Hamsun
era capace di misterici trasporti, conversava con piante e pietre,
avvertiva presenze sacre nei silenzi notturni: «È la luna, dico in
silenzio, con passione, è la luna! E il mio cuore batte per lei con
nuovi battiti. Dura qualche minuto. Un alito di vento, un vento
sconosciuto viene a me, una strana pressione dell’aria. Che cosa è? Mi
guardo attorno e non vedo nessuno. Il vento mi chiama e l’anima mia
assentendo si piega a quel richiamo ed io mi sento sollevato dalle
realtà circostanti, stretto a un invisibile petto, i miei occhi si
inumidiscono, io tremo. Dio è in qualche luogo vicino e mi guarda…»,
così scrisse in Pan (1894), uno dei suoi capolavori.
A un simile poeta, tuttavia, la loggia
dei fabbricanti d’oro volle riservare l’infamia.Vincitore nel 1920 del
premio Nobel per la letteratura, Hamsun aveva aderito fin da giovane al movimento neoromantico nazionalista norvegese, che conciliava laengtam (la volontà inflessibile) con staenming,
l’armonia cosmica in cui uomo e macrocosmo si fondono. Amico della
Germania ma anche della cultura russa, vide con favore l’ascesa del
nazionalsocialismo tedesco, ravvisando in Hitler i tratti del
vendicatore della tradizione europea contro i manipolatori economici e
finanziari e il creatore di una nuova religiosità di stirpe. Resa visita
al Führer nel 1943 al Berghof, collaborò col regime di Quisling, difese
il progetto europeo con l’arma della sua penna. E quando Hitler morì
tragicamente, lungi dal piegare la testa dinanzi ai vincitori, su un
quotidiano di Oslo ne celebrò la figura di «guerriero in lotta per
l’umanità, un apostolo del diritto dei popoli e un riformatore del più
alto rango».
Ce n’era abbastanza perché, alla maniera con cui gli americani e i
sovietici usavano trattare i loro oppositori intellettuali, nel 1945
venisse giudicato pazzo e rinchiuso in manicomio, ripetendo la medesima
via di passione imposta a Ezra Pound. Nel suo libro Per i sentieri dove cresce l’erba, scritto negli ultimi tempi della sua vita, Hamsun
così ricordava la dichiarazione che aveva reso coraggiosamente davanti
ai giudici: «Mi era stato detto che la Norvegia avrebbe occupato un
posto eminente nella grande società mondiale germanica in gestazione;
chi più chi meno, allora tutti ci credevamo. E anch’io vi avevo creduto…
Pensate: la Norvegia del tutto indipendente, rilucente di luce propria
nell’estremo nord dell’Europa! E quanto al popolo tedesco, come pure al
popolo russo, io li vedevo come astri rilucenti. Codeste due potenti
nazioni mi possedevano e pensavo che esse non avrebbero deluso le mie
speranze!».
Il sogno europeo di Hamsun
parve abominio ai suoi giudici democratici asserviti ai nuovi padroni,
la sua passione per la patria eterna proprio dai traditori venne
spacciata per tradimento. Condannato nel 1948 a un risarcimento in
denaro per i suoi “crimini”, Hamsun
fu rovinato moralmente e materialmente e, ultranovantenne, venne infine
rinchiuso in un ospizio e ufficialmente diffamato. Ma ciò che a noi
resta di lui, e che i suoi persecutori non poterono cancellare, è
l’esempio di una vita libera e nobile, di un uomo che non ha piegato la
schiena neppure nella sventura. Resta la sua religione della vita, del
lavoro onesto e silenzioso, la sua mistica della solitudine creatrice,
del senso panico della natura primordiale e del popolo che vive in
sintonia con la sua terra. Restano i valori di uomo della tradizione che
attraversa la degenerazione della modernità senza farsene contagiare,
ma anzi rinsaldando la volontà di opporre la qualità alla quantità, la
forza di un Io integro allo sfaldamento coscienziale dell’alveare
massificato: tutto questo è racchiuso nei suoi molti romanzi, da Fame (1890) a Terra favolosa (1903), da Un viandante canta in sordina (1909) fino a Il cerchio si chiude
(1936). La lotta sostenuta a viso aperto e per tutta la vita da
quest’uomo antico e insieme moderno appare oggi un severo e insieme
trascinante insegnamento per tutti coloro che non vogliono imboccare la
strada della resa di fronte ai dominatori cosmopoliti.
Oggi Hamsun
rappresenta un esempio straordinario per tutti i popoli gelosi della
loro identità, e per quelli europei in modo particolare. La congiura dei
dissacratori e dei farisaici materialisti, dal basso di una putrescente
“normalità” da insetti, non poteva non giudicare “pazzo” un uomo così
diverso da loro, così orgoglioso della sua anima norrena e del suo
sangue di contadino europeo.
fonte: centrostudilaruna.it
Il cristianesimo ha demonizzato il paganesimo antico , ma possibile che fosse tutto negativo ? Distinguere un pensiero unico pagano è cosa ben difficile essendo sincretico , al massimo si puo identificare un culto ben mimetizzato e questo culto azzardo sono i misteri di Babilonia la grande , anche Icke docet , oppure un culto sumero , i cosidetti Annunnaki di Zitchin , Marduk ecc….. Con una logica cristiana o moderna non si puo capire il paganesimo , il paganesimo non ha un dio unico, è legato a un sistema di credenze antiche e perciò ancor piu veritiere sui rapporti di forza esistenti nel passato e su come è fatta la società oggi abilmente camuffata : elitè , classe governativa , classe sacerdotale ,classe militare ,classe addetta al culto ecc….. ,il paganesimo riconosceva che c’erano una categoria di esseri superiori : dei , semidei , faraoni, ecc… dotati di capacità e che lro erano subalterni e che la natura e altre dimensioni ad essa precipue erano abitate . Sarebbe ingiusto dire che il capro – pan è cosa negativa , una sua raffigurazione compariva in un copricapo di Benedetto XVI vedasi Chiesaviva ,ciò non basta inquadrare per inquadrare il papa in un ottica negativa , anche perché cosa dire dell’altro berretto chiamato Saturno , semplicemente il papa sa è consapevole del suoruolo , e come facevano i suoi predecessori di ogni religione usa la conoscenza in barba alle masse ignare oggi come allora , sia esse pagane o cristiane , e magari ha abdicato per ragioni incomprensibili alla massa che ragiona in termini di devozione popolare e volutamente è tenuta a questo stato ‘’infantile ‘’ di conoscenza . Pan incarna la parte animalesca della natura e dell’uomo , la sua natura violenta e irrascibile che và governata , per rendere comprensibile quest’aspetto della natura lo si rappresentava in quel modo esattamente come i cristiani nelle chiese rappresentano il vangelo per farlo capire . Se oggi questa figura viene usata o piegata per i propri fini è cosa ben diversa .Costoro hanno usurpato tutto e non inventano nulla . I Romani , i figli della lupa , dove andavano cercavano di apprendere e assorbire i costumi e le abitudini del luogo , ma davanti ad un popolo in particolare rimasero rapiti e estasiati , questo popolo erano i Greci , in Grecia la superstizione pagana si emancipava approdando ad un nuovo stato di comprensione retto dalla ragione e dalla scienza , allo stesso tempo era una meditazione sulle rovine ,
RispondiEliminaera un popolo frammentato i cui conflitti interni che lo dilaniavano l’avrebbero portato prima o poi ad essere conquistato da un nemico esterno ,erano ben consci di derivare da un mondo avanzato e tuttavia perduto per sempre , da allora in poi la conoscenza sarebbe stata difficile e riunirla cosa faticosa e ardua , non fu Platone a parlare di Atlantide ? Il logos greco venne assorbito dal cristianesimo , ancora oggi non si sa perchè sia crollato dopo una lunga agonia l’impero romano , e le tesi di Antonhy Gibbons non convincono, di certo è finito con la morte di Massenzio . Nella fucina di Alessandria d’Egitto si è forgiato il cristianesimo,alcuni gnostici ? hanno inserito il logos greco ,il neoplatonismo , Clemente di Alessandria , Epitteto ecc…., quando San Paolo infatti predicò ad Atene ebbe ben poca fortuna . Mentre alcuni volevano ‘’riunire’’ il sapere , altre forze ci tenevano a distruggerlo , e la Biblioteca di Alessandria ed altre divamparono nelle fiamme , a quanto pare le biblioteche continuano a divampare ancora oggi .La battaglia contro il sapere è la battaglia contro l’umanità . I protestanti hanno avvertito questa estraneità al Vangelo di tuto l’apparato pagano , legato anche al potere , e hanno rifiutato i sacerdoti romani e la lro mediazione con il divino ,anche il rito è stato rifiutato se non come commemorazione dell’ultima cena , e il sacerdozio è tornato a essere cosa libera aperta anche alle donne come l’apostolato di Cristo . uNa crepa irreparabile si era aperta nella cristianità , il Papato ha allora fatto ricorso a tutti gli espedienti pur di mantenere il potere e ai gesuiti ad esempio è stato data carta bianca . Il signor Calvino non a caso direi era svizzero , il teorizzatore dell’accumulo e del guadagno senza freni e remore morali , il protestantesimo ha trovato una sponda nella massoneria desiderosa di liberarsi dei lacci di roma per sfogare i propri istinti predatori .Ogni legame con il logos greco , la cultura pagana romana , era definitivamente abbandonato , i famosi padri pellegrini trovarono negli Usa una terra vergine dove predicare e rifondare una società , ed ecco la violenza dell’impero americno il suo messianismo e il suo milleranismo . I conquistadores spagnoli si diostrarono con gli indigeni assai piu tolleranti dei protestanti . Oggi con il concilio vaticano Ii anche la chiesa cattolica è stata protestantizzata .Non trascurerei la potenza delle sette in America , vedi Evangelici , che non a caso stanno proliferando anche in Brasile spodestando il cattolicesimo e che considerano Israele compagna della fine dei tempi .Le lotte interne alla cristianità non erano una novita , trovo degno di attenzione il periodo che vide scontrarsi papi e antipapi , due forme diverse di cattolicesimo , due correnti di potere si combattevano , e il Papa del Concilio Roncalli si chiama proprio come un antipapa conservato al battistero……
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