LE ORIGINI DEL GLOBALISMO
“Vedrà meglio le cose, colui che le osserverà svilupparsi dalle loro origini.”
Aristotele. Politica
Che gli Ebrei abbiano avuto, e mantengano, un ruolo centrale, nella fondazione e nell’espansione dello Star System Hollywoodiano, nel controllo delle tematiche immaginali occidentali e mondiali, e nella gestione delle Case di Produzione Cinematografica e televisiva, sia in America che altrove, è una cosa generalmente abbastanza nota. Meno
ovvio, è il fatto che la maggior parte dei Produttori statunitensi sia
stata, e sia, anche attualmente, di verace ascendenza ebraica; fino a
sfiorare, nei ruoli direttivi, e in quelli decisionali, la quota limite
del cento per cento.
È
facilmente intuibile, che la crescente invasione Coloniale ebraico –
americana delle altre Nazioni, e il tentativo di instaurarvi il proprio
Nuovo Ordine Mondiale: frutto concreto delle allucinazioni vetro
testamentarie del Regno Jahveico, vengano
attuati proprio dagli Stati Uniti; disinvoltamente ebraicizzati,
attraverso cinema e televisione di Stato; tramite l’«offerta» ossessiva
e coatta del loro peculiare sistema di vita e valori, e dei loro
specifici paradigmi socio-economici. Nel dopoguerra, il cosiddetto Sogno Americano,
di per sé insufficiente a devastare, persuasivamentela la Memoria
storica degli altri popoli, imponendo il proprio Sistema Mondialista del
«kibbutz globale», è stato affiancato, ben più efficacemente, dall’Immaginario ebraico post- Olocaustico.
La
pesante suggestione fantasmatica, indotta da questa facinorosa arma
iconografica, e psico politica, usata dapprima al processo di
Norimberga, per demonizzare i vinti della Seconda Guerra mondiale, e poi
per criminalizzare, negli attuali tribunali del “Nuovo Regno”, gli
eventuali dissenzienti, è stata usata ossessivamente, in appoggio ad una
feroce repressione del pensiero critico, e al veto dell’espressione
difforme; da tutti i vari Regimi di Occupazione Democratica post
bellica. Ciò
ha reso possibile, in Europa, l’oblio pianificato del passato,
l’indottrinamento coatto delle nuove generazioni, la paralisi
imparziale delle intelligenze, lo spregio arrogante d’ogni reale
verità; e, dulcis in fundo, la diffusione cancerogena, su scala planetaria, dell’americanismo: rampante cavallo di Troia dell’ebraismo sionista.
Da
chi non si permette mai di violarli apertamente, i tabù sono
considerati, di solito, come un frutto dell’ altrui immaginazione, e chi
non trasgredisce ai loro ferrei divieti, non può nemmeno percepirne
l’esistenza. Chi pone le proprie domande esistenziali e vive, solo entro
il circuito dei panorami concessi, non si accorgerà mai che certe
“ampie vedute” sono severamente vietate. Inoltre, la vantata protezione
giuridica, che la democrazia afferma di garantire ai dissenzienti, viene
assicurata loro soltanto finché non la pretendono.
Il sionista ebreo Max Nordau, nel suo Il senso della storia, dice:
La
gran massa dell’umanità non prova il minimo interesse, né per la
narrazione storica né per gli avvenimenti storici stessi. L’indifferenza
degli uomini per il passato, per tutto ciò che esula dal campo della
loro immediata percezione, è una verità innegabile. Nella
maggior parte degli uomini, il senso critico è assai scarsamente
sviluppato. Essi non hanno la capacità, ma soltanto il desiderio di
discernere il vero dall’illusorio. Ogni opinione attendibile, viene
supinamente accettata; senza domandare dimostrazioni, e senza esaminarne
mai la reale solidità.
Ad
una dichiarazione si oppone sfiducia, dubbio, o risoluta negazione,
solo quando essa contraddice troppo rudemente quanto già si conosce;
e, specialmente, quando lede i nostri sentimenti ed interessi.
All’inizio del Novecento, il celebre giornalista inglese Henry Wickham Steed scrive:
«Quella
ebraica, è una delle maggiori questioni al mondo e nessuno, scrittore,
politico, o diplomatico che sia, può essere considerato maturo, finché
non l’abbia affrontata con decisione; in ogni suo aspetto ».
Due decenni prima, la penna «antisemita» di Edouard Drumont, autore de “La France Juive” scriveva:
« Tutto quello che capita ad un ebreo nell’angolo più remoto d’un deserto assume le dimensioni di un evento epocale».
Friedrick Nietzsche |
Non diverso, era l’avviso di Friedrick Nietzsche in Aurora:
«Agli
spettacoli cui ci invita il prossimo secolo, appartiene la decisione
sul destino degli ebrei. Che essi abbiano gettato il loro dado, e
passato il loro Rubicone, è un fatto palese: ormai non resta loro che
di diventare i padroni dell’Europa, oppure di perdere l’Europa, come
già una volta, molto tempo fa, hanno perso l’Egitto, dove si erano posti
un simile aut-aut. In Europa però, hanno fatto una scuola di diciotto secoli; come nessun altro popolo può dimostrare d’aver qui compiuto. Oltre
tutto, hanno saputo ricavare, da quelle occupazioni che si sono loro
lasciate, o alle quali si sono dati, un senso di enorme potenza, e di
eterna vendetta»
Nel 1918 il sionista Adolph Berle,Testa d’Uovo rooseveltiana, in The World Significance of a Jewish State, afferma:
«Il
movimento sionista, come tale, riguarda principalmente gli ebrei. Ma la
storia degli ebrei è un bene comune all’intera umanità, inestimabile
in virtù̀ dell’influenza esercitata sulle concezioni morali e religiose
dell’uomo. L’ebreo stesso, è un fattore sociale di tale importanza, per
il mondo, che i suoi interessi razziali e nazionali sono, di per sé,
gli interessi del mondo intero».
«Non
esiste che una sola questione sulla terra, ed è la questione d’Israele.
Questione a due facce, dove l’interna è il laicismo: ovvero il
rapporto tra la scienza e la fede, e l’esterna l’internazionalismo; cioè
il rapporto tra la patria e l’umanità. Laicismo ed internazionalismo
sono, invero, le due facce del giudaismo».
Il critico teatrale ebreo americano Ludwig Lewisohn, in un piccolo capolavoro di astuzia farisaica, declama:
«La cosiddetta questione ebraica consiste in null’altro che nell’unicità
del nostro essere nel mondo, nell’esistenza cioè di un popolo che, pur
privo di una terra e degli usuali attributi di nazione, è tuttavia, e
sempre resterà, un popolo. Noi non vogliamo, quindi, risolvere la questione ebraica. Risolverla sarebbe auto-distruggerci.
Vogliamo
invece affermarla, affermare il fatto che può esserci un popolo, che
mai fu nemico degli altri popoli, che mai fu unito al potere, o alla
speranza del potere, che ha perciò rappresentato per secoli, e
rappresenta oggi, un tipo di nazione che sarà la salvezza per un mondo
barbaro e bellicoso. Attraverso il costante esempio della nostra
nazione, pacifica e spirituale, noi aiuteremo a rimodellare lo stesso
concetto di Nazione, a dargli coscienza della sua corretta funzione,
adempiendo la nostra missione tra i popoli della terra.
Ogni
ebreo che nega o minimizza la propria ebraicità, e si assimila al
popolo in mezzo al quale vive, tradisce non solo il suo popolo ma tutti
i popoli. Perchè non c’è salvezza, per l’umanità, se non nella pace,
se non nella fraternità, se non nella separazione del nazionalismo dal
potere; dell’economia dal conflitto; e della coesistenza delle nazioni
dalla guerra. Da
tempo immemorabile siamo stati scelti dal senso della storia, quale
esempio di popolo pacifico, di popolo senza potere, di popolo tale solo
in forza dello spirito. Oggi
è tempo di essere per noi stessi; è tempo di sapere al profondo che
essere, in questo senso, per noi stessi, vuol dire essere per tutti gli
uomini».
In Das Ratsel des judischen Erfolges “L’enigma del successo ebraico” del 1928, l’«antisemita» F. Roderich-Stoltheim (Theodor Fritsch) scrive:
«Ci
siano enigmi nella storia dei popoli, gli ebrei ne costituiscono uno
dei massimi, e chi ha studiato i problemi del genere umano senza
affrontare la grande questione ebraica è certo rimasto in superficie
nella conoscenza della vita. Non
v’è in pratica settore, dall’arte e dalla letteratura alla religione e
all’economia, dalla politica ai più segreti spazi dell’amore e del
crimine, nei quali l’influsso dello spirito e dell’anima ebraica non sia
riconoscibile, e nei quali non abbia imposto alle cose una particolare
direzione»
«Chi ha compreso il problema ebraico, ha compreso tutto».
«La questione ebraica è la chiave della storia mondiale». Nessuno
può trattare con indifferenza il principio razziale. Esso è la chiave
di volta della storia, e il fatto che la storia è spesso così confusa è
perché è stata scritta da persone che non conoscevano tale principio, è
tutto il sapere che esso implica. Non la lingua e la religione fanno
una razza; solo una cosa fa la razza, e questa cosa è il sangue!».
L’ebreo russo Aaron Zeitlin, afferma che:
L’ebreo è sempre in cerca del suo Dio, anche quando lo rinnega, e il giudaismo significa aspettare
tutti i giorni, anche quando si è miscredenti, di udire lo shofar: il
corno di montone rituale]che annuncerà il Messia».
Gli fanno eco Paul Giniewski:
«Da secoli e millenni Israele e gli ebrei sono una delle preoccupazioni del mondo, e anche uno dei suoi traumi».
Ben Gurion:
«Il senso di Israele e di perfezionare la creazione».
Pretesa questa, rivendicata anche da Rabbi Michael Goldberg, per il quale:
«Gli
ebrei, cardini dell’ azione redentrice nel mondo, devono servire quale
popolo di Dio, poiché solo da loro dipendono la redenzione del mondo di
Dio, e il Suo stesso Nome»
Questa demenzialità apologetica, folgora anche l’ebreo «tedesco» Josef Kastein, nato Julius Katzenstein, facendogli dire:
«Tra
le razze civili del mondo, il popolo ebraico è al contempo la migliore e
la meno conosciuta. Un popolo così intensamente vitale come quello
ebraico, non necessita di apologia. Al
contrario, occorre anzitutto che gli si rammenti sempre la sua vera
natura, cosicché non rischi mai di scordare le stupende responsabilità
di cui è stato caricato su questa Terra ».
Gerald Abrahams, sintetizza poi il tutto:
«La teocrazia è uno dei grandi contributi, non riconosciuti, di Israele all’agire politico del mondo»
Cosa sia questa «teocrazia ebraica» lo ha illustrato assai bene il professor Giuseppe Levi:
«La
vera Teocrazia è quel governo in cui Dio stesso è l’autore immediato
delle leggi civili, politiche e religiose, ed egli stesso dirige la
nazione nei casi non provvisti dalle leggi. Vera
teocrazia, pertanto, non può chiamarsi se non là, dove o una persona o
una cosa è creduta, esclusivamente, in diretta comunicazione con Dio, e
sola intermediaria tra la Divinità e un popolo. Nella legislazione
mosaica, è Dio stesso il legislatore primitivo, diretto ed anzi unico.
In
essa, la Divinità non è uno strumento in mano all’uomo, ma è l’uomo,
il popolo, l’umanità che figurano come uno strumento in mano a Dio;
per il compimento del loro destino, e dei suoi eterni intenti».
Destino ed intenti profetizzati, due millenni prima, nell’arido deserto del Qumran:
«E questo è il libro della Regola della Guerra.
L’inizio
si avrà allorché i Figli della Luce [B'nai Or] attaccheranno i Figli
delle Tenebre, l’esercito di Belial, la milizia di Edom, di Moab, dei
figli di Ammon, gli Amaleciti e il popolo della Filistea, le milizie
dei kittim di Assur, ai quali andranno in aiuto coloro che agiscono
empiamente verso il Patto.
I
figli di Levi, i figli di Giuda e i figli di Beniamin, gli esuli del
deserto, combatteranno contro di essi; contro tutte le loro milizie,
allorchè gli esuli dei Figli della Luce torneranno dal deserto dei
popoli, per accamparsi nel deserto di Gerusalemme. E dopo la guerra se
ne andranno di là̀, contro tutte le milizie dei kittim in Egitto. Vi
sarà una costernazione grande tra i figli di Jafet, Assur cadrà e
nessuno l’aiuterà, scomparirà la dominazione dei kittim, facendo
soccombere l’empietà senza lasciare traccia, e non rimarrà alcun rifugio
per tutti i Figli delle Tenebre. Verità e giustizia risplenderanno per
tutti i confini del mondo, illuminando senza posa fino a quando saranno
finiti tutti i tempi stabiliti per le tenebre.
Nel
giorno in cui i kittim cadranno vi sarà un combattimento e una strage
grande al cospetto del Dio di Israele; giacché questo è il giorno, da
lui determinato da molto tempo per la guerra di sterminio dei Figli
delle Tenebre, nel quale saranno impegnati in una grande strage. Sarà
questo il tempo dell’angustia per tutto il Popolo della Redenzione di
Dio.
Due millenni dopo, il Rabbino riformato Kaufmann Kohler afferma in “Lineamenti di una teologia sistematica dell’ebraismo, basata su fondamenti storici”, edito a Lipsia nel 1910:
«La speranza futura dell’ebraismo è racchiusa nell’espressione Regno del Dio Onnipotente, regno dei cieli: “signoria di Dio”.
La
predicazione dei profeti che il Dio Unico di Israele verrà riconosciuto
dalle nazioni, quale Signore del mondo intero, ha creato questa
idealità futura dell’ebraismo, e con ciò ha dato alla storia del mondo
una meta e uno scopo ultimo, facendo di Israele, Popolo di Dio, il suo
fulcro e il suo perno. La
vera speranza messianica ha per sostanza il ristabilimento del Trono di
Davide. Con specifico riguardo al Servo Sofferente del Deutero-Isaia,
il titolo di Messia sarà, d’ora innanzi, applicato al popolo di Israele:
Israele, il Messia sofferente, diverrà alla fine dei tempi il Messia
delle nazioni, coronato di vittoria»
Nel 1920, dopo tre anni d’Orrore bolscevico, Rabbi Oscar Levy recita il mea culpa;
«Noi
siamo stati colpevoli. Noi, che ci siamo posti come salvatori del
mondo, noi, che ci siamo perfino vantati di avergli dato “il”
Salvatore, non siamo oggi niente altro che i seduttori del mondo, i suoi
distruttori, i suoi incendiari, i suoi carnefici. Noi, che abbiamo
promesso di condurvi in un nuovo paradiso, siamo riusciti alla fine a
condurvi in un nuovo inferno. Non c’è stato alcun progresso, men che
meno un progresso morale. Gli ebrei sono i padri spirituali della
democrazia, e perciò della plutocrazia. Elementi ebrei sono le forze
propulsive, sia del comunismo sia del capitalismo».
Eloquio pubblicitario ebraico, magnificato anche in un Mensile di dottrina e di vita del giudaismo, del 1921:
«
Israele soltanto, è in grado, per le sue qualità ereditarie, di donare
profeti, uomini che possono entrare in relazione con Dio in maniera
soprannaturale. Israele è come la semente che trasforma in propria
natura gli elementi contenuti in seno alla Terra: Israele è il cuore di
quell’organismo che è l’umanità. È il cuore delle nazioni».
Nel 1923, l’ardente sionista, Rabbi Louis Israel Newman dichiara:
«La missione moderna dell’ebreo è di assumere la leadership morale del mondo».
Nel 1924, Maurice Samuel ammette, invece, una impossibilità di fusione fra ebrei e non ebrei:
«Voi
avete il vostro modo d’essere, noi il nostro. Per il vostro modo di
vita noi manchiamo sostanzialmente di “onore”. Per il nostro modo di
vita, voi mancate sostanzialmente di moralità. A
voi, appariremo per sempre privi di grazia, a noi apparirete per sempre
privi di Dio. Noi ebrei, noi, i distruttori, resteremo distruttori per
sempre. Nulla di quanto farete placherà i nostri bisogni e le nostre
domande. Distruggeremo in eterno, perché ci è necessario un nostro
mondo, un mondo di Dio, che non è nella vostra natura di edificare .».
Quindici
anni dopo, a New York, questo delirio schizofrenico ebraico di un Dio
che ha scelto gli Ebrei come il Suo Popolo Eletto, viene resuscitato da Harry Waton nel contesto di un programma del Committee for Preservation of the Jews:
«Come
il comunismo, l’internazionalismo è il fondamento della società, la
base di ogni umano progresso, la speranza della classe lavoratrice, il
destino dell’umanità. Facciamo sì che tutte le nazioni della Terra
divengano razionali, facciamole entrare in una Federazione di Nazioni,
come in questo paese abbiamo una federazione di Stati. Ma, al contempo,
gli ebrei sono nazionalisti in quanto ebrei. Gli ebrei, ovunque nel
mondo, a prescindere dal posto in cui vivono, dalla lingua che parlano,
dal sistema di vita e dagli usi e costumi che seguono, si riconoscono
tutti l’un l’altro; come un unico popolo. Per questa ragione lo Stato
ebraico giunse sempre dove fu il popolo ebraico, e poiché ora gli ebrei
sono disseminati su tutta la Terra, lo Stato ebraico si estende su
tutta la Terra. Questo
è il motivo per cui lo Stato ebraico è internazionale e così potente.
Inoltre, poiché è vero che gli ebrei sono il popolo più nobile e civile
della Terra, essi hanno il diritto di sottomettere a sé il resto
dell’umanità, e di essere i signori dell’intero pianeta terra. Gli ebrei
diverranno i signori della Terra e sottometteranno tutte le nazioni,
non attraverso la potenza materiale, non con la bruta forza ma con la
luce, la conoscenza, l’intelligenza, l’umanità, la pace, la giustizia e
il progresso».
Questa arroganza spirituale, e questa presunzione materialista, vengono ribadite nel 1949, dopo la Seconda Guerra Mondiale, da Rabbi Ignaz Maybaum che, in The Jewish Mission
riconosce, nell’idea del Messia, la pietra angolare del giudaismo; quel
sostegno senza il quale crollerebbe l’intero edificio religioso
ebraico, per cui la storia non è il racconto delle reali azioni umane,
ma una serie di toledot ha-yeshuah, o di «storie della salvezza»:
«Il giudaismo è messianismo.
Il
messianismo vede la storia come uno stadio in cui il piano di Dio si
auto-rivela, dove la Sua promessa, dataci attraverso i Sui profeti,
sarà compiuta Il Regno di Dio giungerà. Come uomo messianico, l’ebreo
vive nella storia e oltrepassa la storia. Il giudaismo è messianismo. Ma
il giudaismo non è solo il messianismo. Il
profeta e il sacerdote sono, entrambe, gli eterni archetipi
dell’ebreo. Fianco a fianco col profeta, che insegna la speranza per il
tempo promesso, sta il sacerdote.
Il
sacerdote non guarda avanti, al futuro; egli è di fronte a Dio, qui e
ora: nei giorni di questa sua vita, e nel luogo in cui egli la vive. Il
grande pericolo, per noi, in quanto popolo messianico, è di fermarci
incondizionatamente in un’epoca, considerarla un “tempo compiuto”.
Dobbiamo essere più che cittadini di un qualunque Stato, in Palestina
come altrove. Dobbiamo restare ebrei. Gli ebrei sono ebrei, solo se
restano cittadini del Regno di Dio.»
A
chiarire ancor meglio, gli scopi ultimi dell’ebraismo e del giudaismo
cristiano, ecco l’elucubrazione di un filosofo russo ortodosso: Vladimir Solovev, sviluppata nel suo «L’ebraismo e il problema cristiano», del 1884.:
«Il
fine ultimo, è lo stesso per i cristiani e per i giudei: la Teocrazia
Universale, la realizzazione della legge divina nel mondo umano,
l’incarnazione del celeste nel terreno. Questa unione di cielo e terra,
questa nuova alleanza di Dio con la creazione, questo cerchio perfetto, e
questa corona dell’opera universale, sono riconosciuti in uguale misura
dal cristianesimo e dal giudaismo. Tuttavia,
nel cristianesimo ci viene rivelata anche la via per arrivare a questa
corona, e questa via è la croce. Cristianesimo ed ebraismo hanno un
compito teocratico comune, quello di creare una società giusta. Poiché
la fonte di ogni giustizia è in Dio, ne consegue che la società giusta
è una società divino-umana. In essa tutto l’uomo si sottomette
volontariamente a Dio, tutti gli uomini sono concordi, ed hanno il
pieno dominio sulla natura materiale.
Secondo
il concetto ebraico, una simile società ideale deve incarnarsi nel
popolo d’Israele, e nel regno del Messia. Secondo il concetto cristiano,
tutti i popoli vi sono ugualmente chiamati. Questo universalismo
cristiano, va inteso nel senso, che le nazionalità non sarebbero altro
che un materiale indifferente, di fronte alla teocrazia universale.
Se
gli ebrei hanno la pretesa di occupare una posizione particolare, e di
avere un peso speciale nella teocrazia universale, non c’è bisogno che
neghiamo a priori questa pretesa, soprattutto se ricordiamo quello che
dice a questo proposito l’apostolo Paolo: “Essi sono israeliti e
possiedono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione,
il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la
carne, egli che è sopra ogni cosa. Dio avrebbe forse ripudiato il suo
popolo? Impossibile! Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha
scelto fin da principio.
Non
voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non
siate presuntuosi: l’indurimento di una parte di Israele è in atto fino
a che saranno entrate tutte le genti. Allora tutto Israele sarà salvato
[Romani IX 4-5, XI 1-2 e 25-26]“»
Percorso elitario, razziale e genetico, dunque, per cui la religione jahveica non risulta essere altro che «la deificazione pseudo spirituale della sola “razza ebraica”».
I concetti di creazione e missione unica ed esclusiva del Popolo Ebraico, rientrano in una weltangschauung demenziale,
scaturita dallo psichismo egregorico Jahveico, espresso dal gruppo
razziale ed etnico-nazionale ebraico, e continuamente rafforzato dai
suoi componenti. Ecco quindi, perché gli Ebrei, piaccia o meno, non
possono essere accettati, anche se da sempre lo pretendono, come degli
esseri «universalmente umani». L’intera
Torah ebraica, del resto, non è che l’espressione letteraria e
psicologica, di un particolare, ed assai limitante, ordine “tribale” del
mondo. Recita lo Zohar:
«Israel we Torah echad hu.
Israele e la Torah sono la stessa cosa».
Israele e la Torah sono, per i non ebrei, i sintomi di una malattia devastante: il germe virale di un contagio dissolvente. Lo
spirito di rivolta inerente al giudaismo è di una qualità tutta
negativa, e agisce in seno delle nazioni per dissolverne ogni forma
religiosa, politica, sociale. Esso vuole eternamente distruggere l’altro
da sé, per un istinto egoico di auto conservazione esclusiva. Portatore
di una tara atavica di anarchia, sovversivo di ogni ordinamento altrui,
agente di dissociazione, dissoluzione e denazionalizzazione, l’ebreo è “il perturbante”,l’unheimlich, che costruisce la propria identità a spese di ogni altro soggetto. Il
popolo ebraico, si vede obbligato, dal Patto con il suo Dio egregorico,
Jahveh, a combattere un’eterna Guerra Santa, per imporre, questo
caliginoso “Demone” della sua razza, a tutte le altre stirpi umane;
facendone la fede religiosa, coatta, dell’intera “umanità” asservita ad
Israele.
Il
suo «inesorabile universalismo», è un costante aggredire, e
possibilmente devastare, la psiche e lo spirito degli altri popoli, e
delle razze umane non ebree. Il progetto di Jahweh, per Israele, è
quello di eliminare e ribaltare, per suo mezzo, ogni altra
configurazione Divina ed archetipica; ogni altra struttura endo-psichica
e sociale. Popolo
extraterritoriale per eccellenza, disperso ed infiltrato in tutti i
Paesi, ma come i germi nocivi, concentrato di preferenza nelle cloache
delle Metropoli, questo sedicente “Pellegrino della disperazione”
è il veicolo patologico di una presenza, che rivela la malattia
psichica incombente in esso: una mania sacerdotale, che esige, per
credersi sana, di creare un gregge di malati terminali: schiavi umani a
cui imporsi facilmente.
Questi
deliranti servi trasognati di Jahweh, pastori e vicari, per un Dio che
brama di razziare i greggi altrui, sono gli eterni stranieri: i
portatori contrariati di un perenne, insanabile dissenso. Ostinati e
tenaci, nemici subdoli di tutte le società non ebree, in cui hanno
vissuto, questi psicopatici misticheggianti, sono il germe di tutte le
insurrezioni, che, per distruttive che siano per gli altri, ad essi
sembrano sempre favorire la ricostruzione del loro favoloso Tempio
Perduto.
Ibri-Khabiru è un termine che significa miserabili, stranieri erranti, malati, impuri, schiavi, e banditi. Gli
Ebrei, Ivri, o Habiru, sono i lebbrosi emarginati, che transitano
oltre, i vagabondi che stanno sempre dall’altra parte, e che, tradendo
tutti, in nome di un loro patologico Incubo fisico, e teologico, sperano
di trovare nell’altrove il risveglio e la guarigione; a loro esclusivo
vantaggio. Ossessi,
devastati psichicamente dal vuoto dell’erranza, fruitori di infiniti
miraggi sapienziali, privi di reale sostanza e di significato reale,
questi Ebrei si sono dati un Unico Scopo, che è anche quello del loro
Dio esclusivo: aggredire e distruggere ciò che non è ebraico, ciò che
non è sottoposto al Patto Egregorico, e che non si sottomette al loro
repellente dominio.
Essi
sono perciò “giudei”; i solitari, i separati, coloro che hanno
preferito costellare la turbolenza erratica, e l’odio di un’inquietudine
gregaria, coltivato e divinizzato, nell’infuocato deserto medianità,
per 40 anni; per farne un potere egregorico, che costituisce il più
intimo segreto della loro casta sacerdotale, e la loro fondamentale
ragion d’essere. Nomadi
e parassiti opportunistici, essi sono, da sempre e per sempre, gli
avversari e i nemici di tutti gli altri Dei, degli Dei altrui, e del
Divino in ognuno; avversari coriacei della dimensione naturale, creativa
e costruttiva, propria allo psichismo e allo spirito ariano.
Israele
deve per forza credere, se vuole vivere e prosperare a lungo, di
possedere, esso solo, la chiave della salvezza del mondo intero. Deve
affermare di esistere per mettersi alla testa degli altri popoli, e per
trascinarli dietro a sé, come un cieco gregge; guidandoli, alla fine,
alla meta abissale preordinata solo per loro. Insoddisfatto
ed inquieto, prigioniero del proprio endemico delirio epilettoide,
l’Ebreo deve, se vuole restare tale, danneggiare e sconvolgere ogni
armonia naturale e tradizionale altrui.
Israele
lotta assieme al suo Dio, contro tutti gli altri uomini e i loro Dei,
perchè Jahweh combatte per regnare, da solo, sul Mondo intero. Questo
popolo scabro ed inquietante, che pretende d’essere la più grande
benedizione dell’umanità, si rivela, invece, come la sua peggiore
maledizione; non la Primizia del Raccolto e la Nazione Eterna; ma la
devastazione d’ogni messe, e il veleno inoculatosi in ogni Nazione.
Il
Popolo Eletto, che vorrebbe essere la misura e la bilancia della
civiltà umana, d’ogni epoca, non è che il servo sub umano, e per lo più
disumano, di un Dio tribale; incivile e crudele: Jahweh. L’etica morale
dell’ebreo Jahweico, consiste, semplicemente, nel mentire sulla propria
occultata e radicale immoralità; di popolo Satanico, che si spaccia per
stirpe divina e geniale.
Bene
ancorato a questo mondo transitorio e storico, l’Ebreo vende, ai non
ebrei, la favola di una perenne ricerca dell’Altro Mondo; l’eterno
delirio di Nuovi irraggiungibili Orizzonti.
Nel
frattempo, nella dimensione del qui ed ora, egli sconvolge ogni
ordinamento naturale e tradizionale altrui, perché il suo “Dio speciale”
non si manifesta mai nella Natura, ma nella Storia. Non è, difatti, una
Forza cosmica divina, ma un’Energia psichica collettiva
artificiosamente divinizzata.
Jahweh,
non viene promosso e nutrito dall’Ebreo del Patto d’elezione, come
Unico Dio, con lo scopo di restaurare, redimere, riparare, correggere,
ornare, o migliorare il mondo; né per farlo più giusto. Jahweh e i suoi
soci mafiosi, agiscono per conquistare e sfruttare il mondo ed i
popoli; come proprio bottino di guerra.;Operare
per il «ristabilimento del mondo sotto il regno dell’Onnipotente
Jahweh», e trasformarlo in un ricettacolo per la Presenza di quello,
significa, per questi dementi, favorire l’avvento del Messia Ebraico:
«scopo ultimo dell’intera creazione».
Un
delirio davvero sanguinario, questo jahweismo esclusivo, che pretende
di obbligare ai precetti interessati, di questo “Dio egregorico ed
etnico”, anche chi, non essendo ebreo, non ne vuole sapere nulla. Ogni
uomo ha il proprio Dio, ma gli Ebrei pretendono di poter punire, con la
morte, chi non accetti il loro specifico ed Unico Dio elettivo: Jahvé., Il Monoteismo ebraico è la causa immediata del messianismo, e di una “Storia Universale” pretesa tale per l’intera umanità.
Senza
quest’osceno aborto mentale, del “Dio Unico”, non sarebbe mai potuta
sorgere l’idea di una “Umanità” intesa come un gregge unitario.,Il
Credo demenziale dell’unità della razza umana, che nega ogni evidente
diversità qualitativa, e razziale, è il risultato, ovvio, della pretesa
Unicità di Dio. Se c’è un solo Dio, difatti, ne consegue,
obbligatoriamente, che egli sia anche lo stesso per l’intera umanità.
Chi non accetta questo dato di fatto, deve perciò venire eliminato; come
eretico blasfemo.
Curioso,
poi che questo Unico Dio, sia proprio quello monopolizzato dagli Ebrei,
e poi scippato dai loro epigoni cristiani ed islamici.,La
pretesa che gli uomini siano tutti uguali, implica e sottintende il
fatto, che essi debbano anche avere la stessa religione; e, dato che gli
Ebrei hanno, a parer loro, l’unica vera e sola Religione Rivelata,
proveniente direttamente dal loro Dio, sedicente Unico Dio, ecco che
tutti gli uomini, volenti o nolenti, devono accettare la Religione
Ebraica, e i suoi legittimi e soli sacerdoti autorizzati: gli Ebrei.
Con
questo escamotage teologico, ecco che gli Ebrei, emulati poi anche da
Cristiani ed Islamici, che si vantano anch’essi d’avere il Solo Unico
Dio, e L’unica Vera Religione, possono diventare comodamente padroni in
casa altrui, trasformando a forza tutti i non ebrei, i non cristiano, o i
non islamici, in propri schiavi, o, al meglio, in operai salariati al
loro servizio.
Per quanto riguarda gli Ebrei, il rifiuto dell’Unico, ovvero di Jahvé, e del suo giudizio, ovvero di quello dei suoi vicari sacerdotali in terra, esso è proibito non solo a loro, ma anche ai non ebrei. L’Intolleranza è quindi intrinseca alla natura del Monoteismo, in quanto un Dio Unico, che non tolleri altri Dei accanto a sé, non può che essere El Qanna: il Dio Geloso, e il patrono della volontà ebraica di dominio mondiale.
Che l’“Idolatria”,
ovvero il non accettare, come solo ed Unico possibile Dio, la loro
specifica Divinità elettiva, sia il massimo, ed il più grave dei
“peccati” possibili, lo attesta anche il cripto ebreo Maometto, quando
afferma che essa è, senza dubbio, un crimine assai peggiore dello stesso
omicidio.
Il
Dio egregorico di questi ossessi semiti, ebrei, ebrei rinnegati, o
pseudo ebrei, non ammette e non perdona il politeismo, la diversità, e
permette invece, per propria augusta volontà, ogni altro possibile
delitto. Jahvé, Il Dio geloso ed ipercritico, non sopporta il palese
adulterio, e non perdona la terribile “infedeltà coniugale” dei suoi
succubi: i maschi resi sue spose fedeli, per mezzo della circoncisione.
Che altro, dovremmo mai aggiungere?
I
7 precetti Noachiti ebraici, relativi ad una mai esistita, ma vantata
religione universale, non sono che una delle innumerevoli astute
elucubrazioni, escogitate dal rabbinato del II secolo d.C, per stabilire
la volontà ebraica di esigere l’obbedienza all’autorità sacerdotale,
anch’essa ebraica, da parte dei non ebrei, o Gojim. Queste Leggi, di
pura fantasia, totalmente redatte da ebrei, vengono da essi ancora oggi
considerate vincolanti, anche per il non ebreo, che, se vi trasgredisce,
può venire punito con la morte.
Questi 7 “Comandamenti” dei figli di Noé, consistono di un ordine perentorio, e di sei proibizioni:
1. Bisogna obbedire alle leggi, ai tribunali, e alle autorità.
2. Sono proibite;La Bestemmia, ovvero la negazione di Dio, e, per estensione, dei suoi Eletti.
3. L’Idolatria, ovvero ogni culto che non sia quello monomaniacale di Jahvé.
4. I rapporti sessuali illeciti: adulterio, incesto, sodomia e zoomixia.
5. Il versamento di sangue: tramite omicidio o suicidio.
6. Il furto.
7. Il mangiare parti di un animale vivo.
I Tre pilastri della Religione d’Israele,sono le Tre verità a cui deve assolutamente
credere l’Ebreo:
1. La fede nell’esistenza di un solo, unico, altissimo Dio.
2. La fede che la Torah sia stata consegnata agli Ebrei direttamente da questo Unico Dio: Jahveh.
3. La fede che questo Dio sia un giudice giusto.
Prodotto storico imperfetto, il Mondo non è, per l’ebreo, il cristiano, e il musulmano, che lo imitano, né eterno né immutabile, nelle sue intime “leggi” ed “Armonie”. Simile al suo Dio Creatore, l’ebreo, ed i suoi due cloni settari, giudeo cristiani e maomettani, devono assumersi pienamente le proprie responsabilità, nella Ri-Creazione del mondo. Per loro, difatti, questo Spazio terreno è il Regno del Male, e delle forze demoniache: il luogo della separazione; delle luci puntiformi, della confusione, e del disordine.
L’Altro
Lato, inaccessibile ed astratto, sarebbe la fine dell’Ordine del Male,
la pace, la perfezione di un’interezza ritrovata, dopo il millenario e
tumultuoso spezzettamento nella Storia.
Il
torvo Uni-Dio degli Ebrei, e dei loro scismatici eretici, Cristiani ed
Islamici, è il Grande Vanitoso, che pretende di avere creato tutto e
tutti a propria maggior gloria, affinché le creature e l’uomo fossero
consapevoli dell’Eterna Gloria del suo Nome: l’Inconoscibile che
trascende la Creazione.
Delirio
di grandezza dell’Ebreo, e pretesa d’assoluta preminenza del suo Dio
Esclusivo, si equivalgono perfettamente; esse delineano una comune
patologia: la tendenza maniacale all’apologia di sé stessi, pur nella
umiliazione dell’erranza, o nell’obbligo di un’eterna caliginosa
metamorfosi. Così,
Israele vuole imporsi quale solo vicario del suo Dio, e come unico
Redentore del genere umano; pretesa, a ben vedere, alquanto
preoccupante!
Per
distinguersi dagli altri popoli, Israele pone l’Età dell’Oro nel
futuro, invece che nel passato. Il fatto di trasferire la gioia edenica
nell’avvenire, dipende dal fatto che il popolo ebraico, a differenza
degli altri popoli, non ha mai avuto un glorioso passato, e, semmai, ha
potuto spesso testimoniare di un proprio squallido presente. Perciò,
esso si è costretto a contemplare il proprio “Glorioso futuro”: un
avvenire ovviamente fittizio, ma libero da ogni fastidiosa, possibile
verifica.
L’idea
messianica, è un altro dei Midrash ebraici: il sogno ardente di una
Nazione miserabile, di acquisire un potere mai avuto, e di vedere
avverato il proprio infame desiderio di vendetta, e di dominio sulla
Terra, e sugli altri popoli. Il
Regno del Re-Messia ebraico, è un dominio prettamente mondano, e l’idea
messianica, ovvero il Dominio del mondo e delle Genti, costituisce il
fondamento dell’ebraismo, e lo scopo ultimo della Torah.
Per
l’Ebreo, la propria natura umana, come pure la Natura in sé, sono
qualcosa da “riscattare”; con un processo di ri-formulazione creativa,
purificante, che solo lui può compiere, perché lui solo è, a suo dire,
veramente e pienamente umano. Gli altri uomini, se non sono ebrei, sono
semplici animali, e sembrano umani soltanto in apparenza. Sono: Shkotzin shiksa orel Gojim. Froci abominevoli, non circoncisi, e bestie infedeli.
Il
pensiero ebraico che si gabella per filosofia, è, invece, una continua
ripetizione, più o meno teologica, del diktat biblico talmudico. Per
questa ideologia, l’ebreo deve redimere la Shekinah; la divina Sapienza esiliata nel Mondo, che giace nella polvere, ed è prigioniera dell’involucro delle cose. Sul piano religioso, la Shekinah è rappresentata dall’Assemblea di Israele, legata al proprio Dio dal Patto. Attraverso
l’osservanza degli obblighi rituali egregorici, l’ebreo redime il torto
di separazione commesso da Israele, ricreando l’Unità dalla
molteplicità, e riporta la Shekinah sul proprio Trono: all’ unione
perfetta con Jahvé.
Segno
sintomatico di questo amplesso cosmico, è l’apparizione formale del
Messia, il redentore di tutti gli esseri, e, per gli scettici non ebrei,
la prima madornale impostura ebraica; ma non certo la sola, né
l’ultima. Il
Messianismo è, difatti, il palese tentativo ebraico di elevare il
proprio “giudaismo tribale” al livello di una vera e propria Potenza
Spirituale. Questo dogma messianico ebraico, è l’idea centrale, che
spiega la paziente e trepida attesa degli ebrei, rispetto allo
straordinario evento divino che riguarda solo loro: la Riconciliazione
erotica del Dio del Patto, Jahvé, con i suoi vecchi soci: i Maschi di
Israele, sue Spose, more uxorio.
Le
numerose ipostasi del Messia Ebraico, si diversificano nel tempo, e, a
partire dal Capro espiatorio dello Yom-Kuppur, transitano nel servo
sofferente di Jahvé, giudaico cristiano, per diventare, con Saulo di
Tarso, il Cristo ecclesiastico del Nuovo Patto: figlio dell’Uomo, e Dio
incarnato. Esse
travalicano poi l’Eone cristiano, formulandosi, nell’era comunista del
bolscevico ebreo, come proletario internazionale marxista leninista.
Oggi, dopo la seconda Guerra Mondiale, e con l’affermarsi del Midrash
Olocaustico, che postula l’avvenuto sacrificio dell’intero popolo
ebraico, Il vero Messia è diventato proprio questa Razza, il cui destino
sarebbe, secondo gli stessi ebrei, di esercitare il dominio sul mondo.
Così,
se dapprima il Cristianesimo Paolino, con il suo Cristo-Messia, ha
tolto alla Religione Ebraica la propria ragion d’essere, ora, con un
colpo di scena, i ruoli s’invertono, e Israele fa di sé stesso, grazie
alla celebratissima Shoah, il Messia tanto atteso. Con questa ulteriore
impostura, il tortuoso, devastante, ed ambiguo percorso, tracciato
finora dal Popolo Ebraico, in mezzo alle altre Nazioni, diventa
automaticamente la “Via dello Spirito Umano”, e l’umanità, non ebraica,
può anche partorire un ipotetico felice avvenire, ma deve farlo negli
spasimi, e nelle doglie, di un presente che l’Ebreo sta rendendo sempre
più oppressivo, ed infelice, annegato, come i suoi antichi altari del
Tempio di Gerusalemme, nel sangue innocente delle vittime sacrificali.
Gli Ebrei posano volentieri a “Popolo Innocente”,
a razza martire, giusta in assoluto; eterna vittima insospettabile,
resa tale semplicemente dal proprio statuto di appartenenza; dal proprio
certificato di verace ebraicità. Pretesa
davvero notevole, questa irreale innocenza, ebraica, sbugiardata da
mille fatti storici reali, ed attestata solo da un Olocausto
storicamente mai provato, perché alquanto improbabile.
Israele,
pretesa luce stroboscopia del mondo, finge d’aver sofferto tutti i mali
terreni, ma invece li ha astutamente causati, e, per loro tramite, ora
trionfa; non rigettando il male, ma attuandolo, e mentendo beatamente
sul suo bene. L’Ultimo
Messia sarà un Idiota innocente, nato in una civiltà nominalmente senza
razze, o in una razza ancora incivile, come supremo martire, non ebreo,
dei troppi e troppo astuti peccatori ebrei. Sarà un’involontaria
Vittima sacrificale del loro Percorso di devastazione, o “Progresso
mondiale”, perfetto esemplare di un’umanità senza avvenire, ugualitaria
in quanto composta da servi obnubilati, equamente ignoranti,
democraticamente istupiditi dall’alcool, dalle droghe, e dalla
pubblicità ossessiva.
Il Tempo Messianico, apertosi nel 1946 con l’avvento del Culto Olocaustico, sarà l’Eone del Nuovo Ordine Ebraico globale: una schiavitù uniforme e tetra, che plaudirà alla selvaggia barbarie immaginale, e se la procurerà in modo virtuale; con crudeltà ed orrori posticci, ma spiritualmente non meno devastanti. Poi, sempre più spesso il virtuale diverrà reale.
Le
squallide soddisfazioni allucinatorie, procurate a caro prezzo dalle
pseudo scienze, l’intensità aggressiva, disarmonica e volgare, di arti
sempre più ignobili, l’infelicità deprimente di un’umanità sempre più
bestiale, annegata nell’indigenza diffusa, fiaccheranno uniformemente
gli spiriti, e finiranno per guastare completamente la struttura psico-
energetica umana. L’allucinante
Eone Ebraico, dell’empietà ben rasata, consumerà, come un Moloch
fenicio le migliori energie dei popoli: i giovani. Le Nazioni saranno
devastate da cieche lotte, minate da cruente battaglie, lacerate dalle
discordie, ma gli Ebrei negheranno, per ogni dove, l’evidenza dei loro
delitti.
Dire
la verità, sarà un crimine punibile con la morte, e negarla diverrà
l’apice della virtù. Il virtuosismo ebraico, nel mentire spudoratamente,
sarà lodato e stimato come la migliore ed apprezzabile delle qualità
umane. L’Uomo,
entità spiritualmente incorruttibile, verrà progressivamente inquinato
con abitudini corrosive, e l’immortale sarà avvelenato ed indebolito
dalla mortalità, per rendere certa la vittoria dell’Ebreo.
Allora
gli ebrei saranno davvero in tutto simili al loro Dio: Jahvé, e
verranno visti per ciò che realmente sono: incarnazioni e servi
sacerdotali di un Demone Accadico delle Tempeste; e dei deserti. Questo loro Dio esclusivo, Signore delle Locuste, non darà loro alcuna illuminazione, che non sia la luce degli incendi e dei roghi.
Articolo di: Mauro Likar
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