Nel nazismo cileno, salvo Carlos Keller, non si aveva la minima idea del problema giudaico. Neppure lo stesso Capo possedeva un'educazione razziale, limitandosi tutti a ripetere ciò che arrivava dalla Germania. Non esisteva la possibilità, salvo eccezioni, di leggere libri non tradotti, come "II Mito del XX Secolo", di Alfred Rosenberg, le opere del teorico razzista Hans Gunther, la psico-etnologia di Ludwig Clauss, i lavori monumentali di Herman Wirth,
"La Corte di Lucifero", "La Crociata contro il Gral", di Otto Rahn. Nessuno aveva sentito nominare Julius Evola e le sue dottrine esoteriche sulla razza fisica, la razza dell'anima e la razza dello spirito, esposte nei circoli intellettuali del fascismo italiano e nella sua rivista "Ur". Tra di noi non si conosceva neppure il libro "Razza Cilena", di Nicolas Palacios, quel Rosenberg cileno, al punto che "II Mito del XX Secolo" appare persino nei suoi difetti.
Nel numero 10 de "La Nueva Edad" incominciai a trattare per la prima volta il problema giudaico. Prima lo ignoravo. Quattro mesi dopo l’apparizione del numero iniziale, il 4 novembre del 1941, pubblicai li un articolo intitolato "I giudei invadono il Cile".