di: Rita Remagnino
Fino a quando l’archeologia rimarrà chiusa nel suo cartesianesimo?
Fra le migliaia di tavolette ritrovate
da Henry Layard nelle rovine della biblioteca di Assurbanipal a Ninive,
la Storia della Creazione era contenuta in sette pezzi e la sua
somiglianza con quella narrata dal libro della Genesi era fuori
discussione. Una volta decifrate, le tavolette furono pubblicate nel
1876 dal grande «detective» della scrittura cuneiforme, l’assiriologo
inglese George Smith, che ufficializzò l’esistenza di un testo accadico,
incredibilmente più vecchio delle Sacre Scritture e scritto in
babilonese antico, che narrava non solo della nascita di Cielo e Terra
ma anche della «creazione dell’Uomo da parte di una divinità».
Allargando gli studi ci si accorse che
non c’era un solo popolo sulla Terra che non annoverasse nel suo
patrimonio culturale una narrazione analoga, la quale prestava il fianco
a tutta una serie di speculazioni e ragionamenti. Si trattava di un
fatto specifico avvenuto chissà dove e chissà quando, poi condito nelle
più svariate salse etniche? In tal caso, dove si collocava il punto di
partenza della trasmissione a catena? La Stirpe Rossa originaria (iperborei di atlantide?) aveva
introdotto quel ricordo in Eurasia e nelle Americhe, dopo di che ogni
popolo l’aveva declinato a modo suo? Oppure erano stati proprio i
civilizzatori a romanzarlo, adattandolo al grado di comprensione dei
civilizzati? Ma perché gli «dèi» raccontarono ai futuri Sumeri la storia
del prelievo di «una delle parti laterali» dell’Adám per dare
vita a una compagna? Geneticamente parlando, non era stata l’Eva
mitocondriale (150-200mila anni fa) a precedere l’Adamo cromosomico
(50-80mila anni fa)?
Qualcosa non quadra, in effetti, nell’apparizione improvvisa, così … pufff!
… come per magia, delle caratteristiche biomolecolari che sono
specifiche del nostro genere, quelle che hanno reso possibile lo
sviluppo del cervello e ci differenziano dai primati. Ma visto che
ancora non abbiamo scoperto da dove sono uscite, non possiamo neppure
escludere la possibilità che l’uomo «ignorante» dell’antichità sia stato
in grado di produrre uno scatto evolutivo con i mezzi a sua
disposizione. Sarebbe un bello smacco, ammettiamolo, se un giorno si
venisse a sapere che la trama di Enki e dell’Adámá venne intrecciata dai
primi Maestri dell’attuale umanità per far passare la «mezza verità» di
un tempo lontanissimo in cui conoscenze complesse erano appartenute a
un ordine spirituale, tecnico e culturale superiore al nostro (atlantide NDR).
Rappresentazione del diluvio universale nelle tavolette sumere; sicuramente una rappresentazione della catastrofe che distrusse atlantide e disperse quell'antica razza evoluta, un fatto storico che molte culture hanno poi assimilato come inconscio e trascritto a livello simbolico nelle religioni.
Dando voce al creazionismo sia la Bibbia che il Talmud
affermano attraverso metafore assolutamente comprensibili che noi siamo
il prodotto di modificazioni genetiche apportate da un fantomatico
«dio» svariate migliaia di anni fa. Ci si può credere o non credere,
dipende da noi, ma dare per scontata l’inferiorità di chi ci ha
preceduto è un atteggiamento alquanto superficiale. Cosa sappiamo, in
fondo, del nostro più remoto passato? La nota filastrocca che tutti
abbiamo memorizzato a scuola: la storia della Terra è iniziata 4,5
miliardi di anni fa, quando la massa terrestre si formò come pianeta in
orbita attorno al sole; dopo 600 milioni di anni la palla di lava
sciolta si raffreddò e produsse una sottile crosta esterna di roccia
solida; pozze d’acqua arricchite di minerali cominciarono a prendere
forma al di sotto di un’atmosfera di gas semplici, finché nelle pozze di
«brodo» primordiale prebiotico apparvero d’un tratto le più primitive
forme di vita come risultato della collisione accidentale di molecole;
da cosa nasce cosa e gli esseri viventi sarebbero il frutto di una lunga
serie di casualità.
Il biologo premio Nobel Francis Crick,
co-scopritore della struttura del DNA, non credette mai alla teoria
secondo cui la vita era apparsa sulla Terra così, come per magia.
Secondo lui le probabilità della «vita istantanea» erano inferiori a
quelle dell’assemblaggio di un Boeing 707 da parte di un uragano in un
deposito di ferrivecchi. Indipendentemente da quanto sostanzioso potesse
essere il brodo prebiotico, o dai miliardi di anni che i suoi
ingredienti fossero rimasti a cuocere, era altamente improbabile che
persino una sola proteina completamente assemblata, costituita da una
lunga catena di aminoacidi, fosse emersa in maniera casuale.
Crick non aveva nulla contro l’idea del
brodo prebiotico ma non capiva come il passaggio successivo (la
formazione del DNA) avesse potuto verificarsi spontaneamente, o anche
semplicemente verificarsi. Era impensabile per il biofisico britannico
che un sistema del genere si fosse instaurato «da solo» per poi mettersi
a funzionare «di sua iniziativa».
Il vero mistero da svelare, secondo
Crick, non era come la vita si perpetuava attraverso la selezione
naturale dopo la comparsa sulla scena del DNA ma come il DNA fosse
comparso sulla scena. Un modo elegante per dire che la scienza non era riuscita a risolvere l’enigma e, pertanto, l’esistenza di un meccanismo perfetto come il DNA doveva essere considerata di per sé «eccezionale».
Ancora più straordinario era il fatto
che ogni cellula vivente, animale, pianta o microbica che fosse, ne
contenesse una versione. Alla fine anche un arcirazionalista e ateo
dichiarato come Crick dovette ammettere che l’origine della vita era un
«mistero», data la quantità di condizioni che sarebbe stato necessario
soddisfare per poterle dare inizio, quindi l’ipotesi creazionista non
poteva essere archiviata.
Gli Antichi possedevano un’idea più
chiara della nostra su chi/cosa avesse orchestrato, o addirittura
creato, il «linguaggio» a quattro lettere del DNA insieme al
«linguaggio» a venti lettere delle proteine e il meccanismo di
traduzione che li collega? O credevano anche loro che fosse tutta una
combinazione? Come si spiega allora la presenza nelle mitologie di tutto
il mondo di «serpenti gemelli» che si arrotolano l’uno attorno
all’altro su un’asse come la doppia elica del DNA? L’ennesima fortuita
coincidenza? E che dire dei primi sciamani convinti che il DNA fosse una
sorgente da cui sgorgavano messaggi intelligenti in grado di essere
decodificati in stati di coscienza alterata? Una casualità anche questa?
Se non vogliono finire dimenticati in
una teca come i cocci che spolverano, molti accademici che continuano a
mantenere quel modo un po’ snob di considerare le narrazioni
tradizionali dovrebbero cambiare atteggiamento. Mentre il fisico, il
chimico, il biologo e l’informatico nell’ultimo secolo hanno lavorato
con straordinaria vitalità e pensato in modo trasversale, abbandonando
l’idea ammuffita che la realtà debba sempre e comunque essere
soddisfacente per la ragione, lo storico/archeologo è rimasto chiuso nel
suo cartesianesimo.
Il risultato di questo conservatorismo sono i musei di archeologia traboccanti di reperti classificati «oggetti di culto»,
un modo come un altro per dire che nessuno sa cosa siano. In alcune
caverne del Gobi e del Turkhestan i russi hanno scoperto delle mezze
sfere di ceramica, o di vetro, terminanti con un cono che contiene una
goccia di mercurio. Di che cosa si tratta? Non si sa. L’antropologo J.
Alden Mason ha trovato sull’altipiano peruviano ornamenti di platino
fuso. Ora, il platino fonde a 1.730° e per lavorarlo occorre una
tecnologia molto avanzata. Come avranno fatto quei popoli «primitivi»?
Mistero. Ricerche recenti hanno accertato l’esistenza a Baghdad di una
società che migliaia di anni fa possedeva il segreto della pila
elettrica e il monopolio della galvanoplastica. Nel Medioevo in Francia,
Germania e Spagna, si formarono addirittura gilde di tecnici attorno ai
«segreti» del vetro minerale flessibile (quello del procedimento
semplice per ottenere la luce fredda, tanto per capirci) e del fuoco
greco ottenuto con olio di lino coagulato con la gelatina, che poi
sarebbe l’antenato del napalm.
Troppe vicende legate al nostro passato
sono ancora in attesa di essere svelate. Vale lo stesso discorso per
tante creature mitiche associate a presunte «divinità», le quali, in
realtà, non hanno mai avuto nulla di soprannaturale, essendo retaggi di
epoche remotissime parzialmente stravolti dall’ignoranza di popoli
imbarbariti e logorati dall’inclemenza del tempo.
Erroneamente ritenuti «fantastici» anche
alcuni grandi rettili come i draghi, per esempio, sono stati
considerati fino a non molto tempo fa il frutto dell’immaginazione
popolare. Una volta, però, che l’idea della loro imponente presenza
sulla Terra fu accettata più largamente, da tutto il pianeta
cominciarono a spuntare resti di dinosauri. Ora nessuno oserebbe negarne
l’esistenza.
Alcune statuette di argilla scoperte nel 1945 da Waldemar Julsrud, un archeologo tedesco, sepolte ai piedi del monte El Toro, vicino Acambaro, in Messico.
non solo le statue raffigurano dinosauri di cui la moderna archeologia, dice si siano estinti prima dell'arrivo dell'uomo, ma in questa statua si nota come un essere cavalchi la creatura. |
Persino fatti liquidati in precedenza
come «strabilianti», cioè irreali, oggi stanno trovando riscontri.
Vedasi, ad esempio, la vicenda delle piaghe d’Egitto e l’attraversamento
«miracoloso» del mare, eventi poi spiegati con la lunga serie di
cataclismi che devastarono le regioni a ridosso del Mediterraneo tra il
1900 e il 600 a.C. Oppure l’esistenza di Ninive, confermata dagli scavi
che l’hanno riportata alla luce. O il misterioso popolo chiamato
Chittim, materializzatosi con la scoperta di Hattusa, la prima città
hittita in Turchia. Eccetera, eccetera.
Anche i professori tengono famiglia, per
cui una certa pusillanimità tutta politica della categoria è da mettere
in conto, ma finché continueremo a snobbare certi enigmatici
ritrovamenti, considerando assurdo tutto ciò che le conoscenze odierne
non riescono a spiegare, rimarremo al palo. A chi afferma oggi che gli
esperimenti di ingegneria genetica di Enki sono futile mitologia, non
viene il sospetto che potrebbero avere la stessa reazione i posteri
quando, magari tra 12mila anni, troveranno tracce di pratiche mediche
come la fecondazione eterologa e l’utero in affitto?
Qualcuno sa spiegare per quale motivo
gli Antichi sentissero il bisogno di raccontare che il sesso non era
l’unico mezzo per fare i bambini? E come la mettiamo con il lungo elenco
delle «madri vergini»? Convenzionalmente si
interpretano queste narrazioni come allegorie volte ad evocare in senso
metafisico il concetto dell’universo plasmato dal nulla, del vuoto; ma
siamo sicuri di essere sulla strada giusta? In fondo, abbiamo sposato
una causa tra decine di altre con pari dignità.
C’è da chiedersi se i sicuri-del-fatto-loro
non provino qualche imbarazzo nel constatare che popoli appartenuti a
culture lontane e differenti abbiano usato contemporaneamente la stessa
metafora. Che motivo aveva gente concreta che basava ogni aspetto del
quotidiano sulla perfezione dei numeri di adottare un’idea così
strampalata? Perché andare a disturbare delle ingenue fanciulle, quando
il concetto poteva essere riassunto in un segno, o espresso con un
numero?
Sull’argomento non mancano storie di pura fantasia come quella della giovane fecondata da una pianta narrata dal Popol Vuh, oppure da un mirtillo, come racconta il Kalevala,
o la nascita prodigiosa del messicano Huitzilopochtli generato da una
pallottola di piume caduta tra i seni della futura madre. A titolo di
ciliegina sulla torta mettiamoci pure l’immagine del dio frigio della
vegetazione Attis, amato per la sua travolgente bellezza dalla dea della
fertilità Cibele, che fu concepito il giorno in cui sua madre, la
vergine Nana, si mise in seno una mandorla. Ma non tutti i racconti che
ci sono pervenuti sono il frutto di un’ignoranza puerile. Caso mai, è
ingenuo pensare che gente navigata come quella di cui stiamo parlando
«non avesse identificato ancora l’atto sessuale come causa della
procreazione».
Ma a chi vogliamo darla a bere?
Popolazioni di agricoltori e allevatori che ormai da millenni
moltiplicavano il bestiame per vivere, credevano che i bambini
nascessero sotto i cavoli? E poi, perché tutte queste vergini davano
sempre alla luce neonati sui generis che finivano per diventare
personaggi eminenti, re e condottieri, profeti e poeti? Se invece
queste «favole» fossero ricordi degenerati di remote fecondazioni
artificiali capaci, forse, chissà, vallo a sapere, di dare al nascituro
la fatidica «marcia in più»? Crediamo davvero di essere gli inventori
assoluti della nascita assistita? Pensiamo sul serio che l’eugenetica
sia nata con Francis Galton, cugino del più celebre Charles Darwin?
Questa, sì, è buona come favola.
Chiaramente la struttura esterna, la
forma e lo stile di miti e leggende confezionati a scopo educativo e/o
celebrativo hanno dovuto adattarsi ai tempi e ai popoli, spesso
volgarizzandosi. Nel corso del tempo qualche ghirigoro sarà anche stato
aggiunto ma i concetti, le idee e i modelli culturali veicolati, sui
quali tra l’altro sono cresciute generazioni di uomini, si sono
mescolati all’immensa e tumultuosa comunità umana lottando ostinatamente
in difesa del diritto di tramandare la propria eredità degli antenati, e
sono sopravvissuti in barba a tutto.
Così come il nostro sapere oggi è
diviso, frammentato, parcellizzato da schiere di scientisti in carriera,
quello degli Antichi era omnicomprensivo e può darsi che ad un certo
punto uomini «superiori» abbiano ritenuto opportuno cominciare ad
impastare verità e leggenda nella stessa creta, nello stesso fango, per
essere compresi ed incidere in modo significativo sulla crescita di
uomini più arretrati.
Ci sarà pure una ragione se in ogni
angolo del mondo si sente parlare di Fratelli Maggiori che hanno
contribuito allo sviluppo e all’emancipazione di Fratelli Minori. Né è
campata in aria l’idea dell’esistenza, alle Origini dell’attuale Ciclo
umano, di una grande e avanzata cultura planetaria che sparpagliò in
ogni angolo della Terra i semi della conoscenza. Non tutti i nostri
primi antenati erano «uomini primitivi», rozzi e anche brutti da vedere,
clava in mano e pelle di pecora addosso. Qualcuno lo sarà anche stato,
questo è ovvio, ma sempre accanto a individui selvatici ce ne sono stati
altri di livello superiore. Un’umanità totalmente troglodita non
avrebbe potuto architettare costruzioni oggi irrealizzabili insieme a
un’enciclopedia di miti e leggende che dopo di allora nessuno ha più
saputo concepire.
Pietre di ICA, ancora uomini che cavalcano dinosauri
Apriamoci, manteniamoci possibilisti. Il
futuro necessita di nuove visioni del mondo, di nuove strategie e della
consapevolezza che, al di là delle credenze di ognuno, esistono dei
principi fondamentali dai quali non si può prescindere per il semplice
motivo che non siamo stati noi a scrivere le regole del gioco. Se di
«leggenda» si vuole parlare, si parli piuttosto di quella nella quale
siamo attualmente immersi senza sapere di esserlo. Dopo averci separato
dalla Natura, consolandoci con l’idea di salvaguardia di un ambiente
ormai totalmente altro rispetto all’umanità, i Narratori
Universali oggi stanno allontanando l’uomo dall’uomo con la scusa di un
virus a bassa letalità, il Covid-19. Ammaliati da questa narrazione
moltissime persone hanno smesso addirittura di vivere, adattandosi a
fare le comparse in un film planetario che proietta l’immagine di un
uomo non più uomo impegnato a rendersi asettico e impermeabile ad ogni
relazione potenzialmente pericolosa con i suoi simili. Il pubblico è
genuflesso davanti al nuovo sovrano taumaturgo capace di dare la
guarigione: la Scienza Tecnocratica. Sarebbe questa la realtà?
più che origine di vino, l'umano mi sembra origine di grappa. Io non credo a nessuna divinità. I greci s'erano inventati gli "dei dell'olimpo" o forse erano i VIP dell'epoca. Chi sa Carfogna che ruolo aveva...e valeria marini? eccetera? E casalino, luxuria o ancora le donne col pene non erano state inventate?
RispondiEliminaL'uomo è solo un progetto di stato evolutivo,c'è vita al di fuori, ci sono le dimensioni, cose che solo ora la scienza inizia a capire, siamo tenuti all'oscuro e nell'ignoranza, comunque qualcosa si può comprendere ad esempio attraverso i miti che raccontano in maniera semplice gli eventi che sono accaduti, il fatto è che non si studiano a livello esoterico, ad esempio la Genesi, l'albero e la storia della cacciata dall'Eden. Il problema è propio questo credere che ci sia un Dio sopra tutto e la specie umana l'unica e basta o chissa chi verrà a dargli chissà che cosa. Siamo allevati solo nell' accrescere il nostro ego.
EliminaLa bibbia è l'ultima fonte da ritenere attendibile in ambito esoterico, così come tutta lproduzione ebraica. Finiamola.
EliminaNon fare il sapientone, la Genesi è un racconto universale che riprende ed è in comune con altri testi più antichi, ed è la parte storica del testo, quindi può essere visto in sé e non c'entra il libro di cui fa parte.Se vuoi saperne di esoterismo per forza di cose devi passare per il mondo ebraico, non che l'abbiano prodotto di mano loro molto di questo sapere ma sono stati capaci di raccogliere e custodire nel corso dei secoli,se conosci la più famosa società magica Occidentale la Golden Dawn saprai che si è basata sulla Cabala ripresa dagli ebrei. Secondo te gli ebrei sono gente che a livello esoterico e magico sta a giocare? Come lo basa il suo potere? Anche sull'incompreso per tutti gli altri testo biblico.
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