nota personale:
Le masse stanno imparando lentamente che la cosiddetta "democrazia" non è altro che la tirannia dei plutocrati, la tirannia di chi ha i soldi, la vera e unica tirannia del mondo, la più ipocrita e crudele che sia mai esistita; perchè mentre le tirannie del passato che siano esse politiche oppure gestita dai Re, dovevano comunque preservare la propria nazione e il popolo per preservare il proprio potere, mentre nelle democrazie i politici essendo finanziati e gestiti dal potere del denaro ai quali sono sottomessi, depredano le nazioni nel periodo della carica governativa, e le fanno depredare dai loro padroni, peggio di eserciti invasori. Chi ha il potere di finanziare le campagne elettorali dei loro uomini di paglia, è il vero governo occulto che governa le nazioni odierne, ed essendo celato alle masse essi non devono mai rispondere personalmente di fronte al popolo.
In un mondo basato sul vile denaro, corrompono e comprano interi governi,che comunque sono impotenti di fronte ai grossi agglomerati finanziari che detengono i signori dell'oro, detengono le magistrature e coloro che fungono a controllori di altri, se non corrompono minacciano e assassinano chi non si allinea, avendo a disposizione i servizi segreti o eserciti mercenari chiamati oggi "esercito professionale".
La democrazia è la base di questo sistema corrotto, quando si comincia a concepire alternative al sistema attuale si deve sempre tenere conto che la democrazia è la melma putrefatta in cui questo potere sguazza, non è un caso se per rimuovere i cosiddetti "regimi autoritari" del passato, hanno dovuto creare guerre con falsi pretesti, perché se non con l'invasione non era possibile corroderli dall'interno come accade oggi.
La cosa più incredibile è che i popoli stanno imparando lentamente sulla propria pelle, quello che gli antichi sapevano già e di cui avevano avvisato per i posteri, come fece Platone scrivendo della disgrazia della democrazia.
white wolf
di: Roberto Pecchioli
Rieccolo. Silvio Berlusconi torna in
campo, ha sette vite come i gatti ed una tenacia ammirevole. Gli
auguriamo sinceramente di vincere il ricorso alla Corte di Giustizia,
soprattutto speriamo che il tempo – la storia – ristabilisca la verità
sulla vergognosa operazione, un vero e proprio golpe bianco orchestrato
in Europa e realizzato da sicari italiani, Napolitano su tutti, che lo
estromise dal governo nel 2011. Fate presto, osò titolare Il Sole 24
Ore, il giornale della Confindustria. Purtroppo, il vecchio leone non ha
perso alcuno dei suoi difetti e soprattutto continua a diffondere
vecchi slogan passati di moda. E’ tornato a ripetere uno dei suoi
ritornelli preferiti, ovvero che l’Italia ha bisogno di una “rivoluzione
liberale”.
Comprendiamo che il Cavaliere
disarcionato si riferisca essenzialmente al peso tributario, alle
burocrazie asfissianti che bloccano l’Italia, nonché all’ostinata
antipatia per l’impresa, le libere professioni, l’artigianato ed in
genere il lavoro autonomo, un vizio assurdo di cui la sinistra, nonché
molta parte del mondo cattolico, non si riesce a liberare. Tuttavia, noi
osiamo affermare non solo che Berlusconi sbaglia, ma anzi che al nostro
paese – ed al mondo intero- occorra una robusta rivoluzione di segno
opposto. Essere liberali è diventato comodo: facile transitur ad plures,
scrisse Seneca a Lucilio, è facile passare alla maggioranza. Ma
abbiamo passato la vita dalla parte del torto, possiamo restare
fieramente antiliberali, fautori di una rivoluzione che la faccia finita
con l’eccesso di liberalismo che ci ammorba ed affama.
La prima obiezione è diretta proprio
contro Berlusconi ed il suo schieramento. Dov’era l’uomo di Arcore negli
ultimi 24 anni, da quando cioè è sceso in campo? Ha presieduto governi
per quasi la metà del tempo, è stato capo di opposizioni assai forti, il
suo schieramento amministra grandi regioni e migliaia di comuni. Perché
non ha realizzato quella rivoluzione cui mostra di tenere tanto,
rivoluzionato il fisco, sconfitto la burocrazia e promosso – da leader
politico e da proprietario di televisioni, giornali, case editrici- una
cultura alternativa ai collettivismi ed al formalismo burocratico?
Aveva, evidentemente, altro da fare.
Di rivoluzioni liberali ne abbiamo viste
anche troppe. Dagli anni 80 e poi dopo la fine del comunismo
l’orizzonte liberale non è soltanto trionfante, ma soprattutto ha la
pretesa di essere l’unico sistema politico, economico, esistenziale
ammesso. La vittoria del 1989, infatti, anticipata dal decennio di
Reagan e della signora Thatcher, si è rivelato il trionfo non della
libertà, ma dell’Impero del denaro. Liberale, liberista, libertario, e,
dall’ultimo decennio, libertino.
Oggi liberale ha perso il suo significato originario – è una parola omnibus,
a taglia unica e multiuso, come democrazia, destituita del vero
significato, una coperta arcobaleno che nasconde molte vergogne. La
confusione è grande, libertà e liberalismo sembrano sinonimi mentre sono
concetti molto diversi, non di rado confliggenti. Siamo sottomessi ad
un asfissiante liberismo economico unito ad un libertarismo civile ed
etico che dissolve la comunità e intossica la beatificata “società
civile”. La privatizzazione di tutto è avanzata a passi giganteschi,
polverizzando le strutture degli Stati, le difese sociali, i contrappesi
istituzionali, i corpi intermedi, le strutture spirituali, esattamente
come il soggettivismo morale promosso dal pensiero liberale ha prodotto
l’impressionante secolarizzazione della società. Ciò che non riuscì alle
maniere forti ed alla violenza dell’ateismo comunista è stato
facilmente conseguito dal suadente modello del liberalismo di consumo.
La concentrazione di potere, proprietà,
denaro, influenza in poche mani non è mai stata così drammatica. La
conclamata libertà di pensiero, fiore all’occhiello della vulgata
liberale, è sottomessa alla potenza pervasiva di strumenti di
comunicazione di massa concentrati in pochissime mani, sempre le stesse,
come l’economia, la finanza, l’intrattenimento. Abbiamo la massima
libertà di pensare con mille sfumature diverse le stesse cose. E’ come
una banda musicale in cui ogni strumento è gradito, anche i toni possono
essere distinti, ma ciò che conta è che uguale sia lo spartito e unico
il direttore d’orchestra.
Siamo al punto che non esistono più
convinzioni, ma solo opinioni. Le prime richiamano un orientamento
saldo, coerente, dotato di un centro, le seconde sono solo pensieri
transitori, volatili. Universo liquido, o meglio miliardi di cervelli di
plastilina malleabili, plasmati à la carte dal grande circo della persuasione, della pubblicità, del consumo, del condizionamento. La politica non è che marketing,
prodotto da vendere, tanto che la democrazia liberale può essere
agevolmente definita come “pluralismo competitivo della libertà di
opinione”. Non di tutte le opinioni, però. Già Karl Popper, il teorico
della società aperta, teorizzava che agli avversari del sistema dovesse
essere impedito l’accesso, la partecipazione al mercato delle idee.
Sono lontani i tempi in cui Ortega y
Gasset poteva affermare che il merito del liberalismo era difendere le
minoranze, specialmente quelle più deboli. Oggi lo spartiacque è ben
diverso: tracciato un cerchio, il discrimine (drammatico) è tra chi sta
dentro e tutti gli altri. Sono tutti benvenuti, purché condividano il
senso liberale della vita, che è poi il mercato misura di tutto, la
privatizzazione del mondo, il relativismo etico, il consumo. In cambio
dei suoi favori, il liberalismo offre una gamma infinita di colori in
un’unica tavolozza. Si può essere di destra, di centro, di sinistra o di
nulla, religiosi, atei o agnostici, avere orientamenti sessuali di ogni
tipo, essenziale che tutto sia riconducibile al mercato, alla
compravendita, alla dimensione privata, allo scambio misurabile in
denaro.
Il liberalismo ci ha ridotti, anzi
riconvertiti a plebi desideranti mai soddisfatte, e sta rapidamente
dividendo la società in un pugno di straricchi e potentissimi,
coadiuvati da minoranze di privilegiati a supporto (il clero regolare e
secolare del potere di cui parlava Costanzo Preve), assisi su una enorme
platea di nuovi e vecchi poveri, oltre ad un esercito di riserva di
miseri da sfruttare ed utilizzare alla bisogna come calmiere, minaccia,
spauracchio, esempio da non imitare.
Le quattro libertà liberali si sono
rivelate altrettanti imbrogli: libera circolazione delle merci, dei
capitali, dei servizi, delle persone. Risultato pratico, globalizzazione
mondialista come esito economico del liberoscambismo, immigrazione
incontrollata di masse transumanti, impoverite, ridotte in schiavitù,
utilizzate come ariete per scardinare i popoli; poi finanza sovrana,
dittatura del denaro e dei suoi proprietari perché i capitali non
tollerano limiti e confini. Quanto i servizi, settore centrale
dell’economia contemporanea, basta l’esempio della direttiva Bolkenstein
in Europa e l’immenso potere acquisito dalle piattaforme informatiche
come Airbnb, Uber e simili che stanno espellendo dal mercato milioni di
operatori, sino ai concessionari delle spiagge. Dicono che è per il bene
del consumatore, nuova figura mitologica che ha sostituito la persona e
lo stesso cittadino, ma la realtà è la solita: restringere il mercato
nelle manone sporche ed enormi dei soliti noti.
Sì, perché il racconto liberale del
mercato libero è radicalmente falso. Il mercato è libero solo per i più
grandi, che fagocitano, strozzano, distruggono tutti gli altri.
Paradossalmente, il mercato è libero, ma solo in uscita. Poche migliaia
di colossi possiedono tutto; ogni altro soggetto è ridotto a servo,
dipendente privo di diritti, precario. In ossequio alle idee di David
Ricardo, si produce solo ciò il cui costo è inferiore a quello altrui,
distruggendo l’agricoltura tradizionale, ma anche l’industria, il
commercio, competenze secolari, saperi e modi di vivere, il tessuto
civico e comunitario faticosamente costruito nel tempo. Marx ha perduto,
meno male, ma la lotta di classe l’hanno vinta i super ricchi, la
plutocrazia avrebbero detto i loschi figuri dei totalitarismi sconfitti.
Ha perduto financo Von Hajek, l’arci liberale che però credeva nel
mercato aperto, convinto che chi possiede tutti i mezzi determina tutti i
fini. Ci siamo arrivati, e comprendiamo la soddisfazione del
miliardario Berlusconi, ma non certo il consenso drogato di massa,
purtroppo reale, alla falsa narrazione liberale.
Scendiamo nel concreto, e domandiamoci
se vivevamo meglio o peggio, prima della tempesta neo liberale che si è
abbattuta sul mondo dopo l’evento chiave, la caduta del muro di Berlino e
la fine del comunismo reale novecentesco. Dal punto di vista dei
diritti sociali, è stato un massacro. Milioni di precari, un esercito di
sottoccupati, i giovani come vittime privilegiate, statistiche drogate
(anche la matematica è liberale…), per cui chi lavora anche una-due ore
settimanali è considerato attivo. La pensione è sempre più un miraggio
da spostare nella terza età, mentre l’individualismo vincente –
condiviso da tutti i grandi schieramenti politici – proibisce politiche a
favore della famiglia e della natalità, le uniche in grado di garantire
la riproduzione sociale. La sanità, sempre più privatizzata, giacché
anche quella pubblica ha statuto di azienda, costa più di prima; del
livello della scuola il tacere è bello, ad esclusione degli istituti di
vertice, carissimi, privatissimi, esclusivi. Addio all’ascensore
sociale, come si diceva una volta, dal momento che la buona istruzione è
a base censitaria più che nel buio passato illiberale.
Il sistema bancario, oggetto della prima
grande ondata di liberalizzazioni, leggasi svendita ai grandi gruppi
privati, è nelle condizioni che sappiamo. Il conto, però, è a carico di
tutti; il sistema di controllo è in mano ad organismi privati – Banca
d’Italia, BCE – come dire che arbitro e squadra di casa hanno lo stesso
padrone. Gli Stati hanno rinunciato a battere moneta, ovvero si sono
spogliati della più importante delle sovranità, e non decidono più
nemmeno il tasso di sconto. Niccolò Machiavelli si rivolterà nella tomba
in Santa Croce.
Le aziende private stanno peggio di
prima. La retorica dell’impresa è una presa in giro, o più precisamente
un esempio di neolingua orwelliana: libertà è schiavitù, solo i più
grandi sopravvivono, la piccola e media impresa, ormai anche artigiani e
professionisti sono soffocati dalle grandi piattaforme tecnologiche. In
un solo giorno, quello del Black Friday, un’altra moda
americana, il venerdì degli sconti, Jeff Bezos, maggiore azionista di
Amazon, si è arricchito di alcuni miliardi di dollari, ed ora il suo
patrimonio supera i cento miliardi. Intanto, privatizzano anche l’acqua.
Le cosiddette liberalizzazioni non hanno portato benefici per gli
utenti, come sbandierato dall’intero sistema politico e mediatico.
Il sistema produttivo è più fragile, tra
delocalizzazioni, concentrazioni azionarie, e, da noi, anche per la
moneta euro, che ci ha portati a perdere un quarto della nostra capacità
industriale. In compenso, dicono che siamo travolti dal debito –la più
gigantesca truffa a cui ci hanno sottomesso- e non possiamo destinare il
denaro degli italiani alla protezione del sistema produttivo in quanto
si configurerebbe – bestemmia antiliberale- il reato di aiuti di Stato.
Nelle costituzioni ci hanno imposto di inserire il pareggio di bilancio,
ovvero il divieto di svolgere politiche diverse da quelle monetariste
legate al dogma falso della scarsità.
Il fisco è più pesante di prima, tra
imposte sul reddito, imposte indirette aumentate (IVA), accise, tasse
sulle attività economiche che colpiscono financo redditi non ancora
generati. In compenso, il sistema bancario paga percentualmente meno dei
propri dipendenti e gli Stati non riescono a far pagare i grandissimi:
Facebook, Apple, Amazon, Airbnb, Uber, Google sono i più straordinari
elusori fiscali del pianeta. Ovvio: possiedono gli apparati tecnologici
ed informatici che permettono di schermare, deterritorializzare in un
vorticoso girotondo tutte le loro attività. Ai sistemi tributari non
resta che spremere piccoli e medi contribuenti. Per loro lo Stato può
esistere, per lorsignori no.
Gli Stati, per il modo di pensare ed
agire liberale sono anacronismi, fastidi, seccature. Uniche funzioni
ammesse, proteggere la grande proprietà privata e garantire un minimo di
ordine pubblico, purché, beninteso, costi meno che assumere i nuovi
mercenari e capitani di ventura, pudicamente chiamati contractors,
legati a multinazionali i cui incroci azionari portano agli stessi
giganti. Il banco vince sempre, adesso anche gli Stati possono fallire,
in mano ai fondi avvoltoio e dipendenti dal giudizio inappellabile di
aziende private, le agenzie di rating, che, guarda caso, sono
possedute dai soliti noti. Agli Stati è proibito svolgere politiche
industriali, economiche, fiscali, previdenziali autonome e comunque non
in linea con il dettato della vulgata liberal liberista, divenuta
l’unico criterio ammesso, al di fuori del quale nel migliore dei casi si
diventa populisti, Stati canaglia quando l’Impero si sente minacciato.
Diceva Ezra Pound che non tutti i
liberali sono usurai, ma tutti gli usurai sono liberali. Lo sanno bene
milioni di persone emarginate dalla società in quanto “cattivi
pagatori”, secondo insindacabile giudizio del sistema bancario, che
agisce in regime di monopolio di fatto, lasciati in balia della povertà,
degli usurai illegali, della criminalità, espulsi di fatto dal
consorzio civile.
Ma almeno, diranno i sostenitori ad
oltranza del liberalismo, tutti hanno diritto di parola, libertà di
associazione e di iniziativa politica. Falso: leggi sempre nuove rendono
proibite, illegali, proscritte le idee che divergono dal Verbo neo
liberale. La politica, poi, e la rappresentanza nelle istituzioni sono
sostanzialmente riservate alle diverse correnti del liberalismo
trionfante. Per gli altri, tagliole, trappole procedurali, ostacoli di
ogni genere per raggiungere lo spazio pubblico, a partire dalla più
ovvia delle difficoltà, quella economica. Possiamo votare, ogni cinque
anni e con liste più o meno contrapposte. La forma è salva, ma i governi
contano pochissimo, camerieri dei banchieri e di poteri estranei ai
popoli. Hanno pochissimo potere e scarsi margini di iniziativa. I popoli
lo stanno comprendendo, per questo disertano in massa le urne, e
risultano ridicole le pensose giustificazioni addotte dai pifferai di
regime, come il giurista Zagrebelski, fautore di un non meglio
identificato “diritto mite”.
Il liberalismo, nella sua forma attuale
globalista, snodo finale di un percorso che attraversa ormai tre secoli,
ha poi sostanzialmente abolito la giustizia, lo ius.
Disinteressato ai valori morali, incline a giustificare quasi tutto ed a
riconoscere come valore universale il solo denaro, sono ben pochi i
delitti che combatte. E’ naturalmente inflessibile con chi non paga i
conti al sistema e non rispetta la sua proprietà, ma assai blando con
ladri, rapinatori, mestatori, persino assassini. La sua ala sinistra,
infatti, li protegge in quanto vittime della società. Simmetricamente,
la destra del denaro è molto garantista con chi truffa, falsifica
bilanci, imbroglia i risparmiatori, evade i tributi per grandi somme. Il
risultato è una società con la febbre alta, malata, in cui milioni di
persone oneste e normali restano prive di tutela, alla mercé di
delinquenti armati e di farabutti in giacca e cravatta, nonché di ceti
politici, burocratici e direttivi corrotti e complici.
Il sistema mediatico e
dell’intrattenimento, intanto, continua il suo lavoro di condizionamento
e di ingegneria a-sociale. Da qualche tempo, hanno individuato un nuovo
presunto nemico, la post verità, anzi, nell’inglese obbligatorio, le fake news,
false notizie. Il bello, o il brutto, è che la falsificazione è quella
che quotidianamente ci impongono attraverso le reti televisive, i
giornali di proprietà dei giganti economici e finanziari. E’ talmente
enorme la manipolazione che milioni di persone non solo non la
riconoscono più, ma si ribellano a coloro che li mettono in guardia dal
sistema! Il linguaggio è stato ridefinito sottraendolo alla verità
fattuale per mezzo del “politicamente corretto”, in nome del quale non
possiamo descrivere la realtà com’è e come la vediamo, ma come il potere
vuole che la percepiamo.
La stessa destra liberale del passato è
travolta: essa prescriveva comunque un certo rispetto delle forme, delle
regole civili e morali, soprattutto chiedeva che la proprietà privata
fosse il più possibile diffusa. Lo slogan era tutti proprietari, non
tutti proletari come voleva il comunismo. Quel mondo, quei principi sono
finiti, travolti dal gigantismo che lascia in campo solo poche
centinaia di attori globali, tutti gli altri servi o schiavi. Siamo al
punto che tocca difendere il diritto di proprietà dai liberali anziché
dai suoi storici nemici con falce e martello. Attraverso il possesso di
tecnologie sempre più potenti, sono diventati proprietari anche delle
nostre coscienze.
Il destino che pretendono per noi è
quello di plebi desideranti, cani di Pavlov che emettono saliva all’idea
dell’acquisto, del centro commerciale, della forma-merce. Se non
abbiamo i soldi, ecco il credito al consumo, le “comode” rate, i rid
bancari, la cessione del quinto dello stipendio e tanto altro. Chi è
indebitato fa gioire gli usurai di ogni tipo, e, incalzato dalle
scadenze, non potrà ribellarsi per paura, come un insetto imprigionato
nella tela del ragno. Liberalizzazioni, liberalismo, libertarismo e
consumo illimitato sono fratelli di sangue che, in varie maniere, il
secolo trascorso ha tentato di sconfiggere. Qualcuno ha definito il
Novecento come l’epoca che ha tentato, fallendo, di ristabilire il
primato della politica, ossia delle idee e dello spazio pubblico,
sull’economia.
La tragica vittoria liberale fa sì che,
nell’opinione corrente, ciò che non è liberale (brr, l’illiberale!) sia
considerato malvagità, patologia, da estirpare anche con la forza, come
dimostrano le guerre camuffate da polizia internazionale o
ristabilimento della pace. L’Italia ha svolto disciplinatamente il suo
compitino di servizio: pagare, partecipare in seconda fila, spargere il
sangue dei propri figli.
Mario Draghi governatore BCE, Il Ministro dell'Economia italiano Pier Carlo Padoan, i sacerdoti del debito pubblico inesistente con cui massacrano i popoli
Il mercatismo vigente, il liberalismo
globalista sono presentati come la fine della storia ed il migliore dei
mondi possibili, anzi il compimento necessario della storia in progress.
Cooptate le destre e le sinistre nel calderone unito dal mercato, hanno
diffuso un grottesco antiautoritarismo strumentale, frutto della
lezione distruttiva di Deleuze, Guattari, Foucault, Marcuse, venerati
maestri del nulla, sino a Negri ed Hardt, finti comunisti teorizzatori
di una moltitudine subumana indistinta, spinta dal desiderio,
affascinata da un cosmopolitismo astratto e adepta del nomadismo fisico e
subculturale. Hanno costruito anche una opposizione ad essi funzionale,
i no global che in realtà sono new global, o
altermondialisti, la cui unica obiezione all’universo liberale riguarda
la richiesta di minore ingiustizia sociale: più consumo per tutti, un
enorme outlet a buon mercato in cui il rito pagano degli sconti sia celebrato almeno una volta al mese.
Il liberalismo è riuscito financo a
decostruire le vecchie classi sociali, sostituite con il nuovo viandante
globale nel pianeta consumo. Finita anche la borghesia, le nuove classi
alte, dirigenti d’impresa, azionisti delle società quotate in borsa,
accademici, sono pervasi da quella distruttiva “furia del dileguare” che
Hegel criticava nel sistema di Rousseau, ovvero l’abolizione di ogni
intermediazione sociale o morale, che sfocia nel vuoto esistenziale.
Nuove classi opportunamente formate a vivere senza “coscienza
infelice”, lontani dai rimorsi, estranei alla dimensione etica,
indifferenti all’Altro.
Ha fatto abbastanza danni, ha
disseminato abbastanza macerie la rivoluzione liberale compiuta da
almeno trent’anni a questa parte. Piace a Berlusconi quanto a Renzi,
Macron, Draghi e all’intera élite occidentale, è la religione secolare
dell’oligarchia, destra del denaro, sinistra dei costumi, centro degli
affari. Pessimi testimonial davvero, per usare il loro lessico
pubblicitario, se l’albero si giudica dai frutti. Alla larga, dunque. E
poiché enorme è stata la vittoria, più rovinosa sarà la caduta, quando
avverrà. Speriamo di assistere almeno ai preliminari di una rivoluzione
antiliberale, o almeno di una rivolta morale e civile che spazzi via
l’interminabile menzogna degli arroganti di oggi.
Fonte
Un sermone di disgrazie siamo I predestinati del macello .A sentir questo Pecchioli meglio farebbero gli europei a suicidarsi,TANTO e'inutile vivere vista LA situazione che dipinge.I disfattisti nel ventennio venivano messi al gabbio adesso sfarfallano dappertutto ovunque lasciano LA scia . LA soluzione c'e' LA VECCHIA RICETTA DIO PATRIA E FAMIGLIA MA SENZA GLI EBREI FUORI ! ALTRIMENTI E' LA FINE .Forza NUOVA e'gia' qualcosa gli altri SONO venduti al GHETTO al 100% .I traditori al governo adesso hanno calato LA maschera con gli aerei vanno a prendere le risorse della boldrini ,non Vedo dove sia LA divina delizia nell'avere un Europa tutta nera
RispondiEliminaLIBERATEVI DALLE IPOCRITE CATENE DEGLI ARCHETIPI!!!! Non verrà nessun gesù a liberarci, NON PORGETE L'ALTRA GUANCIA! E non sperate nella GIUSTIZIA DIVINA, sono tutti STRATAGEMMI EBRAICI PER TENERCI RIVOLTI VERSO LA PARETE A VEDERE LE OMBRE DEL FUOCO E NON LA REALTÀ!!!!!! DIO È IN VOI, È L'UNICO DIO CHE ESISTE E VI AMA ED È L'UNICO CHE POTETE INCONTRARE! AL BANDO LE LORO PROPAGANDE PER I GONZI!!!!Lucio Astarti
RispondiEliminahttp://inglinga.blogspot.it/2017/12/the-coming-of-wid-ar.html
RispondiElimina"Vi porto i saluti e gli auguri di un felice yule da parte degli Odinisti inglesi.
L'era del Dio impiccato è morta e scomparsa; questo è reso chiaro nella profezia. Che ciò si applichi a Cristo o Odino non importa, c'è un nuovo archetipo per una Nuova Era, e quell'archetipo è il "Figlio del Sole incoronato e vendicatore" . Non è più il dio impiccato su una croce in deiezione e umiliazione, ma un maschio virile guerriero-dio, montato su un cavallo bianco, brandendo una spada fiammeggiante, Wid-Ar, il figlio di Woden. Se vediamo Woden come il Dio di Luce associato al Sole e alla Luce, il 21 dicembre 2012 il Dio-Sole è stato "inghiottito" dalle Mascelle del Lupo (che sembrano sospettose al centro della Via Lattea). Lo Spirito di Woden fu liberato dall'aprirsi della bocca, e fu resuscitato come Wid-Ar il Figlio...."
E non preoccupatevi che tra poco Gollum-Berlusconi andrà giu' nel cratere con l'anello...
Un altro Lord Maitreya in arrivo.
EliminaQuello che mi insospettisce al massimo è: che sono da tempo immemorabile tutti in arrivo. Mai alcuno che si sia già presentato!
Oltre al Gollum-Berlusconi giù nel baratro infuocato, vedrei con grande soddisfazione precipitare il mago nero Imbroglio, il suo sodale: l'auto-sospeso rattle-ratzi, tutto lo schieramento delle tiare di Oannes e, giù giù fino all'ultimo dei filistei.
Hai ragione "ancor" e lo ha ben spiegato più volte WW....sono tutti archetipi, per questo ho detto e lo ripeto trovate dio in voi, GOTT MIT UNS, DIO È CON NOI, il famoso motto dei nazional socialisti hitleriani, infatti, non si riferisce al vile dio che l'etnia giudaica della cricca internazionale venera ed ha reso un' eggregora, nè alla diretta filiazione dei cristiani o islamici, ma a quella forza interiore di lucida presa di coscenza del proprio sè, che ogni uomo rinato, ariano, possiede! Poi, si può discutere sull'era finita e quella che è cominciata da poco.... Lucio Astarti
RispondiEliminaIl debito pubblico e ' una gigantesca invenzione , non esiste , il Giappone con un debito pubblico superiore al nostro galoppa , e il suo governo controlla appunto la moneta e la politica economica . Noi avevamo il risparmio , che se lo stanno portando via con l' altra invenzione delle banche fallite , ma quali banche fallite se questi creano i soldi con i clic al computer..... Pure gli uccelli lo sanno, e poi i beni , oltre i marchi tra cui la moda , il design, la manifattura ecc..... Eravamo la sesta potenza economica , mi potete spiegare come può un supposto debito costituire un problema ? Se con trattato di Maastricht ecc... ti impongono cosa fare e ti vengono a prelevare i tuoi beni industriali. Anche la crisi economica è inventata ,vedete come con la scusa della Chrysler gli americani si sono presi Fiat e Ferrari . Ora si stanno portando via tutto , anche i beni artistici .La crisi è una scusa , l' austerità delle loro regole bancarie una stupidaggine assoluta , ma non aspettate che queste cose ve le dicono in tv , o nelle università economiche ai nostri figli a cui fanno l'apposito lavaggio del cervello.
RispondiEliminaMark
Si SONO ripresi quello che era loro,l'italiano nel 45 mangiava grazie all'AMLIRA DEGLI USA una moneta fasulla carta straccia SIAMO una Colonia che dipende dal buon volere dei padroni GIUDEI ,I giapponesi peggio di NOI non potevano neanche avere un esercito ,solo da poco hanno 2 gatti di soldati ma dipendono DEGLI Americani in TUTTO decisioni moneta teconologia ,Sony standar oil new York degli ebrei rockfeller
RispondiEliminaDigitate:"Davide benetello olocausto" e'incredibile come mentono e che spocchia ! Se schiacciate Davide benetello apparira LA lista di video Vedi:"l'olocausto e' avvenuto davvero..."un pastore americano coraggioso come pochi
RispondiEliminaChiedetevi perché sempre più leggi applichino sanzioni che passano dal civile al penale riguardo ai singoli e come mai vengano ridotte a zero le responsabilità societarie. Lo scopo è criminalizzare la massa, togliere cioè diritti passando per la porta di servizio, fra un po' o si riscrive il contratto sociale e la carta dei diritti Dell uomo oppure mi sentirò in diritto non solo di non rispettare più nessuna legge ma legittimato ad asfaltare qualsiasi status quo
RispondiEliminajj