di: Paolo Sizzi
State certi che
più uno si dirà aperto, tollerante e democratico più questo sarà
fazioso, arrogante e liberticida poiché ricolmo di quella classica
prepotenza da vigliacchi che promana dalla sicumera degli antifascisti
(rigorosamente in assenza di fascismo). Costoro, a parole, sembrerebbero
i tizi più pacati, moderati e disponibili al dialogo del pianeta salvo
poi rivelarsi per quello che sono: pupazzi, utili idioti manovrati
dall’alto e usati per spargere come untori i veleni della plutocrazia
mondialista camuffata da progressismo illuminato. Diffidate, dunque, di
questi personaggi perché più si atteggeranno da paladini della giustizia
e della libertà più puzzeranno di agenda da dittatoriale pensiero
unico.
Sono insomma dei soggetti tutti uguali,
standardizzati, fatti con lo stampino dell’antifascismo pezzente
postbellico, e col cranio ripieno di cianfrusaglie introiettate dentro
di loro da decenni di propaganda, menzognera, antinazionale e
anti-identitaria; si credono gli uomini più liberi della Terra ma non
sono null’altro che servi sciocchi del padrone, cani (o meglio,
cagnolini) da guardia dello status quo che coi loro latrati
denunziano tutti coloro che, invece, da questa condizione di cattività
mondialista lottano per uscire, con le parole e i fatti, e si oppongono
quindi ad una temperie postmoderna caratterizzata dal conformismo
piccolo-borghese che permette di ascendere ai peggiori, a personaggi
senza arte né parte gonfi di supponenza figlia della loro suicida
servitù.
Questi individui tutti uguali, anonimi,
pacchiani, si permettono persino di distribuire patentini di salute
mentale, di “normalità”, sputando sentenze su chiunque esca dal gregge
di pecoroni in cui loro sono inquadrati: cosicché il soggetto
patriottico, identitario, nazionalista sarà derubricato come folle, caso
umano, dissociato, sfigato, “che non scopa” (il loro metro di misura,
poverini, è dato dalle pudenda, che volete mai?), possibilmente da
mettere a tacere o magari da trascinare in tribunale onde punire la sua
sfrontatezza, che del resto ricorda a queste amebe quanto esse siano
schiave e informi, omologate ai dettami di chi – per finta – dicono di
detestare.
Sono tragicomici, i poverini, nella loro
ebete tracotanza, perché vivono di luce riflessa ma pensano di essere
originali, innovativi e liberi, soprattutto, liberi pur essendo i
peggiori schiavi mai esistiti perché da tempo hanno barattato la propria
libertà e il proprio giudizio critico in favore della più bieca
omologazione a quanto vige, siccome tirannia, da una settantina di anni,
rafforzato poi dal periodo sessantottino della nostra storia. Sono
larve isteriche, in fondo, e fanno pena e compassione, perché non
ragionano con la propria di testa ma con quella dei (cattivi) maestri
che li irretiscono da una vita facendoli sentire “vivi” e “preziosi”.
I rappresentanti dei governi di occupazione nemica
Rinunciare al libero arbitrio per
accodarsi alla volontà del più forte, grazie alla sua martellante
campagna di disinformazione anti-identitaria, è segno della totale
debolezza di tutti questi poveri ascari del sistema-mondo, marionette
sul libro paga dell’antifascismo 2.0, o 3.0, e perciò privi di spirito
critico, di acume e di intelletto libero. Il loro odio preconfezionato
ed indirizzato a identità e tradizione è segno dei tempi: in quanto
miserabili schiavi della temperie postmoderna non possono che dare di
bile contro quello che rappresenta un ostacolo granitico, un baluardo,
lungo il cammino distruttore del rullo compressore multirazziale e
multiculturale, un baluardo da loro ridotto al rango di superstizione,
anacronismo, eversione.
Oltretutto, come i più in vista e famosi
di questa genia dimostrano, sono dei grandissimi ipocriti che nascondono
tutta la loro pochezza dietro il paravento di laicità, democrazia e
liberalismo: vogliono lo ius soli e l’accoglienza
indiscriminata, a patto che non vengano da essi toccati perché non sta a
loro sporcarsi le mani, sta al “popolo bue razzista e analfabeta di
ritorno”; si battono per la libertà di parola, di stampa, di espressione
ma poi appoggiano a spada tratta i reati d’opinione, da bravi
tirapiedi; si stracciano le vesti per le guerre, la fame nel mondo, i
diseredati, la sperequazione dei beni ma evitano come la peste i poveri
disgraziati locali che non vestono firmato, non sono profumati, non
rispettano i loro canoni estetici e sono dunque un pugno negli occhi al
loro buongusto; predicano bene e razzolano malissimo, rinchiusi nelle
loro belle torri d’avorio in cui, ovviamente, straccioni e accattoni non
possono accedere; hanno ribrezzo per dittature, fanatismi, assolutismi
ma poi fanno i crociati, al contrario, del pensiero unico relativista e
anti-tradizionalista, insultando in ogni modo possibile chi non accetta
le loro brave castronerie da salotto radical-chic; laicissimi a parole, fondamentalisti dell’ateismo e dell’agnosticismo nei fatti; se non rientrano nella categoria radical, fanno gli snob,
bifolchi arricchiti che scimmiottano i loro idoli da ospitata alla
Fazio atteggiandosi a guru dei poveri (che si vergognano di essere nati
tali).
Vedete io non mi ritengo democratico,
perlomeno nel senso corrente del termine, perché la democrazia,
inevitabilmente, prende delle derive anarcoidi che abbiamo tutti sotto
gli occhi, in Italia, ma soprattutto in zone come Francia, Regno Unito,
Germania, Nord Europa, e sacrifica i fondamentali pilastri di una
nazione (sangue, suolo, spirito) per sposare il pluralismo,
l’immigrazione di massa e l’integrazione, la società multirazziale e il
laicismo, e cioè il caos. Ciò non significa che sono favorevole ad un
regime dispotico, anche perché il dispotismo è già tra noi, goffamente
mascherato da “democrazia”, ma che sono piuttosto propenso al
presidenzialismo e ad una accademia di aristocratici (nel vero senso del
termine non nel senso di portafogli e “blasone”) che si occupino, con
una formazione a 360°, della cosa pubblica, dando la possibilità di
accedervi a figli migliori dell’Italia; e, al di là di ciò, non ho certo
bisogno di nascondermi dietro etichette ipocrite per mascherare ciò in
cui credo e che ritengo salutare per la patria, poiché essa conta, non
il capriccio del singolo e delle minoranze, conta il bene supremo della
nazione e della sua comunità nazionale.
Ecco come volgliono trasformare le nostre nazioni, un campo di battaglia perenne tra razze ed etnie che mai si incontreranno e che mai si contenderanno il territorio, oltre al caos del meticciamento forzato e perdita di ogni appartenenza ad una specifica nazione.
Il regime democratico, d’altronde, cos’ha
combinato dal ’45 ad oggi? Repubblica Italiana, stati-apparato europei,
Unione Europea, Nato, Onu, tutte istituzioni fallimentari che
antepongono le ammucchiate multinazionali e multirazziali al (vero)
benessere nazionale delle (vere) patrie, con risultati imbarazzanti e
inaccettabili che tutti abbiamo sotto gli occhi. C’è poco da elogiare,
cari miei, nel sistema politico, e di valori, che vige nel nostro Paese e
continente da più di 70 anni: come chi lo difende e spalleggia,
delirando su media e web, non è altro che sottoprodotto dell’alta
finanza globale apolide che non ha minimamente a cuore le sorti dei
popoli della Terra, ma di quell’informe meticciato senza identità,
storia e senso che rappresenta il basilare carburante di una tirannia
internazionalista fondata sui capricci di banchieri, plutocrati,
finanzieri, multinazionali e che usa il feticcio dell'”umanità” senza
confini e frontiere per distruggere la naturale biodiversità del
pianeta, la vera ricchezza da difendere e preservare contro ogni
rapacità mafiosa, massonica e criminale.
Ave Italia!
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