di: Alessandra Iacono
«Per quel generale desiderio di sapere, che per natura tutti gli uomini hanno, per quello speciale godimento che alcuni ne derivano, prima di assumere l’onore del regnare, fin dalla nostra giovinezza abbiamo sempre cercato la conoscenza, abbiamo sempre amato la bellezza e ne abbiamo sempre, instancabilmente, respirato il profumo».
Così parlò Federico II di Hohenstaufen, re di Sicilia, duca di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero, re di Gerusalemme, stupor mundi, puer Apuliae,
Anticristo e “Cavaliere dell’Intelletto” – come recita il felicissimo
titolo di un’opera composta dal maestro Franco Battiato in onore del
grande imperatore.
E non v’è dubbio alcuno che, tra le tante definizioni
argute, sentenziose o anche maligne che di Federico sono state date fin
dai suoi giorni di vita, questa del Battiato meglio d’ogni altra sembra
riassumere il molteplice aspetto della sua eclettica personalità: una
personalità che stupì, e ancora stupisce, non solo gli eletti del suo
mondo, ma anche quelli del nostro, non sempre inclini a riconoscere, nel
giudizio degli antichi, verità incontrovertibili.
Federico II con in mano il Giglio, simbolo di purezza ed elevazione spirituale |
Se è vero che, come ammonisce l’illustre storico Franco Cardini, «[…]
si deve tener presente quanto ozioso e rischioso sia […] il cadere […]
alla sirena dell’attualizzazione, forma molto grave di moralismo e di
anacronismo», altrettanto vero è che «Dinanzi a personaggi come
Federico II, proprio nella misura in cui egli sembra aver affrontato
problemi che vanno ben al di là del suo tempo e che si propongono come
metastorici – l’Autorità, il Potere, la Libertà e via discorrendo –, la
tentazione dell’anacronismo è forte»1.
Cade forse nella tentazione di guardare
all’epoca federiciana con occhi moderni – non per ignoranza né malafede,
senz’altro per il (più che comprensibile) grande trasporto nei
confronti del proprio oggetto di studio – Valentina Certo, giovane
Autrice di due recenti volumetti dedicati al nostro, forgiati
dai torchi di Giambra Editori, autentico scrigno di storia e cultura
siciliana nel mondo della piccola editoria indipendente.
Tuttavia l’inciampo è giustificato dalla natura dei due volumi – Il tesoro di Federico II e Il leggendario Federico II –
non prettamente storica, quanto piuttosto artistico-divulgativa, con
particolare attenzione ai giovanissimi lettori nel secondo libello.
Entrambi i testi vantano un ricco
corredo figurativo – cifra stilistica dell’Editore Giambra: riproduzioni
fotografiche di ritratti, manoscritti, cammei, monete afferenti al
“tesoro” di Federico nella prima opera; illustrazioni d’artista nella
seconda, ad agevolare la lettura per i più piccini, così come la scelta
della voce narrante, affidata al falco addestrato dell’imperatore,
notoriamente appassionato di falconeria.
Tra l’uno e l’altro testo, in poco più
di trecento pagine complessive, sembra non mancare nulla: le vicende più
significative della biografia federiciana, i tratti e le apparenti
contraddizioni caratteriali del grande imperatore, i contrasti, le
vittorie e le sconfitte, aneddoti e personaggi noti e meno noti che
orbitarono attorno al puer Apuliae.
Disseminate di riferimenti ai luoghi di
Federico, tra le pagine vergate dalla Certo scopriamo la traccia per un
itinerario storico-artistico, specie siciliano: gratta gratta, le due
opere sono un omaggio alla Sicilia, patria dell’Autrice, e alla sicilianità.
Entrambe sono “didattiche”, particolarmente adatte ai ragazzi, essendo
l’Autrice storica dell’arte nonché docente universitario.
Onnipresente
la traccia della bellezza, della grandezza, della maestosità delle
opere dello Svevo: le fortezze, i gioielli, le pergamene: nel complesso
un vero e proprio tesoro, un preziosissimo lascito ereditario.
L’auspicio è che non subiscano la deturpazione della follia iconoclasta
che imperversa di questi tempi, nemica di tutto ciò che è bello,
armonioso (dicevano i latini formosus, in contrapposizione ad informis) evocativo, vigoroso, tradizionale…
Non manca l’analisi, essenziale ma puntuale, dell’opera di renovatio imperii
compiuta da Federico: la scuola poetica siciliana, la quale anticipò la
tradizione toscana; la prima università laica e statale, il forte
impulso dato alla scienza e alla medicina, la riscoperta dei valori
della classicità e soprattutto della romanità imperiale augustea.
Ma non è solo arte e cultura l’opera di
Federico, di conseguenza nemmeno quella di Valentina Certo: impossibile,
dunque, non accennare al sincretismo arabo-normanno, al difficile
rapporto col papato, alla guerra con la Lega lombarda – guelfa e funesta
fin dalla sua origine – alle donne che gli orbitarono intorno.
Sangue germano-normanno, Federico;
siciliano di adozione, ponte tra due mondi diversi ma mai vicini come
allora; annientatore di campanilismi, abile stratega e diplomatico, Augustus
e ghibellino (ma non “laico”); crociato riluttante, sterminatore di
lombardi (e guelfi) carrocci; colto e curioso all’inverosimile, amante
della natura e promotore di bellezza: non potremmo avere orgoglio
maggiore, e miglior modello di esaltazione della sicilianità.
Possa il tuo esempio, o Federico, stupor mundi, liberarci dallo stuprum mundi a cui assistiamo, inerti, da troppo tempo.
- Federico II di Svevia stupor mundi, a cura di F. Cardini, Editalia, Roma 1994, pag. 67
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