di: Gianluca Padovan
Antefatti.
Gli antefatti sono noiosi, ma indubbiamente utili.
La Storia ci ricorda le vite di taluni
individui che sono riusciti a lasciare un segno. Occorre sempre guardare
bene come essi siano arrivati a ciò. Spesso le loro esistenze sono
intessute nei tradimenti e nelle menzogne.
Ma non per tutti così è stato.
Nel V secolo avanti i Persiani possiedono un impero che per estensione non ha eguali nel “mondo noto”.
Ciro II di Persia (590 a.-530 a.),
passato alla storia come “Ciro il Grande”, espande i propri domini
occupando la Frigia, la Lidia e le città greche che s’affacciano sul
Mare Egeo. Gli succede il figlio, Cambise II, che perisce nel corso
delle operazioni militari contro l’Egitto nell’anno 522 a., lasciando in
patria una rivolta in atto.
Del “colpo di stato” ne approfitta Dario
I (550 a.-486 a.), figlio di Istappe, ascendendo al trono di Persia.
Tra le tante guerre d’espansione si può menzionare quella condotta
contro gli Sciti. L’esercito persiano si porta ad occupare la Tracia nel
514 a. spingendosi oltre il Danubio e fino alle piane dell’Ucraina. Ma
in seguito ripiega in patria perché fermamente
contrastato dagli Sciti.
Dopo aver soppresso la rivolta ionica e
distrutto Mileto nel 494 a., organizza la flotta militare e le truppe
terrestri per l’invasione della Grecia. L’esercito, sbarcato
nell’insenatura di fronte a Maratona, viene pesantemente sconfitto nella
piana. Ateniesi e Plateesi, nettamente inferiori di numero, comunque
caricano gli invasori tanto che Erodoto, storico greco nato ad
Alicarnasso attorno al 425 a., scrive: «combatterono in modo degno di ricordo» (Erodoto, Storie, VI, 112).
Per quanto riguarda Dario I, gli Dei lo
tolgono di torno mentre s’appresta ad organizzare una nuova invasione
del suolo greco. Le mire espansionistiche sono riprese dal figlio e
successore Serse (485 a.-465 a.).
Leonida alle Termopili di Jacques-Louis David |
Le “Porte Calde”.
Piaccia o meno l’europeo ha una spiccata
predisposizione alla lotta e questo lo ha caratterizzato tra le forme
viventi che abitano il Pianeta Terra. Ma non guardiamo agli avvenimenti
degli ultimi secoli, bensì ai tempi antichi e all’uso delle armi da
botta e da taglio, nonché da lancio, che l’abilità e la tecnologia hanno
concesso di forgiare. Armi di bronzo e di ferro lo hanno reso senza
dubbio temibile e vincente nei confronti di altre genti, ma mai quanto
il suo innato istinto al combattimento. Questo lo si può ben percepire
nella vasta produzione letteraria europea fatta di saghe e canti epici,
caratterizzata da mischie sanguinose, atti eroici, lamenti di morenti e
giubilo di vincitori.
Per andare a comprendere e definire
meglio il carattere e la tattica dei Greci europei in campo aperto,
ovvero nello scontro armato con l’avversario, basta rammentare l’epica
Battaglia delle Termopili.
Siamo nel 480 a. e Serse invade la
Grecia varcando, dall’odierna Turchia, l’Ellesponto con un esercito che
all’epoca è definito «sterminato», appoggiato via mare da una
altrettanto imponente forza navale. I Greci rinunciano alla difesa della
Tessaglia, per motivazioni plausibilmente strategiche, e si attestano
al Passo delle Termopili (Thermopylai), dette anche Porte Calde
per via delle sorgenti termali; si tratta di un passo montano che ha un
fianco strapiombante sul mare, direttamente sul golfo Maliaco. Sono
circa quattromila, composti da contingenti di Corinto, Fliunte,
Mantinea, Micene, Orcomeno, Tebe, Tegea, Tespi, Sparta, oltre a truppe
provenienti dalla Focide e dalla Locride Opunzia. Sono comandati da
Leonida Re di Sparta. La natura del luogo permette di schierare gli
uomini solo su di un fronte ristretto, vanificando la potenza del numero
avversario, ma mettendo in risalto il valore, la tattica militare
nonché l’armamento.
Serse apprende dal greco rinnegato
Demarato che non potrà scalzare gli avversari dal passo a causa del loro
valore e, lasciati passare alcuni giorni per studiarne le mosse, ordina
infine di avanzare e dare battaglia. Ma i Greci resistono a oltranza,
dimostrando a re Serse chi sappia maneggiare le armi e con valore, come
chiaramente scrive Erodoto.
«Al quinto giorno, visto che non si
ritiravano e si ostinavano a rimanere, dando prova (così gli pareva) di
impudenza e di stoltezza, pieno d’ira, mandò ad attaccarli un
contingente di Medi e di Cissi, con l’ordine di prenderli vivi e di
condurli alla sua presenza. Ma quando i Medi, preso lo slancio,
piombarono sui Greci, molti di essi cominciarono a cadere; altri, però,
subentravano nella lotta e non si ritiravano, benché subissero gravi
perdite. Dimostravano così chiaramente a tutti e, meglio che a ogni
altro, al re stesso, che molti là erano gli uomini, ma pochi gli uomini
valenti». (Erodoto, Storie, VII, 210).
Si combatte per tutta la giornata e infine i contingenti Medi sono costretti a ritirarsi, lasciando il campo alle truppe scelte dei Persiani: i famosi “Immortali”. Ma costoro non ottengono risultato migliore.
«Ma quando anche questi vennero a
contatto con i Greci, ebbero lo stesso risultato, non certo migliore, di
quello ottenuto dai Medi, in quanto la battaglia si svolgeva in un
luogo stretto, avevano delle lance più corte dei Greci e non trovavano
modo di mettere a profitto il loro numero. Gli Spartani, invece,
combattevano in modo degno di essere ricordato, dimostrando in molti
modi di sapere bene usare le armi tra uomini che non lo sapevano» (Erodoto, Storie, 211).
La agoghè l'iniziazione dello spartano |
Gli scontri proseguono anche nei giorni successivi e le truppe del re Serse segnano il passo, continuamente sconfitte. A causa del traditore Efialte, che svela l’esistenza di una stretta via montana per aggirare le Termopili, i Persiani riescono poi a prendere l’esercito greco alle spalle. Capendo che sarebbero rimasti accerchiati, i Greci lasciano a strenua difesa del passo, nonché a protezione della ritirata del grosso dell’esercito, trecento Spartani (Spartiati) comandati da Re Leonida, i fidi Tespiesi e i Tebani, questi ultimi parrebbe per punizione in quanto Tebe è in trattative segrete con i nemici. Il fatto d’arme è celebrato dai contemporanei e dai posteri come esempio di dedizione alla patria, alle istituzioni, nonché dimostrazione di cosciente e saldo eroismo.
«Si racconta che sia stato Leonida stesso a congedarli, preoccupandosi che non avessero a morire; mentre egli, pensava, che gli Spartani presenti non potevano con onore disertare il posto, per difendere il quale erano venuti espressamente. Anch’io sono concorde con questo parere e, per di più, penso che Leonida, quando s’accorse che gli alleati mancavano di ardore e non se la sentivano di affrontare il pericolo con lui sino alla fine, ordinò loro di andarsene, mentre per lui non era decoroso allontanarsi di là: effettivamente, ivi rimanendo, a lui restava una gloria fulgida e lo splendore di Sparta non veniva offuscato» (Erodoto, Storie, 220).
La scelta di Leonida.
Il re persiano aveva organizzato sì un
grande esercito, ma nel senso che era solo così numeroso da essere
ricordato come “sterminato”. Nella realtà dei fatti si trattava di un
“calderone di genti” accomunate dal solo fatto che provenivano da etnìe e
terre sconfitte dai Persiani. Volenti o nolenti dovevano combattere per
un padrone.
I Greci, invece, da uomini liberi, difendevano la loro terra e la propria libertà. Cos’altro aggiungere?
Il concetto è semplice: non
s’intrecciano amicizie, alleanze, non ci si profonde in atti di
sottomissione per potersi difendere da una aggressione. La si affronta e
basta. Non si vive nel timore, costi quel che costi. La morte è
inevitabile a chiunque, è solo una questione di scelta il come
affrontarla: se da sottomessi o da liberi. Se affrontarla
consapevolmente o inconsapevolmente.
Noi possediamo concretamente questa sola
vita, questo solo lungo momento, per conseguire il risultato per il
quale ci siamo incarnati.
Le altre vite, vere o supposte, sono, come dice la parola, “altre”.Ovvero al di fuori del momento presente.
Le truppe persiane si stringono contro
gli ultimi difensori delle Termopili e li annientano fisicamente, ma
rendono immortale il loro sacrificio.
battaglia delle termopoli |
E così commenta Erodoto:
«In onore di questi, che furono
sepolti proprio là dov’erano caduti, e in onore di coloro che morirono
prima che quelli congedati da Leonida se ne partissero, fu scritta
un’epigrafe che recitava così: “Qui, un giorno, 4000 uomini del Peloponneso ne impegnarono a battaglia 300 miriadi”. Questa iscrizione era in onore di tutti; per gli Spartani, in particolare, era questa: “O straniero, annuncia agli Spartani che qui noi giacciamo in ossequio alle loro leggi”» (Erodoto, Storie, 228).
Corsi e ricorsi.La Storia sempre si ripete.
Certo, la storia è ciclica.
Seppure gli avvenimenti non si
replichino esattamente, ma solo similarmente. In ogni caso la ciclicità
potrebbe quasi essere paragonata a una o a più sinusoidi le quali si
svolgono attraverso il tempo terreste.
Coinvolgendo o rimanendo coinvolte dal tempo cosmico.
Nel corso della Storia il Passo delle
Termopili è teatro di altre battaglie e nel 1821, durante la guerra
d’indipendenza greca, duemilacinquecento patrioti Greci sconfiggono un
esercito di diciottomila Turchi.
A volte viene da pensare che vi siano particolari o quanto meno curiose ricorrenze, nel corso della Storia.
Faremmo bene a prestarvi più attenzione.
Ripensando ai fatti, dobbiamo
innanzitutto considerare come dopo due millenni e mezzo siano ancora
vive le figure di Leonida, dei suoi Trecento Spartani e dei Tespiesi, i
quali hanno tenuto fede all’impegno preso con la Madre Patria e con
l’intera Grecia.
Solo le nuovissime generazioni, a cui si
stanno mescolando forzatamente ondate di stranieri che nulla hanno a
che fare con la nostra Storia e la nostra cultura, stentano a mantenere
la conoscenza della Storia e la coscienza di chi sono oggi e di chi sono
stati allora.
Occorre arginare e porre fine
all’edulcorazione della nostra cultura trascinata nella regressione
della globalizzazione che vuole solo un panorama grigio, apolide,
ignorante, quindi tranquillamente ammaestrabile, gestibile,
inconsapevole del proprio essere e del proprio valore.
Oggi si può ricordare fermamente che
duemila e cinquecento anni fa qualcheduno ha puntato a terra i calzari, a
dispetto di qualsivoglia pensiero politico, di qualsiasi filosofia o di
colta dissertazione. Perché due sono le cose che con si possono
acquisire con l’oro: il valore personale, che ogni catena spezza, e il
proprio onore.
Lupo Bianco, è vero che nella società Thule erano membri anche roosevelt, Churchill e Stalin oltre che Hitler?
RispondiEliminaAdmin Moon
Ma ste stronzate dove le leggi
EliminaSalvatore paladino aveva detto così,ma sicuramente si sarà sbagliato,infatti solo anchehitler era membro della Thule....anche se alcune cose giuste le ha dette....
EliminaAdmin Moon