di: Roberto Pecchioli
Uno spettro si aggira per l’Occidente:
lo spettro del maschio. Tutte le potenze dell’Occidente si sono
coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro. Per
riflettere sull’assurda lotta ingaggiata contro il sesso e l’universo
maschile, siamo costretti a parafrasare il celeberrimo incipit del
Manifesto del Partito Comunista di Marx e Engels, che Umberto Eco,
genuflesso in adorazione del suo idolo, considerò “un formidabile colpo
di timpano, come la Quinta di Beethoven”.
Oggi assistiamo sbigottiti a
una crociata contro il maschio e il maschile, colpevole di ogni male del
mondo, un essere intrinsecamente malvagio, prevaricatore, violento, da
rieducare con le buone o le cattive, ma innanzitutto da ri-costruire
attraverso la vergogna, persino l’odio di sé.
Parliamo dell’ondata neo
femminista alla caccia del nemico da abbattere: l’essere umano di sesso,
anzi genere maschile, peggio se bianco eterosessuale, portatore insano
dell’eteropatriarcato, stupratore seriale, feccia dell’umanità.
Un’orribile concentrato di frottole aizza contro la natura maschile e
giustifica politiche discriminatorie che occultano un inedito risvolto
ideologico postcomunista, una volta di più alleato con le cupole del
potere neoliberista, il cui regno si fonda sulle divisioni indotte.
Lo
Zelig progressista, veicolato attraverso partiti, istituzioni,
associazioni, sedicenti movimenti culturali, organizzazioni non
governative gonfie di denaro, agisce come sempre: coarta la libertà di
chi non la pensa
secondo moda e idee dominanti, additandolo a nemico pubblico con la
complicità della maggioranza dei mezzi di comunicazione e del sistema
politico. E’ capitato con il dibattito sull’immigrazione illegale, sui
cosiddetti “nuovi diritti”, aborto, procreazione assistita, eutanasia
(il diritto di morire!) nozze omosessuali.
Il vero nemico della nouvelle vague
femminista non è l’eteropatriarcato e neppure l’esecrato maschilismo.
Nemica è la libertà in quanto tale, cominciamo a gridarlo. Il salto di
qualità, nelle battaglie più recenti, sta nel diffondere odio contro
l’essere umano di sesso maschile in quanto tale. Sono un maschio, mi
devo vergognare di me stesso, della mia natura, dei miei istinti, dei
miei valori, dichiarati intrinsecamente negativi. In quanto uomo, sono
un prodotto mal riuscito della creazione, dell’evoluzione e della
società, dunque devo essere decostruito, smontato e riprogrammato in
base al teorema di malvagità, falso e indimostrato. La questione di cui
prendere coscienza è che il femminismo radicalizzato di questi anni è un
ulteriore tentativo di contrapporre, mettere gli uni contro gli altri
gli esseri umani, imprigionandoli in categorie con il pretesto di
emanciparli. In tale operazione è alleato con le cupole del potere
economico e finanziario e i loro mazzieri culturali, il progressismo di
ascendenza marxista dalla maschera libertaria.
L’obiettivo è sempre
quello: farci perdere l’identità, indebolire il pensiero critico per
sostituirlo con l’indifferenziato, l’Identico, una sorta di Ermafrodito e
Consumatore globale da condurre a guinzaglio in un immenso centro
commerciale ove tutto è diversamente uguale. Hanno la necessità di
creare inimicizie e contrapposizioni per meglio dominarci; lo comprese
per primo Ortega y Gasset, la società di massa sfocia in spezzoni di
società reciprocamente ostili. Il bianco contro l’uomo di colore, il
nativo contro l’immigrato, l’eterosessuale contro l’omosessuale e,
naturalmente, l’uomo (degradato a maschio, cerchiamo di cogliere la
differenza) contro la donna. Dimenticata l’unica ineguaglianza che
interessa lorsignori: quella del denaro.
Il segnale dell’inizio della nuova
guerra tra i sessi (no, i generi!) non poteva che arrivare dagli Stati
Uniti, il centro dell’impero, con il movimento di opinione – creato e
sovvenzionato, ovviamente – #Metoo. Significa “anch’io” e pretende di
riunire le donne che hanno subito violenza, stupro, molestie,
aggressioni, ingiustizie lavorative (mobbing), persecuzioni personali o
telefoniche (stalking), ma l’elenco dei soprusi si estende all’infinito.
In qualche Paese si è proposto di considerare reati anche certi sguardi
o sorrisi. Nel vasto mondo ispanofono, si vorrebbe punire penalmente il
“piropo”, il tradizionale complimento galante in versi o frasi. In
queste operazioni abilmente preparate e condotte con ampio dispiego di
mezzi, si parte invariabilmente da assunti del tutto condivisibili,
giacché nessuna persona sensata, neppure un semplice “maschio”, un
untermensch, per dirla con Nietzsche, approva la violenza sessuale, lo
stupro e la molestia.
Conseguita senza difficoltà l’unanimità nella
condanna di quelle condotte, peraltro già colpite dai codici penali, il
passo successivo è di allargarne la portata, esagerare o manipolare le
statistiche, indicare come violenza o molestia comportamenti di ogni
tipo. Su quelle basi taroccate, quasi ogni donna può considerarsi una
vittima, come uno sterminato esercito di uomini, pardon maschi. Terzo
scalino, ottenere, sull’onda dell’emozione e dell’indignazione popolare
provocata ad arte, provvedimenti legislativi e divieti, imporre credenze
false, tipo la violenza, la prevaricazione, la natura di predatore
insaziabile attribuita in blocco al maschio della specie umana.
L’obiettivo collaterale, accuratamente
occultato, è distruggere definitivamente l’istituzione familiare, poiché
il postulato/ teorema a cui è proibito opporsi, è che la stragrande
maggioranza della violenza si produca in ambito familiare. Allo scopo,
si è provveduto ad estendere le norme a tutte le coppie, anche non
conviventi, e alle ex coppie. L’eteropatriarca oppressore è servito, ma
non basta ancora, ed è in corso un progetto di ingegneria sociale e
giuridica destinato a manomettere niente meno che uno dei cardini dello
Stato di diritto, ovvero l’uguaglianza di fronte alla legge. La
costituzione italiana la proclama solennemente all’articolo 3,vietando
discriminazioni “di sesso, di razza, di lingua, di religione, di
opinioni politiche, di condizioni economiche e sociali”.
La violenza
detta “di genere”, ovvero commessa da un uomo contro una donna, è già
diventata un’aggravante rispetto alle altre fattispecie. Nulla di male
che si inaspriscano le pene per violenti, stupratori, prevaricatori,
ottima cosa se diventa più forte la riprovazione sociale, ma a patto che
le fattispecie siano precisamente definite e, soprattutto, non si
facciano distinzioni tra vittima e vittima, e neppure tra colpevoli, in
base a un costrutto ideologico indimostrato, la tendenza dell’esemplare
umano maschio alla violenza contro la donna. In Italia non siamo ancora
pervenuti alle follie di qualche legislazione straniera, ma è aperta la
strada. In Spagna, nazione vicina, latina e di vecchia tradizione
cattolica, vige una legge che ha stabilito l’incredibile principio che
ogni aggressione di un uomo nei confronti di una donna con relazione di
coppia, anche passata, sia considerata “violenza di genere”, soggetta a
pene più gravi. E’ quindi sancita la disuguaglianza per motivi di sesso,
si è introdotta la responsabilità oggettiva. Una recente sentenza del
Tribunale Supremo, omologo della nostra Cassazione, ha condannato a sei
mesi un uomo per una lite con la fidanzata finita in reciproca
aggressione. A parità di danni riportati, la ragazza si è vista
infliggere tre mesi di carcere per violenza semplice, la metà della pena
toccata al compagno.
La follia giuridica è evidente, ed
aspettiamole decisioni dei tribunali spagnoli dinanzi a episodi di
violenza tra coppie omosessuali maschili, teoricamente punibili in modo
diverso da quelle femminili. Ulteriore problema se si tratterà di
transessuali o di qualcuno che si sente uomo o donna senza averne le
caratteristiche fisiologiche. Quella legge fu promulgata dal governo di
sinistra di Zapatero, ma votata entusiasticamente da tutte le forze
politiche. Da qualche mese, per iniziativa del nuovo partito Vox, si è
riaperto il dibattito. Naturalmente, più che dibattito, è una sequenza
di insulti nei confronti di Vox, che chiede di cambiare la legge,
riformulandola come norma sulla violenza intrafamiliare. Gli attacchi
anche fisici, le intimidazioni che subiscono gli esponenti – e in primis
le aderenti donne- di quel partito, dimostrano di quale forza sia
capace una menzogna ripetuta mille volte, sino a diventare verità
indiscutibile.
Lo teorizzò Goebbels, non proprio un fiero democratico,
ma la tentazione totalitaria di certo femminismo è sempre più forte.
Interessante è la formulazione della legge in questione, il cui
obiettivo, indicato nel primo articolo, è di “agire contro la violenza
come manifestazione della discriminazione, la situzione di
disuguaglianza e le relazioni di potere degli uomini sulle donne “.
Superato lo stupore, vale la pena chiedersi in base a quale innovazione
giuridica il legislatore iberico, la cui Costituzione proclama
l’uguaglianza, approvi l’asimmetria penale in cui l’uomo riceve un
castigo superiore a parità di condotta per il fatto di essere maschio.
In più, ed è l’elemento profondamente ideologico e falso della visione
sottostante, si afferma che quella violenza è “strutturale”, dunque la
responsabilità non è personale, ma della categoria collettiva maschile,
proclamando che la violenza di genere “si manifesta come il simbolo più
brutale della disuguaglianza “, proibita dalla costituzione! Eppure
l’intero arco parlamentare di una democrazia “liberale”ha stabilito per
legge che il 50 per cento dell’umanità è strutturalmente violento.
Qualche giurista pignolo potrebbe osservare che, posta la violenza come componente naturale e irredimibile del maschio, dunque non controllabile, crolla anche il principio di imputabilità, ma poiché affermano che la violenza commessa da me è “strutturale”, ossia deriva da un costrutto sociale, il fenomeno del predominio maschile di cui anch’io sono oggettivamente parte (me too?), non ho scampo.
Ciò è
chiaramente in contrasto con la responsabilità di fronte alla legge,
personale e soggetta a giudizio in base all’intenzione, agli effetti,
alle circostanze, alla condotta generale. Tutto oltrepassato, sono uomo,
ergo maltrattatore.
Ogni legge ha un testo, ma anche un
contesto; le idee del femminismo radicale di genere diventano norma,
punendo le persone per quel che sono (maschi) e non per quello che hanno
fatto. E’ il nomos contraffatto delle ex società liberali, che stanno
deviando pericolosamente dallo stato di diritto per entrare nel
territorio dell’imposizione ideologica. Ne abbiamo già sperimentato i
veleni con le norme antidiscriminazione, che hanno introdotto il reato
di pensiero non ammesso in società che avevano fatto della libertà di
coscienza un emblema. Intanto, dinanzi alla valanga di contumelie
suscitate dalle idee diffuse nel presente testo, è del tutto vano
protestare la più totale ostilità nei confronti della violenza, delle
molestie e l’assenza di qualsiasi indulgenza nei confronti di chi le
pratica. Non è ammessa discussione: l’oppositore è un deviante da
eliminare, le sue idee indegne, spregevoli. Espulso. In nessun caso è
ammesso il dialogo con il dissenziente. Democrazia in quanto comandano
loro. Rimane una domanda essenziale: da uomo, riconosco me stesso e le
persone che ho incontrato nella vita nel cupo ritratto neofemminista?
Rotondamente, no. Nell’ormai lungo cammino, ho conosciuto manipolatori
ma anche manipolatrici, persone interessate a utilizzare la propria
posizione a ogni fine, non escluso quello sessuale, ma il bieco quadro
antimaschile è sbagliato e falso, il che non significa che non esista
violenza e prevaricazione.
Resto persuaso che la ragione più
profonda di certi comportamenti non stia nell’equivoco eteropatriarcato o
nel maschilismo (nell’immaginazione coatta è sempre un difetto, a
differenza del femminismo che è sempre una virtù), bensì nel disprezzo
per la persona umana, l’indifferenza verso l’altro diffusa dalle
ideologie individualiste e materialiste, l’esibizione del sesso a fini
di commercio. La riduzione della persona a individuo, poi a soggetto,
infine a materiale umano, non può che determinare una concezione
dell’essere umano ridotto a cosa, strumento. Di potere, di dominazione,
di piacere, persino di sadismo. Sono queste le visioni da combattere con
tutte le forze, pena la regressione spirituale e civile di cui è un
ulteriore passo ogni legislazione discriminatoria, indipendentemente
dalle intenzioni e dai destinatari. Sul piano strettamente personale, ho
ricevuto una doppia vaccinazione perpetua nell’infanzia, con una
carissima zia picchiata da un marito alcolista. Mise le cose a posto un
altro uomo, il nonno, vecchio ma indomito, quando seppe dei
maltrattamenti e andò pesantemente per le spicce con il genero.
Fece
benissimo, forse perché non condizionato dai messaggi degli ultimi
decenni. Contro il maschio, infatti, la guerra è in corso da molto
tempo: i ragazzi non possono più fare giochi “pesanti”, come è istintivo
e normale, sono banditi i modelli basati sull’onore personale e la
voglia di affrontare pericoli, la lotta, il desiderio di proteggere con
ogni mezzo, essere custodi della legge, il senso della responsabilità,
la volontà di scoperta, superare prove e assumere responsabilità. Il
maschietto non cresce effeminato, ma dimezzato, afflitto da sensi di
colpa, insicuro, timoroso di essere cattivo. Non lo è, è solo un giovane
maschio in attesa di diventare uomo. Uno sporco lavoro lo sta svolgendo
la pubblicità, madre e maestra dell’Umanità Nuova. Non contenta di
proporre, cioè imporre attraverso l’iterazione del messaggio diventato
coazione a ripetere, l’omarino mammo, lavapiatti, esperto di detersivi
per l’ammollo, l’ultima botta arriva da Gillette, la multinazionale
degli articoli da barba
Non sentivamo il bisogno del rasoio
femminista, ma ora l’abbiamo. In una campagna pubblicitaria globale
(pensata e girata negli Usa) il vecchio slogan “il meglio per gli
uomini” è accompagnato da filmati di molestie a donne e bullismo su
bambini. L’invito di Gillette è sconcertante, l’uomo deve radere non la
barba, ma la “mascolinità tossica”. E’ questo il meglio a cui può
aspirare un uomo? si chiede la voce fuori campo. Pare che la campagna si
stia rivelando un doppio autogol. Da un lato, migliaia di utenti hanno
attaccato la campagna sulle reti sociali, accusando Gillette di
alimentare un patetico attacco contro la mascolinità e di essere un
megafono del femminismo radicalizzato. Alcuni si sono sentiti offesi
come clienti: questo Gillette pensa di me, che uso da anni i suoi
prodotti? Nel 2017 un’analoga campagna coinvolse un altro marchio, Axe, i
deodoranti “del maschio alfa”, che invitò gli uomini a mettere in
questione lo loro mascolinità con domande del tipo: può un uomo vestirsi
di rosa? può non amare lo sport o amare i gatti? Premessa la difficoltà
di comprendere la relazione tra maschilismo e gatti, è interessante la
risposta di un creativo pubblicitario a domande sul taglio di quelle
campagne: “il femminismo non è una moda passeggera, è un movimento
che conosce un picco molto alto e quello che stiamo facendo serve ad
accompagnarlo.
Con il fenomeno, di #Metoo ha acquisito un crescente
protagonismo. Cambia lo status quo e la pubblicità ne è un riflesso.”
Lodevole sincerità, il cui significato è che i persuasori occulti non
sono più tali, si sono tolti la maschera e lavorano con l’approvazione
dei committenti, i piani alti del potere industriale e mediatico, la cui
alleanza con il radicalismo ideologico postmoderno è conclamata. Non
abbiamo più occhi per vederla e cervello per comprenderla, ma la colpa è
nostra.
Le stesse femministe che non hanno problemi ad assecondare i padroni di Hollywood o a sfruttare minorenni
Si perde la libertà poco a poco, poi con moto accelerato in
corrispondenza della sconfitta del pensiero critico e del senso comune.
Ci hanno espropriato anche delle parole per ribellarci. Lo capì un
giovane filosofo cattolico scomparso prematuramente, Emanuele Samek
Lodovici.“Se vogliamo strappare a una persona il mondo, basta strapparle
le parole con cui capisce quel mondo. Le parole saranno sempre più
impoverite di significato e crederà che il mondo corrisponda alla
povertà di significato delle sue parole”. La parola maschio è una di
quelle che ci hanno strappato per confinarla nel recinto del Male, della
Violenza, rovesciandone il significato in nome di un “nuovo” i cui
contorni sono il regresso, la menzogna totalitaria, l’indottrinamento
obbligato a verità capovolte.
Oggi bisogna chiedere scusa per essere
uomini. Forse il rimedio paradossale per tornare a far parte del bene e
del progresso è l’omosessualità, oppure accettare di diventare zerbini
di un’ideologia che approfitta di legittime frustrazioni di alcune donne
per vendicarsi in nome (dell’interpretazione) della storia. Nel mondo
all’ingiù – usiamo il loro linguaggio – si tratta di un dispotico
maschilismo rivoltato, un rigurgito uguale e contrario dei difetti
strutturali imputati al nemico di genere. Prevaricatrici, si arrogano il
diritto di parlare e decidere a nome di tutte le donne, le quali,
ringraziando Dio, sono diverse dall’immagine rancida e luciferina delle
neofemministe di genere.
Uomini e donne, per grazia del Creatore o per
meraviglioso esito della Natura, non sono nemici, ma esseri diversi
destinati ad incontrarsi, completarsi ed unirsi nel progetto di un
cammino comune, aperto alla solidarietà ed alla nascita di nuovi membri
della specie umana. La loro alleanza, pur tra difetti, errori e problemi
e, perché non dirlo, ingiustizie, resta la modalità più luminosa,
libera ed efficiente di vivere e riprodurre la società degli uomini. Il
resto è menzogna.
chi Vede comprende senza congetture. Nulla è come sembra. Perfettamente d'accordo....ad ogni modo sono finestre aperte utili... per imparare a subire o penetrare la realtà...(per chi anela alla "libertà")
RispondiEliminaPeggio ancora, secondo questi insetti con le tette, se parliamo di un uomo biondo occhi azzurri nazionalsocialista.
RispondiEliminaEvidente, che fanno di tutto per distruggere la natura ariana ovvero nordico-europea sia a livello spirituale che culturale e genetico