Pagine

sabato 1 dicembre 2018

La leggenda di Ungern Khan

di: Luca Negri


La leggenda

Per lungo tempo nelle steppe asiatiche bimbi caddero nel sonno al canto delle madri che narrava leggende sul Barone Roman Ungern von Ŝternberg, il Dio della Guerra, manifestazione di Mahakala, il terrifico Shiva del Buddhismo del Veicolo di Diamante, protettore del Dharma. Dopo anni di controllo sovietico, i Mongoli smitizzarono la sua figura per scopi nazionalistici, per proclamare che anche senza l’Armata del luogotente-generale russo Ungern, avrebbero scacciato da Urga i Cinesi nel 1921. 


La leggenda si tramandò sottovoce invece negli ambienti superstiti dei Russi Bianchi, in esilio o in vite ben occultate Oltrecortina. Per poi riveder la luce con la fine dell’Urss grazie soprattutto ad Aleksandr Dugin, a Eduard Limonov (a lui si ispira, come a Trozckij, Mishima e Pasolini) che trasformarono il Barone in un in affascinante modello, una sorta di Aleister Crowley ad hoc per il giovane ambiente nazionalboscevico. Ovviamente a mantenere viva la sua sua figura aveva contribuito enormemente il classico e apocalittico “Bestie, Uomini e Dèi” di Ferdynand Ossendowski, che Ungern Khan l’aveva conosciuto e frequentato davvero.

Anche qui in Italia l’interesse per Ungern non è mancato, nei fumetti di Hugo Pratt, in Julius Evola (nel ‘38 lo chiamò “l’ultimo degli antibolscevichi”) e in Pio Filippani Ronconi. Quest’ultimo nel suo memorabile intervento “Un tempo un destino” (per la rivista “Letteratura-Tradizione” nel 2000) rimarcavaquanto l’intento del Barone fosse quello di fondare un impero teocratico buddhista in Asia in grado di fronteggiare il materialismo galoppante dall’Occidente che aveva già contagiato la Russia. Non mancano altre opere su Ungern, da “Il Barone sanguinario” di Vladimir Pozner (biografia romanzata commissionata negli anni ‘30 da Blaise Cendras, prevedibilmente denigratoria e sensazionalistica) all’epico Jean Mabire con “Il Dio della guerra”.





Il Barone Roman Ungern von Ŝternberg



L’oggettiva biografia di Juzefovič

Il testo indispensabile per comprendere qualcosa del personaggio e della situazione storica in cui si venne a trovare è però “Il Barone Ungern. Vita del Khan delle steppe” di Leonid Juzefovič, biografia pubblicata nel 1993 in Russia e ora disponibile da noi grazie alle Edizioni Mediterranee (tradotta e ottimamente curata da Paolo Imperio) L’opera è preziosa perché documentatissima e soprattutto oggettiva: né moralistica e denigratoria, né agiografica e sacralizzante. Presentato oggettivamente, il personaggio appare per quello che fu, che è: un invasato, un posseduta dalla smania di rivolta contro il mondo moderno, dall’impulso a ricostruire un ordine gerarchico nella sua civiltà. Ungern fu infatti nemico dichiarato e feroce di bolscevichi e di cinesi occidentalizzati con fisime democratiche e illuministe, si volle cavaliere crociato fedele alle teocrazie, alle monarchie. Per i Romanov in Russia, per i Manciù in Cina, anzi nell’Asia intera.






Nel tentativo di realizzare il suo sogno, è noto, fu spietato. Contro nemici, ma anche verso i suoi stessi uomini, forse con se stesso. Con una missione che non poteva permettersi aperta compassione, nemmeno nella forma buddhista. Occorre comunque tener presente che, consapevole di trovarsi in Kali Yuga conclamato, il Barone sapeva di non aver a che fare con nobile cavalieri, ma con rossi indemoniati, cinesi crudelissimi e farabutti vari anche fra i suoi uomini. 

Estremo rimedio e controllo fu forse lo stato di terrore che incuteva fra le sue stesse file, dovuto non solo alle punizioni implacabili ma all’arbitrarietà e spesso assurdità dell’accusa. Esecuzioni su esecuzioni per mano di volenterosi boia, dunque, ma alle quali lui non assisteva. 

Si dice anzi che in quei momenti pregasse per i morenti e torturati. Si diceva buddhista, fu fanaticamente antiebraico. Come molti Bianchi e germanici di allora, vedeva nell’ebraismo l’origine della degenerazione democratico-capitalistica, materialistica, comunista. E a completare l’assonanza con il nascente nazionalsocialismo, una svastica sul suo anello, tutt’altro che rara in Asia ma come narra la leggenda incisa dalla zarina Romanova nella camera da letto di casa Ipat’ev prima della fucilazione. Anche Ungern morì fucilato. Incarnò l’archetipo del messia tradito, con il complotto dei suoi ufficiali, spaventati dalla prospettiva di doversi rifugiare in Tibet dal Dalai Lama, sparendo agli occhi dei Rossi nello spazio infinito del deserto del Gobi. Soffrì il martirio della sua idea.







Un tentativo di lettura con l’aiuto di Rudolf Steiner

Stimolati in particolare dallo scritto di Filippani Ronconi, ci è capitato spesso di interrogarci su Ungern e sul significato da attribuire alla sua lotta e disfatta. In questo senso ci pare utile una lettura sorretta dalla Scienza dello Spirito e da alcune comunicazioni di Rudolf Steiner. La prima considerazione da fare è che fosse giusto e nobile opporsi all’arimanesimo in eruzione fra i Russi per mezzo dell’esperimento del bolscevismo. Risulterebbe logico, naturale, opporsi ad Arimane con il suo gemello opposto Lucifero. 

I due, ricordava Massimo Scaligero, sono acerrimi nemici in tutto l’universo, eccetto che nell’Uomo, dove si alleano per soffocare l’Io, il Logos Solare, il principio cristico che Steiner raffigurò nella statua del Rappresentante dell’Umanità, perfetto equilibrio fra Lucifero e Arimane, fra Spirito e Materia. Se Arimane materializza ed è proiettato al futuro, alla modernità accelerata, Lucifero rappresenta la saggezza originaria, il legame con la tradizione, con la veggenza atavica e spontanea dei tempi pre-storici. Veggenza a potenza di origine addirittura atlantidea, essenza del Vril, che i Mongoli, secondo Steiner, ultimi discendenti degli Atlantidi, conoscevano come Tao. Tecnica magica ancora in possesso di Attila, che si spinse in Occidente per arrestare la coscienza in risveglio di un’Europa, sempre più autonoma da influenze asiatiche dai tempi della caduta di Troia.

Il condottiero degli Unni si fermò al cospetto di Papa Leone I comprendendo che una nuova forma di coscienza, portata dal Cristianesimo aveva la necessità di esistere e lui poteva tornare ad Est. Anche Genghis Khan, secondo Steiner, agì e conquistò perché iniziato da detentori della saggezza luciferica atlantidea ancora potenti in Oriente. Neanche a lui riuscì di conquistare l’Europa, di arrestare il processo di secolarizzazione.




Ungern forse fallì perché fu troppo luciferico, imitando Attila e Genghis Khan in tempo veramente scaduto. Fallì perché fece usò di forze sorpassate, che non potevano che allearsi su altri piani col nemico, offrendo un finto equilibrio. Così forse si spiegherebbero non tanto la sua spietatezza in tempi spietati ma la mancanza di controllo, la tendenza all’ira, l’incapacità di profonda comunicazione coi suoi simili.

È lecito chiedersi come sarebbe stata la sua parabola se non avesse abbracciato gli impulsi asiatici che il karma gli fece incontrare, ma in virtù della sua nascita in Austria e delle radici baltiche si fosse consacrato alla via rosicruciana mitteleuropea. Avrebbe veramente combattuto nelle file dell’Arcangelo Michele, Spirito del Tempo e dei popoli germanici, come probabilmente cercò inconsapevolmente di fare invitando i russi alla devozione verso Michail Romanov, ultimissimo zar ucciso dai sovietici ma mito col potere di risvegliare i Russi dal sonno materialista.

Avrebbe evitato il destino di molte SS cadute “nelle fauci di Lucifero” (parole del fu Untersturmführer Filippani Ronconi), comprendendo che gli Ebrei sono i portatori dell’Io, di quel “Io sono” che fra di loro dovette manifestarsi in carne e il cui sangue fu raccolto nella coppa del Graal. Coppa scolpita nella pietra preziosa che cadde dalla corona di Lucifero quando Michele lo scacciò dal cielo e lo fece piombare a terra.






10 commenti:

  1. Risposte
    1. abbiamo messo altri articoli su Ungern Khan ma non sono gli stessi.

      Elimina
  2. I Cristiani non avrebbero dovuto fermare i Mongoli?

    Grelot

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Gengis Khan voleva fermare il processo di secolarizzazione dell'Occidente , secondo quando scritto qua Ungern doveva rifarsi al Michele dei Baltici - tedeschi e non al Lucifero degli Atlantidei Orientali che ha incontrato

      "Michele è il vero eroe spirituale della libertà , è lo spirito dal quale non derivano impulsi diretti, perchè nell’attuale periodo della sua reggenza gli eventi scaturiscono dalla libertà umana.Michele libera i pensieri dal giogo del cervello e gli apre il mondo del cuore…In lui l’immagine del mondo diviene rivelazione piena di saggezza che svela l’intelletto del mondo quale divina azione universale.Lo Spirito vuole che l’uomo Lo riconosca in piena coscienza e libertà. In questa attuale epoca storica a governare è dunque, proprio l’Arcangelo Michele.
      Michael ha assunto la guida dell’umanità a partire dal 1879 succedendo a
      Gabriele, e la terrà fino al 2233 trainandoci dall’Era dei Pesci a quella dell’Acquario. La precedente epoca governata da Gabriele è stata caratterizzata da impulsi che fanno capo a valori e tematiche dalla connotazione astrologica lunare, tendenti quindi a stimolare e incentivare i valori relativi ai legami di sangue, di razza, di nazionalità. In quell’ epoca, finita come dicevamo nel 1879, gli impulsi nazionalistici e di sangue erano sani e positivi nell’ottica dell’evoluzione dell’umanità, erano necessari per favorire lo sviluppo di certe nostre componenti. "Steiner

      Mark

      Elimina
    2. Si ma attenzione sono tutti simbolismi, Michele arcangelo, Lucifero ecc sono tutti archetipi, derivati dal cristianesimo naturalmente, Steiner usava molto questo simbolismo cristiano.

      Elimina
    3. Simbolismi riguardo la luce?

      Admin moon

      Elimina
  3. Ma i Mongoli avevano sciamanesimo. S. Michele non è Apollo? E Apollo non è Odino? Addirittura in Mongolo c'è la parola ODin, cioè Dio.

    Grelot

    RispondiElimina
  4. Steiner si riferisce a uno spirito dei tempi , non c'entra con Apollo , inoltre è differente la simbologia , Apollo ha come luogo l'Oracolo di Delfi e come simbolo proprio un serpente, è a Delfi prima di Apollo c'era proprio Pitone , Michele sottomette e incatena i demoni tellurici e ctoni ( ctoni come Delfi ) , è a guardia di questi luoghi, a lui sono dedicati i luoghi sulle Ley Lines , uno dove deve passare proprio la Tav e dove è situato il Monastero a lui dedicato, a cui si è ispirato Eco per il suo Nome della Rosa . Apollo è raffigurato come un giovane imberbe (efebo). I suoi attributi sono lo sgabello della profezia, lira, arco e frecce, l'alloro, il falco, il corvo o cornacchia, il cigno, , il serpente, il grillo,la corona,raggi di luce dal suo capo .

    Rudolf Steiner, il fondatore dell’antroposofia, suggerì una particolare prospettiva storica , ispirandosi alle visioni di Johannes Trithemius (1462-1513), abate benedettino dotato di spirito profetico. Tritemio, come di solito egli viene chiamato, scrisse molte opere, tra cui una breve opera di angelologia, pubblicata nel 1515, Il trattato delle cause seconde (Milano 1974), nel quale per «cause seconde» si intendono gli angeli, subordinati alla Causa prima che è Dio. In quest’opera Tritemio rivelò che la storia è ciclica in quanto formata dal continuo ripetersi di sette epoche, ciascuna retta da un arcangelo per una durata di 354 anni. Secondo i calcoli dell’abate, la cosiddetta «epoca assiale» della filosofia, che va dal 550 al 200 a. C. fu retta dall’arcangelo del Sole, Michele, poi si succedettero Orifiele (Saturno, 200 a.C.- 150 d.C.), Anaele (150-500, Venere ), Zacariele (500-850, Giove), Raffaele (850-1190, Mercurio), Samaele (1190-1510, Marte), Gabriele (1510-1879, Luna), quindi ancora Michele, la cui reggenza durerà dal 1879 al 2300 circa. L’intero ciclo del settenario arcangelico equivale pertanto a 2480 anni e 6 mesi, che vengono così a formare la «settimana cosmica». Aiutando a sviluppare l’intelligenza, a vincere con la forza del pensare il sopravvento del male. Venuto il tempo della sua reggenza, nel 1879, l’arcangelo ha abbandonato le lontananze spirituali per aiutare più da vicino l’uomo a contrastare l’egoismo materialistico:
    contro le potenze di Ahrimane, lo spirito della Materia, del Male e della Menzogna, colui che ha per ideali «numero, peso, misura» Sconfitte nei cieli, le potenze ahrimaniche vennero precipitate sulla Terra. La lancia di Michele è affondata come un bisturi nella storia laddove covava il male e lo ha portato alla luce, facendo esplodere ogni tipo di malattie.
    La sua spada fiammeggiante, oltre a trafiggere il drago, squarcia il buio, sconfigge le tenebre e riporta ai suoi protetti il conforto della Luce. I
    La tradizione lo vede assimilato a tutto quanto concerne la Potenza in tutti i suoi aspetti positivi. E' invocato in centinaia di formule per la protezione dai sortilegi e dalle opere di magia nera.
    Come Angelo Solare, elemento Fuoco, domina la costellazione del Leone, dell'Ariete e del Sagittario.
    Il suo ruolo ricorda il compito degli avatar indicato nei Purana i quali periodicamente discendono sulla terra per ristabilire il dharma, l'ordine cosmico messo in crisi dalle forze disgregatrici.La sua immagine del cavaliere ricorda la descrizione dell'avatar atteso in questa epoca (kalki) secondo la tradizione hindù."Bisogna quindi aspettare quel momento per separare il male dal bene, e tale separazione sarà operata dall'Arcangelo Michele.Solo l'Arcangelo Michele è in grado di vincere quest'egregora. Con l'aiuto del suo esercito, realizzerà ciò che da secoli le moltitudini implorano dal Creatore. " Aivanhov


    Mark

    RispondiElimina
  5. Ma c'è la Spada di Michele, quella Ley Line che connette il Tempio di Delfi con la Grotta di S. Michele, Mont S. Michel e un isola di S. Michele...

    Grelot

    RispondiElimina