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lunedì 4 maggio 2015

L’Alfabeto di Atlantide




Una strana statuetta. un'incisione indecifrabile. un esploratore scomparso: gli ingredienti di una vicenda che sembra un romanzo.

Una storia veramente affascinante, che mette in relazione il mitico Eldorado, a lungo cercato nell'America del Sud dai conquistatori spagnoli, con il continente perduto di Atlantide e con il Diluvio Universale, sembra essere racchiusa in una misteriosa statuina nera scomparsa nel 1925, insieme al suo possessore. Questa è la cronaca degli avvenimenti.

L'esploratore inglese Percy Harrison Fawcett, dopo aver fatto viaggi di esplorazione per incarico della Società Geografica Britannica nell'Amazzonia (tra il 1913 e il 1914 e tra il 1919 e il 1921), nel 1925 si recò nel Mato Grosso, alla ricerca delle rovine di una misteriosa città che riteneva risalisse ad un'epoca più antica di quella egizia. Da allora non si ebbero più notizie sicure di lui e di quanti lo accompagnavano, nonostante le molte spedizioni organizzate per ricercarlo.
 

 
Percy Harrison Fawcett
 
 














Aveva con sé una statuetta di basalto nero che gli era stata regalata dall'amico Sir Henry Rider Haggard (l'autore del celeberrimo romanzo Le miniere di re Salomone), che a sua volta l'aveva trovata accanto al cadavere di un archeologo.

Egli era convinto che la statuetta fosse la copia di una grande statua d'oro, rappresentante "L’uomo d'oro" e che provenisse da quel centro misterioso che andava cercando e che chiamava con la lettera zeta (Zed). Quel piccolo oggetto nero raffigurava un gran sacerdote che teneva davanti a sé, sostenendola con le mani, una placca su cui erano incisi 22 caratteri misteriosi. 

Il sacerdote appariva entro uno sfondo a blocchi quadrangolari, arrotondato nella parte superiore. La figura sembrava non appartenere ad un'epoca precisa, come se fosse fuori dal tempo, tuttavia ricordava quella di un faraone egizio entro un sarcofago.

A Londra l'oggetto era stato portato al British Museum per farlo esaminare, ma gli studiosi del museo non erano stati in grado di svelare il suo mistero. Deluso dagli scienziati, Fawcett ebbe l'idea di portarlo dal sensitivo più noto di Londra. La statuina emanava un flusso d'energia, tanto che il sensitivo quando la prese tra le mani impallidì e quasi svenne.
 



Illustrazione della statuetta ritrovata da Fawcett

 
 
Quindi diede il suo responso. Disse che riusciva a vedere "un gran continente dalla forma irregolare che si estende dalla costa settentrionale dell'Africa fino all'America meridionale". Vedeva pure "un gran sacerdote che prende la statuina e la passa a un uomo raccomandandogli di conservarla e di consegnarla nel tempo stabilito alla persona designata, che a sua volta dovrà passarla ad altri, finché non giunga a colui che reincamerà la persona effigiata, e allora molte cose dimenticate si faranno chiare".


Parlò di violente eruzioni e di un immane diluvio, una lotta tra le acque superiori e quelle inferiori. Di un patto che era stato infranto. 

Di una grande imbarcazione che fuggiva sull'Oceano, trascinata da un drago nero. Quindi parlò di un'immagine luminosa, anzi dorata, quella dell'uomo d'oro. Poi disse lentamente: "Questa è l'immagine dell'El Dorado e questi segni sono le dita con cui l'Artefice Sommo ha plasmato l'Universo". Proseguì parlando di un regno perduto e disse che era necessario ritrovarne l'entrata che era sorvegliata da scorpioni. Disse anche che l'umanità stava avviandosi verso un baratro profondo e per salvarla bisognava far presto a svelare il segreto della statua.



 
 
 
 
La dottrina segreta

 
Molti anni dopo la scomparsa di Fawcett, il nipote Timothy Paterson proseguì la ricerca iniziata dal prozio. Anch'egli era un appassionato di archeologia e al tempo stesso esoterista. Conosceva la Tradizione Sapienziale o Dottrina Segreta, un insegnamento spirituale che risale, come si suol dire, alla notte dei tempi.
 
 
Timothy Paterson,nipote del noto esploratore
Fawcett


La Dottrina, rimasta intatta in Oriente, è suddivisa in tre fasi destinate a precedere l'Era Nuova (nota col termine New Age), ossia il passaggio dall'Era dei Pesci a quella dell'Acquario. La prima fase, quella preparatoria, sarebbe stata trasmessa dal maestro tibetano Djwhal Khul tra il 1875 e il 1890 a Helena Petrovna Blavatsky, la fondatrice della Società Teosofica. La seconda, quella intermedia, sarebbe stata dettata tra il 1919 e il 1949 ad Alice A. Bailey. La terza ed ultima, quella rivelatrice, sarebbe emersa via etere dopo il 1975. In questa dottrina si parla anche di una Gerarchia Occulta, e una delle sue sedi più antiche sarebbe il tempio di Ibez situato nel centro dell'America del Sud. Gli adepti dei Misteri di Ibez avrebbero deciso di ritirarsi sottoterra prima dell'inabissamento dell'Atlantide.
 

 
 
 
 
 
 
 

 
 
Proprio questo luogo segreto divenne l'oggetto delle ricerche di Paterson, sulle orme di Fawcett. Nel 1978, quando si recò per la prima volta nelle foreste brasiliane del Mato Grosso, si rese conto che ancora il nome dello zio era pronunciato con venerazione dagli indios. Lì incontrò il "Grande Vecchio", un ultra-novantenne che conosceva tutti i segreti della foresta. Questi gli parlò di KuruPuri, il terribile spirito della morte, chiamato anche il "Drago Nero", che sarebbe vissuto nel tempio di quel luogo misterioso, chiuso da un muro di rocce basaltiche, che Fawcett chiamava Zed, ma che il vecchio chiamava Ma-Noa. Da lì proveniva la statuetta di El Dorado, che Sir Henry Rider aveva trovato accanto al cadavere dell'archeologo Marple White, l'unico che fosse riuscito a superare il muro di basalto. Secondo il Grande Vecchio quella parete avrebbe nascosto gli avanzi di un mondo scomparso, perché contro di essa si sarebbe arrestata la furia di un antico vastissimo cataclisma, forse un diluvio. Terminò dicendo che lì avvenne il "grande sbarco".
 
 
 
 
 
 
 
 
 La città sotterranea
 
 
 
Immagine a scopo illustrativo
 
 
 
Paterson, dopo due viaggi nel Mato Grosso, si era convinto che lo zio avesse trovato il misterioso tempio di lbez, nella città sotterranea di Zed, e che per entrarci avesse dovuto smaterializzarsi, come dire "uscire dal corpo" (cosa forse possibile per un esoterista evoluto). Ma la statuina di El Dorado rimaneva per lui ancora un mistero. Finché un giorno a Firenze non incontrò Mario Pincherle, autore di numerosi libri di archeologia. In Egitto, nella grande piramide di Cheope, Pincherle aveva scoperto un monumento di origine atlantidea, lo Zed, o torre di Osiride. Secondo lui la civiltà atlantidea aveva raggiunto le regioni attualmente più selvagge e sconosciute del mondo, le foreste del Brasile. In una conferenza, cui assistette Paterson, parlò del grande dono che gli atlantidei fecero all'umanità e cioè l'alfabeto dei ventidue segni sacri antidiluviani, da cui sarebbero poi derivati l'alfabeto ebraico e il fenicio. Paterson gli mostrò il diario dello zio con il disegno della statuina dell'El Dorado e Pincherle si mise a studiare i segni. 
 
Si rese conto che il primo dei caratteri era chiaramente vicino all'ebraico aleph (alfa per i greci, "a" per noi) e gli altri corrispondevano a beth (beta, "b"), ghimel (gamma, "g"), daleth (delta, "d") e così via. La lettera daleth (che in ebraico sembra una squadra) era un perfetto triangolo equilatero, proprio come sarà poi nell'alfabeto greco. Si convinse che si trattava proprio del misterioso linguaggio antidiluviano.
 
 


l'alfabeto

 
Non poté fare a meno di chiedersi: "Chi è questo El Dorado che mi ha regalato il vero alfabeto ?"

L'occhio gli cadde allora sul cartiglio posto sui piedi della statua. Lesse questi otto segni: "UT NAISFM". Come non pensare, data la somiglianza, al nome babilonese UT NAPHISTIM, che nelle antiche scritture cuneiformi indica il patriarca Noè ? 

Il mistero della statuina era finalmente svelato ed anche il nome della località Ma Noa, che secondo il Grande Vecchio era il luogo del "grande sbarco" dopo il Diluvio Universale, assumeva ora il giusto significato di "Porto di Noè".
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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