Una strana statuetta. un'incisione indecifrabile. un esploratore
scomparso: gli ingredienti di una vicenda che sembra un romanzo.
Una storia veramente affascinante, che mette in relazione il mitico
Eldorado, a lungo cercato nell'America del Sud dai conquistatori
spagnoli, con il continente perduto di Atlantide e con il Diluvio
Universale, sembra essere racchiusa in una misteriosa statuina nera
scomparsa nel 1925, insieme al suo possessore. Questa è la cronaca degli
avvenimenti.
L'esploratore inglese Percy Harrison Fawcett, dopo aver fatto viaggi di
esplorazione per incarico della Società Geografica Britannica
nell'Amazzonia (tra il 1913 e il 1914 e tra il 1919 e il 1921), nel 1925
si recò nel Mato Grosso, alla ricerca delle rovine di una misteriosa
città che riteneva risalisse ad un'epoca più antica di quella egizia. Da
allora non si ebbero più notizie sicure di lui e di quanti lo
accompagnavano, nonostante le molte spedizioni organizzate per
ricercarlo.
Aveva con sé una statuetta di basalto nero che gli era stata regalata
dall'amico Sir Henry Rider Haggard (l'autore del celeberrimo romanzo Le
miniere di re Salomone), che a sua volta l'aveva trovata accanto al
cadavere di un archeologo.
Egli era convinto che la statuetta fosse la copia di una grande statua
d'oro, rappresentante "L’uomo d'oro" e che provenisse da quel centro
misterioso che andava cercando e che chiamava con la lettera zeta (Zed).
Quel piccolo oggetto nero raffigurava un gran sacerdote che teneva
davanti a sé, sostenendola con le mani, una placca su cui erano incisi
22 caratteri misteriosi.
Il sacerdote appariva entro uno sfondo a blocchi quadrangolari,
arrotondato nella parte superiore. La figura sembrava non appartenere ad
un'epoca precisa, come se fosse fuori dal tempo, tuttavia ricordava
quella di un faraone egizio entro un sarcofago.
A Londra l'oggetto era stato portato al British Museum per farlo
esaminare, ma gli studiosi del museo non erano stati in grado di svelare
il suo mistero. Deluso dagli scienziati, Fawcett ebbe l'idea di
portarlo dal sensitivo più noto di Londra. La statuina emanava un flusso
d'energia, tanto che il sensitivo quando la prese tra le mani impallidì
e quasi svenne.
Illustrazione della statuetta ritrovata da Fawcett
Quindi diede il suo responso. Disse che riusciva a vedere "un gran
continente dalla forma irregolare che si estende dalla costa
settentrionale dell'Africa fino all'America meridionale". Vedeva pure
"un gran sacerdote che prende la statuina e la passa a un uomo
raccomandandogli di conservarla e di consegnarla nel tempo stabilito
alla persona designata, che a sua volta dovrà passarla ad altri, finché
non giunga a colui che reincamerà la persona effigiata, e allora molte
cose dimenticate si faranno chiare".
Parlò di violente eruzioni e di un immane diluvio, una lotta tra le
acque superiori e quelle inferiori. Di un patto che era stato infranto.
Di una grande imbarcazione che fuggiva sull'Oceano, trascinata da un
drago nero. Quindi parlò di un'immagine luminosa, anzi dorata, quella
dell'uomo d'oro. Poi disse lentamente: "Questa è l'immagine dell'El
Dorado e questi segni sono le dita con cui l'Artefice Sommo ha plasmato
l'Universo". Proseguì parlando di un regno perduto e disse che era
necessario ritrovarne l'entrata che era sorvegliata da scorpioni. Disse
anche che l'umanità stava avviandosi verso un baratro profondo e per
salvarla bisognava far presto a svelare il segreto della statua.
La dottrina segreta
Molti anni dopo la scomparsa di Fawcett, il nipote Timothy Paterson
proseguì la ricerca iniziata dal prozio. Anch'egli era un appassionato
di archeologia e al tempo stesso esoterista. Conosceva la Tradizione
Sapienziale o Dottrina Segreta, un insegnamento spirituale che risale,
come si suol dire, alla notte dei tempi.
La Dottrina, rimasta intatta in Oriente, è suddivisa in tre fasi
destinate a precedere l'Era Nuova (nota col termine New Age), ossia il
passaggio dall'Era dei Pesci a quella dell'Acquario. La prima fase,
quella preparatoria, sarebbe stata trasmessa dal maestro tibetano Djwhal
Khul tra il 1875 e il 1890 a Helena Petrovna Blavatsky, la fondatrice
della Società Teosofica. La seconda, quella intermedia, sarebbe stata
dettata tra il 1919 e il 1949 ad Alice A. Bailey. La terza ed ultima,
quella rivelatrice, sarebbe emersa via etere dopo il 1975. In questa
dottrina si parla anche di una Gerarchia Occulta, e una delle sue sedi
più antiche sarebbe il tempio di Ibez situato nel centro dell'America
del Sud. Gli adepti dei Misteri di Ibez avrebbero deciso di ritirarsi
sottoterra prima dell'inabissamento dell'Atlantide.
Proprio questo luogo segreto divenne l'oggetto delle ricerche di
Paterson, sulle orme di Fawcett. Nel 1978, quando si recò per la prima
volta nelle foreste brasiliane del Mato Grosso, si rese conto che ancora
il nome dello zio era pronunciato con venerazione dagli indios. Lì
incontrò il "Grande Vecchio", un ultra-novantenne che conosceva tutti i
segreti della foresta. Questi gli parlò di KuruPuri, il terribile
spirito della morte, chiamato anche il "Drago Nero", che sarebbe vissuto
nel tempio di quel luogo misterioso, chiuso da un muro di rocce
basaltiche, che Fawcett chiamava Zed, ma che il vecchio chiamava Ma-Noa.
Da lì proveniva la statuetta di El Dorado, che Sir Henry Rider aveva
trovato accanto al cadavere dell'archeologo Marple White, l'unico che
fosse riuscito a superare il muro di basalto. Secondo il Grande Vecchio
quella parete avrebbe nascosto gli avanzi di un mondo scomparso, perché
contro di essa si sarebbe arrestata la furia di un antico vastissimo
cataclisma, forse un diluvio. Terminò dicendo che lì avvenne il "grande
sbarco".
La città sotterranea
Immagine a scopo illustrativo |
Paterson, dopo due viaggi nel Mato Grosso, si era convinto che lo zio
avesse trovato il misterioso tempio di lbez, nella città sotterranea di
Zed, e che per entrarci avesse dovuto smaterializzarsi, come dire
"uscire dal corpo" (cosa forse possibile per un esoterista evoluto). Ma
la statuina di El Dorado rimaneva per lui ancora un mistero. Finché un
giorno a Firenze non incontrò Mario Pincherle, autore di numerosi libri
di archeologia. In Egitto, nella grande piramide di Cheope, Pincherle
aveva scoperto un monumento di origine atlantidea, lo Zed, o torre di
Osiride. Secondo lui la civiltà atlantidea aveva raggiunto le regioni
attualmente più selvagge e sconosciute del mondo, le foreste del
Brasile. In una conferenza, cui assistette Paterson, parlò del grande
dono che gli atlantidei fecero all'umanità e cioè l'alfabeto dei
ventidue segni sacri antidiluviani, da cui sarebbero poi derivati
l'alfabeto ebraico e il fenicio. Paterson gli mostrò il diario dello zio
con il disegno della statuina dell'El Dorado e Pincherle si mise a
studiare i segni.
Si rese conto che il primo dei caratteri era chiaramente vicino
all'ebraico aleph (alfa per i greci, "a" per noi) e gli altri
corrispondevano a beth (beta, "b"), ghimel (gamma, "g"), daleth (delta,
"d") e così via. La lettera daleth (che in ebraico sembra una squadra)
era un perfetto triangolo equilatero, proprio come sarà poi
nell'alfabeto greco. Si convinse che si trattava proprio del misterioso
linguaggio antidiluviano.
l'alfabeto
Non poté fare a meno di chiedersi: "Chi è questo El Dorado che mi ha regalato il vero alfabeto ?"
L'occhio gli cadde allora sul cartiglio posto sui piedi della statua.
Lesse questi otto segni: "UT NAISFM". Come non pensare, data la
somiglianza, al nome babilonese UT NAPHISTIM, che nelle antiche
scritture cuneiformi indica il patriarca Noè ?
Il mistero della statuina era finalmente svelato ed anche il nome della
località Ma Noa, che secondo il Grande Vecchio era il luogo del "grande
sbarco" dopo il Diluvio Universale, assumeva ora il giusto significato
di "Porto di Noè".
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