Che ci crediate o meno, il cibo è uno degli strumenti di controllo più potenti del Sistema, a livello economico e politico. C’è quindi qualcuno che ha interesse a decidere «se», «come» e «quanto» cibo farci arrivare.
È attraverso la scarsità di una risorsa che è possibile controllare
chi quella risorsa fa fatica a procurarsela. E così il nostro sistema
si basa sulla scarsità. Scarsità di denaro, scarsità di cibo. Il
controllo della società attraverso la scarsità è un modello
socio-economico-politico teorizzato da Henry Kissinger, ex consigliere
del Consiglio di Sicurezza degli Stati Uniti (carica che ha ricoperto
dal 1969 al 1977) e premio Nobel per la Pace nel 1973 (e bisognerebbe
aprire una parentesi sui legami tra le commissioni per i premi Nobel e
il Sistema stesso, dato che oltre a Kissinger, anche Obama pare ne abbia
vinto uno sempre per la pace…).
Una delle frasi più celebri di Kissinger è: «Control oil, and you control nations».
Controlla il petrolio e controllerai le nazioni.
Controlla il petrolio e controllerai le nazioni.
Vi dice nulla questa frase, alla luce della politica estera adottata dagli Stati Uniti?
Ma c’è una frase meno celebre, ma ancora più scioccante dello stesso Kissinger, che dice:
«Control food, and you control the people». Controlla il cibo, e controllerai le persone.
E come si può controllare il cibo? La risposta è duplice:controllando la terra e controllando i semi. Vediamo come.
Land Grabbing è il titolo di un libro scritto dal
giornalista d’inchiesta Stefano Liberti che espone uno dei fenomeni più
recenti della nostra economia: l’accaparramento di terre. Cosa significa
accaparrarsi le terre? Vuol dire impossessarsi fisicamente di
un’estensione più o meno grande di terreno, al fine di sfruttarlo per la
coltivazione. Questo mercato ha cominciato a svilupparsi e crescere in
modo impressionante negli ultimi anni, proprio quando il mercato
finanziario stava subendo un momento di crisi e aveva bisogno di nuovi
business. Il «landgrabbing» sta coinvolgendo molti investitori privati (le banche in primis!)
ma anche istituzionali, tra cui addirittura alcuni Stati che hanno
insufficienti terre coltivabili all’interno dei propri confini nazionali
per garantire approvvigionamento alimentare a tutta la propria
popolazione.
Quali terre sono soggette all’accaparramento? Di certo non quelle
europee né quelle degli altri paesi già industrializzati. Le terre
oggetto di questo fenomeno sono quelle dei paesi del Terzo Mondo, come
quelli africani. Lì è pieno di campi da coltivare, magari attualmente
occupati da qualche tribù di contadini che non hanno nemmeno un atto di
proprietà per rivendicarne il possesso o il diritto a occuparli. E
allora per il rappresentante istituzionale di uno stato occidentale che
si presenta in giacca e cravatta diventa facile stringere un accordo
commerciale con i politici dello stato africano in questione: con cifre
irrisorie e in poco tempo ci si accaparra letteralmente l’esclusiva di
sfruttamento di un terreno per la durata di decenni.
Volete qualche esempio?
Guardiamo il caso della Daewoo. La Daewoo è una multinazionale
coreana impegnata in attività di diverso genere, tra le quali, ad
esempio, la produzione di automobili e di navi e la realizzazione di
prodotti elettronici e di precisione per l’industria. Nel 2008 l’azienda
coreana firmò un accordo con il governo del Madagascar secondo il quale
la stessa Daewoo avrebbe acquisito l’esclusiva di sfruttamento di 1,3
milioni di ettari di terra presenti nell’isola africana per i successivi
99 anni. Considerando che in Madagascar il totale delle terre
coltivabili ammonta a 2,5 milioni di ettari, significa che la Daewoo si
era aggiudicata la gestione di più della metà della terra coltivabile
sull’isola!
E come avrebbe dovuto utilizzare quelle terre, la Daewoo? Secondo
l’accordo siglato dalle due parti, quelle terre sarebbero dovute
diventare monocolture intensive di cibo e di biocarburante.
«A quale prezzo?», vi chiederete voi ora.
A meno di 3 dollari all’ettaro all’anno. Per un periodo di 99 anni!
E con quali garanzie? Solo una: quella di costruirvi anche delle infrastrutture che contribuissero al progresso tecnologico dell’isola: costruzione di porti, autostrade, impianti di irrigazione, linee elettriche, scuole, ospedali (oltre a quella di fornire chissà quali vantaggi o favori ai politici locali…).
E con quali garanzie? Solo una: quella di costruirvi anche delle infrastrutture che contribuissero al progresso tecnologico dell’isola: costruzione di porti, autostrade, impianti di irrigazione, linee elettriche, scuole, ospedali (oltre a quella di fornire chissà quali vantaggi o favori ai politici locali…).
C’è poi un secondo modo per controllare la produzione di cibo.
Infatti, se io non posso acquistare la terra di un contadino, come posso fare per controllarlo
ugualmente? Controllo quello che lui coltiva!
Ogni anno il contadino deve piantare le sementi da cui far crescere
cereali, verdure e ortaggi. Nell’immaginario comune, quando le sue
piante avranno dato i propri frutti, l’agricoltore conserverà alcuni dei
semi per poterli ripiantare l’anno successivo.
Ma come funziona oggi il mercato dei semi?
Rispecchia ancora questo schema naturale vecchio di millenni? Non più.
Oggi le aziende produttrici di sementi hanno creato piante in grado di fruttificare una sola volta. Tali piantine daranno sì frutti o verdure buone, ma i cui semi non sono fertili, perciò inutilizzabili ai fini di una nuova semina. L’anno successivo, perciò, il contadino che aveva acquistato quella determinata pianta sarà costretto a ritornare a comprare altre piantine.
E se al posto della piantina il contadino comprasse semi, la
situazione sarebbe sempre di dipendenza. Quei semi produrranno per un
solo anno, e poi saranno sterili.
Oggi il mercato dei semi a livello mondiale è dominato da tre società, che insieme detengono il 53% del totale del mercato: Monsanto (che da sola detiene circa il 27% del mercato), Dupont e Syngenta (quest’ultima è uno spin-off di Novartis, la multinazionale svizzera produttrice di farmaci…).
Ma da dove nasce tutto questo? Come hanno fatto queste aziende ad
affermarsi e a imporre il loro mercato di semi brevettati e sterili?
Nel 1994, durante un incontro del WTO, l’Organizzazione Mondiale del Commercio, su pressione degli Stati Uniti venne fatta approvare una norma per la quale si sarebbero potuti brevettare anche gli organismi viventi. Cosa significa? Significa che, da quella data in poi, le aziende avrebbero potuto creare semi ibridi o geneticamente modificati e poi brevettarli: i loro semi, coperti da brevetto, non si sarebbero più potuti piantare senza l’autorizzazione della stessa azienda proprietaria del seme.
Da quel momento, quindi, i contadini sono stati costretti a
comprare annualmente i semi da piantare. Ma c’è di più. Per ogni seme
brevettato, le aziende vendono in abbinamento i propri fertilizzanti o
pesticidi, senza l’uso dei quali i loro semi difficilmente potranno
essere produttivi. Per intenderci, un agricoltore che decide di piantare
un seme Monsanto non può usare un fertilizzante Dupont: rischia di
uccidere il seme. Dovrà usare il fertilizzante Monsanto, e per farlo
deve firmare un contratto assai vincolante, che lo sottopone a diversi
controlli e lo obbliga a ricomprare i semi di anno in anno.
L’idea di abbinare i fertilizzanti e i pesticidi ai semi brevettati
trae origine dall’azienda Monsanto. Prima degli anni 1970 la
multinazionale statunitense faceva tutt’altro che sementi: produceva
prodotti chimici, tra cui il famoso Agente Arancio che, durante la
guerra in Vietnam, serviva a distruggere tutta la vegetazione dietro la
quale i vietcong si mimetizzavano per infliggere dolorose imboscate
all’esercito statunitense.
Quando poi la guerra in Vietnam giunse al termine, con la delusione di tutto il popolo statunitense per le grandi energie impiegate e le perdite subite, la Monsanto capì che il mercato bellico si era di molto ridimensionato e dovette cercarsi un altro settore per creare un nuovo business. Lo trovò nel mercato agricolo, dapprima con i fertilizzanti, e successivamente con le sementi ibride e geneticamente modificate.
tratto da: www.pressnewsweb.it
fonte articolo:informarexresistere.fr
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