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sabato 23 settembre 2017

Odino il Dio sciamanico







La divinità principale del pantheon nordico è Odino-Wotan. Egli è considerato il primo degli Asen ed è, nel culto vichingo, il Padre di tutti gli Dèi.
Comprendere la figura sciamanica di Odino è un’impresa non facile.

Il primo passo da compiere consiste nell’analizzare la radice del suo nome che ci permette già di dare una traccia importante a questa figura, a volte controversa persino per il popolo vichingo.
La parola “Wotan” ha la sua radice in “Wat” e sta ad indicare la “furia divina”, quella furia che venne facilmente (e abilmente) interpretata dai colonizzatori cristiani come ferocia e spietatezza in combattimento da parte dei guerrieri vichinghi.
L’indubbio ardore con il quale essi combattevano e ancora di più le comunità odiniche dei Berserker (Uomini-Orso) e Ulfedhnar (Uomini-Lupo), lasciarono una traccia indelebile nella memoria umana.

Ma il furore a cui si riferisce la radice “Wat” è di ben altro tipo.
Essa indica infatti l’essere sì fuori di sé, ma in una dimensione sovrumana, nella quale si è in grado di trasformarsi (elemento sciamanico) attingendo così ai doni della saggezza, della virtù profetica e poetica (Odino è anche definito il Possente Poeta).
Vi è infine una sorta di invulnerabilità, elemento questo proprio dei temibili Berserkir e Ulfedhnar.

L’elemento sciamanico, quindi, appare già nella radice del nome di Odino-Wotan ed è importante sottolineare come tutta la nostra Tradizione si basi proprio su questo elemento.
Odino-Wotan appare nella “Snorra Edda” come Grande Triade: Har, Iafhnar e Thridhi cioè l’Alto, l’Altissimo e il Terzo.

Nell’antico tempio di Uppsala (in Svezia), Wotan veniva affiancato al dio del Tuono Thor e al dio Freyr, connesso quest’ultimo ad ogni tipo di fertilità. Freyr veniva rappresentato all’interno del tempio con un fallo enorme, ad indicarne la sua funzione procreatrice.
Non esistendo per gli antichi una distinzione tra sacro e profano, il corpo, sesso compreso, non era vissuto in modo conflittuale, bensì come manifestazione provvisoria dello spirito, quindi andava curato e utilizzato, senza disdegnare le piacevolezze della vita.
Il peccato, il senso di colpa e il castigo eterno erano concetti sconosciuti e si dava invece grande importanza all’essenza dell’essere umano e alla sua collocazione all’interno dell’universo.

 

 Rappresentazione del Dio Thor


Thor e Freyr, o per altre tribù, Tyr e Njodhr, rappresentavano sostanzialmente i due aspetti che completano l’elemento principale, vale a dire la Forza e la Fertilità che affiancano l’aspetto Sovrano.

Prova ne è il fatto che tra gli epiteti di Odino troviamo nomi come “Thundr” che significa Tuono la cui radice “Th” non è solo l’inizio di Thor, ma è anche la radice della terza Runa, Thurisaz, che si distingue sia per il suo potere di offesa che per quello di difesa. Thor è infatti il Campione degli Dèi e degli uomini, il nemico giurato delle forze telluriche.
Altro appellativo di Odino è “Veratyr” la cui traduzione è Dio degli uomini.

 
Tyr è infatti il dio della vittoria e dell’arbitrato, colui al quale si appellano gli uomini per le contese e non può passare inosservato che durante il “Thing”, l’”assemblea”, era uso conficcare nel terreno una lancia, arma di Odino, a punta in su in mezzo al cerchio del ritrovo, ad indicarne la protezione giuridica richiesta e offerta dal dio.

Odino è il Padre di tutti gli Dèi (rimane il capo supremo anche quando Asen e Vanen stabiliscono la tregua alla loro Guerra) e i suoi quarantadue soprannomi svelano spesso aspetti importanti della sua natura sciamanica: Dio delle Rune, degli Impiccati (che ricordano il sacrificio sull’Yggdrasil), Mascherato, Assai sapiente, Mutevole, Colui che ha l’occhio fiammeggiante, Incappucciato. Egli è inoltre il Dio della Parola, della Poesia, della Magia nelle sue forme più complesse e della Guerra. È il Dio del Fardello, di colui cioè che tutto conosce sopportando così i dolori del mondo. È il dio che insegna agli uomini e allo stesso momento è il loro modello soprattutto per i re e i condottieri.


Dio della parola 

Come dio della parola egli governa i “ljòdh”, i canti poetici che sono il frutto dell’ispirazione da lui donata e i “gladrar”, i canti magici ai quali ogni sciamano fa ricorso spesso per dare al suo essere un cambiamento di forma animale (Hamrammr) o solo per far percepire ad altri una forma diversa dalla propria, sia essa animale, vegetale o minerale (Bridga sèr).
 
Ma l’importanza della parola, espressione materiale dell’alito vitale, non finisce qui:
“Ma l”opera più grande fu la creazione dell”uomo cui egli diede il respiro affinché viva e non perisca quantunque il corpo decada in polvere o bruci fino alla cenere”. (Snorra Edda)
Wotan è il demiurgo, colui che crea l’universo e l’uomo attraverso il proprio potere. Per dare vita a quest’ultima creazione, Odino usa il respiro, cioè il soffio vitale.

La parola “spiritus” in latino vuole dire soffio vitale, cioè l’emissione primaria di alito connessa con la bocca (Runa Ansuz, Runa della Parola creatrice), con il Verbo e con la Voce. Uno dei tanti nomi di Odino è appunto Omì (colui la cui voce risuona), facoltà che usa in battaglia per paralizzare i nemici.

Importante dunque la funzione del suono e, all’origine, dell’alito vitale. La bocca, come veicolo, viene utilizzata dallo sciamano per succhiare fuori dal corpo del malato la causa della sua infermità aspirandola cioè alitando al contrario. Ma come “annienta” l’elemento nocivo dal corpo ammalato, allo stesso modo, con un procedimento inverso, può donare vita a qualcosa, emulando il potere del Demiurgo, alitandoci sopra, infondendo cioè in esso la vita.

Tutto nell’universo infatti, per sua struttura, ha una conformazione doppia.
L’esempio della voce è indicativo: Odino dona il respiro all’uomo infondendogli la vita, ma ha anche la facoltà, sempre attraverso la voce, di paralizzare e uccidere gli avversari.
Oggigiorno si parla molto degli sciamani come di uomini medicina, cioè come Guaritori che attraverso metodi individuali, tribali ed arcaici, possono guarire.

Ma quanti si sono mai soffermati sul fatto che tutto quello che può essere utilizzato a scopo di guarigione o di aiuto potrebbe anche essere sfruttato nel modo opposto?
Quanti comprendono che l’energia di per sé non ha una forma sua poiché ha ambedue le polarità e che è l’uomo ha determinarne forma e direzione?
Se un uomo è in grado di produrre una guarigione, allo stesso modo è anche in grado di produrre la morte di un suo nemico.

Questo vale per tutti, perché all’interno della creazione il bene e il male non esistono, almeno nell’accezione conosciuta, ma sono flussi complementari e allo stesso tempo opposti di un’unica energia.

Davide Melzi nel suo libro “La Via dello sciamanesimo boreale” spiega in maniera approfondita la diversità tra una religione del credere e una del conoscere. Proprio a quest’ultima appartiene lo sciamano, qualunque sia la sua estradizione o cultura. Sperimentare, cioè vivere in prima persona l’esperienza estatica, la discesa negli inferi come l’ascesa ai cieli, la conoscenza dell’energia, dell’universo, dei suoi meccanismi, delle difficoltà umane, delle sconfitte e delle vittorie lungo il percorso individuale.
In questa sperimentazione l’uomo comprende il grande potere che gli può essere concesso, potere che userà a propria discrezione.




Le prove di Odino

“Io so tutto, Odino, dove hai nascosto l”occhio,
nella magnifica fonte di Mimir.

 
Il nettare Mimir beve ogni mattino
Dal pegno pagato da Valfodhr. E voi riuscite a seguirmi?”

Tratto dalla “Voluspà”, la “Profezia della Veggente”, questo breve passo narra del sacrificio di Odino quando Valfodhr, Padre del Combattimento (altro epiteto del dio) dona un occhio alla fonte di Mimir per bere un sorso dalla fonte della Saggezza (si riferisce ad elevarsi dalla vista fisica o superficiale a quella del terzo occhio, la visione sciamanica NDR).

Il Grande Padre appare infatti in tutte le raffigurazioni come monocolo ed è risaputo che, in molte culture, Dio viene rappresentato con un solo occhio.
Ma è proprio questo stato di semicecità che conferisce al dio un grande potere. Odino è conosciuto come Helblindi “colui che acceca fino a far morire” o anche come Bàleygr “colui che ha l’occhio fiammeggiante”, attributi questi che stanno ad indicare la sua capacità di immobilizzare incantando gli avversari durante la battaglia con il suo occhio.


In un altro carme, “La Canzone dell’Eccelso” troviamo un altro sacrificio del dio:
“Io so che sono stato appeso al tronco scosso dal vento nove notti intere,
da una lancia ferito e sacrificato a Odino,
io a me stesso,
 
su quell”Albero che nessuno sa da quali radici s”erga.
Con pane non mi hanno saziato né con corni potori:
in basso spiai guardando.
Trassi le Rune, cantando le trassi 
E ricaddi di la”.
 
Nove possenti incantesimi presi dall”illustre figlio
Di Bolthorr, padre di Bestla…
 
E presi a germogliare e divenni saggio…”

Odino-uomo si trasforma in Odino-dio facendoci intravedere il percorso di autorealizzazione di un uomo votato alla Conoscenza e alla Coscienza attraverso il sacrificio, il digiuno, la solitudine e la morte, che è morte iniziatica.

Al termine di questo Viaggio egli raccoglie i frutti: le Rune, che sono la chiave nord-europea dei misteri universali, strumenti sciamanici particolarmente adatti alla visione nordica del mondo.

Totem di Odino



I Totem di Odino

La figura di Odino viene accompagnata dai corvi Huggin e Munnin, Pensiero e Memoria e dai lupi Geri e Freki, l’Affamato e il Divoratore. Mentre i primi due sono dei messaggeri che sussurrano all’orecchio del dio tutto ciò che hanno visto e sentito in giro per il mondo, i secondi rappresentano un aspetto iniziatico di forza e potenza animale connesso in questo caso all’elemento Fuoco.

Oltre ai due lupi e ai due corvi, Odino possiede un cavallo ad otto zampe: Sleipnir.
In tutte le culture sciamaniche, compresa quella vichinga, ricorre il mito del cavallo come mezzo di trasporto per accedere ai vari mondi dell’esistente.
Sleipnir è un cavallo ottipiede e il numero otto rappresenta non solo la sua doppia velocità di percorrenza, ma anche il numero che precede il completamento evidenziato dal numero 9. Il suo color grigio rappresenta una premonizione funerea ed infatti esso, oltre ad essere considerato un simbolo di fertilità, è il veicolo, insieme alla barca, per i riti funebri. Ma al di sopra di tutto spicca il fatto che lo Sleipnir ha incise sui denti le Sacre Rune, il che evidenzia ancora di più l’importanza sciamanica del cavallo di Odino.


La bevuta rituale
 
Tra i simboli legati all’importante figura sciamanica di Odino, troviamo la birra o l’idromele.
Queste bevande assumono nella mitologia scandinava un carattere sacro. Il loro inebriarsi rituale permette di attingere a quella dimensione sovrumana, furia, propria degli sciamani.
Per i vichinghi divenire ubriachi equivaleva ad essere afferrati dallo spirito del dio e sulla coppa ricolma, “Bragafullr”, si prestava giuramento durante le cerimonie di insediamento di un erede a seguito della morte del padre.
Il termine Bragafullr deriva dal nome del dio Bragi che è il protettore dell’arte poetica.
Dunque il rito di bere solennemente dal Bragafull è in sicura connessione col dio supremo; il guerriero assorbe, bevendo la birra, la potenza del dio, il suo spirito e la sua ispirazione. Si fa in tal modo simile a lui.

“Ubriaco divenni,
del tutto ubriaco
presso il savio Fiallar
poiché è eccellente la birra
ove dopo riacquisti
ciascun uomo il suo senno.”
(Havamal)

Tra le metafore nordiche troviamo inoltre frasi come: “dare idromele” che significa “dare battaglia”, oppure come “bere fino in fondo” che sta a significare “morire”, equiparando così la morte ad un festino.
Birra e idromele sono quindi bevande sacre che assunte in condizioni rituali, permettono di attingere ai doni sovrumani.
In particolare l’idromele permette di assimilare la forza del dio Fjolnir che la leggenda vuole esservi annegato dentro. Questo evento conferisce maggior sacralità alla bevanda, perché bevendo ritualmente il nettare si incorpora automaticamente la sua anima e quindi la sua forza.
 
La parola Miodhr che significa “idromele” può essere ricondotta al termine “Odhr”, che significa “furioso”, ma anche “canto, poesia” e in ultimo possiamo notare che Odhr è il dio cieco fratello di Balder, che tornerà assieme a quest’ultimo nella nuova Età dell’Oro.
Il fatto che Odhr sia cieco è già di per sé sufficiente a ricollegare il suo nome con la poesia e la sensibilità, che trasforma il soggetto in veggente (ci può essere utile ricordare la figura di Omero o dello stesso Odino).

Ma la coppa alla quale si attinge nei momenti rituali, traboccante di prezioso nettare, ci riconduce al mitico calice del Graal, che una falsa tradizione ci ha consegnato come il contenitore del sangue di Cristo. Il Graal infatti, (chiamato anche il Calderone di Dagda), è uno dei quattro doni che portano i Thuatta de Dannan (le genti della dea Dana) al ritorno dall’isola di Avalon.

Si narra che al tempo della Grande Onda i Thuatta de Dannan si trasferìrono in un’isola ai confini del mondo dove appresero dai Quattro Druidi la Magia e la Saggezza. Ricevettero quattro doni: La lancia di Lug, la Pietra di Fal, la spada di Nuada meglio conosciuta come Excalibur e il Calderone di Dagda, e tornarono in Irlanda sbarcando il giorno di Beltane. Il Calderone di Dagda rappresenta il calice dell’abbondanza, cioè quella coppa alla quale si può attingere solo dopo numerose prove e dalla quale si riceve la saggezza, il rinnovamento e l’abbondanza.


Conclusioni
 
Odino è dunque un dio sciamanico, complesso e impegnativo, dedito al sacrificio al fine della Conoscenza; è un dio che indica all’uomo la strada da seguire affinché esso possa giungere alla meta ultima: la Realizzazione.

Odino è Mago e le sue pratiche e vittorie sono il frutto di Conoscenze acquisite unite ad una grande sapienza. Egli è sì il dio di tutti gli uomini, ma soprattutto egli è il dio degli “Jarl”, cioè dei “nobili”, degli Sciamani e dei Guerrieri, di coloro che sono dediti alla Guerra e contemporaneamente alla Magia.











Fonte

2 commenti:

  1. Ciao White W., sempre in tema di spiritualità volevo un tuo parere se possibile su quest'articolo di uno psicologo:
    http://cristianesimo.it/danni.htm

    L' autore commette un errore quando accomuna interpretazioni ai significati delle parole come duomo che non è "la fusione di donna più uomo" .Parla di Grande Madre ,in un passaggio dice:
    "Non è forse vero che il Nazismo (primato di nascita e madre-patria) e il Razzismo fondino le loro ragioni sul diritto di sangue e di appartenenza forzata, che sono attributi del codice materno?". A tratti mi ha ricordato un articolo di MDD:


    “Nella mitologia delle Tre Madri, l'architetto costruì le tre case e poi fu imprigionato.
    Come se Dio fosse stato usurpato e imprigionato da tre streghe cattive che governano il mondo in segreto attraverso dolore, la morte ed il sacrificio " forse più semplicemente, l'altra faccia o la vera natura del demiurgo cristiano o dell'altra faccia della cristianità, quella nascosta da un segreto floreale. Curiosa è la lapide nell'edificio di New York, sempre in Inferno, di G. Gurdjieff, dove si narrà che vi soggiornò durante il 1910…”.




    http://maestrodidietrologia.blogspot.it/2015/05/suspiria-e-le-tre-madri.html?m=1


    Ma io non posso andare oltre nella lettura esoterica e retrostante, perciò chiedo a te.

    Mark

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  2. Mi è venuta in mente una chicca ,in merito alla teologia nera presente nell' impianto manipolatorio delle religioni in generale, nel finale del film " La casa delle finestre che ridono" si scoprirà che il prete del paese era una delle sorelle assassine, il pittore protagonista ferito crederà di essersi rifugiato in chiesa e invece , nel film le due sorelle venivano dal brasile dove avevano appreso arti stregonesche e una sorta di metafonia, ( usavano un registratore per imprimere i lamenti delle povere vittime da cui traeva ispirazione,se ho ben capito, il fratello pittore ). Questo prete non rappresenterebbe altri che l’ androgino che alcuni studiosi ritengono il vero culto delle sette,il dio dei Templari illustrato da Levi, un occultista francese che usava un nome ebreo.Basti dire che una setta di Satana ha voluto edificarlo in Oklahoma ,per sfida di fronte a un monumento cristiano.


    Mircea Eliade dice che raffigura la coincidentia oppositorum la perfetta unione dei contrari ,in una varietà di miti cosmogonici compare l’essere unito,si trova nello gnosticismo cristiano, nella gnosi ebraica , le divinità della fertilità cosmica sono in gran parte androgini,la maggioranza degli dei delle vegetazioni e delle grandi madri.La divinità frigia Mithra nasce nel 1200 aC, la parola indoiranica significa “ patto”,secondo Crowley Baphomet significa” padre di Mithra, la pietra cubica dell’ angolo del tempio”.Anni fa nelle cronache si parlò di una specie di prete del film ,si chiama se non erro Marcenaro, è un ex prete diventato donna il cui matrimonio sarebbe stato riconosciuto dalla santa sede.


    Mark





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