Il nostro tempo può definirsi post-democratico, ora che la stessa democrazia ha definitivamente abbandonato l'idea secondo cui per sopravvivere essa debba possedere, o per lo meno creare, un consenso popolare. All'élite d'Occidente questo consenso non serve più. L'autodeterminazione dei popoli - legati a doppio filo con l'alta finanza che quota gli interessi delle grandi imprese strategiche in borsa - si gioca a colpi di spread e di sanzioni economiche. La politica, oggi, si fa in economia. La politica la fa l'economia.
“La potenza del Capitale è tutto, la borsa è tutto, mentre il parlamento, le elezioni, sono un gioco da marionette, per pupazzi”.
Lenin
Hanno trasformato, nel giro di pochi
mesi, la protesta di piazza Maidan in una rivoluzione che, a dire il
vero, sembra più un colpo di Stato. Hanno destabilizzato e rimpiazzato
un governo. Non hanno indetto elezioni. Hanno sulla coscienza più di 100
morti tra civili e militari. Hanno infranto le norme del diritto
internazionale.
L’élite d’Occidente è un’élite
rivoluzionaria – il caso ucraino ne è la prova – ed è inoltre del tutto
intollerante all’applicazione dei principi democratici, tra cui
l’inviolabilità delle frontiere e l’autodeterminazione dei popoli. Il
referendum in Crimea di fatto non viene riconosciuto dai leader degli
Stati Uniti e dall’Ue, che hanno varato una serie di sanzioni contro
Mosca, di cui la camera bassa si è attivata, dopo i risultati, per
annettere l’Ucraina come Repubblica nella Federazione Russa. L’élite pur
di mettere Putin sull’attenti e ammonirlo per la difesa dei suoi
interessi sullo scacchiere internazionale, si permette di bypassare la
volontà popolare della penisola – russa di lingua e ortodossa di
confessione – del Mar Nero.
La Storia ci ha sempre dimostrato che le
élites, a differenza dei popoli, non sono portatrici di valori, non
sono contenitori di ideali, né di una visione del mondo comunitaria,
democratica, o pacifica; esse sono gruppi violenti e rivoluzionari,
tutori dei propri interessi. L’odio
che provano nei confronti dell’opinione pubblica espressa
democraticamente in base alle consultazioni dirette o meno, è stato
ampiamente dimostrato in questi ultimi anni. Ricordiamo ad esempio
la Francia del 2005 che disapprovò con il 54,6% dei “no” la ratifica del
trattato che stabiliva una costituzione Europea. Eppure, senza venir
sottoposto al vaglio popolare, solo due anni dopo, nelle segrete stanza
di Bruxelles, fu firmato il Trattato di Lisbona. Fu cambiato il nome ma
non i contenuti.
A Febbraio del 2014, con il 50,3% dei
“si”, gli Svizzeri approvarono un emendamento sul freno alla
circolazione degli immigrati sul suolo elvetico. L’Ue intervenne
prontamente con una serie di sanzioni tra cui il congelamento dei
negoziati sull’elettricità.
In Italia sono ormai tre i governi non
legittimati dal consenso popolare, e la riforma elettorale che verrà a
breve approvata non servirà, come non serviva il porcellum, ad
esprimere l’opinione pubblica, ma a garantire determinati interessi
politici e note alleanze strategiche. Del resto, citando Mark Twain, “se
votare facesse qualche differenza, non ce lo lascerebbero fare”.
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