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martedì 13 gennaio 2015

Sulla 'Glorificazione del Lavoro' - René Guénon









È di moda, nella nostra epoca, esaltare il lavoro, quale che sia e in ogni modo lo si compia, come se avesse un valore eminente di per sé, indipendentemente da qualsiasi considerazione d’altro ordine; è soggetto d’innumerevoli declamazioni tanto vuote quanto pompose, non solo nel mondo profano, ma anche, cosa ben più grave, nell'ambito delle organizzazioni iniziatiche rimaste in Occidente.


 È facile capire che tale modo di considerare le cose si riallaccia direttamente all’esagerato bisogno d’azione caratteristico degli Occidentali moderni; infatti, il lavoro, almeno quando lo si considera in questo modo, evidentemente altro non è che una forma dell’azione, e una forma alla quale, d’altra parte, il pregiudizio “moralista” esorta ad attribuire un’importanza ancora maggiore a qualsiasi altra, essendo quella che meglio si presta a essere presentata in veste di “dovere” per l’uomo e tale da contribuire ad assicurare la sua “dignità” . Il più delle volte a ciò si aggiunge un’intenzione nettamente antitradizionale, quella di disprezzare la contemplazione, che si finge d’assimilare all’“ozio”, mentre, al contrario, essa è in realtà l’attività più elevata concepibile, e d’altronde l’azione separata dalla contemplazione non può essere che cieca e disordinata . Tutto ciò si spiega fin troppo facilmente da parte d’uomini che dichiarano, senza dubbio sinceramente, che «la loro felicità consiste nell’azione» , noi diremmo volentieri nell’agitazione, giacché, quando l’azione è presa così come fine a se stessa, quali che siano i pretesti “moralisti” invocati per giustificarla, essa non è davvero niente più di quello.


 René Guénon



Contrariamente a quel che pensano i moderni, un lavoro qualsiasi, compiuto indistintamente da chiunque, e unicamente per il piacere d’agire o per la necessità di “guadagnarsi la vita”, non merita per niente d’essere esaltato, e pure non può essere considerato che come una cosa anormale, opposta all’ordine che dovrebbe reggere le istituzioni umane, al punto che, nelle condizioni della nostra epoca, arriva troppo sovente ad assumere un carattere che si potrebbe, senza esagerazione alcuna, qualificare come “infra-umano”. Quel che i nostri contemporanei sembrano ignorare completamente, è che un lavoro non ha reale valore se non quando è conforme alla natura stessa dell’essere che lo compie, se ne risulta in modo diciamo spontaneo e necessario, sì da essere per tale natura il mezzo per realizzarsi il più perfettamente possibile. Ecco, in definitiva, la nozione stessa di swadarma, che è il vero fondamento dell’istituzione delle caste, e sulla quale abbiamo sufficientemente insistito in tante altre occasioni da poterci accontentare di ricordarla senza dilungarci oltre. Si può anche pensare, a tal proposito, a quel che dice Aristotele dell’esecuzione da parte d’ogni essere del suo “atto proprio”, con il che va inteso sia l’esercizio di un’attività conforme alla propria natura sia, come diretta conseguenza di quest’attività, il passaggio dalla “potenza” all’“atto” delle possibilità comprese in questa natura. In altre parole, perché un lavoro, di qualunque genere possa essere d’altronde, sia quel che dev’essere, occorre anzitutto che corrisponda per l’uomo a una “vocazione”, nel vero senso della parola ; e, quando è così, il profitto materiale che può legittimamente derivarne appare come un fine secondario e contingente, addirittura trascurabile di fronte a un altro fine superiore, che è lo sviluppo e come il compimento “in atto” della natura stessa dell’essere umano.


Quel che andiamo dicendo è una delle basi essenziali di ogni iniziazione di mestiere, poiché la “vocazione” corrispondente è una delle qualificazioni richieste per una tale iniziazione, e anzi, si potrebbe dire, la prima e la più indispensabile di tutte . Tuttavia, vi è un’altra cosa su cui è opportuno insistere, soprattutto dal punto di vista iniziatico, giacché è quella che dà al lavoro, considerato secondo la nozione tradizionale, il suo significato più profondo e la sua portata più alta, superando la considerazione della sola natura umana per ricollegarlo allo ordine cosmico stesso, e di là, nel modo più diretto, ai principi universali. Per comprenderlo, si può partire dalla definizione dell’arte come “imitazione della natura nel suo modo d’operare”, ossia della natura come causa (Natura naturans), e non come effetto (Natura naturata); dal punto di vista tradizionale, infatti, non vi è distinzione tra arte e mestiere, come non ve n’è tra artista e artigiano, ed è questo un altro punto sul quale abbiamo già avuto sovente occasione di spiegarci; tutto quel che è prodotto “conformemente all’ordine” merita per ciò stesso, e allo stesso titolo, d’esser considerato come un’opera d’arte . Tutte le tradizioni insistono sull’analogia che esiste tra gli artigiani umani e l’Artigiano divino, gli uni come l’altro operanti 'tramite un verbo concepito nell’intelletto', il che, notiamolo di sfuggita, dimostra nel modo più netto possibile la funzione della contemplazione come condizione preliminare e necessaria alla produzione di ogni opera d’arte; ed è questa una ulteriore differenza essenziale con la concezione profana del lavoro, che lo riduce a essere pura e semplice azione, come dicevamo sopra, e pretende anche d’opporlo alla contemplazione. Seguendo l’espressione dei Libri indù, «noi dobbiamo costruire come i Dêva lo fecero all’inizio»; questo, che si estende naturalmente all’esercizio di tutti i mestieri degni di questo nome, implica che il lavoro ha un carattere propriamente rituale, come d’altronde devono averlo tutte le cose in una civiltà integralmente tradizionale; e non solo è questo carattere rituale ad assicurare la “conformità all’ordine” di cui parlavamo poco fa, ma addirittura si può dire ch’esso è tutt’uno con questa conformità .




Dal momento che l’artigiano umano imita così nel suo dominio particolare l’operazione dello Artigiano divino, egli partecipa all’opera stessa di questi in una misura corrispondente, e in un modo tanto più effettivo quanto più ha coscienza di questa cooperazione; e più egli realizza attraverso il suo lavoro le virtualità della propria natura, più accresce in pari tempo la sua somiglianza con l’Artigiano divino, e più le sue opere si integrano perfettamente nella armonia del Cosmo. È evidente come tutto questo sia lontano dalle banalità che i nostri contemporanei sono abituati a enunciare credendo con ciò di fare l’elogio del lavoro; questo, quando è quel che dev’essere tradizionalmente, ma soltanto in questo caso, è in realtà ben al di sopra di tutto quel ch’essi sono capaci di concepire. Possiamo perciò concludere queste poche indicazioni, che sarebbe facile sviluppare quasi indefinitamente, dicendo questo: la “glorificazione del lavoro” risponde bene a una verità, e anche a una verità d’ordine profondo; ma il modo nel quale i moderni la intendono di solito non è che una deformazione caricaturale della nozione tradizionale, che arriva addirittura in qualche modo a invertirlo. Infatti, non si “glorifica” il lavoro con discorsi vani, cosa che non ha neppure alcun senso plausibile; ma il lavoro stesso è “glorificato”, cioè “trasformato”, quando, invece d’essere una semplice attività profana, costituisce una collaborazione cosciente ed effettiva alla realizzazione del piano del “Grande Architetto dell’Universo.”
 
 
 
 
1. È noto che la “glorificazione del lavoro” è segnatamente, in Massoneria, il tema dell’ultima parte dell’iniziazione al grado di Compagno; e disgraziatamente, ora, è interpretato in questo modo del tutto profano, invece d’essere intesa, come si dovrebbe, nel senso legittimo e realmente tradizionale che ci proponiamo d’indicare in seguito.↩
2. Diremo subito a questo proposito che, tra questa concezione moderna del lavoro e la sua concezione tradizionale, vi è tutta la differenza che esiste in generale, come abbiamo spiegato ultimamente, tra il punto di vista morale e il punto di vista rituale.↩
3. Ricorderemo qui una delle applicazioni dell’apologo del cieco e del paralitico, nella quale essi rappresentano rispettivamente la vita attiva e la vita contemplativa (cfr. Autorità Spirituale e potere temporale, cap. V).↩
4. Rileviamo questa frase in un commentario del rituale massonico che peraltro, sotto molti aspetti, non è nemmeno uno dei peggiori, cioè uno dei più influenzati dalle infiltrazioni dello spirito profano.↩
5. Su questo punto, come pure sulle altre considerazioni che seguiranno, rinvieremo, per più ampi sviluppi, ai numerosi studi che A.K. Coomaraswamy ha consacrato particolarmente a queste questioni.↩
6. Certi mestieri moderni, e soprattutto i mestieri puramente meccanici, per i quali non si potrebbe realmente parlare di “vocazione”, e che di conseguenza hanno un carattere anormale, non possono supportare valevolmente alcuna iniziazione.↩
7. E non nelle sue produzioni, come immaginano i sostenitori di un’arte cosiddetta “realista”, e che sarebbe più esatto chiamare “naturalista”.↩
8. È appena il caso di ricordare che questa nozione tradizionale dell’arte non ha assolutamente niente in comune con le teorie “estetiche” dei moderni.↩
9. Su tutto questo, vedere A.K. Coomaraswamy, Is Art a Superstition or a Way of Life? nella raccolta intitolata Why exhibit Works of Art?↩

Brano tratto dal capitolo X del trattato Initiation et Réalisation Spirituelle, di René Guénon - Éditions Traditionnelles, Paris, 1952
 
 
 
 
 
 
 

8 commenti:

  1. Ho grande rispetto per il percorso ''spirituale '' dei massoni, scandite dalle varie iniziazioni , capisco anche la loro difficoltà a spiegarsi ai profani ,per questo un originale massoneria dovrebbe produrre riserbo e degli uomini spirituali , è chiaro che oggigiorno questo non avviene e la massoneria è club di affari , si è trasformata in qualcos'altro , qualcosa si è rotto . E giustamente Guenon ha combattuto invano dall'interno una battaglia tradizionale invano , sentendosi a suo disagio .Fermo restando che c'è una spinta ribelle della massoneria che viene artatamente sfruttata e ci sarà anche altro .

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  2. La nostra società non funziona o va male , perchè principalmente c'è un apicale fraintendimento riguardo al lavoro , che non è rivolto agli altri , alla società , ma a se stessi e al padrone , coltivando così passioni insane : narcisismo , egoismo , profitto , ecc... ciò viene sfruttato dal potere che fa credere che ciò è rivolto al miglioramento della società e che non si puo fare altrimenti , ed ecco che i conti non tornano mai , i ricchi diventano sempre piu ricchi , le persone inoccupate ecc.. E poi non c'è un interesse rivolto alle persone che lavorano sullo spirito '' e che potrebbero aiutare gli altri esattamente come uno studioso mette a disposizione i suoi studi . Tutto ciò perchè si perde di vista l'essenziale , e si sostituiscono i disvalori ai valori . Ad Aushwitz c'era scritto Macht Frei IL lavoro rende liberi , è chiaro che era sarcastico .
    Mark

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  3. Strani movimenti nell’ambito degli occultisti all’ascesa di Hitler , la posizione di Guenon , la spaccatura nella Thule ,infelici proiezioni magiche , i dubbi di Schmitt , la profezia di Junger , ,l’infiltrazione di Crowley , la debacle di Hess , la congiura , il crollo , la fine .

    Solo su questa base si può spiegare un fatto, che non ha precedenti nella storia e nella cultura germanica: alti ufficiali, compresi quelli dei servizi segreti, fornirono falseinformazioni al Führer e informazioni vere e preziose ai nemici della Germania. Ciò non decise affatto le sorti del conflitto — la Germania, col debole alleato italiano e la lontana e autonoma iniziativa del Giappone, non sarebbe stata in grado comunque di reggere lo scontro nelle dimensioni che assunse alla fine del ’41 — ma indica quale frattura culturale ebbe luogo in Germania alla fine degli anni Trenta. Eredi di una tradizione militare in cui la fedeltà al Paese in guerra è il principio fondamentale (e vi si attennero sino al 20 luglio ’44 i militari della prima tendenza

    indicata), ritenevano il “nazismo magico” di Hitler una concezione di tale assurdità e pericolosità da indurii a infrangere quel principio e a collaborare con le nazioni nemiche della Germania. Quando si delinea, nel 1944, la sconfitta, una parte degli iniziati (della cerchia di Haushofer come il figlio Albrecht; e come von Stauffenberg, del quale si sono viste le ascendenze culturali) si allea coi generali (alcuni di quelli che vedono la sconfitta e quelli che temono l’occulto) per eliminare Hitler alvare alcune strutture del Terzo Reich. Lo stesso Jünger, capitano a Parigi (ove tiene un diario sul quale si tornerà), è in collegamento coi congiurati. Ma già nel 1939 ne prevede la sconfitta21 e nei panni del protagonista e di fratello Ottone tenta, nel libro, di scoprire come si è concluso il loro tentativo. Lo constatano nella sinistra radura di Köppels-Bleck, già sede di antichi riti sanguinosi Jünger dunque non soltanto descrive il conflitto all’interno della cerchia di iniziati, ma ne prevede l’esito.
    itler mette la sordina ai dati storici reali del suo processo di formazione. Come nel 1934 fa tacere von Sebottendorff, nel 1938, occupata l’Austria, costringe al silenzio von Liebenfels.Già proprio nel 1934, mentre i rapporti tra nazismo e astrologi erano di convergenza, un seguace di von Liebenfels era stato emarginato: “Nel numero di aprile (1933) dell’ Nel 1936 Schmitt è un uomo autorevole; presidente dell’associazione dei giuristi tedeschi, è considerato il costituzionalista del regime. Si è iscritto al partito solo nel 1933, ma dopo il 30 giugno ’34 si è assunta la responsabilità (e il merito) di aver confermato con la sua autorevolezza di scienziato del diritto che Hitler aveva perfettamente ragione di impersonare la giustizia germanica quando faceva ammazzare dalle Ss non solo i leader delle Sa, ma anche vecchi amici di Schmitt come il generale Schleicher.Questo è Schmitt che nelle celebrazioni del terzo centenario della pubblicazione del Discorso sul metodo tiene una conferenza dal titolo “Lo Stato come meccanismo in Hobbes e in Cartesio”, nel quale questi due filosofi sono presentati come espressione della razionalità che fonda il pensiero moderno. Nel secondo “non si trova nulla delle immagini miti-che e demoniache di cui Hobbes è tanto ricco”.26 Ma anche queste immagini, come la più celebre, il Leviatano, anche se “Hobbes sapeva qualcosa di demoni e di demonologia”,27 sono percepiti da Schmitt come del tutto tranquillizzanti:“L’immagine del Leviatano non è nulla più che un’idea letteraria e semi-ironica, generata dal buon “humour” inglese”.28 Due anni dopo, Schmitt torna sull’argomento con lo scritto dal titolo 77 Leviatano nella dottrina dello Stato di Thomas Hobbes — Senso e fallimento di un simbolo politico.

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  4. Hobbes non solo “sapeva qualcosa di demoni”, ma “come tutti i grandi pensatori del suo tempo aveva propensione per i velami esoterici. Egli stesso ha detto di sé che a volte faceva delle “ouvertures”, ma che i suoi pensieri reali li svelava solo a metà: diceva di comportarsi come quelli che per un attimo aprono la finestra, ma che subito la richiudono per paura della tempesta. Le tré citazioni del Leviatano che affiorano nel corso del libro, sarebbero allora forse tré di quelle finestre aperte per un attimo”, per cui lo stesso Leviatano non è più un motto di spirito ma ” è possibile che dietro l’immagine si nasconda un significato più profondo e misterioso”.31 Rene Guénon in una affermazione tratta da La crisi del mondo moderno afferma (riassume Schmitt) che “la rapidità con cui l’intera civiltà medievale soccombette all’attacco del XVII secolo è inconcepibile senza l’ipotesi di una misteriosa “volontà direttrice” che resta nell’ombra e di una “idea preconcepita”. I simboli che erano ancora vivi nel XIII secolo si Rene Guénon vi ha visto una misteriosa “volontà direttrice” ostile alla cultura (cattolica) nella quale Schmitt è cresciuto. Si

    potrebbe pensare alla volontà illuminista, alla congiura delle società pre-giacobine che hanno preparato la rivoluzione francese. Ma vi è qualcosa di più, qualcosa di diverso e di preoccupante che si riferisce a Guénon, che studia e discute di iniziazione e di contro-iniziazione, che ha cominciato come massone, ma che ha scoperto i limiti della massoneria, che segnala l’ambiguo rapporto tra i buoni e i cattivi maghi della tradizione dell’Agharti. E Schmitt è colto dal dubbio che anche nel nazismo aleggi uno spirito diverso da quello che egli ha apprezzato, condiviso, rafforzato, volto alla creazione dello Stato totale.E,uomo di cultura alieno da occultismi, percepì il riemergere di antiche concezioni che per lui,cattolico, potevano comprendere reminiscenze demoniache. E forse il suo caso va compreso nella differenza di posizioni che si delineavano in quel periodo nel vertice nazista.Attaccato da Himmler, Schmitt veniva infatti difeso, oltre che da Göring,42 anche da Hans Frank, anch’egli giurista Leviatano come il simbolo di una mostruosità. Hobbes credeva di servirsi ai propri fini di questa immagine come di un simbolo fortemente espressivo e non si accorse di chiamare in realtà sulla scena le forze invisibili di un mito antichissimo dai molti significati. Sulla sua opera si allungò l’ombra del Leviatano, e tutte le sue costruzioni e argomentazioni intellettuali, benché chiare, incapparono nel campo d’azione del simbolo evocato Chi si serve di questa immagine mitica incorre facilmente nella situazione del mago che evoca potenze di cui non è all’altezza né col braccio né con l’occhio né per qualsiasi altro aspetto delle sue forze umane: corre cioè il rischio di incontrare, anziché un alleato, un demone spietato che lo consegna nelle mani dei suoi nemici. Così è stato in effetti del Leviatano evocato da Hobbes. Quell’immagine non era adeguata, nella realtà storica, al sistema concettuale e si è pertanto dissolta. La tradizionale interpretazione ebraica si è ritorta contro il Leviatano di Hobbes. Ma questi simboli evocati che fanno la storia hanno un’origine che ci è nota, che appartiene non alla cultura di Schmitt, ma a quella dei sapienti della dottrina segreta. Il giurista, il costituzionalista, ci segnala quello che può accadere se i maghi evocano potenze di cui non sono all’altezza. Invece di trovare alleati, evocano nemici, demoni succubi della cultura ebraiche
    Vi è anche Gurdjieff? Si

    incontrano? E nel “carrozzone” di Rosenberg, gremito di esuli russi, sono forse passati anche Gurdjieff e Ossendowski?

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  5. Non si è in grado per ora di rispondere a queste domande. La dottrina nazista ha il suo esoterismo, secondo Rauschning che è professato e divulgato in riunioni privatissime, riservate, alle quali partecipano solo gli elettissimi. Hitler non ha mai svelato i suoi veri fini politici e sociali se non in quelle riunioni ermeticamente chiuse.
    In realtà il vertice nazista è il punto d’arrivo del processo culturale che è stato descritto e che Rauschning non afferra in tutta la sua complessità. L’avvenire che egli teme ha molto in comune col quadro descritto in Sulle scogliere di marmo. Appunto perché non afferra le radici e le complessità dei fenomeni che descrive in chiave apocalittica e demoniaca Si è parlato di “Superiori sconosciuti” i quali avrebbero suscitato il movimento nazista e si sarebbero serviti di Hitler come di un loro medium. Non è chiaro tuttavia per quali fini lo avrebbero fatto, a giudicare dai risultati, ossia dalle conseguenze catastrofiche che ha avuto, sia pure indirettamente, il nazionalsocialismo per l’Europa Ma dagli autori francesi è stata avanzata anche un’altra tesi, cioè che il medium Hitler a un dato momento si sarebbe emancipato dai “Superiori sconosciuti” e che da allora il

    movimento avrebbe preso una dirczione fatale. Ma allora bisognerebbe dire che cedesti superiori occulti avevano invero facoltà di preveggenza e poteri ben limitati per non saper bloccare colui che avevano usato come un loro medium
    Un primo contrasto sorge probabilmente proprio con la conquista del potere e questo spiega il destino di Bernhard Stempfle e di altri. Ed è nel 1933 che notizie sul Vril giungono in Francia e Pauwels le apprende dalla cerchia di un altro occultista, Gurdjieff, che proprio allora chiude il suo " priorato " di Avon:
    II dottor Willy Ley, uno dei più grandi esperti del mondo in materia di missili, fuggì dalla Germania nel 1933. Da lui abbiamo appreso l'esistenza a Berlino, poco prima del nazismo, di una piccola comunità spirituale. Proprio mentre si delinea questa sconfitta, le società segrete si riorganizzano per un maggiore impegno in un futuro incerto e proprio Ludendorff, coi suoi interessi occultistici, vi avrà un ruolo di primo piano sino al putsch del novembre '23. Sette mèmbri della Thule sono arrestati e saranno fucilati. Il 2 maggio i corpi franchi occupano Monaco e abbattono l'effimera repubblica. Con loro combatte Heinrich Himmler (futuro capo delle Ss), ancora studente. Persino i mèmbri della Thule si iscrissero a una Lega Spartachista per muoversi liberamente. Ma intanto von Sebottendorff si allontana dalla Thule nell'estate 1919, durante quello che è probabilmente il primo conflitto nell'ambito della cultura "occulta"

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  6. " la storiografia nazista ufficiale ritiene che la componente esoterica dell'ideologia non vada evidenziata Il gruppo di intellettuali della Thule tenne per sé l'esoterismo e l'occultismo e mise in primo piano l'organizzazione politica. Von Sebottendorff, criticato e che probabilmente non era d'accordo, fu messo da parte Torna in Germania nel 1933 per pubblicare Prima che Hitler venisse mentre Hitler è già cancelliere del Reich e probabilmente riprende un dibattito sul ruolo dell'occultismo nel nuovo regime (di cui sono probabilmente altri indizi le rivelazioni di Ley, il comportamento di Gurdjieff, l'uccisione di Stempfle, di Hanussen, dell'astrologo di Róhm, Karl Gunther Heimsoth. Una prova evidente dello scontro nel 1920 è la rottura tra von Sebottendorff e Dietrich Eckart, legatissimo a Hitler, che gli dedicherà pagine commosse nel Mein Kampf (era morto nel 1923) In realtà, una " vera e propria dottrina occulta del nazionalsocialismo " in senso forte, come "corpus" organico, probabilmente non è mai stata compiutamente elaborata. Esiste invece una componente culturale basata sulla fantastoria, sulla fantacosmogonia e sulle leggi occulte che le guiderebbero. Il gruppo di intellettuali che trasforma la Thule in partito vi crede. Il fatto però che Hitler sia arbitro di scegliere il simbolo è indicativo della sua influenza.
    Tutte le versioni ufficiali, naziste e post-naziste, apologe-tiche o critiche, non chiariscono da che cosa essa possa derivare. Non dalla precedente attività politica, inesistente. Non da un mandato dell'esercito: Mayr e Róhm, cui Hitler è tenuto a rispondere, sono ufficiali inferiori, il primo non lascia tracce, il secondo se ne andrà presto in Bolivia,24 perché non ha prospettive in Germania e diverrà uomo di primo piano solo anni dopo e come capo delle Sa. E allora come è possibile che un uomo senza storia, appena entrato nel partito, ne è subito chiamato alla guida, ne elabora il programma, ne sceglie il simbolo carico di significato? È per questa via che Hitler viene accreditato e presto anche Drexler e Feder saranno accantonati per lasciargli la guida del partito. Egli parlerà delle sue doti — indubbie — di oratore e di organizzatore, che però si manifesteranno dopo e non prima. Il punto di partenza è la fiducia di un gruppo di intellettuali — Hess, Frank, Feder, Rosenberg, Eckart, Himmler e Max Erwin von Scheubner-Richter, un nobile baltico che a Riga aveva avviato alla politica Rosenberg e che verrà ucciso a fianco di Hitler nel putsch del 9 novembre '23. Ma intanto il gruppo di intellettuali cui si è aggiunto Bormann si è cementato e consolidato alla guida del partito, indipendentemente dalle cariche formali. È il gruppo al quale si aggiungeranno altri membri, che verranno emarginati (come i fratelli Gregor e Otto Strasser) o che marceranno con Hitler fino alla catastrofe, come Göring, già unito al vertice sin dal 1920 col prestigio di eroico ultimo comandante della squadriglia von Richthofen; e come Goebbels, che si staccherà dagli Strasser per unirsi a Hitler . È il portavoce di un gruppo formatesi nella dimestichezza con la cultura occulta, il quale ritiene di conoscerne le leggi che portano al successo, e talvolta si divide nella loro interpretazione.
    Questo gruppo non compare nè nella autopresentazione del nazismo, nè nella storiografia posteriore. Ma si troveranno le sue convinzioni in tutte le svolte decisive, sino alla congiura del 20 luglio, che vede coinvolto Albrecht, figlio di Karl Haushofer e grande amico di Hess. Al gruppo reca inizialmente un sostegno decisivo Ludendorff, che ne condivide le componenti culturali di derivazione occultista (grazie anche alla forte ispirazione della moglie, la dottoressa Mathilde von Kemnitz), che ottiene importanti fondi dall'aristocrazia e dall'alta borghesia e che ha il prestigio del grande condottiero della guerra. Si sostiene che la sua accusa a Hitler di essere fuggito durante lo scontro è all'origine della rottura.

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  7. Ma essa ha anche ragioni più profonde, che si possono definire ideologiche e che attengono alla cultura qui descritta. Ludendorff, come già von Sebottendorff, insiste nel voler mettere in primo piano rispetto al programma politico una impostazione così riassunta:
    Ludendorff [...] si lasciava irretire, in maniera sempre più condizionante, dalle oscurità pseudoreligiose di un'ideologia settaria, nella quale convivevano fede nelle antiche divinità germaniche e pessimismo nei confronti della civiltà. Hitler stesso da un pezzo aveva preso le distanze da atteggiamenti del genere, nei quali ritrovava l'oscurantismo dei suoi primi anni Ludendorff aveva scritto al vecchio maresciallo: " Lei ha consegnato il paese a uno dei massimi demagoghi di tutti i tempi. Le profetizzo che quest'uomo fatale trascinerà il nostro Reich nell'abisso e sarà causa di inimmaginabili miserie per questa nazione. Le generazioni future La malediranno nella tomba per questa sua decisione " Questo linguaggio apocalittico riflette la cultura nella quale è germogliato. Per gli occultisti intransigenti Hitler è un demagogo perché ha messo in sordina l'esoterismo a favore di un nazionalsocialismo " popolare ". E la figura del salvatore promesso si capovolge in quella del "falso profeta Questa legittimazione del dissenso in termini velati ed esoterici è importante da tener presente per valutare quanto avverrà alla vigilia della guerra con la pubblicazione di Sulle scogliere di marmo. Von Sebottendorff, al contrario del generale, ritiene che Hitler, da cancelliere, lascerà maggiore spazio alla impostazione esoterica Ma la pubblicazione di Prima che Hitler venisse non gli rida spazio; "l'effetto sarà esattamente l'opposto. Dopo che il libro esce in seconda edizione nel 1934, viene immediatamente ritirato dalla circolazione (da cui l'aura di mistero che l'ha sempre circondato) e il suo autore arrestato, sia pure per breve tempo. Ecco von Sebottendorff riprendere la via della sua terra d'elezione: la Turchia È sempre nel 1933 che modifica la sua attività — chiudendo il suo " priorato " di Avon e ritirandosi a Parigi — uno dei maestri della cultura occulta, Georges Ivanovic Gurdjieff. Nel 1922 Gurdjieff si trasferisce in Francia d Avon, presso Fontainebleau, dove sorge quello che diviene il "priorato fino al 1933 allorché, inopinatamente, il maestro decide di chiudere il "priorato" e di trasferirsi a Parigi, con la motivazione di sentirsi invecchiare. In realtà ha cinquantasei anni, è in ottima forma È qui che lo conosce e ne segue gli insegnamenti Louis Pauwels, che sintetizza la sua esperienza nella valutazione che ha suscitato la critica dei tradizionalisti: In un certo senso, l'hitlerismo era il guenonismo più le divisioni blindate.35
    I seguaci di Guénon ritengono l'accostamento del tutto arbitrario. Durante la guerra lo studioso tradizionalista è al Cairo e non per attendervi le divisioni di Rommel. Gurdjieff rimane in Francia. Ludendorff profetizza catastrofi e sventure; von Sebottendorff torna in Germania; Ley l'abbandona; il primo sarà a sua volta costretto a lasciare il Terzo Reich in quel 1934, anno nel quale viene ucciso Bernhard Stempfle, insieme all'astrologo di Rohm, Karl Gùnther Heimsoth,37 e ad Hanussen. Sembra che l'avvento e il primo anno di potere di Hitler abbiano suscitato interessi e spostamenti al vertice dell'occultismo in Germania e in Europa. È nel 1933 che Guénon definisce arbitrario l'uso del simbolo della svastica da parte dei nazisti. Si può supporre che alcuni attendessero grandi eventi, altri volessero invece farsi da parte e qualcuno cadesse vittima delle sue illusioni.

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  8. È in questo quadro che dobbiamo risalire alle tracce della Golden Dawn Ma i collegamenti permangono, non solo attraverso l'adozione simbolica del termine Vril, di cui già si è detto, ma attraverso la personalità di Aleister Crowley. A Mathers successe Yeats, dal nome "occulto" Demon est Deus Inversus. È prima della sua gestione che Crowley aderisce alla società. Da qui le versioni che collegano la Golden Dawn al satanismo, così come il capovolgimento dei bracci della svastica segnerebbe il passaggio dall'iniziazione alla contro-iniziazione. L'adesione alla società è della fine del secolo. Come altri personaggi della vicenda esoterica si può permettere l'acquisto di un castello a Loch Ness, in Iscozia, presso il lago del leggendario (e mai visto) mostro. Il suo nome occulto èPerdurabo. In seguito fonda un suo ordine (Astrum Argentinum). Secondo una pubblicazione come il "Reader's Digest", piuttosto aliena da fantasticherie, "i suoi scandali venivano messi a tacere dai servizi segreti britannici di cui, nel 1910, era diventato un agente". Riprende contatto con la società occultista Ordo Templi Orientis di Theodor Reuss (che aveva conosciuto a Londra nel 1912) della quale costituisce una sezione inglese. È un altro pilone del ponte di cui si è detto nel primo capitolo. Fissa la sua residenza in una villa a Fontainebleau (dove si sistemerà anche Gurdjieff) Torna in Inghilterra nel 1932, alla vigilia dell'avvento al potere di Hitler. Ma la figura di Crowley, maestro dell'occultismo e al contempo agente dei servizi segreti inglesi, leader in Gran Bretagna di una società che è analoga a una setta occultista tedesca, merita di essere tenuta presente, tanto più che nel 1940 scrisse a Churchill, mandandogli un talismano "per far cessare le incursioni aeree" e affermerà in seguito: "In verità, sono stato io a vincere la guerra!" Tutto questo è ben noto e nulla può essere aggiunto alle puntualizzazioni storiografiche in merito. Ma vi sono ancora questioni aperte proprio dal punto di vista storico. E quella della cultura occulta del Terzo Reich è una di esse. Secondo Guénon che ne scrive a Evola (29 ottobre 1949) "Crowley nel 1931 era andato a Berlino per ricoprirvi il ruolo di consigliere segreto presso Hitler". La lettera con valutazioni anche della Golden Dawn è ora in "Quaderni di Avalon", n° 10, 1986.
    Da Giorgio Galli
    Mark

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