di: Annarita Curcio
Lo scorso 3 gennaio, nei pressi
dell’Aeroporto Internazionale di Baghdad, il generale iraniano Qasem
Soleimani cade vittima di un attentato voluto dal Presidente degli Stati
Uniti Donald Trump, di concerto col Pentagono e apparati del cosiddetto
Deep State americano. Muore così il secondo uomo più
importante di Teheran, colui che nella guerra civile siriana e per
contenere l’avanzata dell’ISIS in Iraq ha guidato la Forza Quds a
sostegno di Bashar al-Assad.
In tutta risposta, la Guida Suprema,
l’ayatollah Ali Khamenei, proclama tre giorni di lutto nazionale,
definendo Soleimani un martire (shahid) e conferendogli, post-mortem,
il grado di Tenente Generale. Immediatamente si diffonde la
preoccupazione che l’evento possa cambiare gli equilibri geopolitici del
Medio Oriente mentre in Italia circola la notizia secondo cui il drone
che avrebbe colpito l’auto su cui viaggiava il generale iraniano sarebbe
partito dalla base aerea di Sigonella in Sicilia. Notizia poi smentita
dal Ministero della Difesa e dal Ministro degli Esteri Luigi Di Maio.