NOTA PERSONALE:
La cosa più sorprendente di questo testo,scritto molti anni fà,è la sua spietata lucidità, una consapevolezza e descrizione del presente, difficilmente riscontrabbile in altri testi anche odierni;
Le sue parole risuonano ancora oggi come fuoco vivo,come una fiamma che nonostante tutto continua ad ardere,e si prepara a dilagare in un incendio difficilmente gestibile.
Parole a dir poco profetiche, quelle di Corneliu Zelea Codreanu,che avvertivano del pericolo di quella sventura chiamata democrazia,che tocca ai popoli Europei sotto il dominio ebreo-sionista.
In esso è documentata nei minimi particolari, la distruttivita della democrazia,la sua miseria e corruzione morale che divora interi popoli,che per loro disgrazia non riescono a vedere che quella è proprio la vera origione dei loro mali.
La demoniocrazia è il male assoluto, voluta e creata da una elite degenerata di banchieri,che grazie ad essa,possono dominare e schiavizzare i popoli Europei e della terra intera;
Chi ha confuso la democrazia con la libertà,non ha ancora capito che la libertà appartiene agli esseri che se la prendono,e che ne sono responsabili e meritevoli,perchè la libertà è un diritto divino,e nessuno può concederla o toglierla,mentre i dementi e gli idioti non potranno mai essere liberi perchè idioti;Gli idioti non potranno mai essere liberi,ma possono essere usati per imprigionare con la loro stupidita i veri esseri liberi;
Allora questa è la democrazia,la libertà degli idioti di eleggere il proprio boia,la libertà dei criminali di poter sottomettere il popolo e agire indisturbati,la libertà dei corrotti di svendere e tradire il proprio popolo come sta accadendo in questi tempi,dove grazie alla democrazia i popoli europei guidati dai loro governi corrotti,sono stati venduti ai banchieri illuminati ebrei.
Si signori questa è la democrazia,la libertà degli esseri inferiori e vili di poter agire,e questo lo vediamo ogni giorno.
white wolf
NOTA SULL'AUTORE:
Corneliu Zelea Codreanu, nacque il 13 settembre 1899 a Husi, una piccola città della Moldavia settentrionale Romena, I suoi seguaci erano soliti riferirsi a lui con l'appellativo di "Căpitanul" ("Il Capitano"). Fu il fondatore e capo carismatico del Movimento Legionario, dal 1930 conosciuto anche con il nome di Guardia di Ferro.
Il 24 giugno 1927, giorno di San Giovanni Battista, Codreanu convocò una riunione con i suoi più fedeli amici e diede vita alla Legione dell'Arcangelo Michele (Legiunea Arhanghelului Mihail).
Il movimento legionario fu quanto di più lontano potesse esserci da un partito politico classico[12].
Sintesi di mistica del sacrificio e militarismo, attivismo e spirito
comunitario, la Legione (che cambiò spesso nome a causa dei ripetuti
scioglimenti imposti dal governo) fu portatrice di un'ideologia nazionalista, anticapitalista ed antibolscevica, che rappresentò ben presto un'attrattiva fortissima per studenti, intellettuali, contadini ed operai.
Codreanu insieme alla moglie Elena Ilinoiu.
Vorrei presentare, nelle pagine che seguono, diverse conclusioni
della mia esperienza quotidiana in modo tale che possano essere comprese
da qualsiasi giovane legionario o operaio. Viviamo in abiti formali di
democrazia. Sono giusti, mi chiedo? Non lo sappiamo ancora. Ma vediamo
una cosa: sappiamo con precisione che una parte delle nazioni europee
più grandi e più civili hanno scartato questi vestiti e ne hanno messi
su alcuni nuovi.
Li hanno buttati perché erano buoni? Anche altre nazioni, compiono intensi sforzi per buttarli e cambiarli, perché? Puó essere che tutte le nazioni siano impazzite? Che solo i politici rumeni sono rimasti gli uomini più saggi del mondo intero? Sembra, non riesco a crederci abbastanza. Certo, chi li ha cambiati o desidera farlo, ha le sue ragioni.
Corneliu Zelea Codreanu
Ma perché dovremmo preoccuparci dei motivi di qualcun altro? Vediamo
meglio le ragioni che porterebbero noi romeni a buttare questi vestiti
di democrazia.
Se non abbiamo motivi per scartarli, se per noi sono adatti, allora
dovremmo tenerli, anche se tutta l’Europa se ne disfacesse. Tuttavia,
essi non sono buoni neanche per noi, perché:
1. La democrazia spezza l’unità del popolo romeno, dividendolo in
parti, mescolandolo, e così esponendolo, diviso, ad affrontare il blocco
unito della potenza giudaica in un momento difficile della sua storia.
Questo argomento da solo è così grave per la nostra esistenza da
costituire un motivo sufficiente per cambiare questa democrazia in
favore di tutto ciò che può garantire la nostra unità: e cioè la nostra
vita, perché la nostra disunione significa la morte.
2. La democrazia trasforma milioni di ebrei in cittadini romeni,
rendendoli uguali ai romeni e dando loro pari diritti nello Stato.
Uguaglianza? Su quali basi? Abbiamo vissuto qui per migliaia di anni,
con l’aratro e con l’arma, con il nostro lavoro e il nostro sangue.
Perché dovremmo essere uguali a quelli che sono qui da quasi 100, 10 o 5
anni? Guardando al passato, siamo stati noi a creare questo Stato.
Guardando al futuro, siamo noi romeni a ricoprire l’intera
responsabilità storica per l’esistenza della Grande Romania, loro non ne
hanno alcuna. Come potrebbero gli ebrei essere resi responsabili di
fronte alla storia per la scomparsa dello Stato romeno? Per riassumere:
non hanno né pari meriti sul lavoro, sul sacrificio e la lotta che ha
creato lo Stato, né paritá di responsabilità per il suo futuro.
Uguaglianza? Secondo un’antica massima, l’uguaglianza significa trattare
cose disuguali in modo diseguale. Su quali basi gli ebrei esigono
parità di trattamento, diritti politici pari a quelli dei romeni?
3. La democrazia è incapace di continuità nello sforzo. Divisa in
partiti che governano uno, due o tre anni, è incapace di concepire e
realizzare un piano a lungo termine. Un partito annulla i piani e gli
sforzi di un altro. Ciò che è stato ideato e costruito da uno oggi è
demolito in seguito da un altro. In un paese in difficoltà di
costruzione, il cui momento storico è la costruzione stessa, questo
svantaggio della democrazia costituisce una minaccia. É come se i
proprietari di una fattoria cambiassero ogni anno, ognuno dotato di
diversi piani, eliminando ciò che hanno fatto i predecessori, compiendo
il loro lavoro solo perché sia eliminato dal successivo proprietario che
verrá un domani.
4. La democrazia rende impossibile al politico fare il suo dovere per
la sua nazione. Un politico della più grande buona volontà diventa, in
una democrazia, schiavo dei suoi sostenitori, o soddisfa i loro appetiti
personali o distrugge il suo appoggio. Il politico vive sotto la
tirannia e la minaccia permanente dell’agente elettorale. Egli è posto
nella posizione di scegliere tra la rinuncia al lavoro della sua vita o
la soddisfazione dei suoi sostenitori. E quindi il politico soddisfa i
loro appetiti, non di tasca sua, ma dalla tasca del Paese. Egli crea
posti di lavoro, posizioni, missioni, commissioni, prebende, tutti a
pesare sul bilancio nazionale, che grava sempre di più sulle spalle
sempre più chine del popolo.
5. La democrazia non è in grado di essere autorità. Le manca il
potere di sanzione. Un partito, per paura di perdere i suoi sostenitori,
non applica sanzioni contro coloro che vivono attraverso offerte
commerciali scandalose facendo milioni, attraverso il furto o
l’appropriazione indebita, e non applica alcuna sanzione nei confronti
di avversari politici per paura che espongano i propri loschi affari e
scorrettezze.
Un popolo non è condotto secondo la sua volontà: la formula
democratica; né secondo la volontà di un individuo: la formula
dittatoriale. Ma secondo le leggi. Non parlo qui delle leggi fatte
dall’uomo. Ci sono norme, leggi naturali della vita, e ci sono norme, le
leggi naturali della morte. Leggi della vita e leggi della morte. Una
nazione è diretta alla vita o alla morte secondo il suo rispetto per
l’una o l’altra di queste leggi.
Rimane una domanda a cui rispondere: Chi, in una nazione, é in grado
di capire o sapere intuitivamente queste norme? Le persone? La
moltitudine? Se così fosse credo che ci si aspetterebbe troppo. Le
moltitudini non capiscono leggi molto più semplici. Queste devono essere
spiegate a loro da ripetute insistenze per poter essere comprese – sì,
anche da una punizione, se necessario.
Ecco alcuni esempi di leggi che sono imperativamente necessarie per
la vita delle persone, che le moltitudini capiscono solo con difficoltà:
che in caso di malattia contagiosa, il malato deve essere isolato ed è
necessaria una disinfezione generale; che la luce del sole deve entrare
nelle case, quindi una casa dovrebbe avere grandi finestre; che se i
bovini sono meglio nutriti e curati si ottiene di più per la nutrizione
dell’uomo, ecc
Se la moltitudine non capisce o capisce solo con difficoltà diverse
leggi che sono immediatamente necessarie per la sua vita, come si può
essere immaginare che la moltitudine – che in una democrazia deve essere
condotta attraverso sé stessa – possa comprendere le leggi naturali più
difficili, oppure che sappia intuitivamente le norme più sottili e
impercettibili di leadership umana, norme che si proiettano oltre la
moltitudine stessa, la sua vita, la necessità della sua vita, o che non
si applicano direttamente ad essa, ma ad una entità superiore, la
nazione?
Per fare il pane, scarpe, aratri, agricoltura, guidare un tram, uno
deve essere specializzato, non vi è alcuna necessità di specializzazione
per quanto riguarda la guida più impegnativa, quella di una nazione?
Non si devono possedere certe qualità?
La conclusione: un popolo non è in grado di governare sé stesso.
Dovrebbe essere governato da una sua élite. Vale a dire, per mezzo di
quella categoria di uomini nati nel suo seno che possiedono certe
attitudini e specialità. Proprio come le api alzano la “regina”, un
popolo deve innalzare la sua élite. La moltitudine allo stesso modo,
nelle sue esigenze, fa appello alla sua élite, il saggio dello Stato.
Chi sceglie questa élite – la moltitudine? Sostenitori possono essere
trovati per qualsiasi tipo di “idee” o voti per chiunque vada in corsa
per una carica pubblica. Ma questo non dipende dalla comprensione della
gente di quelle “idee”, “Leggi” o “candidati”, ma su qualcosa di
completamente diverso: sull’abilitá degli individui nel vincere il
favore delle moltitudini. Non c’è nulla di più capriccioso e instabile
nelle opinioni della moltitudine. Dai tempi della guerra, questa
moltitudine é stata, a sua volta, Averescana, liberale, nazionalista,
Nazional-contadina, Iorgana, ecc salutando ciascuno solo per sputare su
ognuno un anno più tardi, riconoscendo in tal modo il proprio errore,
disorientamento e incapacità. Il suo criterio di selezione è:
“Proviamone altri.” Così, la scelta è fatta non secondo il giudizio e la
conoscenza, ma a casaccio e confidando nella fortuna.
Ecco due idee opposte, una che contiene la verità, l’altra la menzogna. La verità – che non puó essere che una – è richiesta. La questione è messa ai voti. Un’idea raccoglie 10.000 voti, l’altra 10.050. É possibile che 50 voti più o meno determinino o neghino la verità? La verità non dipende né da maggioranza né da minoranza, ma ha le sue leggi e ha successo, come si è visto, contro tutte le maggioranze, anche se fosse schiacciata.
Trovare la verità non può essere affidato a maggioranze, proprio come nel teorema di Pitagora, non può essere messa ai voti della moltitudine al fine di determinare o negare la validità; o semplicemente come un chimico che fa l’ammoniaca non ricorre alle moltitudini per mettere le quantità di azoto e idrogeno al voto; o come un agronomo, che ha studiato l’agricoltura e sue leggi per anni, non deve rivolgersi a una moltitudine cercando di convincersi della loro validità in base al suo voto.
Possono le persone a scegliere la propria élite? Perché allora i soldati non scelgono il migliore come generale?
Al fine di scegliere, questa giuria collettiva dovrebbe conoscere molto bene:
a) Le leggi di strategia, tattica, organizzazione, ecc
b) In che misura l’individuo in questione è conforme alle attitudini e alle conoscenze per queste leggi.
Nessuno può scegliere con saggezza, senza questa conoscenza. Se la moltitudine desidera scegliere la sua élite, deve necessariamente conoscere le leggi di leadership dell’organismo nazionale e in che misura i candidati sono adatti a questa leadership per qualitá e conoscenze di suddette leggi. Tuttavia, la moltitudine può non conoscere né le leggi, né i candidati. Ecco perché riteniamo che l’elite leader di un paese non può essere scelta dalla moltitudine. Cercare di selezionare questa élite è come determinare per voto di maggioranza chi debbano essere i poeti, gli scrittori, i meccanici, gli aviatori o gli atleti di un paese.
Così la democrazia, basata sul principio di elezione, scegliendo la sua stessa élite, commette un errore fondamentale da cui si evolve l’intero stato di male, il disordine e la miseria nei nostri paesi. Tocchiamo qui un punto cruciale, perché da questo errore di concezione democratica si puó dire che hanno origine tutti gli altri errori.
Quando le masse sono chiamate a scegliere la loro élite non sono solo incapaci di scoprire e di sceglierne una, ma inoltre scelgono, con poche eccezioni, il peggiore all’interno di una nazione.
Non solo la democrazia rimuove l’élite nazionale, ma la sostituisce con la peggiore all’interno di una nazione. La democrazia elegge uomini totalmente privi di scrupoli, senza morale, chi pagherà meglio, quindi quelli con un più alto potere di corruzione; maghi, ciarlatani, demagoghi, che eccellono nei loro campi durante la campagna elettorale. Diversi uomini buoni sarebbero in grado di infiltrarsi in mezzo a loro, anche politici di buona fede. Ma sarebbero schiavi dei primi.
La vera élite di una nazione sarebbe sconfitta, rimossa, perché si rifiuterebbe di competere su tale base; si ritirerebbe e rimarrebbe nascosta. Quindi, le conseguenze sono fatali per lo Stato. Quando uno Stato è guidato da una cosiddetta “elite” peggiore, più corrotta, più malsana, non è permesso ad una persona chiedere perché lo Stato è diretto verso la rovina?
Ecco allora la causa di tutti gli altri mali … immoralità, corruzione e lussuria in tutto il paese; furti e spoliazioni della ricchezza dello Stato; sanguinoso sfruttamento del popolo, povertà e miseria nelle sue famiglie, la mancanza di senso del dovere in tutte le funzioni; disordine e disorganizzazione dello Stato; l’invasione da tutte le direzioni di stranieri con i soldi, che vengono a comprare negozi in fallimento le cui merci sono state vendute per un piatto di riso. Il paese viene messo all’asta …
“Chi paga di più?” In ultima analisi questo è dove la democrazia ci sta portando.
In Romania, in particolare dopo la guerra, la democrazia ha creato per noi, attraverso questo sistema di elezioni, una “elite nazionale” di Romano-ebrei, basata non su coraggio, né amore di patria, né sacrificio, ma sul tradimento del paese, la soddisfazione di interessi personali, la tangente, il traffico d’influenza, l’arricchimento attraverso lo sfruttamento e l’appropriazione indebita, furto, codardia, e intrigo per abbattere qualsiasi avversario.
Questa “élite nazionale,” se continua a guidare questo paese, porterà alla distruzione dello Stato romeno, quindi, in ultima analisi, il problema che ha il popolo romeno oggi, dal quale dipendono tutti gli altri, è la sostituzione di questa élite finta con una vera, nazionale, basata sulla virtù, l’amore e il sacrificio per il paese, la giustizia e l’amore per il popolo, l’onestà, il lavoro, l’ordine, la disciplina, la contrattazione onesta e l’onore.
Chi è che fará questa sostituzione? Chi metterá questa vera e propria élite al suo posto di leadership? Io rispondo: chiunque, tranne la moltitudine. Ammetto qualsiasi sistema eccetto la “democrazia”, vedendo che uccide il popolo romeno.
La nuova élite romena, nonché qualsiasi altra élite nel mondo, deve essere basata sul principio della selezione sociale. In altre parole, una categoria di persone dotate di certe qualità che coltivano, è naturalmente selezionata dal corpo della nazione, e cioè dalla grande massa di contadini sani e operai, che è permanentemente legata alla terra e al paese. Questa categoria di persone diventa l’elite nazionale destinata a condurre la nostra nazione.
Quando è possibile che la moltitudine sia consultata, e quando deve esserlo? Essa dovrebbe essere consultata sulle grandi decisioni che riguardano il suo futuro, al fine di affermare la sua parola che ne sia capace o meno, che sia spiritualmente preparata o meno a seguire un certo percorso. Dovrebbe essere consultata sulle questioni che interessano il suo destino. Questo è ciò che si intende per la consultazione del popolo, non significa l’elezione di una élite da parte del popolo.
Ma ripeto la mia domanda: “Chi indica la posizione di ognuno
all’interno di una élite, e chi conferisce un potere superiore? Chi
stabilisce la selezione e consacra i membri della nuova élite?” Io
rispondo: “L’elite precedente.”
Quest’ultima non sceglie né nomina, ma consacra ciascuno al suo posto
per il quale egli stesso si é elevato attraverso la sua capacità e il
valore morale. La consacrazione è fatta dal capo della élite in
consultazione con la sua élite. Così una élite nazionale deve fare in
modo di lasciare una élite che prenda il suo posto in ereditá, una élite
che non si basa, comunque, sul principio di ereditarietà, ma solo su
quello della selezione sociale applicata con il massimo rigore. Il
principio di ereditarietà non è sufficiente di per sé. Secondo il
principio di selezione sociale, continuamente rinfrescato da elementi
all’interno delle profondità della nazione, una élite si mantiene sempre
vigorosa.
Il principale errore storico è stato quello in cui una élite
che è stata creata sulla base del principio di selezione, ha lasciato il
giorno dopo il principio stesso che le ha dato la nascita,
sostituendolo con il principio di ereditarietà consacrando così il
sistema ingiusto e condannato di privilegi attraverso la nascita. E come
una protesta contro questo errore, per la rimozione di un’élite
degenerata, e per l’abolizione del privilegio per nascita, è nata la
democrazia. L’abbandono del principio della selezione ha portato ad una
élite falsa e degenerata, che a sua volta ha portato alla aberrazione
della democrazia.
Il principio di selezione elimina allo stesso modo sia il principio
di elezione che quello di ereditarietà. Si annullano a vicenda. Vi è un
conflitto tra loro, in quanto o non vi è un principio di selezione, e in
quel caso il parere e voto della moltitudine non importa, o questa vota
taluni candidati e in questo caso la selezione non funziona più.
Allo stesso modo, se si adotta il principio della selezione sociale,
l’ereditarietà non gioca alcun ruolo. Questi due principi non possono
andare insieme a meno che l’erede corrisponda alle leggi della
selezione.
E se una nazione non ha una vera élite – chi é la prima a designare
la seconda? Rispondo con una sola frase che contiene una verità
indiscutibile: in tal caso, l’élite reale nasce da una guerra con
l’élite degenerata – quella falsa. E anche questo in base al principio
di selezione.
Quindi, riassumendo, il ruolo di una élite è:
a) Guidare una nazione secondo le leggi di vita di un popolo.
“I diritti umani” non sono limitati soltanto dai diritti degli altri esseri umani, ma anche da altri diritti. Ci sono tre entità distinte:
1. L’individuo.
2. L’attuale collettività nazionale, cioè la totalità di tutti gli individui di una stessa nazione, che vivono in uno Stato in un dato momento.
3. La nazione, quella entità storica la cui vita si estende nel corso dei secoli e le cui origini giacciono nel profondo nella notte dei tempi, e con un futuro infinito.
Un nuovo grande errore della democrazia sulla base di “diritti umani” è quello di riconoscere e mostrare un interesse in una sola di queste tre entità, l’individuo, trascurando il secondo o ridicolizzando e negando il terzo.
Tutti questi hanno i loro diritti e i loro doveri, il diritto di vivere e il dovere di non violare il diritto alla vita degli altri due. La democrazia si prende cura di assicurare solo i diritti della persona. Ecco perché in democrazia si assiste ad una sovversione formidabile. L’individuo crede di poter invadere, con i suoi diritti illimitati, i diritti di tutta la collettività, che pensa di poter calpestare e rubare; di conseguenza, in democrazia, si assiste a questa scena straziante, questa anarchia in cui l’individuo non riconosce nulla al di fuori del suo interesse personale.
A sua volta, la collettività nazionale mostra una tendenza permanente a sacrificare il futuro – i diritti della nazione – per i suoi interessi attuali. Per questo motivo si assiste allo sfruttamento spietato e l’alienazione delle nostre foreste, miniere, riserve petrolifere, dimenticando che ci sono centinaia di generazioni romene, figli dei nostri figli a venire dopo di noi, che pure si aspettano di vivere e portare avanti la vita della nostra nazione. Questo sconvolgimento, questa violazione delle relazioni determinata dalla democrazia costituisce vera e propria anarchia, una sovversione dell’ordine naturale, ed è una delle cause principali dello stato di agitazione nella società di oggi.
Quando diciamo la nazione romena, intendiamo non solo tutti i romeni
che vivono in uno stesso territorio, condividendo lo stesso passato e lo
stesso futuro, lo stesso abito, ma tutti i romeni, vivi e morti, che
hanno vissuto su questa terra fin dall’inizio della storia e che
vivranno qui anche in futuro.
La nazione include:
1. Tutti i Romeni vivi.
2. Tutte le anime dei nostri morti e le tombe dei nostri antenati.
3. Tutti quelli che nasceranno Romeni.
Un popolo prende coscienza di sé quando raggiunge la consapevolezza di tutto questo, non solo delle proprie finalità.
La nazione possiede:
1. Un patrimonio fisico, biologico – la sua carne e il sangue.
2. Un patrimonio materiale – il suolo del suo paese e le sue ricchezze.
3. Un patrimonio spirituale che contiene:
a) Il suo concetto di Dio, del mondo e della vita. Questo concetto
costituisce un dominio, una struttura spirituale. Le frontiere di questo
dominio sono determinate da orizzonti raggiunti dalla luminosità del
suo concetto. Esiste un paese dello spirito nazionale, un paese delle
sue visioni ottenute dalla rivelazione o con i propri sforzi.
b) Il
suo onore che splende nella misura in cui la nazione si è adeguata nel
corso della sua storia alle norme derivanti dal suo concetto di Dio, del
mondo e della vita.
c) La sua cultura, la resa della sua esistenza
derivante dai propri sforzi nel campo delle arti e del pensiero. Questa
cultura non è intemazionale. È l’espressione del genio nazionale, del
sangue. La cultura è internazionale fino a dove la sua luminescenza può
raggiungere, ma nazionale in origine. Qualcuno ha fatto un bel paragone:
il pane e il grano possono essere internazionali come beni di consumo,
ma portano ovunque il timbro della terra in cui sono cresciuti.
Ciascuno di questi tre patrimoni ha la sua importanza. Un popolo deve
difendere tutti e tre. Il più importante è comunque il suo patrimonio
spirituale, perché é il solo a portare il timbro di eternità, é il solo
che dura per tutti i secoli. Gli antichi Greci non sono ricordati per la
loro costituzione fisica – null’altro che cenere resta di questo – né
le loro ricchezze materiali, se ne avessero avuta alcuna, ma per la loro
cultura.
ciao Wolf, un altro testo interessante che mette in discussione il valore della democrazia, in modo molto interessante, facendone una critica spietata e lucida è "la democrazia come violenza" di anonimo ateniese attribuito a Senofonte l'ultima edizione reperibile è della Sellerio del 1982, forse disponibile ancora in rete
RispondiEliminagigi
Non lo conosco ma vedro di leggerlo grazie del consiglio
RispondiEliminaParole illuminanti che condivido.
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