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lunedì 30 giugno 2014

IL DIO DEL MALE JAHVEH,E LA CREAZIONE DELLE RELIGIONI-5 PARTE




LE ORIGINI DEL GLOBALISMO




Vedrà meglio le cose, colui che le osserverà svilupparsi dalle loro origini.” 


Aristotele. Politica



Che gli Ebrei abbiano avuto, e mantengano, un ruolo centrale, nella fondazione e nell’espansione dello Star System Hollywoodiano, nel controllo delle tematiche immaginali occidentali e mondiali, e nella gestione delle Case di Produzione Cinematografica e televisiva, sia in America che altrove, è  una cosa generalmente abbastanza nota.  Meno ovvio, è il fatto che la maggior parte dei Produttori statunitensi sia stata, e sia, anche attualmente, di verace  ascendenza ebraica; fino a sfiorare, nei ruoli direttivi, e in quelli decisionali, la quota limite del cento per cento.




È facilmente intuibile, che la crescente invasione Coloniale ebraico – americana delle altre Nazioni, e il tentativo di instaurarvi il proprio Nuovo Ordine Mondiale: frutto concreto delle allucinazioni vetro testamentarie del Regno Jahveico, vengano attuati proprio dagli Stati Uniti; disinvoltamente ebraicizzati, attraverso cinema e  televisione di Stato; tramite l’«offerta» ossessiva e coatta del loro peculiare  sistema di vita e valori, e dei loro specifici paradigmi socio-economici. Nel dopoguerra, il cosiddetto Sogno Americano, di per sé insufficiente a devastare, persuasivamentela la Memoria storica degli altri popoli, imponendo il proprio Sistema Mondialista del «kibbutz globale», è stato affiancato, ben più efficacemente, dall’Immaginario ebraico post- Olocaustico.







La pesante suggestione fantasmatica, indotta da questa facinorosa  arma iconografica, e psico politica, usata dapprima al processo di Norimberga, per demonizzare i vinti della Seconda Guerra mondiale, e poi per criminalizzare, negli attuali tribunali del “Nuovo Regno”, gli eventuali dissenzienti, è stata usata ossessivamente, in appoggio ad una feroce repressione del pensiero critico, e al veto dell’espressione difforme; da tutti i vari Regimi di Occupazione Democratica post bellica. Ciò ha reso possibile, in Europa, l’oblio pianificato del passato, l’indottrinamento coatto delle nuove generazioni, la paralisi imparziale  delle intelligenze, lo spregio arrogante d’ogni reale verità; e, dulcis in fundo, la diffusione cancerogena, su scala planetaria, dell’americanismo: rampante cavallo di Troia dell’ebraismo sionista.



Da chi non si permette mai di violarli apertamente, i tabù sono considerati, di solito, come un frutto dell’ altrui immaginazione, e chi non trasgredisce ai loro ferrei divieti, non può nemmeno percepirne l’esistenza. Chi pone le proprie domande esistenziali e vive, solo entro il circuito dei panorami concessi, non si accorgerà mai che certe “ampie vedute” sono severamente vietate. Inoltre, la vantata protezione giuridica, che la democrazia afferma di garantire ai dissenzienti, viene assicurata loro soltanto finché non la pretendono.




Il sionista ebreo Max Nordau, nel suo  Il senso della storia, dice:


La gran massa dell’umanità non prova il minimo interesse, né  per la narrazione storica né per gli avvenimenti storici stessi. L’indifferenza degli uomini per il passato, per tutto ciò che esula dal campo della loro  immediata percezione, è una verità innegabile. Nella maggior parte degli uomini, il senso critico è assai scarsamente sviluppato. Essi non hanno la capacità, ma soltanto il desiderio di discernere il vero dall’illusorio. Ogni opinione attendibile, viene supinamente accettata; senza domandare dimostrazioni, e senza esaminarne mai la reale solidità.



Ad una dichiarazione si  oppone sfiducia, dubbio, o risoluta negazione, solo quando essa contraddice troppo rudemente   quanto già si conosce; e, specialmente, quando lede i nostri sentimenti ed interessi.




All’inizio del Novecento, il celebre giornalista inglese Henry Wickham Steed scrive:


«Quella ebraica, è una delle maggiori questioni al mondo e nessuno, scrittore, politico, o diplomatico che sia, può essere considerato maturo, finché non l’abbia affrontata con decisione; in ogni  suo aspetto ».





Due decenni prima, la penna «antisemita» di Edouard Drumont, autore de “La France Juive” scriveva:


 « Tutto quello che capita ad un ebreo nell’angolo più remoto d’un deserto assume le dimensioni di un evento epocale».




Friedrick Nietzsche


Non diverso, era l’avviso di Friedrick Nietzsche in Aurora:


«Agli spettacoli cui ci invita il prossimo secolo, appartiene la  decisione sul destino degli ebrei. Che essi abbiano gettato il loro dado, e passato il loro Rubicone, è  un fatto palese: ormai non resta loro che di diventare i padroni dell’Europa, oppure di perdere l’Europa,  come già una volta, molto tempo fa, hanno perso l’Egitto, dove si erano posti un simile aut-aut. In Europa però, hanno fatto una scuola di diciotto secoli; come nessun altro popolo può dimostrare d’aver qui compiuto. Oltre tutto, hanno saputo ricavare, da quelle occupazioni che si sono loro lasciate, o alle quali si sono dati, un senso di enorme potenza, e di eterna vendetta»






Nel 1918 il sionista Adolph Berle,Testa d’Uovo rooseveltiana, in The World Significance of a Jewish State, afferma:


«Il movimento sionista, come tale, riguarda principalmente gli ebrei. Ma la storia degli ebrei è  un bene comune all’intera umanità, inestimabile in virtù̀ dell’influenza esercitata sulle concezioni  morali e religiose dell’uomo. L’ebreo stesso, è un fattore sociale di tale importanza, per il mondo, che i suoi interessi razziali e nazionali sono, di per sé, gli interessi del mondo intero».



«Non esiste che una sola questione sulla terra, ed è la questione d’Israele. Questione a due facce,  dove l’interna è il laicismo: ovvero il rapporto tra la scienza e la fede, e l’esterna l’internazionalismo; cioè il rapporto tra la patria e l’umanità. Laicismo ed internazionalismo sono, invero, le due facce del giudaismo».






Il critico teatrale ebreo americano  Ludwig Lewisohn, in un piccolo capolavoro di astuzia  farisaica, declama:



«La cosiddetta questione ebraica consiste in null’altro che nell’unicità  del nostro essere nel mondo, nell’esistenza cioè di un popolo che, pur privo di una terra e degli usuali attributi di nazione, è tuttavia, e sempre resterà, un popolo. Noi non vogliamo, quindi, risolvere la  questione ebraica. Risolverla sarebbe auto-distruggerci. 



Vogliamo invece affermarla, affermare il  fatto che può esserci un popolo, che mai fu nemico degli altri popoli, che mai fu unito al potere, o  alla speranza del potere, che ha perciò rappresentato per secoli, e rappresenta oggi, un tipo di nazione che sarà la salvezza per un mondo barbaro e bellicoso. Attraverso il costante esempio  della nostra nazione, pacifica e spirituale, noi aiuteremo a rimodellare lo stesso concetto di Nazione, a  dargli coscienza della sua corretta funzione, adempiendo la nostra missione tra i popoli della terra.



Ogni ebreo che nega o minimizza la propria ebraicità, e si assimila al popolo in mezzo al quale  vive, tradisce non solo il suo popolo ma tutti i popoli. Perchè non c’è salvezza, per l’umanità, se non  nella pace, se non nella fraternità, se non nella separazione del nazionalismo dal potere; dell’economia dal conflitto; e  della coesistenza delle nazioni dalla guerra. Da tempo immemorabile siamo  stati scelti dal senso della storia, quale esempio di popolo pacifico, di popolo senza potere, di popolo tale solo in forza dello spirito.  Oggi è tempo di essere per noi stessi; è tempo di sapere al profondo che essere, in questo senso, per noi stessi, vuol dire essere per tutti gli uomini».






In Das Ratsel des judischen Erfolges “L’enigma del successo ebraico” del 1928, l’«antisemita» F. Roderich-Stoltheim (Theodor Fritsch) scrive:


«Ci siano enigmi nella storia dei popoli, gli ebrei ne costituiscono uno dei massimi, e chi ha studiato i problemi del genere umano senza  affrontare la grande questione ebraica è certo rimasto in superficie nella conoscenza della vita. Non v’è in pratica settore, dall’arte e dalla letteratura alla religione e all’economia, dalla politica ai  più segreti spazi dell’amore e del crimine, nei quali l’influsso dello spirito e dell’anima ebraica non sia riconoscibile, e nei quali non abbia imposto alle cose una particolare direzione»

«Chi ha compreso il problema ebraico, ha compreso tutto».



«La questione ebraica è la chiave della storia mondiale». Nessuno può trattare con indifferenza il principio razziale.  Esso è la chiave di volta della storia, e il fatto che la storia è spesso così confusa è perché è stata  scritta da persone che non conoscevano tale principio, è tutto il sapere che esso  implica. Non la lingua e la religione fanno una razza; solo una cosa fa la razza, e questa cosa è il sangue!».   






L’ebreo russo Aaron Zeitlin, afferma che:


L’ebreo è sempre in cerca del suo  Dio, anche quando lo rinnega, e il giudaismo significa aspettare tutti i giorni, anche quando si è miscredenti, di udire lo shofar: il corno  di montone rituale]che annuncerà il Messia».




Gli fanno eco Paul Giniewski:


«Da secoli e millenni Israele e gli ebrei sono una delle preoccupazioni del mondo, e anche uno dei suoi traumi».




 Ben Gurion


«Il senso di Israele e di perfezionare la creazione». 





Pretesa questa, rivendicata anche da Rabbi Michael Goldberg, per il quale:   

«Gli ebrei, cardini dell’ azione redentrice nel mondo, devono servire quale popolo di Dio, poiché solo da loro dipendono la redenzione del mondo di Dio, e il Suo stesso Nome»







Questa demenzialità apologetica, folgora anche l’ebreo  «tedesco» Josef Kastein, nato Julius Katzenstein, facendogli dire:


«Tra le razze civili del mondo, il popolo ebraico è al contempo la migliore e la meno conosciuta. Un popolo così intensamente vitale come quello ebraico, non necessita di apologia. Al contrario, occorre anzitutto che gli si rammenti sempre la sua vera natura, cosicché non rischi mai di scordare le stupende  responsabilità di cui è stato caricato su questa Terra ».



Gerald Abrahams, sintetizza poi il tutto:


«La teocrazia è uno dei grandi contributi, non riconosciuti, di  Israele all’agire politico del mondo»



Cosa sia  questa «teocrazia ebraica» lo ha illustrato assai bene  il professor Giuseppe  Levi:


«La vera Teocrazia è quel governo in cui Dio stesso è l’autore immediato delle leggi civili, politiche e religiose, ed egli stesso dirige la nazione nei casi non provvisti dalle leggi.  Vera teocrazia, pertanto, non può chiamarsi se non là, dove o una persona o una cosa è creduta, esclusivamente, in diretta comunicazione con Dio, e sola intermediaria tra la Divinità e un popolo. Nella legislazione mosaica, è Dio stesso il legislatore primitivo, diretto ed anzi unico.

In essa, la Divinità  non è  uno strumento in mano all’uomo, ma è l’uomo, il popolo, l’umanità che figurano come uno strumento in  mano a Dio;  per il compimento del loro destino, e dei suoi eterni intenti».



Destino ed intenti profetizzati, due millenni prima, nell’arido deserto del Qumran:


 «E questo è  il libro della Regola della Guerra.

L’inizio si avrà allorché i Figli della Luce [B'nai Or]  attaccheranno i Figli delle Tenebre, l’esercito di Belial, la milizia di Edom, di Moab, dei figli di Ammon,  gli Amaleciti e il popolo della Filistea,  le milizie dei kittim di Assur, ai quali  andranno in aiuto coloro che agiscono empiamente verso il Patto.



I figli di Levi, i figli di Giuda e i  figli di Beniamin, gli esuli del deserto, combatteranno contro di essi; contro tutte le loro milizie,  allorchè gli esuli dei Figli della Luce torneranno dal deserto dei popoli, per accamparsi nel deserto di Gerusalemme. E dopo la guerra se ne andranno di là̀, contro tutte le milizie dei kittim in  Egitto. Vi sarà una costernazione grande tra i figli di Jafet, Assur cadrà e nessuno l’aiuterà,  scomparirà la dominazione dei kittim, facendo soccombere l’empietà senza lasciare traccia, e non rimarrà alcun rifugio per tutti i Figli delle Tenebre. Verità e giustizia risplenderanno per tutti i confini del mondo, illuminando senza posa fino a quando saranno finiti tutti i tempi stabiliti per le tenebre.



Nel giorno in cui i kittim cadranno vi sarà un combattimento e una strage grande al cospetto del Dio di Israele; giacché questo è il giorno, da lui determinato da molto  tempo per la guerra di sterminio dei Figli delle Tenebre, nel quale saranno impegnati in una grande strage. Sarà questo il tempo dell’angustia per tutto il Popolo della Redenzione di Dio.




Due millenni dopo, il Rabbino riformato Kaufmann Kohler afferma in “Lineamenti di una teologia sistematica dell’ebraismo, basata su fondamenti storici”, edito a Lipsia nel 1910:  

«La speranza futura dell’ebraismo è racchiusa nell’espressione Regno del Dio Onnipotente, regno dei cieli: “signoria di Dio”.



La  predicazione dei profeti che il Dio Unico di Israele verrà riconosciuto dalle nazioni, quale Signore del mondo intero, ha creato questa idealità futura dell’ebraismo, e con ciò ha dato alla storia del  mondo una meta e uno scopo ultimo, facendo di Israele, Popolo di Dio, il suo fulcro e il suo perno. La vera speranza messianica ha per sostanza il ristabilimento del Trono di Davide. Con specifico riguardo al Servo Sofferente del Deutero-Isaia, il titolo di Messia sarà, d’ora innanzi, applicato al popolo di Israele: Israele, il Messia sofferente, diverrà alla fine dei tempi il Messia delle  nazioni, coronato di vittoria»





Nel 1920, dopo tre anni d’Orrore bolscevico, Rabbi Oscar Levy recita il  mea culpa;



«Noi siamo stati colpevoli. Noi, che ci siamo posti come salvatori del mondo, noi,  che ci siamo perfino vantati di avergli dato “il” Salvatore, non siamo oggi niente altro che i seduttori del mondo, i suoi distruttori, i suoi incendiari, i suoi carnefici. Noi, che abbiamo promesso  di condurvi in un nuovo paradiso, siamo riusciti alla fine a condurvi in un nuovo inferno. Non  c’è stato alcun progresso, men che meno un progresso morale. Gli ebrei sono i padri spirituali  della democrazia, e perciò della plutocrazia. Elementi ebrei sono le forze propulsive, sia del  comunismo sia del capitalismo».   





Eloquio pubblicitario ebraico, magnificato anche  in un Mensile di dottrina e di vita del giudaismo, del 1921:



« Israele soltanto, è in grado, per le sue qualità ereditarie, di donare profeti, uomini che possono entrare in relazione con Dio in maniera soprannaturale.  Israele è come la semente che trasforma in propria natura gli elementi contenuti in seno alla Terra:  Israele è il cuore di quell’organismo che è l’umanità. È il cuore delle nazioni».






Nel 1923, l’ardente sionista, Rabbi Louis Israel Newman dichiara:


«La missione moderna  dell’ebreo è di assumere la leadership morale del mondo».







Nel 1924, Maurice Samuel ammette, invece, una impossibilità di fusione fra ebrei e non ebrei:



«Voi avete il vostro modo d’essere, noi il nostro. Per il vostro modo di vita noi manchiamo sostanzialmente di “onore”. Per il nostro modo di vita, voi mancate sostanzialmente di moralità. A voi, appariremo per sempre privi di grazia, a noi apparirete per sempre privi di Dio. Noi ebrei, noi, i distruttori, resteremo distruttori per sempre. Nulla di quanto farete placherà i nostri bisogni e le nostre domande.  Distruggeremo in eterno, perché ci è necessario un nostro mondo, un mondo di Dio, che non è nella vostra natura di edificare .».








Quindici anni dopo, a New York, questo delirio schizofrenico ebraico di un Dio che ha scelto gli Ebrei come il Suo Popolo Eletto, viene resuscitato da Harry Waton nel contesto di un programma del  Committee for Preservation of the Jews:



«Come il comunismo, l’internazionalismo è il fondamento della società, la base di ogni umano progresso, la speranza della classe lavoratrice, il destino  dell’umanità. Facciamo sì che tutte le nazioni della Terra divengano razionali, facciamole entrare in una Federazione di Nazioni, come in questo paese abbiamo una federazione di Stati. Ma, al contempo, gli ebrei sono nazionalisti in quanto ebrei. Gli ebrei, ovunque nel mondo, a prescindere dal posto in cui vivono, dalla lingua che parlano, dal sistema di vita e dagli usi e costumi che  seguono, si riconoscono tutti l’un l’altro; come un unico popolo. Per questa ragione lo Stato ebraico giunse sempre dove fu il popolo ebraico, e poiché ora gli ebrei sono disseminati su tutta la Terra, lo Stato  ebraico si estende su tutta la Terra. Questo è il motivo per cui lo Stato ebraico è internazionale e  così potente. Inoltre, poiché è vero che gli ebrei sono il popolo più nobile e civile della Terra, essi hanno il diritto di sottomettere a sé il  resto dell’umanità, e di essere i signori dell’intero pianeta terra. Gli ebrei diverranno i signori della  Terra e sottometteranno tutte le nazioni, non attraverso la potenza materiale, non con la bruta forza ma con la luce, la conoscenza, l’intelligenza, l’umanità, la pace, la giustizia e il progresso».   






Questa arroganza spirituale, e questa presunzione materialista, vengono ribadite nel 1949, dopo la Seconda Guerra Mondiale, da Rabbi Ignaz Maybaum che, in The Jewish Mission riconosce, nell’idea del Messia, la pietra angolare del giudaismo; quel sostegno senza il quale crollerebbe l’intero edificio religioso ebraico, per cui la storia non è il racconto delle reali azioni umane, ma una serie di toledot ha-yeshuah, o di  «storie della  salvezza»:

«Il giudaismo è  messianismo.



Il messianismo vede la storia come uno stadio in cui il piano di Dio si auto-rivela,  dove la Sua promessa, dataci attraverso i Sui profeti, sarà compiuta  Il Regno di Dio giungerà. Come uomo  messianico, l’ebreo vive nella storia e oltrepassa la storia. Il giudaismo è messianismo. Ma il giudaismo non è solo il messianismo. Il profeta e  il sacerdote sono, entrambe, gli eterni archetipi dell’ebreo.  Fianco a fianco col profeta, che insegna la speranza per il tempo promesso, sta il sacerdote.

 Il sacerdote non guarda avanti, al futuro; egli è di fronte a Dio, qui e ora: nei giorni di questa sua vita, e nel  luogo in cui egli la vive. Il grande pericolo, per noi, in quanto popolo messianico, è di fermarci  incondizionatamente in un’epoca, considerarla un “tempo compiuto”. Dobbiamo essere più che  cittadini di un qualunque Stato, in Palestina come altrove. Dobbiamo restare ebrei. Gli ebrei sono  ebrei, solo se restano cittadini del Regno di Dio.»






A chiarire ancor meglio, gli scopi ultimi dell’ebraismo e del giudaismo cristiano, ecco l’elucubrazione di un filosofo russo  ortodosso: Vladimir Solovev, sviluppata nel suo «L’ebraismo e il problema cristiano», del 1884.:




«Il  fine ultimo, è lo stesso per i cristiani e per i giudei: la Teocrazia Universale, la realizzazione della  legge divina nel mondo umano, l’incarnazione del celeste nel terreno. Questa unione di cielo e terra, questa nuova alleanza di Dio con la creazione, questo cerchio perfetto, e questa corona dell’opera universale, sono riconosciuti in uguale misura dal cristianesimo e dal giudaismo. Tuttavia, nel  cristianesimo ci viene rivelata anche la via per arrivare a questa corona, e questa via è la croce. Cristianesimo ed ebraismo hanno un compito teocratico comune, quello di creare una società giusta.  Poiché la fonte di ogni giustizia è in Dio, ne consegue che la società  giusta è una società divino-umana. In essa tutto l’uomo si sottomette volontariamente a Dio, tutti gli uomini sono concordi,  ed hanno il pieno dominio sulla natura materiale.






Secondo il concetto ebraico, una simile società ideale deve incarnarsi nel popolo d’Israele, e nel regno del Messia. Secondo il concetto cristiano, tutti  i popoli vi sono ugualmente chiamati. Questo universalismo cristiano, va inteso nel senso, che le  nazionalità non sarebbero altro che un materiale indifferente, di fronte alla teocrazia universale. 



Se gli ebrei hanno la pretesa di occupare una posizione particolare, e di avere un peso speciale nella teocrazia universale, non c’è bisogno che neghiamo a priori questa pretesa, soprattutto se ricordiamo quello che dice a questo proposito l’apostolo Paolo: “Essi sono israeliti e possiedono l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa.  Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Dio non ha ripudiato il suo popolo, che egli ha scelto fin da principio.

Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi: l’indurimento di  una parte di Israele è in atto fino a che saranno entrate tutte le genti. Allora tutto Israele sarà salvato [Romani IX 4-5, XI 1-2 e 25-26]“»



Percorso elitario, razziale e genetico, dunque, per cui la religione jahveica non risulta essere altro che «la deificazione pseudo spirituale della sola “razza ebraica”».



I concetti di creazione e missione unica ed esclusiva del Popolo Ebraico, rientrano in una  weltangschauung demenziale, scaturita dallo psichismo egregorico Jahveico, espresso dal gruppo razziale ed etnico-nazionale ebraico, e continuamente rafforzato dai suoi componenti. Ecco quindi, perché gli Ebrei, piaccia o meno, non possono essere accettati, anche se da sempre lo pretendono, come degli esseri   «universalmente umani». L’intera Torah ebraica, del resto, non è che l’espressione letteraria e psicologica, di un particolare, ed assai limitante, ordine “tribale” del mondo.  Recita lo Zohar:


«Israel we Torah echad hu.

Israele e la Torah sono la stessa cosa».


Israele e la Torah sono, per i non ebrei, i sintomi di una malattia devastante: il germe virale di un contagio dissolvente. Lo spirito di rivolta inerente al giudaismo è di una qualità tutta negativa, e agisce in seno delle nazioni per dissolverne ogni forma religiosa, politica, sociale. Esso vuole eternamente distruggere l’altro da sé, per un istinto egoico di auto conservazione esclusiva. Portatore di una tara atavica di anarchia, sovversivo di ogni ordinamento altrui, agente di dissociazione, dissoluzione e denazionalizzazione, l’ebreo è “il perturbante”,l’unheimlich, che costruisce la propria identità a spese di ogni altro soggetto. Il popolo ebraico, si vede obbligato, dal Patto con il suo Dio egregorico, Jahveh, a combattere un’eterna Guerra Santa, per imporre, questo caliginoso “Demone” della sua razza, a tutte le altre stirpi umane; facendone la fede religiosa, coatta, dell’intera “umanità” asservita ad Israele.



Il suo «inesorabile universalismo», è un costante aggredire, e possibilmente devastare, la psiche e lo spirito degli altri popoli, e delle razze umane non ebree. Il progetto di Jahweh, per Israele, è quello di eliminare e ribaltare, per suo mezzo, ogni altra configurazione Divina ed archetipica; ogni altra struttura endo-psichica e sociale. Popolo extraterritoriale per eccellenza, disperso ed infiltrato in tutti i Paesi, ma come i germi nocivi, concentrato di preferenza nelle cloache delle Metropoli, questo sedicente “Pellegrino della disperazione” è il veicolo patologico di una presenza, che rivela la malattia psichica incombente in esso: una mania sacerdotale, che esige, per credersi sana, di creare un gregge di malati terminali: schiavi umani a cui imporsi facilmente.



Questi deliranti servi trasognati di Jahweh, pastori e vicari, per un Dio che brama di razziare i greggi altrui, sono gli eterni stranieri: i portatori contrariati di un perenne, insanabile dissenso. Ostinati e tenaci, nemici subdoli di tutte le società non ebree, in cui hanno vissuto, questi psicopatici misticheggianti, sono il germe di tutte le insurrezioni, che, per distruttive che siano per gli altri, ad essi sembrano sempre favorire la ricostruzione del loro favoloso Tempio Perduto.



Ibri-Khabiru è un termine che significa miserabili, stranieri erranti, malati, impuri, schiavi, e banditi. Gli Ebrei, Ivri, o Habiru, sono i lebbrosi emarginati, che transitano oltre, i vagabondi che stanno sempre dall’altra parte, e che, tradendo tutti, in nome di un loro patologico Incubo fisico, e teologico, sperano di trovare nell’altrove il risveglio e la guarigione; a loro esclusivo vantaggio. Ossessi, devastati psichicamente dal vuoto dell’erranza, fruitori di infiniti miraggi sapienziali, privi di reale sostanza e  di significato reale, questi Ebrei si sono dati un Unico Scopo, che è anche quello del loro Dio esclusivo: aggredire e distruggere ciò che non è ebraico, ciò che non è sottoposto al Patto Egregorico, e che non si sottomette al loro repellente dominio.



Essi sono perciò “giudei”; i solitari, i separati, coloro che hanno preferito costellare la turbolenza erratica, e l’odio di un’inquietudine gregaria, coltivato e divinizzato, nell’infuocato deserto medianità,  per 40 anni; per farne un potere egregorico, che costituisce il più intimo segreto della loro casta sacerdotale, e la loro fondamentale ragion d’essere. Nomadi e parassiti opportunistici, essi sono, da sempre e per sempre, gli avversari e i nemici di tutti gli altri Dei, degli Dei altrui, e del Divino in ognuno; avversari coriacei della dimensione naturale, creativa e costruttiva, propria allo psichismo  e allo spirito ariano.



Israele deve per forza credere, se vuole vivere e prosperare a lungo, di possedere, esso solo, la chiave della salvezza del mondo intero. Deve affermare di esistere per mettersi alla testa degli altri popoli, e per trascinarli dietro a sé, come un cieco gregge; guidandoli, alla fine, alla meta abissale preordinata solo per loro. Insoddisfatto ed inquieto, prigioniero del proprio endemico delirio epilettoide, l’Ebreo deve, se vuole restare tale, danneggiare e sconvolgere ogni armonia naturale e tradizionale altrui.




Israele lotta assieme al suo Dio, contro tutti gli altri uomini e i loro Dei, perchè Jahweh combatte per regnare, da solo, sul Mondo intero. Questo popolo scabro ed inquietante, che pretende d’essere la più grande benedizione dell’umanità, si rivela, invece, come la sua peggiore maledizione; non la Primizia del Raccolto e la Nazione Eterna; ma la devastazione d’ogni messe, e il veleno inoculatosi in ogni Nazione.



Il Popolo Eletto, che vorrebbe essere la misura e la bilancia della civiltà umana, d’ogni epoca, non è che il servo sub umano, e per lo più disumano, di un Dio tribale; incivile e crudele: Jahweh. L’etica morale dell’ebreo Jahweico, consiste, semplicemente, nel mentire sulla propria occultata e radicale immoralità; di popolo Satanico, che si spaccia per stirpe divina e geniale.



Bene ancorato a questo mondo transitorio e storico, l’Ebreo vende, ai non ebrei, la favola di una perenne ricerca dell’Altro Mondo; l’eterno  delirio di Nuovi irraggiungibili Orizzonti.

Nel frattempo, nella dimensione del qui ed ora, egli sconvolge ogni ordinamento naturale e tradizionale altrui, perché il suo “Dio speciale” non si manifesta mai nella Natura, ma nella Storia. Non è, difatti, una Forza cosmica divina, ma un’Energia psichica collettiva artificiosamente divinizzata.



Jahweh, non viene promosso e nutrito dall’Ebreo del Patto d’elezione, come Unico Dio, con lo scopo di restaurare, redimere, riparare, correggere, ornare, o migliorare  il mondo; né per farlo più giusto. Jahweh e i suoi soci mafiosi, agiscono per conquistare e sfruttare il mondo ed i popoli; come proprio bottino di guerra.;Operare per il «ristabilimento del mondo sotto il regno dell’Onnipotente Jahweh», e  trasformarlo in un ricettacolo per la Presenza di quello, significa, per questi dementi, favorire l’avvento del Messia Ebraico: «scopo ultimo dell’intera creazione».



Un delirio davvero sanguinario, questo jahweismo esclusivo, che pretende di obbligare ai precetti interessati, di questo “Dio egregorico ed etnico”, anche chi, non essendo ebreo, non ne vuole sapere nulla. Ogni uomo ha il proprio Dio, ma gli Ebrei pretendono di poter punire, con la morte, chi non accetti il loro specifico ed Unico Dio elettivo: Jahvé., Il Monoteismo ebraico è la causa immediata del messianismo, e di una “Storia Universale” pretesa tale per l’intera umanità.



Senza quest’osceno aborto mentale, del “Dio Unico”, non sarebbe mai potuta sorgere l’idea di una “Umanità” intesa come un gregge unitario.,Il Credo demenziale dell’unità della razza umana, che nega ogni evidente diversità qualitativa, e razziale, è il risultato, ovvio, della pretesa Unicità di Dio. Se c’è un solo Dio, difatti, ne consegue, obbligatoriamente, che egli sia anche lo stesso per l’intera umanità. Chi non accetta questo dato di fatto, deve perciò venire eliminato; come eretico blasfemo.



Curioso, poi che questo Unico Dio, sia proprio quello monopolizzato dagli Ebrei, e poi scippato dai loro epigoni cristiani ed islamici.,La pretesa che gli uomini siano tutti uguali, implica e sottintende il fatto, che essi debbano anche avere la stessa religione; e, dato che gli Ebrei hanno, a parer loro, l’unica vera e sola Religione Rivelata, proveniente direttamente dal loro Dio, sedicente Unico Dio, ecco che tutti gli uomini, volenti o nolenti, devono accettare la Religione Ebraica, e i suoi legittimi e soli sacerdoti autorizzati: gli Ebrei.



Con questo escamotage teologico, ecco che gli Ebrei, emulati poi anche da Cristiani ed Islamici, che si vantano anch’essi d’avere il Solo Unico Dio, e L’unica Vera Religione, possono diventare comodamente padroni in casa altrui, trasformando a forza tutti i non ebrei, i non cristiano, o i non islamici, in propri schiavi, o, al meglio, in operai salariati al loro servizio.


Per quanto riguarda gli Ebrei, il rifiuto dell’Unico, ovvero di Jahvé, e del suo giudizio, ovvero di quello dei suoi vicari sacerdotali in terra, esso è proibito non solo a loro, ma anche ai non ebrei. L’Intolleranza è quindi intrinseca alla natura del Monoteismo, in quanto un Dio Unico, che non tolleri altri Dei accanto a sé, non può che essere El Qanna: il Dio Geloso, e il patrono della volontà ebraica di dominio mondiale.



Che l’“Idolatria”, ovvero il non accettare, come solo ed Unico possibile Dio, la loro specifica Divinità elettiva, sia il massimo, ed il più grave dei “peccati” possibili, lo attesta anche il cripto ebreo Maometto, quando afferma che essa è, senza dubbio, un crimine assai peggiore dello stesso omicidio.



Il Dio egregorico  di questi ossessi semiti, ebrei, ebrei rinnegati, o pseudo ebrei, non ammette e non perdona il politeismo, la diversità, e permette invece, per propria augusta volontà, ogni altro possibile delitto.  Jahvé, Il Dio geloso ed ipercritico, non sopporta il palese adulterio, e  non perdona la terribile “infedeltà coniugale” dei suoi succubi: i maschi resi sue spose fedeli, per mezzo della circoncisione.

Che altro, dovremmo mai aggiungere?



I 7 precetti Noachiti ebraici, relativi ad una mai esistita, ma vantata religione universale, non sono che una delle innumerevoli astute elucubrazioni, escogitate dal rabbinato del II secolo d.C, per stabilire la volontà ebraica di esigere l’obbedienza all’autorità sacerdotale, anch’essa ebraica, da parte dei non ebrei, o Gojim. Queste Leggi, di pura fantasia, totalmente redatte da ebrei, vengono da essi ancora oggi considerate vincolanti, anche per il non ebreo, che, se vi trasgredisce, può venire punito con la morte.






Questi 7 “Comandamenti” dei figli di Noé, consistono di un ordine perentorio, e di sei proibizioni: 


1. Bisogna obbedire alle leggi, ai tribunali, e alle autorità.


2. Sono proibite;La Bestemmia, ovvero la negazione di Dio, e, per estensione, dei suoi Eletti.


3. L’Idolatria, ovvero ogni culto che non sia quello monomaniacale di Jahvé.


4. I rapporti sessuali illeciti: adulterio, incesto, sodomia e zoomixia.


5. Il versamento di sangue:  tramite omicidio o suicidio.


6. Il furto.


7. Il mangiare parti di un animale vivo.






I Tre pilastri della Religione d’Israele,sono le Tre verità a cui deve assolutamente 
credere l’Ebreo:



1. La fede nell’esistenza di un solo, unico, altissimo Dio.


2. La fede che la Torah sia stata consegnata agli Ebrei direttamente da questo Unico Dio: Jahveh.


3. La fede che questo Dio sia un giudice giusto.





Prodotto storico imperfetto, il Mondo non è, per l’ebreo, il cristiano, e il musulmano, che lo imitano, né eterno né immutabile, nelle sue intime “leggi” ed “Armonie”. Simile al suo Dio Creatore, l’ebreo, ed i suoi due cloni settari, giudeo cristiani e maomettani, devono assumersi pienamente le proprie responsabilità, nella Ri-Creazione del mondo. Per loro, difatti, questo Spazio terreno è il Regno del Male, e delle forze demoniache: il luogo della separazione; delle luci puntiformi, della confusione, e del disordine.



L’Altro Lato, inaccessibile ed astratto, sarebbe la fine dell’Ordine del Male, la pace, la perfezione di un’interezza ritrovata, dopo il millenario e tumultuoso spezzettamento nella Storia.

Il torvo Uni-Dio degli Ebrei, e dei loro scismatici eretici, Cristiani ed Islamici, è il Grande Vanitoso, che pretende di avere creato tutto e tutti a propria maggior gloria, affinché le creature e l’uomo fossero consapevoli dell’Eterna Gloria del suo Nome: l’Inconoscibile che trascende la Creazione.



Delirio di grandezza dell’Ebreo, e pretesa d’assoluta preminenza del suo Dio Esclusivo, si equivalgono perfettamente; esse delineano una comune patologia: la tendenza maniacale all’apologia di sé stessi, pur nella umiliazione dell’erranza, o nell’obbligo di un’eterna caliginosa metamorfosi. Così, Israele vuole imporsi quale solo vicario del suo Dio, e come unico Redentore del genere umano; pretesa, a ben vedere, alquanto preoccupante!



Per distinguersi dagli altri popoli, Israele pone l’Età dell’Oro nel futuro, invece che nel passato. Il fatto di trasferire la gioia edenica nell’avvenire, dipende dal fatto che il popolo ebraico, a differenza degli altri popoli, non ha mai avuto un glorioso passato, e, semmai, ha potuto spesso testimoniare di un proprio squallido presente. Perciò, esso si è costretto a contemplare il proprio “Glorioso futuro”: un avvenire ovviamente fittizio, ma libero da ogni fastidiosa, possibile verifica.



L’idea messianica, è un altro dei Midrash ebraici: il sogno ardente di una Nazione miserabile, di acquisire un potere mai avuto, e di vedere avverato il proprio infame desiderio di vendetta, e di dominio sulla Terra, e sugli altri popoli. Il Regno del Re-Messia ebraico, è un dominio prettamente mondano, e l’idea messianica, ovvero il Dominio del mondo e delle Genti, costituisce il fondamento dell’ebraismo, e lo scopo ultimo della Torah.



Per l’Ebreo, la propria natura umana, come pure la Natura in sé, sono qualcosa da “riscattare”; con un processo di ri-formulazione creativa, purificante, che solo lui può compiere, perché lui solo è, a suo dire, veramente e pienamente umano. Gli altri uomini, se non sono ebrei, sono semplici animali, e sembrano umani soltanto in apparenza. Sono: Shkotzin shiksa orel Gojim. Froci abominevoli, non circoncisi, e bestie infedeli.






















Il pensiero ebraico che si gabella per filosofia, è, invece, una continua ripetizione, più o meno teologica, del diktat biblico talmudico. Per questa ideologia, l’ebreo deve redimere la Shekinah; la divina Sapienza esiliata nel Mondo, che giace nella polvere, ed è prigioniera dell’involucro delle cose. Sul piano religioso, la Shekinah è rappresentata dall’Assemblea di Israele, legata al proprio Dio dal Patto. Attraverso l’osservanza degli obblighi rituali egregorici, l’ebreo redime il torto di separazione commesso da Israele, ricreando l’Unità dalla molteplicità, e riporta la Shekinah sul proprio Trono: all’ unione perfetta con Jahvé.



Segno sintomatico di questo amplesso cosmico, è l’apparizione formale del Messia, il redentore di tutti gli esseri, e, per gli scettici non ebrei, la prima madornale impostura ebraica; ma non certo la sola, né l’ultima. Il Messianismo è, difatti, il palese tentativo ebraico di elevare il proprio “giudaismo tribale” al livello di una vera e propria Potenza Spirituale. Questo dogma messianico ebraico, è l’idea centrale, che spiega la paziente e trepida attesa degli ebrei, rispetto allo straordinario evento divino che riguarda solo loro: la Riconciliazione erotica del Dio del Patto, Jahvé, con i suoi vecchi soci: i Maschi di Israele, sue Spose, more uxorio.



Le numerose ipostasi del Messia Ebraico, si diversificano nel tempo, e, a partire dal Capro espiatorio dello Yom-Kuppur, transitano nel servo sofferente di Jahvé, giudaico cristiano, per diventare, con Saulo di Tarso, il Cristo ecclesiastico del Nuovo Patto: figlio dell’Uomo, e Dio incarnato. Esse travalicano poi l’Eone cristiano, formulandosi, nell’era comunista del bolscevico ebreo, come proletario internazionale marxista leninista. Oggi, dopo la seconda Guerra Mondiale, e con l’affermarsi del Midrash Olocaustico, che postula l’avvenuto sacrificio dell’intero popolo ebraico, Il vero Messia è diventato proprio questa Razza, il cui destino sarebbe, secondo gli stessi ebrei, di esercitare il dominio sul mondo.



Così, se dapprima il Cristianesimo Paolino, con il suo Cristo-Messia, ha tolto alla Religione Ebraica la propria ragion d’essere, ora, con un colpo di scena, i ruoli s’invertono, e Israele fa di sé stesso, grazie alla celebratissima Shoah, il Messia tanto atteso. Con questa ulteriore impostura, il tortuoso, devastante, ed ambiguo percorso, tracciato finora dal Popolo Ebraico, in mezzo alle altre Nazioni, diventa automaticamente la “Via dello Spirito Umano”, e l’umanità, non ebraica, può anche partorire un ipotetico felice avvenire, ma deve farlo negli spasimi, e nelle doglie, di un presente che l’Ebreo sta rendendo sempre più oppressivo, ed infelice, annegato, come i suoi antichi altari del Tempio di Gerusalemme, nel sangue innocente delle vittime sacrificali.



Gli Ebrei posano volentieri a “Popolo Innocente”, a razza martire, giusta in assoluto; eterna vittima insospettabile, resa tale semplicemente dal proprio statuto di appartenenza; dal proprio certificato di verace ebraicità. Pretesa davvero notevole, questa irreale innocenza, ebraica, sbugiardata da mille fatti storici reali, ed attestata solo da un Olocausto storicamente mai provato, perché alquanto improbabile.



Israele, pretesa luce stroboscopia del mondo, finge d’aver sofferto tutti i mali terreni, ma invece li ha astutamente causati, e, per loro tramite, ora trionfa; non rigettando il male, ma attuandolo, e mentendo beatamente sul suo bene. L’Ultimo Messia sarà un Idiota innocente, nato in una civiltà nominalmente senza razze, o in una razza ancora incivile, come supremo martire, non ebreo, dei troppi e troppo astuti peccatori ebrei. Sarà un’involontaria Vittima sacrificale del loro Percorso di devastazione, o “Progresso mondiale”, perfetto esemplare di un’umanità senza avvenire, ugualitaria  in quanto composta da servi obnubilati, equamente ignoranti, democraticamente istupiditi dall’alcool, dalle droghe, e dalla pubblicità ossessiva.






















Il Tempo Messianico, apertosi nel 1946 con l’avvento del  Culto Olocaustico, sarà l’Eone del Nuovo Ordine Ebraico globale: una schiavitù uniforme e tetra, che plaudirà alla selvaggia barbarie immaginale, e se la procurerà in modo virtuale; con crudeltà ed orrori posticci, ma spiritualmente non meno devastanti. Poi, sempre più spesso il virtuale diverrà reale.



Le squallide soddisfazioni allucinatorie, procurate a caro prezzo dalle pseudo scienze, l’intensità aggressiva, disarmonica e volgare, di arti sempre più ignobili, l’infelicità deprimente di un’umanità sempre più bestiale, annegata nell’indigenza diffusa, fiaccheranno uniformemente gli spiriti, e finiranno per guastare completamente la struttura psico- energetica umana. L’allucinante Eone Ebraico, dell’empietà ben rasata, consumerà, come un Moloch fenicio le migliori energie dei popoli: i giovani. Le Nazioni saranno devastate da cieche lotte, minate da cruente battaglie, lacerate dalle discordie, ma gli Ebrei negheranno, per ogni dove, l’evidenza dei loro delitti.



Dire la verità, sarà un crimine punibile con la morte, e negarla diverrà l’apice della virtù. Il virtuosismo ebraico, nel mentire spudoratamente, sarà lodato e stimato come la migliore ed apprezzabile delle qualità umane. L’Uomo, entità spiritualmente incorruttibile, verrà progressivamente inquinato con abitudini corrosive, e l’immortale sarà avvelenato ed indebolito dalla mortalità, per rendere certa la vittoria dell’Ebreo.



Allora gli ebrei saranno davvero in tutto simili al loro Dio: Jahvé, e verranno visti per ciò che realmente sono: incarnazioni e servi sacerdotali di un Demone Accadico delle Tempeste;  e dei deserti. Questo loro Dio esclusivo, Signore delle Locuste, non darà loro alcuna illuminazione, che non sia la luce degli incendi e dei roghi.






Articolo di: Mauro Likar




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