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martedì 29 ottobre 2013

Il faraone eretico Akhenaton,mosè e la vera storia dell'esodo bibblico







Prefazione:

Akhenaton fu il Faraone eretico dell'antico Egitto,insediatosi al trono introdusse con la forza, un culto monoteista ,il culto solare di ATON,inimicandosi la vecchia casta sacerdotale che era ancora legata ai culti degli antichi Dei.
In questo contesto il popolo ebreo (che all'epoca era formato da un miscuglio di tribù nomadi,e diverse etnie di origine semitica),adottò il culto solare atonista,questo fu anche uno dei momenti fondamentali della storia,per il passaggio a un culto monoteista che porterà poi alla religione odierna.
Più avanti la vecchia casta sacerdotale egizia,si riprese il potere,e ripristinò il culto agli dei,costringendo all'esilio il faraone Akhenaton ed i suoi seguaci,ed eliminando ogni riferimento al culto di ATON;

Il faraone con la sua casta sacerdotale e i suoi fedeli seguaci,dovettero quindi abbandonare l'Egitto e si dirissero presumibilmente verso la Palestina;

Non vi è stato nessuna epica liberazione dalla schiavitù,come narrato nella bibbia,che tra l'altro è solo una opera fantasiosa in cui vi sono mescolate diverse tradizioni e racconti appresi da altre religioni nel corso del tempo,e opere di pura fantasia adornate di misticismo,per dare risalto allo stesso popolo di cui parla quello ebraico;
Lo stesso Akhenaton sembrerebbe essere la stessa persona mistificata poi con il nome mosè,o altrimenti un alto sacerdote del culto di ATON;

Lo stesso per i dieci comandamenti,che sicuramente sono state prese dal libro dei morti egizi; 
Non si trattava quindi di nuovi codici di condotta dettati appositamente per gli israeliti ma, molto più semplicemente, erano un’epitome delle antiche confessioni dei faraoni tratte 
dalla Formula 125 del Libro dei Morti.

Il Libro dei Morti dettava la confessione a chi si accingeva a raggiungere Osiride nell’alto dei cieli: 

Non ho ucciso, non ho rubato, non ho detto il falso.....

Queste confessioni di colpe non commesse vennero trasformate in regole da non 
trasgredire,per controllare e dominare le masse.

Il medesimo processo, come sappiamo, si è spesso ripetuto con successo nei secoli a 
venire sino ai giorni nostri.

Prima di Mosé non esisteva una casta sacerdotale israelita e non esistevano templi dedicati al culto.


white wolf





 




di: Roberto Cozzolino,  rinascita.eu

L’interessante articolo di Enea Baldi “Le corna di Mosè”, apparso sul numero di Rinascita del 27 marzo 2010, ci induce a riassumere per sommi capi un’altra storia, a nostro avviso estremamente interessante, relativa a quel particolare momento della mitologia ebraica noto come “esodo” che, secondo la versione biblica, farebbe riferimento alla fuga delle popolazioni ebraiche dall’Egitto dei faraoni alla ricerca, sotto la guida di Mosè, della “terra promessa”, ad essi garantita in virtù di un “patto” stipulato con il loro dio.

Si tratta di una storia puramente ipotetica, mancando in parte oggettivi riscontri storicamente documentati, ma comunque decisamente verosimile – ed in ogni caso più verosimile della maggior parte dei racconti biblici ed evangelici, ai quali una quantità enorme di individui presta fede pur in totale assenza di qualsiasi verifica storica, quando non addirittura in aperta contraddizione con la storia stessa.
Per motivi di spazio ci limiteremo ad enunciare i fatti fondamentali, fornendo la bibliografia essenziale per chi fosse interessato ad un più approfondito esame dell’argomento.

Akhenaton
Intorno al 1300 a.C. Akhenaton, passato alla storia come “il faraone ribelle”, contrappone un culto monoteista a quello politeista in vigore in tutto l’Egitto, forse continuando l’opera intrapresa da suo padre Amenophis III; fonda una nuova capitale ad Amarna, a circa 200 km a sud del Cairo; il popolo resta però in maggioranza fedele agli antichi dei. Seguaci di Akhenaton e del nuovo ed unico dio Aton saranno una esigua minoranza della popolazione egizia, alcune razze tipicamente africane e la quasi totalità degli hyksos, i discendenti delle tribù semite che intorno al XVII secolo a.C. avevano invaso il nord dell’Egitto dominandolo per due dinastie, prima di essere definitivamente sottomessi.

Dopo circa diciassette anni di governo Akhenaton scompare nel nulla e la restaurazione politeista si accanisce contro di lui con una accurata damnatio memoriae: quasi tutti i segni visibili del suo passaggio – iscrizioni, sculture, documenti – vengono distrutti; la stessa città di Amarna è rasa al suolo.
 
Nefertiti sposa di  Akhenaton
Secondo recenti ipotesi un’insurrezione della popolazione, guidata dal clero tebano, costrinse il faraone eretico ad abbandonare l’Egitto per stabilirsi in Palestina con tutti i suoi seguaci; a conferma di ciò esiste una lettera nella quale il governatore di Gerusalemme fa esplicito riferimento al divieto di abbandonare le terre dell’esilio.
 
La identificazione del faraone ribelle ed esiliato col Mosè biblico dell’esodo ebraico appare estremamente logica; sono infatti facilmente rintracciabili le numerose analogie storiche, circostanziali e cronologiche tra i due personaggi. Lo stesso nome di Mosè sembra di origine egiziana ed il mito della sua infanzia – salvato dalle acque ed educato alla corte dei faraoni, in perfetta analogia col precedente mito del sumero Sargon – appare come il tentativo di mascherare una realtà che non deve essere divulgata.
 
Lord Carnarvon
Facciamo ora un salto di più di tremila anni: Egitto 1923, apertura ufficiale della tomba di Tutankhamen; contravvenendo – come del resto era la regola a quei tempi – alla più elementari regole deontologiche, gli scopritori del sito archeologico – Lord Carnarvon e Howard Carter – avevano, circa tre mesi prima dell’apertura ufficiale, già violato in segreto la tomba, trafugando una moltitudine di oggetti preziosi e suppellettili che avrebbero arricchito il mercato clandestino delle antichità egizie nonché, supponiamo, i loro personali patrimoni. Ad un primo sommario inventario tra gli oggetti “ufficialmente” ritrovati nella tomba sono presenti anche alcuni papiri; di essi si fa cenno nella corrispondenza privata dei due, in lettere inviate ad amici e colleghi; ma poco tempo dopo i suddetti papiri risultano inesistenti, cancellati dai successivi inventari; interrogato in proposito, Carter dichiarerà trattarsi di un clamoroso errore: alcuni rotoli di lino presenti nella tomba erano stati sprovvedutamente scambiati per papiri. Tale versione appare poco credibile, trattandosi di egittologi esperti – Carter, in particolare, ha alle spalle una lunghissima carriera –, ma nessuno solleva obiezioni. Accade però che in un secondo momento, a seguito di vicende che non ci dilunghiamo a narrare, le autorità egiziane prospettano la possibilità di togliere a Carter la concessione per continuare gli scavi. Questi allora si reca al consolato britannico e minaccia, nel caso in cui non gli fosse stata rinnovata la concessione, di svelare al mondo intero il contenuto dei papiri¸”…fornendo il vero resoconto…dell’esodo degli ebrei dall’Egitto”. Tale episodio è riportato da Lee Keedick (memorie, 1924 circa) con tale dovizia di particolari da far ritenere improbabile che si tratti di una circostanza inventata – né risulterebbe intelligibile il motivo di una eventuale fantasiosa invenzione.
 
E’ pertanto perfettamente lecito, date tali premesse, supporre che la divulgazione del contenuto dei papiri avrebbe ottenuto effetti indesiderati a livello politico; ed è altrettanto lecito ipotizzare che i papiri narrassero la storia di Akhenaton e dell’esodo suo e dei suoi seguaci verso la Palestina. Ricordando che era solo di pochi anni prima la famigerata Dichiarazione Balfour (il primo riconoscimento ufficiale delle aspirazioni sioniste in merito alla spartizione dell’Impero Ottomano, costituito da una lettera, scritta dall’allora ministro degli esteri inglese Arthur Balfour a Lord Rotschild – principale rappresentante della comunità ebraica inglese e referente del movimento sionista – con la quale il governo britannico affermava di guardare con favore alla creazione di un focolare ebraico in Palestina), si comprende come un documento che nella sostanza minava alla base i miti fondatori del movimento sionista – in particolare relativamente ad una presunta omogeneità razziale ed alla volontà di far ritorno alle terre dei propri presunti avi – avrebbe avuto nell’opinione pubblica mondiale un impatto dirompente, delegittimando definitivamente il movimento sionista stesso, che aveva già intrapreso a tappe forzate e con tutti i mezzi disponibili – non escluso il terrorismo – la colonizzazione della Palestina. 
La divulgazione di tale materiale avrebbe inoltre fornito argomentazioni irrefutabili agli arabi, che in quegli anni manifestavano a Gerusalemme e altrove contro l’appoggio britannico alla creazione di uno stato ebraico in Palestina.

Per inciso vogliamo qui puntualizzare che, quand’anche fosse provata la omogeneità razziale delle popolazioni di religione ebraica (pur sembrandoci inverosimile far discendere dal medesimo ceppo razziale un askenazita ed un falashà) o fosse provata la presenza dominante in Palestina, tre millenni fa, dei progenitori degli attuali ebrei, questo non sarebbe sufficiente a rivendicare alcunché. Inoltre ci hanno sempre ripetuto che uno stato fondato sulla razza costituisce il Male Assoluto, ma forse l’entità sionista fa eccezione a tale regola generale.
 
Ci sono altre notizie interessanti a completare il quadro: lady Almina, moglie di Lord Carnarvon, era la figlia di Alfred de Rothschild, finanziere e parente stretto di Edmond de Rothschild, il banchiere ebreo promotore del primo congresso sionista a Basilea del 1897; è presumibile che questi sia stato tempestivamente informato del contenuto dei papiri ed abbia effettuato le opportune contromosse per impedirne la divulgazione; nei dieci anni successivi alla scoperta della tomba di Tutankhamen circa una quindicina di personaggi che avevano avuto qualche ruolo nei lavori di scavo e nella documentazione dei materiali rinvenuti, o semplicemente di questi erano amici o parenti, perirono in circostanze a dir poco misteriose: improbabili suicidi, strane malattie dai sintomi inspiegabili, anomali arresti cardiaci; tanto che la stampa dell’epoca accolse, amplificandola a dovere, la leggenda passata alla storia come “la maledizione del faraone”; e nessuno avanzò l’ipotesi che potesse semplicemente trattarsi di testimoni pericolosi cui doveva essere drasticamente impedito di raccontare ciò che forse sapevano; del resto la pratica degli “omicidi mirati” per l’eliminazione di chiunque ostacoli l’entità sionista non era ancora nota a tutti e da quasi tutti passivamente accettata.

Per chi fosse desideroso di approfondire l’argomento trattato consigliamo: Andrew Collins, Chris Ogilvie-Herald “La cospirazione di Tutankhamen”, Newton Compton Editori; Marco Pizzuti “Scoperte archeologiche non autorizzate”, Edizioni Il Punto d’Incontro; il sito “Altra Informazione” a cura di Marco Pizzuti; la ricca bibliografia reperibile nelle opere citate.
 
 

Note
 
Secondo i testi biblici il nome Mosè significherebbe “salvato dalle acque“ a ricordo del suo miracoloso ritrovamento nel Nilo e difatti l’ebraico Moshè ha un’assonanza col verbo che significa “trar fuori“, benché tutt’oggi la maggioranza degli studiosi preferisce credere che il nome derivi dalla radice egizia Moses, che significa “figlio di” o “generato da” come possiamo ad esempio vedere negli egiziani Thutmosis (figlio di Thot) o Ramses (figlio di Ra). In linea con questa tesi e mancando il nome del padre Mosè significa semplicemente “bambino” quale vezzeggiativo di “figlio”. Il nome egiziano Moses che significa, come già detto, “figlio” o “protetto da” fu dato al profeta dalla figlia del faraone, quando venne ritrovato dalla stessa sulle rive del fiume. 

Il nome prese poi il significato di “trarre fuori” solo in seguito, quando Mosè liberò il popolo attraverso le acque del Mar Rosso. Anche Giuseppe Flavio cita quest’etimologia.     
 
Alcuni studiosi ebrei nel medioevo ipotizzarono che il nome di Mosè fosse in realtà stato tradotto dagli autori della Bibbia da un termine egiziano che significasse “trarre fuori”.  
Secondo la tradizione islamica, il suo nome, Mūsā, deriverebbe da due parole egiziane: “Mu” che significa acqua e “sha” che significa giunco o albero, per il fatto che la sua cesta rimase incastrata fra i giunchi presso la casa del faraone.


Secondo Sigmund Freud, la storia biblica di Mosè metterebbe in evidenza la forte influenza della cultura e della religione monoteistica del dio Aton dell’antico Egitto sulla cultura ebraica antica ed il suo monoteismo.


Innanzitutto, va fatto notare che nella lingua egizia antica, “Mosè” aveva il significato di “bambino”, “figlio”, “discendente”. Inoltre, il racconto biblico della nascita di Mosè, coerentemente con altre leggende semitiche, riprende esattamente il racconto della nascita del grande Sargon di Accad, che fu abbandonato nelle acque e poi salvato per diventare in seguito un grande re.
 
Riportiamo di seguito quanto afferma ancora Freud a proposito dell’origine del noto credo presente nel Vecchio Testamento: Il credo ebraico, come è noto, recita “Shemà Israel Adonai Elohenu Adonai Ehad”. Se la somiglianza del nome dell’egizio Aton alla parola ebraica Adonai e al nome divino siriaco Adonis non è casuale, ma proviene da una vetusta unità di linguaggio e significato, così si potrebbe tradurre la formula ebraica: “Ascolta Israele il nostro Dio Aton (Adonai) è l’unico Dio”.
 
Inoltre va ricordata la forte somiglianza del Sal104, che canta la gloria di Dio nel creato, con l’Inno al Sole di Akhenaton, il faraone che nel XIV secolo a.C. introdusse il culto monoteistico del dio Aton.
 
La presunta relazione tra il culto di Aton e Mosè potrebbe spiegarsi in due modi: mentre il caso che gli ebrei in Egitto seguissero tale culto è da escludere, rimarrebbe l’educazione che Mosè ricevette nella corte del faraone Haremhab, sotto il cui regno potrebbe essere nato Mosè.
 
Concordanze storiche non meglio precisate fanno ritenere che dietro la figlia di faraone che adottò Mosè si celasse una nobildonna iniziata al culto di Aton, forse la regina Ankhesenamon, figlia di Akhenaton finita dopo varie vicissitudini in sposa ad Haremhab. Mentre l’ipotesi più certa è che Mosè sia stato un cortigiano di Akhenaton, e dunque fu certamente seguace del culto di Aton; questa ipotesi è suffragata dalla data di nascita di Mosè secondo la tradizione il 7 Adar 2368 (corrispondente agli anni tra il 1391-1386 a.C.) che lo fa un contemporaneo del faraone Akhetaton vissuto nel XIV sec a.C.





ATON


Aton è una divinità solare della mitologia egizia. È rappresentata dal grande globo luminoso che esercita la sua benefica influenza, datrice di vita, attraverso i raggi, di cui tutti sentono lo splendore e il calore, e le mani, strumento ultimo di contatto col divino. Una simile concezione poteva essere rappresentata visivamente senza raffigurare l'Aton sotto forma umana.


Decine di divinità affollavano il pantheon egizio, ma il Sole fu sempre al centro di una venerazione particolare e probabilmente rappresentò meglio di altri il divino in senso universale. Proprio questa stella fu protagonista dell'unico episodio, nell'ambito della religione egizia, di eresia monoteistica, o più correttamente enoteistica, in quanto un dio rappresentava tutte le divinità venerate




Padre e madre di questa rivoluzione furono il faraone Amenofi IV e la sua grande sposa reale Nefertiti durante la XVIII dinastia del Nuovo Regno. Assieme diedero vita ad un nuovo modo di intendere il culto del Sole, unico dio e re, con il nome Aton, sostituendolo alla teologia solare tebana che adorava Amon. Il sole, che prima veniva rappresentato come un uomo dalla testa di falco, venne simboleggiato dal disco, dal quale partono i raggi terminanti in mani tese, che porgono Ankh, la chiave della vita, agli umani e a tutto il creato. Come a dire che non bisogna adorare l'idolo, il segno, ma ciò che sta dietro, il principio di luce che dona effetti benefici a tutti, anche al di fuori dell'Egitto. I due regnanti erano sempre associati nei rituali dedicati al culto del dio, tanto da far supporre che ci fosse stata una equiparazione tra i due, fatto altrettanto nuovo nella storia dei Faraoni.

Sia il faraone che la regina cambiarono il proprio nome: da Amenophis ("pace di Amon") in Akhenaton ("colui che è utile ad Aton") il faraone; da Nefertiti ("la bella è arrivata") a Neferneferuaten-Nefertiti ("Aton è raggiante perché la bella è arrivata"). In seguito trasformò il grande tempio del dio Amon - Ra a Karnak in un complesso del culto dedicato ad Aton, inimicandosi profondamente la casta sacerdotale, pur avendo fino agli ultimi anni del regno lasciato libertà di culto. Quando gli Ittiti sottrassero nel Nord del paese due città fortificate che versavano i propri tributi direttamente nelle casse del clero di Amon, il Faraone non intervenne, allargando sempre più la frattura con questa parte molto influente della società.
Nel V anno del suo regno, il faraone diede inizio alla costruzione di una nuova capitale, che chiamò "Akhet-Aton" ("Orizzonte di Aton"), l'odierna El-Amarna (erroneamente ricordata anche con il nome di Tell El-Amarna), città che con i suoi templi con grandi cortili aperti dove celebrare i riti del nuovo culto avrebbe dovuto celebrarne la grandezza, la vitalità e la possibilità per tutti di riceverne i frutti (giova ricordare che in precedenza il culto veniva officiato nel segreto di buie cappelle ricavate all'interno dei templi, cui potevano accedere solo gli iniziati).

Il passaggio al culto esclusivo del Dio Aton avvenne solo verso la fine del regno di Akhenaton, probabilmente come misura repressiva in risposta alla crescente ostilità del potente clero di Amon, che si era visto ridurre drasticamente sia il potere quanto le entrate e che sicuramente tramava contro il Faraone e il suo nuovo corso religioso.
Il faraone Akhenaton e la sua famiglia mentre offrono doni votivi ad Aton

Ufficialmente la nuova religione ebbe breve vita: dopo la morte di Akhenaton infatti, Tutankhaton, suo figlio e successore, sebbene molto giovane(circa 9 anni), restaurò l'antico culto di Amon, cambiò il proprio nome in quello di Tutankhamon ("immagine vivente di Amon"), prendendo simbolicamente le distanze dal padre e riportò infine la corte a Tebe.


Il culto

Simboleggiato dal Sole da cui partono i raggi che trasmettono attraverso le mani la vita sulla terra, Aton non ha altre forme tangibili che quella visibile del disco solare che ogni giorno splende nel cielo. Non può dunque essere rappresentato con un'immagine scolpita o un idolo. I fedeli non hanno bisogno di preti a fare da intermediari tra loro e il Dio, lo vedono ogni giorno e s'indirizzano direttamente a lui attraverso due principali preghiere, che si pensa siano state ispirate dallo stesso re.

Inciso su di una parete della tomba di Ay, che si crede possa essere padre di Nefertiti (ma le teorie al riguardo sono diverse), è stato trovato il seguente Inno al Sole dedicato da Akhenaton al dio Aton:

"[..] O Disco solare vivente quanto sei bello, grande, splendente, i tuoi raggi circondano la terra fino al limite di tutto ciò che hai creato. Come sono numerose le tue opere o Dio Unico a cui nessuno è eguale. Hai creato la terra secondo il tuo desiderio e gli uomini e il bestiame e tutto ciò che è nel cielo. Quando riposi la terra è nell'oscurità, come se fosse morta. Tutti i leoni escono dalla loro tana, tutti i serpenti mordono[..]".

Il culto dell'ipostasia vivente del dio che fu valido per generazioni, della personificazione divina nel Faraone stesso, non fu affatto bandito ma reincluso nella teologia atoniana. L'intercessore tra Dio-Aton e il popolo, resta quindi il Re ma Akhenaton si appropria di questo ruolo in un modo unico e innovativo, associando alla pari la sua grande sposa reale Nefertiti che sarà rappresentata a compiere i riti quotidiani al grande tempio di Aton ad Akhetaton. Solo la coppia reale è abilitata a procedere ai riti sacri e tutte le rappresentazioni di questo culto li associano sistematicamente. Tutte le suppliche a Dio, devono passare per i figli del Sole.

Le raffigurazioni della coppia reale intenta a rendere omaggio ad Aton li vedono rappresentati nell'atto di offrire fiori di loto insieme alle figlie. Il fior di Loto è un fiore a crescita veloce, che nasce nell'acqua, esige pieno sole e terreno fertile, resta sempre pulito, ha diverse proprietà curative ed è possibile ricavarne cibo.

L'Aton e gli altri Dei

Occorre precisare che il Re non abolì il sistema teologico precedente fino a quando non vi fu portato probabilmente più da motivazioni "politiche" che religiose: il culto degli astri era troppo astratto per la mentalità degli egiziani e l'unica possibilità per imporlo fu l'autorità del Faraone che verso la fine del suo regno interdirà il culto degli antichi dei e ritirerà ai sacerdoti del culto di Amon il potere e le ricchezze che avevano accumulato.

 A testimonianza di questo percorso stanno i numerosi sincretismi che associano ancora Ra a una divinità protettrice di una particolare circoscrizione amministrativa (nomos), il fatto che il re inviasse comunque annualmente il proprio sacrificio al dio Amon, e che la superiorità del culto solare, che Akhenaton sublimerà in modo magistrale, fosse già un dato di fatto prima di lui. È inoltre attestato per esempio che all'inizio della fondazione di Akhetaton il Re vi abbia fatto trasferire il culto di Mnevis, il Toro Sacro di Eliopoli, per il quale era stata approntata una sepoltura nel cuore della necropoli situata a est della nuova capitale del sole.

Il culto di Aton, lontano dall'essere praticato unicamente nella sua città consacrata e reale, si vede imposto nei santuari delle divinità maggiori del paese, grazie anche alla costituzione di un gruppo di predicatori del nuovo culto, incaricati di diffondere il verbo in tutto il paese. Ad Eliopoli sono state ritrovare le rovine di un monumento dedicato al disco solare; a Karnak l'espansione del culto di Aton eclissò il dio Amon. Diversamente nel delta del Nilo non sono state rinvenute iscrizioni dedicate al dio Aton.
Il primo monoteismo ufficiale al mondo (per certi si trattò piuttosto di un Enoteismo o di una Monolatria) durò 18 anni o poco più, ma è probabile che questo culto sia stato trasmesso di generazione in generazione.







Il culto di Aton e il Monoteismo

In molti pensano che l'Atonismo sia all'origine dell'Ebraismo, che introietterà molti dei suoi concetti e che vedrà la luce nella popolazione ebrea d'Egitto meno di un secolo più tardi. Questa tesi è contenuta per esempio nel saggio di Sigmund Freud "L'uomo Mosè e la religione Monoteista".

Uno dei fattori principali di questa teoria è il seguente: Akhenaton dedicò così tanta attenzione alla sua nuova capitale Akhetaton che lasciò che il resto dell'Egitto andasse in declino. Ad Akhenaton succedettero sul trono come Faraoni Smenkhkare, quindi Tutankhamon e infine Ay. Ay era il Sommo Sacerdote di Aketaton, conosciuto anche come Padre Divino (titolo ereditario). Sebbene originariamente fosse un fedele di Aton, Ay realizzò che era necessario per l'Egitto un ritorno alle vecchie divinità. I sacerdoti di Aton non si vollero riconvertire, così essi furono espulsi assieme alle masse di fedeli di Aton. Ay diede loro doni e li spedì a colonizzare Canaan, dove i sacerdoti, i Yahus, divennero i Giudei, stabilendosi a sud, nel territorio di Giuda, mentre i fedeli laici si stabilirono nel nord, in Israele.

In questa teoria, Ay era così rispettato come Padre Divino che venne adorato come una personificazione di Dio; nella versione Aramaica dell'Antico Testamento, Dio è chiamato Ay e non Yahweh, e la parola Adonay, usata dagli Ebrei per evitare di dire ad alta voce il nome di Dio, significa "Signore Ay". Quando venne scritto il Libro della Storia Ebraica, durante il periodo della prigionia babilonese, secoli dopo, Akhenaton divenne un modello per Adamo e anche per Abramo. L'eroe israelita Mosè, che nel racconto biblico conduce i figli di Israele fuori dall'Egitto, venne basato su Ramses, e il suo fratello Aronne era il Faraone precedente, Horemheb, che successe ad Ay e che provò a cancellare tutte le prove del culto di Aton e dell'esistenza dei suoi predecessori. Il successore di Mosè, Giosuè, fu il successore di Ramses, Seti I. Si pensa inoltre che l'Ebraico fosse lingua franca per i tanti popoli differenti convenuti ad Aketaton, provenienti da molti luoghi, tra cui l'Etiopia.

Clemente di Alessandria nel 200 a.C. fu uno dei primi a menzionare una singolare somiglianza tra i simboli egizi e quelli usati dagli antichi Ebrei. Inoltre, è assodato che il suffisso "-mose" (RaMose per esempio) accordasse a chi lo portava un alto grado e simboleggiava profondo convincimento al culto di Aton.

Inoltre va ricordata la forte somiglianza del Salmo Bibico 104, che canta la gloria di Dio nel creato, con l'Inno al Sole di Akhenaton, ritrovato nella tomba di Ay.

La relazione tra il culto di Aton e Mosè possono spiegarsi con l'educazione che Mosè ricevette alla corte del faraone Horemheb, sotto il cui regno nacque Mosè. Concordanze storiche fanno ritenere che dietro la figlia di Faraone (nella Bibbia, Faraone è nome proprio) che adottò Mosè si celasse una nobildonna iniziata al culto di Aton, forse la regina Ankhesepaaton, poi Ankhesenamon, terza figlia di Akhenaton e Nefertiti, sposa reale di Tutankhamon. Malgrado non esistano rilevanze storiche al riguardo, secondo alcuni studiosi sarebbe verosimile che avesse sposato in prime nozze l'immediato successore di Akhenaton, Smenkhkhara ed alla morte di Tutankhamon, il suo successore Ay ed il successore di questi Horemheb. Non essendo Ay ed Horemheb di stirpe reale, infatti, l'unica legittimazione al trono sarebbe potuto venire solo attraverso questi matrimoni. 

Altre fonti concordano sulla possibilità che questa donna fosse la stessa prima moglie di Horemheb, Mutnodjemet, che sarebbe stata la sorella di Nefertiti. Dietro Ankhesenamon si celerebbe anche la "regina vedova" che scrisse al Re degli Ittiti Suppiluliuma I una lettera con cui richiedeva a quel sovrano un figlio da sposare e rendere re dell'Egitto, episodio che suggerisce delle analogie con quello biblico delle 10 piaghe, l'ultima delle quali fu la morte di tutti i primogeniti del regno, compreso il figlio di Faraone.

Dopo l'episodio delle piaghe, gli Ebrei furono fatti partire. Anche in questo caso, gli spunti di riflessione sono interessanti. Lo scopo delle piaghe non è, come alcuni sostengono, "convincere il faraone a far partire gli ebrei", ma piuttosto dimostrare la grandezza del Signore agli occhi del popolo egiziano (e non di quello ebreo), come chiaramente dichiarato in questo passo, in cui Dio si rivolge a Mosè:

"Ma io indurirò il cuore del faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d'Egitto. Il faraone non vi ascolterà e io porrò la mano contro l'Egitto e farò così uscire dal paese d'Egitto le mie schiere, il mio popolo degli Israeliti, con l'intervento di grandi castighi. Allora gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando stenderò la mano contro l'Egitto e farò uscire di mezzo a loro gli Israeliti!" 7,4-5.

Sembra che con l'espressione "e farò uscire di mezzo a loro gli Israeliti" si voglia significare che il gruppo non è ancora formato e che ci sia bisogno di eventi "catastrofici" per dimostrare alla popolazione egiziana la superiorità di questo dio storicamente ancora giovane e raccogliere attorno ad esso i fedeli di Is-Ra-El. Giova ricordare che le ultime due piaghe riguardano l'oscurità (per 3 giorni vi fu buio) e la morte dei primogeniti, segno inequivocabile dello sfavore del Dio alla continuazione di quella stirpe, o culto, a favore di quella nuova, guidata da Adonay.

Oltre Sigmund Freud, sono da menzionare tra gli studiosi che maggiormente contribuirono a queste ricerche Robert Feather, Joseph Campbell, Jan Assmann, Ahmed Osman, and Ralph Ellis.
 

5 commenti:

  1. Archeologia del mistero (2014) Al matematico Odifreddi

    I. Ipotesi sulla non creazione di Eva

    L’Uomo Erectus, nato in Africa un milione di anni fa, fu il vero padre ancestrale dell’Uomo Sapiens. L’Uomo Erectus possedeva una costola mobile, cioè delle reni, in più del Sapiens. Egli usò il fuoco. Anche l’uro, “bos primigenius” dipinto anche a Lascaux, possedeva una costola in più del dio toro, un dio non ancora antropomorfizzato a livello psichico. Il Sapiens, ossia Uomo di Cro-magnon, vero portento nella caccia, però, visse per un po’ a contatto con quello di Neanderthal, un antropofago per lo più europeo, dal carattere sessuale più libero, dicono i paleontologi, e che tingeva di ocra rossa i morti e decorava le salme con fiori in caverne dei Monti Zagros, tra Iraq ed Elam. Io suppongo che Lilith, come demone biblico, in vero fosse un Neanderthalensis e che mal si accoppiava col Sapiens. Quando, poi, in rito sciamanico, e dopo una sonnolenta glaciazione, nella primitiva tribù umana si volle paragonare a forza vitale una rara bellezza di Sapiens Sapiens, cioè Eva, prodotto di una mutazione, si disse che essa nacque da costola di un Uro/Adamo. Ciò parrebbe molto strano, ma io inviterei ad osservare le corna di bovide che sormontano l’uomo raffigurato seduto di fronte a una donna nel cosiddetto Sigillo della Tentazione, ritrovato in Iraq, dove compare sia un albero dai bei frutti che il serpente: fin dagli inizi della storia vi è una simbiosi tra l’uomo e un simbolo di potenza animale. Eva, come nome ebraico, è l’onomatopea del vagito, per questo è detta la Vita. Una domanda: se nella Sacra Bibbia di Eva ce n’era una sola, come mai quell’omicida patentato di nome Caino vi trovò moglie, nell'iranico Paese di Nod? Il nome Caino indica un fabbro e i primi siti dov’era praticata la metallurgia nella storia sono attestati in Iran, proprio dove egli fuggì.

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  2. II. Sul mitico serpente

    Il serpente, collegato a misterico matrismo (non proprio un matriarcato), alla trasmigrazione delle anime, e studiato anche dalla Gimbutas, comparve in certe statuette in terracotta a somiglianza umana, di esseri nudi, a El Obeid, nel quattromilaseicentocinquanta a. C. (confronta data con l’inizio del calendario ebraico!). Il serpente prese ad essere adorato anche in Egitto tra i primi coltivatori di frumento, ed essi ebbero contatti coi primi mesopotamici, osservati certi manici ben lavorati di coltello in pietra. Il periodo di El Obeid accadde prima dei Sumeri, i quali non erano originari della Mesopotamia: insediativisi, canalizzarono la regione e vi fortificarono città-stato. El Obeid è una località presso l’antica Eridu; allora, sorgeva presso il mare, il Nar Marattu, ovvero Il Mare Orientale degli Accàdi. Anche in Oriente vi è un fiume che ci ricorda la lingua mesopotamica di Sargon di Akkad: l’indiano Narmada. Da non soltanto vasi del Belucistan, raffiguranti estinti bovidi, ma anche da tavolette in cuneiforme di antiche città della Babilonia noi sappiamo degli scambi marittimi con quel subcontinente asiatico. Esistevano, infatti, delle bulle in terracotta che contenevano allora gettoni e sigilli di vario genere per gli scambi commerciali e su questi spicca una specie di zebù. Ancora i segni dei sigilli della valle dell'Indo non sono stati decifrati, benché a mio avviso la parola dio sia una ruota e non dissimile dal raggiante "dinghir" sumerico-babilonese. Una domanda: se le statuette ofidie di El Obeid si ricollegano idealmente alla cosiddetta Tentazione, da chi furono scacciati quegli adamiti, dagli angeli o dai Gutei calati dai Monti Zagros? Forse dai topi, come accadde, poi, a suo tempo a esercito assiro? In questo caso, però, benché la Bibbia dica che l’assiro si ritirò dal campo di battaglia a causa di un angelo, non così è scritto in certi documenti in cuneiforme. Il non lontano giardino di Gu.edin.nah, sito tra le città di Umma e Lagash, un tempo era paradisiaco e fu persino proiettato in cielo come costellazione rintracciabile in Pegaso.

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  3. III. Sulla Sfinge di Giza e una dissertazione sull’Esodo

    C’è un particolare nella Tavolozza di Narmer (protodinastia egizia, 3200 a.C., Museo delle antichità de Il Cairo) sfuggito all’esame degli esperti. Su una sua faccia, e lì dove Narmer indossa la corona bianca, ben si nota il falco solare sul corpo, come insabbiato, di un’asiatica sfinge coronata da steli di papiro. Stesso copricapo egizio, persino la barbetta poi perduta dalla Sfinge di Giza. Secondo me, essa era la base scultorea per la Sfinge di Giza e la sua testa venne riscolpita all’epoca di re Chefren, mentre gli arti di leone le furono aggiunti scavando alla sua base, ma la sua fattura è chiaramente più antica e appartenente al Popolo del papiro, quello che la Bibbia chiama Misraim. Ma Misraim non è Misri, l’Egitto predinastico non è il dinastico! Se, peraltro, osserviamo la storia dell'Egitto per come ci viene descritta da reali documenti, possiamo individuare persino il vero faraone dell'Esodo biblico in Amenofi II, figlio del valoroso Thut-mosi III, quello di 17 campagne belliche contro il Popolo di Mitanni per la conquista di Meghiddo, in Palestina. Secondo l'archeologo Gardiner, durante la seconda spedizione il suo dio Amon circondò i nemici con larghi fossati di fiamme e fumo: che ciò siano le famose colonne di fuoco con cui si annunciava il dio israelitico non mi par dubbio, ma da parte di astrofisici e alcuni archeologi molto noti, come il Di Cesare, ciò è riconducibile a un impatto meteoritico che causò la caduta di antiche civiltà, come in Mesopotamia così altrove.

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  4. Di sicuro un meteorite si trova nella Ka’ba della Mecca. Certo, questioni astrofisiche, come eclissi di luna, registrate dagli antichi spostano datazioni di certi eventi. Stando così le cose, primo: Abramo, come patriarca, aveva avuto una schiava egizia di epoca hyksos, dunque fu vissuto all'epoca di Hammurabi di Babele (non di Babilonia, che è una regione!) e di Ariok di Ellasar, ovvero Rim-Sin, re di Larsa, e di Kedorlaomer, alias Kudur-Lagamar di Elam (chi cerca trova un bel libro di Arborio Mella); secondo: Gerico fu, invece, presa e incendiata solo ai tempi di Ekh-en-Aton, e lo fu a causa dei Habiru (come già sosteneva Sigmund Freud in uno dei suoi saggi psicoanalitici su Mosè, e anche un dimenticato Sir Marston), quindi ai tempi di rilassatezza politica, non essendoci ignoto che molto più tardi Ramesse II si recò in Galilea, nel 1272 a. C., mentre più a Nord proprio la città di Gerico era vuota e deserta da molto, molto tempo. E c'è da chiedersi come mai la Bibbia (pare che re Giosìa, poi ucciso in battaglia da faraone, ne abbia trovato una versione nelle profondità segrete del Tempio di Salomone. Chissà se la adottò come testo ufficiale!) ci descriva cose in altra maniera. Cosa si vuole forse nascondere, che Ramesse II, anni dopo la battaglia di Qadesh, fece un'alleanza di mutua assistenza con gli Ittiti anatolici e che essi si divisero tutti i terrritori e i gruppi umani nelle terre di mezzo? Di certo Mer-en-Ptah, successore al trono di Ramesse II, disperse tribù ribelli nel deserto, e tra di esse vi cita una tribù di nome Israele, non già quel futuro regno. La notizia di ciò fu scolpita sulla stele nera guarda caso già appartenuta a Amenofi II (Amen-hotep). In conclusione, accennando a notizie dell’egittologo Donadoni in cui Israele persino partecipò a campagne belliche in Egitto ai tempi dei Persiani e a quelli di Bagoa, allora governatore di Giudea, in cui in Alto Egitto, a Elefantina, venne costruito tempio dedicato a Geova, se si vuole proprio credere veritiera la parola del biblista, la Legge dei padri fu, però, compilata quando i due scettri non avevano più influenza sulle province costiere: solo dopo Ramesse III, che sconfisse nel delta del Nilo i cosiddetti Popoli del Mare, solo allora si potè dichiarare che la regina Nefert-ari, moglie di Ra-messes, si fu infatuata di un certo Mosè, senza incappare nella vendetta dei faraoni contro la calunnia (ma forse di Mosè ne esistettero più di uno e, come scrisse il giornalista americano Lehrner, uno era solo egiziano: egli attraversò le paludi del Mar Rosso e fabbricò serpenti in rame nell’oasi sinaitica di Qetta con fonderie, appunto, egiziane). Una certa bestia ha diecimila occhi e orecchi dappertutto e riferisce tutto al visir.



    [Y.H.W.H=Yah-ho-(was-ah-)netor-en-netoren=Io che vengo portando (lo scettro sono) il dio degli dèi: così sta scritto in papiro trovato da archeologi tedeschi, circa il tempio del dio di Israele in Alto Egitto. Ma c'è un politeismo nascosto in Elohim? Elohim significa Gli dèi, nella Bibbia è tradotto semplicemente Dio, mentre è la parola Il Signore che indica Yehowah, o Geova] F.M.G.

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  5. Caro mio,
    io stesso ero confuso quando cercavo risposte. Poi accettai l'idea che Mosè in vero fosse egiziano. In vero nel 2009 un'equipe archeologica tedesca rinvenne papiro e tempio dedicato a Geova in Alto Egitto. Di epoca persiana e in Alto Egitto! Osservando il nome di Yahweh o Yehowah, più propriamente Geova, dal papiro si evince che Egli sia il dio degli dèi, un Elohim particolare, visto che li creò. Ma il Suo nome scomposto in geroglifici a me noti significa Io che vengo portando (Yah-ho) lo scettro sono (was-ah) il dio degli dèi (netor en netoren); e in definitiva è come se Egli fosse Atum, il dio degli dèi egiziani. Se porta lo scettro pastorale è sì un Dio come tanti, ma comunque egizio. Perciò avvaloro la tesi di Sigmund Freud, padre psicoanalisi, che Mosè fosse egiziano, non ebraico, che mai vide la Terra Promessa perché venne assassinato. E da chi?
    Osserva meglio la scena storica dove avviene l'Esodo biblico: tra le varie ondate sanguinarie dei Popoli del Mare, tra cui degli Achei (gli Ahhiawas delle cronache ittite), avviene l'Esodo, ma è impossibile che ciò sia accaduto sotto Ra-messes II, che stipulò, dopo Qadesh, alleanza di mutua assistenza con gli ittiti anatolici e nel 1272 per caso si trovava in Galilea, mentre più a Nord Gerico era vuota e deserta dai tempi di Akh-en-Aton, da quando i furfanti Habiru saccheggiarono Canaan. L'Esodo non può essere avvenuto così come è descritto quando i due scettri avevano tanta influenza sulle provincie costiere. L'Egitto proiettava la sua ombra d'interessi già sulla Palestina dai tempi di Thut-mosis III. Che una tribù di nome Israele (non il futuro regno) sia esistita veramente dopo Ra-messes II è accertato, e alcuni biblisti la indicano come fatto in sè provante, ma è più verosimile che l'Esodo sia avvenuto prima di Ra-messes II, e sotto Amenofi II, quando secondo le cronache il dio Amon circondò i nemici del faraone con larghi fossati di fiamme e fumo. Immagina un po', asteroidi, forse quello nascosto nella Ka'ba de La Mecca, cadono sulla Terra, il fungo atomico... Santo Stefano aveva ragione: i padri di certi farisei morirono nel deserto. Concludendo dirò che l'Esodo a me sembra alquanto romanzato quanto l'Odissea di Omero e che una cecità occluda le nostre capacità di sintesi.
    Ciao.

    Fra

    (da una mia e-mail ad amico)

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